Ermetismo Il termine Ermetismo fu usato per la

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Ermetismo Il termine “Ermetismo” fu usato per la prima volta dal critico Francesco Flora

Ermetismo Il termine “Ermetismo” fu usato per la prima volta dal critico Francesco Flora nel libro La poesia ermetica, del 1936. Il termine con un’accezione negativa, per il carattere oscuro della poesia di giovani come Gatto, Luzi, Bigongiari. Il modello che seguivano era quello di Ungaretti.

 All’inizio la critica aveva ravvisato nella lirica di Ungaretti una supposta vicinanza con

All’inizio la critica aveva ravvisato nella lirica di Ungaretti una supposta vicinanza con alcune esperienze frammentiste che erano circolate in Italia, mutuate da altre tradizioni. In particolare, la presenza del poeta di Alessandria d’Egitto sulla «Diana» di G. Marone accanto ai poeti giapponesi contemporanei

 In una cartolina inviata il 24 luglio, grazie alla funzione di mediatore svolta

In una cartolina inviata il 24 luglio, grazie alla funzione di mediatore svolta da Marone, Ungaretti rivelava di aver conosciuto sprazzi della contemporanea poesia giapponese: […] Marone mi ha mandato i giapponesi; tranne Maeta, di un dolore così stridente, che lascia in bocca un sapore di rame e nei nervi un formicolìo di corda musicale spezzata a un tratto sullo strumento, -il resto è roba frivola da servizio da tè e mobilio laccato.

HARUKICHI SHIMOI-GHERARDO MARONE, Poesie Giapponesi di Akiko Yosano, Suikei Maeta, Tekkan Yosano, Nobutsuna Sasaki,

HARUKICHI SHIMOI-GHERARDO MARONE, Poesie Giapponesi di Akiko Yosano, Suikei Maeta, Tekkan Yosano, Nobutsuna Sasaki, Isamu Yoshii, Napoli, Riccardo Ricciardi Editore, 1917.

 Marone aveva inviato già da tempo ad Ungaretti le Poesie Giapponesi, che aveva

Marone aveva inviato già da tempo ad Ungaretti le Poesie Giapponesi, che aveva tradotto insieme ad Hrukichi Shimoi, per l’editore Ricciardi. Le poesie, in piccola parte già proposte sulla «Diana» , dal maggio al dicembre del 1916, erano per lo più inedite.

 I critici incominciarono a porre in relazione questa tipologia di lirica, breve, franta,

I critici incominciarono a porre in relazione questa tipologia di lirica, breve, franta, essenziale, al taglio che Ungaretti dava alle sue composizioni. Francesco Flora, in particolare, avrebbe poi evidenziato una evidente linea di contiguità tra Ungaretti e i giapponesi, pubblicate sulla “Diana” a partire dal 25 maggio 1916 F. FLORA, Storia della letteratura italiana, Milano, Mondadori, 1956, vol. V, p. 562.

 «L’influenza di questi testi sulla poesia ungarettiana, più volte denunciata ma recisamente smentita

«L’influenza di questi testi sulla poesia ungarettiana, più volte denunciata ma recisamente smentita da Ungaretti (si veda la polemica con Enzo Palmieri nell’”Italia Letteraria” del 7 e 21 maggio 1933), è rigorosamente dimostrata dal Rebay, sulla base di un’inoppugnabile priorità cronologica delle poesie giapponesi, pubblicate sulla “Diana” a partire dal 25 giapponesi, pubblicate sulla “Diana” a partire dal 25 maggio 1916» , cfr. G. UNGARETTI, Lettere a Giovanni Papini, p. 131.

 Ermetismo, nella storia letteraria, indica una linea poetica –tra gli anni Trenta e

Ermetismo, nella storia letteraria, indica una linea poetica –tra gli anni Trenta e Quaranta- che proponeva la “poesia pura”, assoluta, lirica, priva di riferimenti al discorso logico e ideologico. Firenze, dove si stampavano le riviste «Il Frontespizio» e «Campo di Marte» , fu l’epicentro del movimento, la cui data iniziale viene fatta coincidere con la pubblicazione, nel 1932, di Isola di Gatto. La tendenza ermetica durò fino agli inizi degli anni Cinquanta (Luzi, Sereni).

 Con la caduta del fascismo e il precipitare della situazione politica e sociale,

Con la caduta del fascismo e il precipitare della situazione politica e sociale, la linea ermetica fu in parte abbandonata. Iniziava a prevalere una letteratura responsabile e capace di raccontare la realtà (Neorealismo).

