Federico Albano Leoni Attualit di Bhler Unistrasi 30
Federico Albano Leoni Attualità di Bühler (Unistrasi, 30 marzo 2017)
Karl Bühler 1879 -1963 • Medico, psicologo, teorico del linguaggio tedesco • 1922 -1938 Professore di psicologia a Vienna • Biografia e bibliografia nella edizione francese • Théorie du langage. La fonction représentationelle. édité par D. Samain et J. Friedrich. Marseille: Agone, 2009).
A lungo ignorato o tenuto ai margini • Nelle scienze del linguaggio Bühler è marginale, anche se gli si riconosce il ruolo di anticipatore della pragmalinguistica e del modello jakobsoniano delle funzioni. • La Sprachtheorie è un libro importante e originale e in questo si riflette forse la condizione privilegiata in cui si trovava Bühler, quella cioè da un lato di dominare come pochi la bibliografia linguistica (e psicolinguistica e filosofica) dalla metà dell’Ottocento ai suoi giorni, e dall’altro di non essere un linguista di professione • In Italia, malgrado le numerose traduzioni, è stato a lungo poco presente. • Jakobson (p. es. 1960, trad. it. , p. 188), in Linguistica e poetica, scrive : «Il modello tradizionale del linguaggio, come è stato chiarito in particolare da Bühler [il riferimento è qui a Bühler, 1933 b], era limitato a queste tre funzioni : emotiva, conativa e referenziale […]» . Secondo la sua formulazione, Bühler non avrebbe fatto altro che esplicitare una cosa ovvia, e di conseguenza la vera novità sarebbe nell’individuazione, appunto da parte dello stesso Jakobson, delle funzioni fàtica, poetica e metalinguistica. Non aveva torto Charlotte Bühler, quando lamentava (in Friedrich, 2009, pp. 34 -35) che Jakobson non riconosceva tutto il debito contratto nei confronti di Karl.
Principali scritti di Bühler • Bühler K. (1918). Die geistige Entwicklung des Kindes. Jena: Fischer (trad. it. Compendio dello sviluppo mentale del bambino. Roma: Armando. 1978). • Bühler K. (1927). Die Krise der Psychologie. Jena: Fischer (trad. it. La crisi della psicologia. Roma: Armando, 1978). • Bühler K. (1933 a). Ausdruckstheorie. Das System an der Geschichte aufgezeigt. Jena: Fischer (trad. it. Teoria dell’espressione. Il sistema alla luce della storia. Roma: Armando, 1978). • Bühler K. (1933 b). Die Axiomatik der Sprachwissenschaft. Kant-Studien. 38: 19 -90 (trad. ital. L’assiomatica delle scienze del linguaggio, Roma: Armando, 1978). • Bühler K. (1934). Sprachtheorie. Die Darstellungsfunktion der Sprache. Jena: Fischer (trad. it. Teoria del linguaggio. La funzione rappresentativa del linguaggio. Roma: Armando; trad. fr. Théorie du langage. La fonction représentationelle. édité par D. Samain et J. Friedrich. Marseille: Agone, 2009). • Bühler K. (1960). Das Gestaltprinzip im Leben der Menschen und der Tiere. Bern: Huber (trad. it. Il principio della Gestalt nella vita dell’uomo e degli animali. Roma: Armando, 1980).
Qualche lavoro recente su Bühler • F. Albano Leoni, Attualità di Bühler, «Paradigmi. Rivista di critica filosofica» , XXIX, 3, 2011, pp. 125 -139. • F. Albano Leoni, Karl Bühler et le Cercle Linguistique de Prague, «Verbum» , XXXI, 1 -2, 2009 [2011], pp. 89 -114. F. Albano Leoni, Karl Bühler et la physionomie acoustique des mots : les occasions manquées de la phonologie, «Archivio Glottologico Italiano» , XCVII, 1, 2012, pp. 117 -134. • Cattaruzza, S. (2007). L’indicazione della realtà. Teoria dei segni e della conoscenza in Karl Bühler. Milano-Udine: Mimesis. • De Palo, M. , Saussure e gli strutturalismi. Il soggetto parlante nel pensiero linguistico del Novecento, Roma, Carocci, 2016. • ESCHBACH, A. (Hrsg. ) (1984). Bühler-Studien. Bd. 1 & 2, Frankfurt/Main, Suhrkamp • Friedrich J. (2002). Le concept de phonème chez Karl Bühler. Plaidoyer en faveur d’un concept formel, philosophique du phonème. Cahiers Ferdinand de Saussure, 55: 19 -34. • Friedrich J. (2004). Les idées phonologiques de Karl Bühler. In: Friedrich & Samain 2004. • Friedrich J. (2009). Présentation. in Bühler (1934 [2009]): 21 -58. • Friedrich J. , Samain D. , a cura di (2004). Karl Bühler. Science du langage et mémoire européenne, Dossiers d'HEL n° 2 (supplément électronique à la revue «Histoire Epistémologie Langage» ), Paris, SHESL, n. 2 (http: //htl. linguist. univ-paris-diderot. fr/hel/dossiers/numero 2/). • T. Hoskovec (a c. di), Karl Bühler. Une théorie du langage redécouverte, in «Travaux du Cercle Linguistique de Prague» , n. s. , 7, in stampa • Mulligan K. (2004). L’essence du langage, les maçons de Wittgenstein et les briques de Bühler. In Friedrich e Samain (2004). • Persyn-Vialard S. (2005). La linguistique de Karl Bühler. Examen critique de la Sprachtheorie et de sa filiation. Rennes: Presses Universitaires de Rennes. • Raynaud S. , a cura di (2006). Tu, io, qui, ora. Quale semantica per gli indicali? . Milano: Guerini.
