Glossario di metrica e retorica Metrica Disciplina che

  • Slides: 21
Download presentation
Glossario di metrica e retorica

Glossario di metrica e retorica

Metrica: Disciplina che ha per oggetto lo studio della versificazione, fondata su un complesso

Metrica: Disciplina che ha per oggetto lo studio della versificazione, fondata su un complesso di norme che variano secondo la natura di ciascuna lingua e le convenzioni che si stabiliscono in rapporto a determinate idee estetiche: se il carattere di una lingua subisce nel corso della storia una modificazione tale da far venir meno gli elementi scelti come criteri di versificazione, anche questa di conseguenza subisce un cambiamento (per es. , all’interno del latino, la perdita di senso della quantità che provoca il passaggio dalla m. quantitativa alla ritmica mediolatina e poi romanza). Si parla di metrica quantitativa, comune alle antiche lingue classiche (greca e latina, ma non esclusiva di queste), se la durata dei suoni è il criterio base per la costituzione del verso, in cui si utilizza l’alternanza di sillabe lunghe e brevi (fondamentale è il concetto di quantità, ossia di durata di un suono, vocalico o consonantico, di un dittongo o di una sillaba, che vige anche nel linguaggio comune); Si parla di metrica ritmica se il criterio base è l’accento e si sfrutta l’alternanza di sillabe toniche e atone, nonché il numero delle sillabe, come nelle lingue romanze. Secondo la tradizione antica, lo studio della metrica si distingue in tre branche: prosodia, metrica vera e propria, e strofica, che si occupano rispettivamente della quantità delle sillabe, della combinazione delle quantità sillabiche nella versificazione, della combinazione di versi in gruppi strutturati.

Sillaba: La minima unità fonica (autonoma e distinta sotto l’aspetto dell’articolazione) in cui si

Sillaba: La minima unità fonica (autonoma e distinta sotto l’aspetto dell’articolazione) in cui si possono considerare divise le parole. La s. è costituita da un punto vocalico o centro o apice, formato da una vocale o da un dittongo. Il limite fonetico tra una sillaba e l’altra è generalmente costituito dalla chiusura parziale o totale del canale di fonazione (parziale, per es. , in casa, totale in ro-ba), o anche dal succedersi di un nuovo punto vocalico a un altro (come, per es. , tra le due prime sillabe di guaì-na). Le sillabe che terminano in vocale si chiamano aperte o libere (per es. , le tre s. di pa-ga-re); quelle che terminano in consonante si chiamano chiuse o implicate (per es. , le prime due s. di con-trat-to). L’apertura o chiusura delle sillabe determina in molte lingue la quantità, meccanica e non distintiva, delle rispettive vocali: avviene spesso che le vocali delle sillabe aperte siano lunghe, quelle delle sillabe chiuse siano brevi.

Dittongo: (dal gr. δίϕϑογγος, propriamente "doppio suono"). - Associazione di due vocali con valore

Dittongo: (dal gr. δίϕϑογγος, propriamente "doppio suono"). - Associazione di due vocali con valore monosillabico. Normalmente una delle due vocali è, secondo la terminologia della linguistica indoeuropea, una "sonante", cioè una vocale a forte articolazione che può avere anche valore di consonante, come i e u. La pronuncia delle due vocali di un dittongo non è uguale: quando prevale la prima il dittongo si dice discendente (áura), quando prevale la seconda si dice ascendente (fiéro).

Iato: I grammatici intendono per iato quell'incontro di vocali in cui ciascuna conserva il

Iato: I grammatici intendono per iato quell'incontro di vocali in cui ciascuna conserva il proprio valore sillabico; più comunemente si chiama con questo nome l'incontro di due vocali di cui l'una si trovi in un vocabolo e l'altra nel successivo: in metrica lo iato genera dialefe o dieresi.

Figure metriche Sinalefe: [dal lat. synaloephe, gr. συναλοιϕή, der. di συναλείϕω «fondere insieme» (comp.