-Alfonso Gatto, Mario Luzi, Piero Bigongiari -In qualche modo ermetici Quasimodo, Ungaretti e Montale,

-Alfonso Gatto, Mario Luzi, Piero Bigongiari -In qualche modo ermetici Quasimodo, Ungaretti e Montale, pur non essendo stati mai interni al movimento Montale aveva dichiarato la propria equidistanza tanto dalla poesia pura che dall’Ermetismo. Tuttavia Le occasioni rimandava a dei riferimenti e a delle suggestioni ermetiche.

 La teorizzazione estetica ermetica identifica vita e poesia. «Nessun’altra teologia all’infuori della poesia»

La teorizzazione estetica ermetica identifica vita e poesia. «Nessun’altra teologia all’infuori della poesia» , si afferma su «Campo di Marte» : dunque la poesia consente l’accesso ad una dimensione esistenziale sacra e profondamente umana, universale, astorica e atemporale.

 Nella sua Storia della Letteratura Italiana F. Flora, a distanza di molti anni

Nella sua Storia della Letteratura Italiana F. Flora, a distanza di molti anni dal saggio sull’ermetismo, ritornava su quest’esperienza : «Si svolgeva intanto sempre più autorevole la divulgazione della poesia ermetica. Dalla «Ronda» veniva l’invito alla poesia in prosa, dalla «Voce» un vago invito al frammento, dall’ermetismo l’invito alla lirica raddensata e analogica come unico genere di poesia. Congiunti quegli esempi agli influssi del valérismo e del surrealismo

 a loro volta motivi opposti ma egualmente delusi di quella ragione che Valéry

a loro volta motivi opposti ma egualmente delusi di quella ragione che Valéry voleva render matematica e i surrealisti sostituire con la scrittura automatica: congiunti ancora gli influssi narrativi che venivano dalla letteratura europea ed americana, crearono lo stadio presente delle nostre lettere. Alla poesia ermetica successe una critica ermetica» . « Il nostro punto di vista è rigorosamente sintetico…Perciò faremo come il drammaturgo che

 « che non partecipa per i personaggi buoni o cattivi dei suoi drammi

« che non partecipa per i personaggi buoni o cattivi dei suoi drammi ma soltanto per la buona poesia» .

 Pier Vincenzo Mengaldo in «La tradizione del Novecento» osserva che fra le avanguardie

Pier Vincenzo Mengaldo in «La tradizione del Novecento» osserva che fra le avanguardie del primo anteguerra e l’ermetismo si stende…una poesia «neoclassica» , non senza infiltrazioni leopardiane ed esposizioni programmatiche come nei montaliani «Sarcofaghi» (Ossi), in armonia con quanto accade nel resto d’Europa» Secondo il critico il ‘ 900 poetico si affanna dietro un canone, e forse ancora di più la critica ha provato a tracciarlo. Bisognerebbe invece considerare la pluralità delle esperienze in sè

 Nel 1938 il critico Carlo Bo scrive Letteratura come vita, una sorta di

Nel 1938 il critico Carlo Bo scrive Letteratura come vita, una sorta di manifesto dell’Ermetismo. Bo afferma che la letteratura non è una pratica, una «professione» ma una «condizione» esistenziale, che consente agli autori di riflettere e tornare sulla vita interiore. Dunque la lett non può essere attenta alle sollecitazioni del «tempo minore» , ma deve «svolgersi in una sospensione di reazioni fisiche, in un golfo di attesa metafisica»

 Questa «vita dello spirito» -indagata dalla lett- si esprime nella poesia, «unica nostra

Questa «vita dello spirito» -indagata dalla lett- si esprime nella poesia, «unica nostra ragione d’essere» , unica «dignità» possibile. Gli ermetici si allontanano dal contingente per tutelare l’universale umano, affidarlo ad una purezza che esclude la realtà.