I punti di interesse • a) la nozione di “campo”; • b) il campo indicale; • c) gli assiomi A e D; • d) la Gestalt. • L’ordine in cui li propongo non è pertinente perché, come si vedrà, essi sono così strettamente interconnessi da risultare, in fondo, un solo punto.
Il concetto di ‘campo’ e le sue implicazioni • Introdurre in linguistica la nozione di “campo”, che Bühler ricava dalla psicologia della percezione, è certamente cosa nuova che implica una prospettiva dinamica non solo delle relazioni tra le unità ma anche delle unità stesse. • Basta pensare alla differenza tra l’idea che una percezione sia definibile a seconda delle condizioni al contorno, continuamente variabili, e il concetto corrente di “struttura”, nel quale è vero che ogni entità è definita dai suoi rapporti con le altre e dalla sua alterità, ma questa relazione, una volta definita la struttura, è statica e lo rimane fino a che qualche evento non determini una riorganizzazione che porta a una nuova struttura. • l’assunzione del modello del campo da un lato garantisce un aggancio teorico ed empirico continuo con il fluttuare del mondo (e dei parlanti), e dall’altro difende da ogni tentazione di ipostatizzare la struttura
La teoria dei due campi • La pregnanza con cui la teoria dei due campi, e in questa la forte presenza del campo di indicazione, mostra l’intreccio tra mondo e simbolo, introduce ad una epistemologia linguistica ben diversa da e più potente di quelle ortodosse correnti, vuoi strutturaliste, vuoi generativiste. • Non è quindi fuori luogo l’orgoglio con cui Bühler (1934) la presenta.
Una prima citazione • Il concetto di campo (Feldbegriff) qui adottato è stato introdotto dalla psicologia moderna […]. Noi […] ricaveremo in maniera puramente logica il campo d’indicazione e il campo simbolico del linguaggio dai più ampi ambiti delle condizioni che contribuiscono dovunque a determinare il senso linguistico. Che nel linguaggio non esista un unico campo, bensì due, è una teoria nuova. […] Ciò che Cassirer […] descrive come i due stadi di sviluppo del linguaggio umano, è una duplicità di momenti ineliminabilmente inerente a ogni fenomeno linguistico e che fa parte oggi come ieri del tutto linguistico. […] sosteniamo, in base alla teoria dei due campi (Zweifelderlehre), che l’indicazione visiva e la presentazione in molteplici modi rientrano precisamente nell’essenza del linguaggio naturale, a cui non sono più estranee dell’astrazione e della comprensione concettuale del mondo. Questa è la quintessenza della teoria linguistica qui affrontata (trad. it. , pp. 44 -45).
Una seconda citazione • Il linguaggio umano quale sistema di rappresentazione, così come oggi lo conosciamo, è il risultato di un certo sviluppo che rivela una sorta di progressivo affrancamento dall’indicazione e di progressivo distacco dalla raffigurazione imitativa. Lo svincolamento della singola espressione linguistica dagli ausili situazionali, dal campo d’indicazione linguistico, è un argomento sul quale, credo, potremo giungere a una soddisfacente conclusione nel capitolo sulla proposizione. Manca invece ancora un modello extralinguistico perfettamente chiaro in base al quale si possa illustrare il tipo di rappresentazione ravvisabile nel linguaggio. Che un sistema simbolico come il linguaggio, il quale si è allontanato in tal misura dalla riproduzione imitativa da conservare con essa solo un rapporto indiretto, possa raggiungere prestazioni con un elevato grado di universalità, è facile da capire; ma perché inoltre la capacità di riprodurre fedelmente delle relazioni non sia a sua volta andata completamente perduta, non riesco a dedurlo – lo dico apertamente – sulla base di una adeguata teoria linguistica. Forse sopravalutiamo l’affrancamento dal campo d’indicazione, forse sottovalutiamo il fatto dell’essenziale apertura, nonché l’esigenza, da parte di ogni rappresentazione linguistica di uno stato di cose, di integrare quest’ultimo sul piano conoscitivo. O, in altre parole, esiste forse una componente integrativa di tutto il sapere costituito linguisticamente che scaturisce da una fonte che non si riversa nei canali di un sistema simbolico linguistico e tuttavia genera un vero sapere (trad. it. p. 309, ultimo corsivo mio).