Figure metriche Sinalefe: [dal lat. synaloephe, gr. συναλοιϕή, der. di συναλείϕω «fondere insieme» (comp. di σύν «con, insieme» e αλείϕω «ungere» )]. – Nella metrica classica (dov’è nota anche con il nome, meno com. , di sinecfonesi), pronuncia di due vocali (o dittonghi), che si trovino l’una alla fine di una parola e l’altra all’inizio della parola successiva, come se fossero una sola sillaba; è presente anche nella metrica italiana, dove è di norma obbligatoria se entrambe le vocali sono atone (per es. , nel verso del Petrarca Movesi il vecchierel canuto e bianco c’è sinalefe nell’incontro di movesi con il, e di canuto con la e seguente, per cui il verso ha 11 sillabe anziché 13), mentre invece è facoltativa, a seconda degli effetti musicali desiderati, se una o entrambe le vocali sono accentate. Dialefe: [comp. di dia- e di (sin)alefe]. – Nella metrica, particolare forma di iato fra due vocali consecutive, la prima in fine e la seconda all’inizio di parola, nei casi cioè in cui normalmente si fa l’elisione. Nella poesia italiana, si ha dialefe quando la prima o ambedue le vocali portano l’accento (come per es. nei due versi di Dante: Ciò ch’io dico di me, di sé - intende; Ella giunse e levò - ambe le palme), più raram. quando è accentata solo la seconda (come nel verso dantesco: Or ti fa lieta ché tu - hai ben onde); ma anche in altri casi. Nella poesia latina e greca si ha di norma dialefe quando tra le due vocali cade la cesura e, nelle opere drammatiche, quando c’è cambiamento di interlocutore.

Figure metriche Sineresi: [dal gr. συναίρεσις «restringimento, riduzione» , der. di συναιρέω «prendere, mettere

Figure metriche Sineresi: [dal gr. συναίρεσις «restringimento, riduzione» , der. di συναιρέω «prendere, mettere insieme» (comp. di σύν «con, insieme» e αἱρέω «prendere» )]. – 1. In fonetica, la fusione in una sola sillaba di due vocali interne di parola che dovrebbero pronunciarsi separate (per es. Questi parea che contra me venisse (Dante, Inferno I, 46); è il contrario della dieresi. Nella metrica italiana, tale fusione non è ammessa in alcuni casi, soprattutto quando delle due vocali la prima è a, e, o, e la seconda è accentata (per es. , aereo). Lo stesso fenomeno nella metrica classica è detto sinizesi. Dieresi: [dal lat. tardo diaerĕsis, gr. διαίρεσις, propr. «divisione, separazione» , der. di διαιρέω «disgiungere» ]. – 1. a. In fonetica, la divisione di un gruppo vocalico nel corpo di una stessa parola, in modo che le due vocali non formino dittongo ma appartengano a due sillabe diverse (per es. , pa-ùra). b. Il segno diacritico con cui in determinati casi si segna tale divisione, e che è formato di due punti disposti orizzontalmente sulla vocale più debole del gruppo: rëale, atrïo.

Rima consonante: Identità fonetica nella terminazione di due o più parole, a partire dalla

Rima consonante: Identità fonetica nella terminazione di due o più parole, a partire dalla vocale tonica, particolarmente percepibile qualora tali parole si trovino a breve distanza in un testo in prosa o in fine di verso in testi poetici. Fanno r. o sono in r. vocaboli come: testo : manifesto (r. piana, perché fra parole piane); virtù : tribù (r. tronca); veicolo: ridicolo(r. sdrucciola) biasimano : spasimano (r. bisdrucciola). Queste coppie illustrano la r. perfetta.