 «Il Frontespizio» «Campo di Marte» , «Corrente» , «Prospettive» L’Ermetismo pratica il simbolismo,

«Il Frontespizio» «Campo di Marte» , «Corrente» , «Prospettive» L’Ermetismo pratica il simbolismo, l’analogia che serve ad elidere, le corrispondenze surreali, la ricerca sonora e musicale, la scrittura alogica Esistenzialismo e intimismo cattolico sono i riferimenti ideologici dell’E

 Astrazione, rarefazione evocativa e lirica; Analogie, semplificazione del lessico Soppressione dei determinativi (articoli)

Astrazione, rarefazione evocativa e lirica; Analogie, semplificazione del lessico Soppressione dei determinativi (articoli) per privilegiare la parola; Riduzione dei nessi grammaticali e sintattici Endecasillabo

Giuseppe Ungaretti U cerca e pratica una lirica essenziale ed assoluta, capace di riflettere

Giuseppe Ungaretti U cerca e pratica una lirica essenziale ed assoluta, capace di riflettere il vuoto e la consunzione del linguaggio. La sua poesia parte dalla constatazione dell’esaurimento di tutte le potenzialità della parola. Per questo U cerca il silenzio, il segreto, e pratica una mistica della parola che staglia la poesia sullo sfondo della tradizione.

La vita Per questo U si allinea al simbolismo europeo. Nato ad Alessandria d’Egitto,

La vita Per questo U si allinea al simbolismo europeo. Nato ad Alessandria d’Egitto, 1888, apparteneva ad una famiglia emigrata dalla zona di Lucca. Ad Alessandria si legò ad Enrico Pea e ai fratelli Thuile. Nel 1912 si traferì a Parigi, dove frequentò Apollinaire e conobbe Soffici, Papini, Palazzeschi; Iniziò a collaborare a «Lacerba»

La vita Trasferitosi a Milano, irriducibile interventista, partecipò come soldato semplice alla guerra, combattendo

La vita Trasferitosi a Milano, irriducibile interventista, partecipò come soldato semplice alla guerra, combattendo sul Carso. Nel 1916 esce Il porto sepolto Nella primavera del ‘ 18 il suo reggimento passò a Parigi e lì si stanziò come corrispondente del giornale fascista «il Popolo d’Italia» ; Nel 1919 uscì Allegria di naufragi

La vita 1920 sposa Jeanne Dupoix, da cui avrà Ninon e Antonietto 1921 a

La vita 1920 sposa Jeanne Dupoix, da cui avrà Ninon e Antonietto 1921 a Roma, lavora per il Ministero degli Esteri 1928 piena adesione al fascismo e conversione religiosa Collabora ai maggiori periodici italiani e stranieri; tiene cicli di conferenze in tutta Europa

La vita e nel mondo. 1933 Sentimento del tempo 1936 si trasferisce in Brasile

La vita e nel mondo. 1933 Sentimento del tempo 1936 si trasferisce in Brasile Dopo aver perso il figlio Antonietto, torna in Italia 1939 Il dolore 1969 Vita d’un uomo

La poetica La poesia di U nasce dalla congiunzione di due opposte tensioni: il

La poetica La poesia di U nasce dalla congiunzione di due opposte tensioni: il senso d’avventura e la percezione dello spaesamento, dell’esilio. Allo stesso modo U è attratto dalle avanguardie ma si allinea nel solco della tradizione. Alla base della sua formazione c’è l’esperienza francese e il contatto con il simbolismo europeo.

La poetica Prima dell’esperienza della guerra entrato in contatto con la cultura espressionista: per

La poetica Prima dell’esperienza della guerra entrato in contatto con la cultura espressionista: per questo motivo IL SUO SIMBOLISMO SI ARRICCHISCE DI DATI ESISTENZIALI-AUTOBIOGRAFICI. La sua poesia reca sempre le tracce di un’esistenza concreta, deve raccontare la vita di un uomo.

La poetica Questa immagine di umanità emerge dal silenzio, dal vuoto, in un grido

La poetica Questa immagine di umanità emerge dal silenzio, dal vuoto, in un grido che afferra il senso profondo della condizione naturale. U. non ha una prospettiva sociale, non attacca la società; tuttavia la sua poesia riesce a raccogliere – nel dato autobiografico ed esistenziale- la condizione di un’epoca, il senso profondo dei valori collettivi. È anche una poesia “generazionale”

La poetica Per U la poesia è l’unica possibile testimonianza dell’uomo, è sacra, resiste

La poetica Per U la poesia è l’unica possibile testimonianza dell’uomo, è sacra, resiste alle distruzioni della storia; essa adopera una parola essenziale e scarnificata, «moderna» , lontanissima dalla retorica dannunziana.