Le deissi • Il secondo di questi passi è particolarmente importante perché mostra con chiarezza che lo Zeigfeld, cioè il campo indicale o deittico, comprende sì la deissi in senso proprio, l’indicazione ad oculos, ma non si esaurisce in questa, perché in realtà comprende anche la deissi ad phantasmata, cioè al mondo vissuto, pensato e detto, condiviso dai partecipanti ad una interazione linguistica o, più in generale, dai membri di una comunità, arrivando così a un concetto che si potrebbe dire di Umwelt culturalmente condivisa (e dunque lontana dalla Umwelt di Uexküll, poco interessato alla intersoggettività umana).
L’Organon-modell L’assioma A (Bühler, 1934, trad. it. pp. 76 -85).
Il triangolo semiotico di Ogden e Richards
Il segno bifacciale di Saussure significante significato
La novità del segno di Bühler • Appaiono qui le potenzialità insite nel concetto di “segno” presentato nell’Organonmodell (assioma A). Infatti, se si confronta il triangolo segnico di Bühler con quello ben più celebre di Ogden e Richards, ci si rende conto che il primo introduce una svolta decisiva, così come l’aveva introdotta il segno saussuriano con la semantizzazione della linguistica (De Palo, 2001). Ma Bühler va più avanti, anche rispetto al segno saussuriano, perché nel suo modello sono indissolubilmente intrecciati, insieme con il sistema simbolico che rappresenta (darstellt) il mondo, i parlanti, cioè il produttore e il ricevente. Questi, infatti, non sono gli utenti esterni di un qualcosa che è dato, né sono spettatori passivi della Darstellung del mondo offerta dalla lingua, ma sono piuttosto gli attori del suo farsi. Una più attenta riflessione su questo aspetto avrebbe consentito, e consentirebbe ancora oggi, una ridefinizione, o forse una demolizione, della improduttiva dicotomia “paralinguistico”/ “linguistico” e l’assorbimento in una teoria linguistica, e non solo psicologica, della tormentata questione dell’intersoggettività, nel senso che il mondo condiviso, di cui si è parlato nel paragrafo precedente, entra, attraverso i parlanti, nel cuore stesso della lingua.
L’assioma D (Bühler, 1934, trad. it. , pp. 121 -129) • Le lingue sono sistemi S/F (Symbol/Feld), ossia simbolo/campo, tra i cui termini esiste una presupposizione reciproca e dove la parola è il simbolo e la frase è il campo entro cui obbligatoriamente la parola si colloca. • «Le forme linguistiche (Sprachgebilde) sono sia parole sia proposizioni. Né le une né le altre vanno elevate al rango di categoria, giacché implicandosi esse vicendevolmente, possono essere definite solo tenendole compresenti (korrelativ)» (p. 122).
La potenza semiotica di un sistema a due campi e due classi • Confrontiamo ancora una volta con il linguaggio il sistema a una classe di comunicazione simbolica del tipo dei segnali con bandierine […] Con l’ausilio d’un patrimonio di opportuni fonemi diacritici si poteva scambiare un numero praticamente sufficiente di «segnali» (manteniamo il termine) ; il procedimento è comodo e verosimilmente conciso. […] Ma un [vantaggio] gli è sempre negato, mentre lo si ottiene subito con un sistema di campo: la possibilità, cioè, di descrivere in modo sufficientemente differenziato e esatto l’illimitata molteplicità con un patrimonio circoscritto di convenzioni e corrispondentemente di forme linguistiche. […] Le lingue umane che oggi conosciamo, avanzano tutte la pretesa di essere dei sistemi simbolici produttivi e per ciò stesso universali. […] Ci limitiamo a stabilire che per principio tale pretesa può essere accampata con buone prospettive soltanto da un sistema di campo (Bühler, 1934, trad. it. , p. 127). • Un codice di simboli globali, scritto o non scritto, dev’essere delimitato […] a motivo semplicemente della limitata capacità della memoria umana. […] Infatti, se noi tutti siamo capaci di rappresentare con la lingua cose continuamente nuove in modo intersoggettivamente comprensibile e praticamente all’infinito, ciò non è perché noi e gli altri siamo degli acrobati della mnemotecnica, ma semplicemente perché queste prestazioni non sono affatto richieste con un sistema di campo del tipo della lingua (Bühler, 1934, trad. it. , p. 128).