Assonanza o rima assonanzata (assonante) Forma di rima imperfetta, consistente nel chiudere due o

Assonanza o rima assonanzata (assonante) Forma di rima imperfetta, consistente nel chiudere due o più versi successivi con parole contenenti le stesse vocali a cominciare da quella accentata, mentre le consonanti sono diverse: fame e pane, agosto e conosco, lento e tempo, ecc. Si ha invece un’assonanza atona quando è identica solo la sillaba (o le sillabe) dopo la vocale accentata, che è però diversa; per es. amare e dolore, umile e simile ecc. L’assonanza è caratteristica della poesia popolare e si trova usata nel periodo delle origini delle varie letterature, in alcune delle quali, come la francese e la spagnola, precede il sorgere della rima. È stata usata anche da poeti moderni, sia per imitare le forme antiche, sia per conservare nelle traduzioni il metro originale.

Rima identica o univoca: è generata da una parola che rima con sé stessa;

Rima identica o univoca: è generata da una parola che rima con sé stessa; non apprezzata dai provenzali, ebbe successo solo in certi tipi di componimenti, come la sestina, costruita su parolerima ricorrenti in posizioni fisse. Rima equivoca: è quella fra due parole foneticamente identiche ma di diverso significato, come ami (verbo) : ami (sostantivo). Rima grammaticale: lega due parole aventi la medesima forma grammaticale (sembrava : rimembrava) Rima derivativa o derivata: si basa sull’identità del radicale (strugge : distrugge; attendi : intendi). Rima ricca: si produce tra parole che condividono altri fonemi prima della vocale tonica, cioè della rima. Es. cantare / saltare. Rima interna: lega parole che si trovano all'interno del verso in posizione variabile. Rimalmezzo: La rima tra la parola finale di un verso e una parola posta nel mezzo di un altro verso, generalmente del successivo: Soccorri a la mia guerra / Bench’i’ sia terra, e tu del ciel regina (F. Petrarca).

Schemi rimici: Rima baciata: AA Rima alternata: ABAB Rima abbracciata o incrociata: ABBA Rima

Schemi rimici: Rima baciata: AA Rima alternata: ABAB Rima abbracciata o incrociata: ABBA Rima incatenata: ABA, BCB, CDC.

Metro: definizione del verso secondo il numero di sillabe presenti in esso (calcolate considerando

Metro: definizione del verso secondo il numero di sillabe presenti in esso (calcolate considerando la presenza di figure metriche). Strofa: Aggruppamento di due o più versi, costituenti un periodo ritmico, che di solito si ripete più volte nello stesso componimento. Nelle tradizioni poetiche volgari sono presenti s. monometriche, costituite da versi dello stesso tipo (per es. , nella lirica italiana, una canzone di tutti endecasillabi), e s. polimetriche/eterometriche, costituite da versi di tipo diverso. Schema metrico: descrizione di un testo poetico dal punto di vista della tipologia dei versi e delle rime.

Verso libero: ciascuno dei membri in cui si articola una poesia, creato indipendentemente da

Verso libero: ciascuno dei membri in cui si articola una poesia, creato indipendentemente da ogni schema metrico tradizionale e nel quale il poeta rende il proprio individuale respiro ritmico. Verso sciolto: verso caratterizzato dall’assenza di rima.

Retorica: [dal lat. rhetorica (ars), gr. ῥητορική (τέχνη)]. – L’arte del parlare e dello

Retorica: [dal lat. rhetorica (ars), gr. ῥητορική (τέχνη)]. – L’arte del parlare e dello scrivere in modo ornato ed efficace; sorta nella Grecia antica con i sofisti, con finalità prevalentemente pragmatiche, come tecnica del discorso teso a persuadere (fu quindi applicata all’oratoria giudiziaria), si viene successivamente ampliando nell’età classica e poi medievale e rinascimentale a tecnica del discorso sia orale sia scritto, con finalità anche estetiche, secondo un sistema di regole in cui fu organizzata dapprima da Aristotele, poi dalla trattatistica latina d’età classica (Cicerone, Quintiliano) e tarda (Marziano Capella, Boezio). Nel medioevo la retorica, la grammatica e la dialettica (la quale ultima ha per scopo la dimostrazione non la persuasione) costituivano le tre arti liberali (arti del trivio, in lat. artes sermocinales), distinte dalle quattro arti reali (arti del quadrivio, in lat. artes reales), l’aritmetica, la geometria, la musica e l’astronomia. Dopo una progressiva decadenza nell’età moderna, dovuta alla rivalutazione dei contenuti espressivi, la retorica ha riacquistato uno spazio rilevante nella linguistica e nella critica letteraria contemporanea, come teoria dell’argomentazione e come analisi delle realizzazioni lessicali, grammaticali e stilistiche, di testi scritti o anche orali, e delle loro funzioni espressive.