 La pubblicazione de Il Porto sepolto –legata al fortunato incontro con Ettore Serra,

La pubblicazione de Il Porto sepolto –legata al fortunato incontro con Ettore Serra, al fronte- viene indicata da molti critici come una sorta di spartiacque, termine dopo il quale l’atteggiamento di Ungaretti cambia: alle esitazioni da poeta esordiente, che doveva ancora programmare il suo debutto, seguono ora la ricerca di consensi, la necessità del riscontro critico.

 Con l’uscita della prima opera, anche quella separatezza dagli altri intellettuali, coltivata come

Con l’uscita della prima opera, anche quella separatezza dagli altri intellettuali, coltivata come espressione estrema di dolore per riflettere il proprio smarrimento rispetto all’orrore della guerra, veniva incanalata in un’ipotesi di partecipazione, sostenuta da una salda autostima, dalla nitida consapevolezza del proprio valore. Così scriveva, nei primi giorni di dicembre del 1916:

 Forse presto esce il mio Porto sepolto. Si stampando, pare, a Udine, in

Forse presto esce il mio Porto sepolto. Si stampando, pare, a Udine, in edizione di 80 esemplari numerati. Un mio amico ha voluto raccogliere le mie cose di quest’anno di guerra. Ho rifatto quasi tutto. Vedrai: è una cosa signorile: è certo il miglior libro: il più sincero: il più puro, di quest’anno: ne dicano pure male i grammatici: il primo esemplare sarà per te: in Francia l’ameranno. La cartolina è de 5 dicembre 1916 (ivi, pp. 76 -7). Ettore Serra, conosciuto a Versa (Gorizia) nell’aprile del 1916, aveva sostenuto Ungaretti nel progetto della pubblicazione.

 Sempre in quel mese, la prima licenza invernale diventerà l’occasione per Ungaretti di

Sempre in quel mese, la prima licenza invernale diventerà l’occasione per Ungaretti di recarsi a Napoli, ospite da Gherardo Marone, nella grande casaredazione, in via Duomo 36. Con sé le ottanta copie del Porto sepolto, stampate a Udine da Ettore Serra. A questo punto, ha osservato Antonio Saccone, «per un periodo breve, ma decisivo, della sua formazione Ungaretti intesse una rete di rapporti con la cultura napoletana» , il cui epicentro è proprio nel gruppo dei “dianisti”. A. SACCONE, Ungaretti e “La Diana”, in Letteratura e cultura a Napoli tra Otto e Novecento, a cura di E. Candela, Napoli, Liguori, 2003, pp. 445 -457, qui a p. 450.

 Anni dopo, così Marone avrebbe ricordato quel momento: Ungaretti giunse a Napoli senza

Anni dopo, così Marone avrebbe ricordato quel momento: Ungaretti giunse a Napoli senza altro bagaglio che un tascapane gonfio, e in esso c’erano soltanto ottanta copie numerate della prima edizione del Porto sepolto. Nella mia stanza di lavoro, io e l’indimenticabile Mario Cestaro abbiamo ascoltato per la prima volta quel mirabile libro, e dal mio stesso tavolo Ungaretti lo ha spedito ai rari uomini che egli amava stimava. G. MARONE, Pane nero, Lanciano, Carabba, 1934, p. 230.

 Da Napoli, dunque, Ungaretti s’accingeva a far circolare il volume; sempre da qui

Da Napoli, dunque, Ungaretti s’accingeva a far circolare il volume; sempre da qui si rivolgeva a Papini, lamentando la distratta accoglienza che gli sembrava gli intellettuali italiani manifestassero verso il suo Porto: Mio Papini, […] sono venuto qui sperando nel frastuono delle grosse città; ma mi sento assente, come lassù: sono triste, infinitamente triste, Papini mio. […] In Italia nessuno capisce nulla; ho mandato il mio libro in giro; avrei fatto meglio a bruciarlo. Nessuno? Qualcuno; ma è tanta la massa pretenziosa e orecchiante; è tanta la falsità; sono disgustato; mi fanno e mi faranno delle lodi; chi sentirà come ho sofferto, mio Papini? Chi sentirà quanta mia vita s’è fermata tremante in una parola, a dirmi, con lo spasimo oscuro dell’uomo, che mai si saprà dire com’è, (e vorrebbe), perché non è altro che un uomo? La lettera, priva di data, è degli ultimi giorni del dicembre 1916 ( Lettere a Giovanni Papini, cit. , pp. 80 -1).