La fallacia della ‘povertà dello stimolo’ (Martinet e Chomsky) • Per Martinet la povertà dello stimolo (principale motivazione della necessità della doppia articolazione) è implicita nel fatto che il parlante deve ricavare dal segnale in sé tutta la conoscenza linguistica del mondo, ma poiché il segnale è fatalmente insufficiente deve strutturarsi secondo un principio ordinatore di economia, che trasforma i “grugniti” (Martinet 1962, pp. 45 -46) in sequenze lineari di fonemi, nell’illusione che il lavoro ermeneutico sia compiuto una volta che questa sequenza sia stata riconosciuta. • In Chomsky la poverty of the stimulus non porta alla elaborazione di una teoria fonologica in senso proprio ma rappresenta un assioma che è la premessa e la giustificazione della grammatica universale: poiché le strutture linguistiche non possono essere costruite a partire dall’esperienza, che è povera, esse debbono essere innate. • osservare che l’ambiguità del celebre esempio flying planes can be dangerous, sulla quale molto inchiostro è stato versato, verrebbe risolta molto facilmente da qualsiasi teorico dei campi.
La Gestalt, il campo indicale e la fonologia • E’ facile osservare che tutte le elaborazioni che oggi si potrebbero dire in qualche modo pragmatiche in senso lato sono andate nella direzione di vedere come il mondo contribuisca alla generazione e alla interpretazione dei sensi, e mai nella direzione del vedere come il mondo agisca nel determinare la fenomenologia dei significanti, con la sola eccezione, a quanto ne so, del fonetista svedese Björn Lindblom (1990, che individuò una relazione inversa tra qualità fonica del segnale e la ricchezza informativa del contesto) , ma che peraltro non sembra conoscere Bühler. • Introducendo il paradigma della Gestalt sul piano fonologico, Bühler non solo introduce un elemento di forte modernizzazione dei paradigmi della percezione e della rappresentazione dei suoni, ma, forse anche al di là delle sue intenzioni, scardina la base su cui riposa l’edificio delle fonologie e poi della doppia articolazione, rendendo periferico il fonema. • Bühler, che conosce bene Goethe, Johann Jakob Engel e il dibattito fisiognomico del XVIII secolo (Bühler, 1933 a; Bühler 1934, trad. it. , pp. 131, 178), e che conosce bene la psicologia della forma e il dibattito sulla percezione visiva, fa ricorso al concetto di “fisionomia sonora delle parole” (o a quello di “volto fonico”), che evoca appunto una prospettiva olistica. I due passi che seguono illustrano bene il suo pensiero.
Due passi importanti • Non è la fonologia, ma la grammatica o, più precisamente, la teoria lessicale quella che è legittimata a qualificare certe parti del flusso sonoro del discorso come parole e costituenti di parole […] Inoltre la psicologia moderna sottolinea vigorosamente la presenza, oltre che delle marche sonore = fonemi, di certe qualità gestaltiche nell’impronta sonora di queste forme […] In altre parole, ciascun termine presenta un aspetto sonoro che non è esclusivamente determinato dall’espressione, ma che indica in parte pure il valore simbolico e la valenza sintattica del termine (Bühler, 1934, trad. it. , pp. 228 -229). • Si tratta del semplice fatto che nessun essere umano è in grado di distinguere migliaia di forme, caratterizzate […] solo da combinazioni di notae, in un modo praticamente così agevole, rapido e sicuro qual è quello – basato sulle immagini sonore delle parole – di qualsiasi interlocutore normalmente esercitato di una comunità. È un’affermazione che invero non ho provato in modo sperimentale ma che ricavo da un’analisi dei meccanismi di riconoscimento nella lettura e da molti altri dati. Si tratta di un fatto che […] rinvia all’ampia efficacia esercitata dall’aspetto acustico delle immagini sonore con la loro funzione diacritica. L’attuale fonologia ottempera al compito di una teoria diacritica sistematicamente costruita solo in un primo stadio d’avanzamento, mentre nel secondo dovrà ricevere lezioni dalla psicologia della Gestalt (Bühler, 1934, trad. it. , p. 339, ultimo corsivo mio).
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