Figure retoriche di parola Anafora: [dal lat. tardo anaphŏra, gr. ἀναϕορά «offerta» e «ripetizione»

Figure retoriche di parola Anafora: [dal lat. tardo anaphŏra, gr. ἀναϕορά «offerta» e «ripetizione» ]. Figura retorica che consiste nel ripetere, in principio di verso o di proposizione, una o più parole con cui ha inizio il verso o la proposizione precedente. Epifora: [dal lat. epiphŏra, gr. ἐπιϕορά «aggiunta» , da ἐπιϕέρω «apportare» ]. Nella retorica classica, la ripetizione, detta anche epistrofe (e con termine latino conversio), delle medesime parole alla fine di più versi o di più membri di un periodo

Figure retoriche della ripetizione Epanalessi: [dal gr. ἐπανάληψις «ripresa» ]. Figura retorica (definita dai

Figure retoriche della ripetizione Epanalessi: [dal gr. ἐπανάληψις «ripresa» ]. Figura retorica (definita dai grammatici latini anche conduplicatio o geminatio) che consiste nella ripetizione di una o più parole nello stesso periodo (o verso), sia di seguito, sia con l’interposizione di altre parole. Epanadiplosi: [dal lat. tardo epanadiplosis, gr. ἐπαναδίπλωσις, comp. di ἐπί «epi-» , ἀνά «ana-» e διπλόω «raddoppiare» ]. – Figura retorica, secondo la terminologia dei grammatitici latini detta anche inclusione, che consiste nell’iniziare e terminare una frase o un verso con la stessa parola.

Figure retoriche della ripetizione Anadiplosi: consiste nella ripetizione dell’ultima parte di un segmento sintattico

Figure retoriche della ripetizione Anadiplosi: consiste nella ripetizione dell’ultima parte di un segmento sintattico (prosa) o metrico (verso) nella prima parte del segmento successivo; risponde a una semantica di tipo aggiuntivo e la seconda occorrenza è un’espansione della prima. Climax o gradazione: Figura che designa una serie di parole o di gruppi di parole ordinati in modo da produrre un’amplificazione e una progressiva intensificazione (g. ascendente o climax) o al contrario un’attenuazione (g. discendente o anticlimax) nelle idee esposte.

Paronomasia (adnominatio): consiste nell’accostare due parole simili nel suono ma distanti nel significato; lo

Paronomasia (adnominatio): consiste nell’accostare due parole simili nel suono ma distanti nel significato; lo scopo è di creare una tensione semantica fra le voci coinvolte: amore amaro; “Io fui per ritornar più volte volto” (Dante Alighieri, Inferno, I, v. 36). Poliptoto: Figura retorica che consiste nel ripetere una parola già usata a breve distanza, modificandone il caso (o, nelle lingue non flessive, la funzione sintattica), il genere, il numero, il modo e il tempo: Cred’io ch’ei credette ch’io credesse (Dante). Figura etimologica: La figura etimologica è una figura retorica grammaticale e insieme semantica che consiste nell’accostamento di due parole aventi la stessa radice (da cui il lat. figūra etymologĭca per indicare una medesima origine). Rientra nella famiglia delle paronomasie, vale a dire di quelle espressioni che, poste nello stesso segmento discorsivo, si richiamano per affinità di forma, ma se ne differenziano per lievi mutamenti dell’espressione in grado così di creare inediti e inattesi circuiti di senso. Nel caso della figura etimologica, l’affinità di forma viene però determinata dalla presenza di una stessa radice per origine di etimo o per derivazione (come nelle espressioni vivere la vita, morire di una morte, amare di un amore, sognare un sogno, ecc. ). La figura si presta così a meccanismi di intensificazione semantica del concetto di base (evocata dalla radice), garantendone una maggiore forza espressiva.