 Il 5 gennaio del 1917 Ungaretti si soffermava dettagliatamente sulla sua esperienza napoletana,

Il 5 gennaio del 1917 Ungaretti si soffermava dettagliatamente sulla sua esperienza napoletana, restituendo un eccezionale ritratto della città: Me ne vado contento di questo giro. Ho veduto Napoli; e quando conoscerai i miei «Semente ‘e ‘o spasso» che mi stanno maturando, vedrai che ho fatto bene. Napoli è la sola grande città d’Italia; con un aspetto –o meglio con infiniti aspetti propri- originati schiettamente dalla sua natura, dagli scugnizzi alle canzonette, dalle fiere ai suoi meandri di rioni, dalla passeggiata in via Toledo in carrozzella per ostentazione alla coltellata «bbona» ; il festaiolismo, la boria e il lazzaronismo, e l’ «ammore» sentito come un frutto che il sole porta a compimento, una meravigliosa cosa della natura, che si coglie per bearsene, e se qualcun altro volesse toccarlo, guai; del resto ci son tante frutta in quel giardino. Penso di fare dopo la guerra una rivista d’arte in Italia: avrei i mezzi […] tu la dirigeresti-no? –se non di nome, almeno con il tuo spirito (e non parlo della Diana; voglio bene a Marone che aiuterò di cuore, perché ha ingegno e perché m’ha usato infinite cortesie-, parlo d’una cosa più mia, se avrò questa fortuna).

 Di questo momento della sua vita si ricorderà negli anni successivi, evocando un‘atmosfera

Di questo momento della sua vita si ricorderà negli anni successivi, evocando un‘atmosfera calda e familiare, in cui aveva lavorato a Natale (del 26 dicembre del ’ 16) e a Dolina notturna ( «un fantasma della guerra apparso nelle dolcezze di Napoli» ): «Non ho voglia –di tuffarmi- in un gomitolo-di strade/Ho tanta- stanchezza- sulle spalle-/Lasciatemi così – come una –cosa- posata- in un- angolo- e dimenticata-/ Qui- non si sente- altro che il caldo buono-/Sto- con le quattro- capriole-di fumo – del focolare» .

 Ero andato a Napoli dove c’era Marone. Ed ero suo ospite, mi aveva

Ero andato a Napoli dove c’era Marone. Ed ero suo ospite, mi aveva accolto a casa sua e naturalmente mi aveva dato un letto magnifico dove avrei dovuto passare la notte. Ma io non riuscivo a dormire nel letto perché ero abituato a dormire per terra: non potendo dormire mi sono messo giù, nel pavimento, mi sono riabituato al letto per tornare, davvero, a riabituarmi alla terra. G. UNGARETTI, Lettere dal fronte a Gherardo Marone, cit. , pp. 19 -20.

La poetica dell’analogia Tutta l’esperienza di U è dominata dalla poetica dell’analogia. Nel primo

La poetica dell’analogia Tutta l’esperienza di U è dominata dalla poetica dell’analogia. Nel primo momento, quello dell’Allegria, è caratterizzato da un’assoluta concentrazione linguistica, che riduce al minimo la parola e spezza il ritmo del verso, fino alla sillabazione. I componimenti di questo momento sono

La poetica dell’analogia brevissimi (Mattina, M’illumino/d’immenso), versi essenziali che sconvolgono ogni consuetudine metrico sintattica.

La poetica dell’analogia brevissimi (Mattina, M’illumino/d’immenso), versi essenziali che sconvolgono ogni consuetudine metrico sintattica. Sparisce la punteggiatura, la parola lirica si isola nel suo nucleo primigenio. In un secondo momento, negli anni Trenta, con Sentimento del tempo, la poesia cerca espressioni più distese, recupera le forme più eleganti e preziose

Barocco Della tradizione, ritorna alla metrica tradizionale, guarda ai modelli supremi di perfezione Leopardi

Barocco Della tradizione, ritorna alla metrica tradizionale, guarda ai modelli supremi di perfezione Leopardi e Petrarca. Il linguaggio non è più scarno ma si avvolge in complessi intrecci, tra suggestioni e immagini analogiche. Questa seconda fase porta U alla scoperta del Barocco: tutto il linguaggio della letteratura universale è per lui un immenso repertorio di analogie, uno sterminato

barocco campo di immagini e metafore che possono essere combinate all’infinito. Il lavoro del

barocco campo di immagini e metafore che possono essere combinate all’infinito. Il lavoro del poeta è ora la manipolazione magica e sacrale di tutte queste forme. La poesia è un’inchiesta sui nuovi segreti da scoprire, sui misteriosi legami tra le parole, che alludono ad una realtà profonda e inconoscibile. La parola recupera il suo significato

 religioso e la continuità dei valori eterni dell’uomo. U concepisce tutta la sua

religioso e la continuità dei valori eterni dell’uomo. U concepisce tutta la sua opera come un rapporto di analogie, un intreccio di riscritture, correzioni, perfezionamenti; tutto è in relazione, tutto si tiene.