Tropi Tropo: in linguistica, figura semantica o di significato per cui una espressione dal

Tropi Tropo: in linguistica, figura semantica o di significato per cui una espressione dal suo contenuto originario viene ‘diretta’ o ‘deviata’ a rivestire un altro contenuto. Tra i tropi vengono classificati fenomeni come la metafora, la metonimia, la sineddoche e altri su cui i trattatisti non sono unanimi: ironia, litote, iperbole, antonomasia, ecc.

Metafora Figura retorica che risulta da un processo psichico e linguistico attraverso cui, dopo

Metafora Figura retorica che risulta da un processo psichico e linguistico attraverso cui, dopo aver mentalmente associato due realtà differenti sulla base di un particolare sentito come identico, si sostituisce la denominazione dell’una con quella dell’altra. È un procedimento di trasposizione simbolica di immagini; una similitudine abbreviata in cui il rapporto tra due cose o idee è stabilito direttamente senza la mediazione del ‘come’ (nella metafora ”l’ondeggiare delle spighe”, ondeggiare sta a mare come movimento delle spighe sta a campo di grano). A seconda di fattori quali la lingua, la cultura, la distanza concettuale o fisica fra le realtà associate, il tipo di somiglianza individuato, la metafora risulterà più o meno nuova ed efficace. A un estremo si hanno le catacresi (la gamba del tavolo, il collo della bottiglia e simili), in cui la metafora si sviluppa come termine proprio di una realtà altrimenti non denominata; all’altro estremo si ha uno sfruttamento intenso, di tipo poetico (“portami il girasole impazzito di luce”, E. Montale); nel mezzo si collocano metafore più o meno istituzionalizzate come gli anni verdi, il timone dello Stato, il ruggire dei motori , ecc. La metafore svolge funzioni complesse: come meccanismo di arricchimento ed evoluzione della lingua, come mezzo efficace di espressione, come strumento conoscitivo di realtà nuove o colte da nuovi punti di vista (m. scientifiche, macchie solari, buco nero, ecc. ).

Metonimia: figura retorica che risulta da un processo psichico e linguistico attraverso cui, dopo

Metonimia: figura retorica che risulta da un processo psichico e linguistico attraverso cui, dopo avere mentalmente associato due realtà differenti ma discendenti o contigue logicamente o fisicamente, si sostituisce la denominazione dell’una a quella dell’altra. Costituiscono relazioni di contiguità i rapporti causa-effetto (sotto la specie autore-opera, ”leggere Orazio”, cioè le opere scritte da Orazio), contenente-contenuto (bere un bicchiere), qualitàrealtà caratterizzata da tale qualità (punire la colpa e premiare il merito, cioè punire i colpevoli e premiare i meritevoli); simbolo-fenomeno (il discorso della corona, cioè il discorso del re o della regina), materia-realtà composta di tale materia (un concerto di ottoni, strumenti fatti d’ottone). Si distingue tra metonimia in cui le realtà associate hanno una relazione di tipo qualitativo e sineddoche, in cui la relazione è di tipo quantitativo. Sineddoche: (dal gr. synekdokhḗ, da syn «con, insieme» e ekdékhomai «ricevo, prendo» , che i latini traducono conceptio, intellectio) è una figura retorica che consiste nel sovvertimento del significato proprio di una parola (o di un segmento discorsivo) in uno figurato, per effetto dell’estensione o riduzione del significato stesso a quello di un’altra parola, per via di inferenze di tipo quantitativo. In altre parole, la sineddoche è un processo attraverso il quale una parola o segmento discorsivo ne sostituisce un altro per effetto di contiguità, cioè di vicinanza tra i due, in quanto esiste una relazione inferenziale che può essere loro assegnata sulla base di precise conoscenze enciclopediche (es. “vela” per “barca a vela”).