Simbolismo Talvolta U porta all’estremo la sua concezione simbolista della poesia; spesso l’affermazione del

Simbolismo Talvolta U porta all’estremo la sua concezione simbolista della poesia; spesso l’affermazione del valore sacrale della parola poetica resta qualcosa di astratto e programmatico, lontano da un’autentica capacità di conoscenza.

L’Allegria è la raccolta che contiene tutta la prima produzione di U, quella tra

L’Allegria è la raccolta che contiene tutta la prima produzione di U, quella tra il 1914 e il 1919 I primi componimenti rivelano la concentrazione del poeta sulla parola. La guerra porta al confronto tra l’io poetico e la realtà esterna minacciosa, la natura ostile e indifferente. La poesia è un modo per affermare nel

 vuoto minaccioso la tragica dignità di un destino umano e collettivo. La guerra

vuoto minaccioso la tragica dignità di un destino umano e collettivo. La guerra appare come un dato ineluttabile: il paesaggio, percorso dalle macchine belliche, è espressione di una violenza naturale ed artificiale. L’io prova ad affermare la sua vitalità, ad attaccarsi alle illusioni per sopravvivere ( «Ungaretti/ uomo di pena/ti basta un’illusione /per farti coraggio» )

 Lo stesso titolo Il porto sepolto –ad Alessandria si credeva vi fosse un

Lo stesso titolo Il porto sepolto –ad Alessandria si credeva vi fosse un antico porto sepolto nella sabbia- allude a «ciò che di segreto rimane in noi indecifrabile» e alla funzione della poesia come scavo alla ricerca di un «nulla/ d’inesauribile segreto» . Il titolo Allegria – quello originario era Allegria di naufragi- allude alla paradossale vitalità che si afferma in mezzo alla morte

 alla forza allegra della sopravvivenza nel vuoto e nel naufragio. Questo è il

alla forza allegra della sopravvivenza nel vuoto e nel naufragio. Questo è il senso della condizione moderna, il residuo vitale di un’umanità che ritrova se stessa nel nulla, nello svuotamento, nella sopravvivenza incosciente ed euforica. Questa poesia raggiunge i suoi risultati migliori quando registra lo svuotamento dell’io annullato dalla esperienza della guerra.

 L’io diviene parte del paesaggio bellico: «eccovi un’anima/ deserta/ uno specchio impassibile» .

L’io diviene parte del paesaggio bellico: «eccovi un’anima/ deserta/ uno specchio impassibile» . L’analogia mette sullo stesso piano il mondo scarnificato e l’io, che coincide con il paesaggio carsico. La parola è ridotta, l’io poetico si identifica col grado zero dell’universo. Talvolta vi sono elementi di nostalgia e di meditazione morale.

Sentimento Sullo sfondo desolato della guerra la parola poetica si allontana dal linguaggio consumato:

Sentimento Sullo sfondo desolato della guerra la parola poetica si allontana dal linguaggio consumato: la distruzione è un fatto naturale, connaturata al vivere stesso. Nei componimenti successivi alla guerra –in quelli nell’ultima sezione di A- U va verso forme più allargate, distese, composte. Nella successiva raccolta –Sentimento del tempo-

 torna all’endecasillabo, alla punteggiatura, alle immagini della poesia tradizionale. Le esperienze che condizionano

torna all’endecasillabo, alla punteggiatura, alle immagini della poesia tradizionale. Le esperienze che condizionano questa fase sono legate a Roma, la città barocca per eccellenza, in cui il p sperimenta l’orrore del vuoto e i ricostituirsi dello spazio. Inoltre, in questo momento U vive la sua conversione religiosa. Questa è la poesia dell’analogia, un arcano dialogo tra voci diverse ricavate dal fondo della

 natura. Il gioco poetico confonde concreto e astratto, sommerge la parola sotto metafore;

natura. Il gioco poetico confonde concreto e astratto, sommerge la parola sotto metafore; l’anima si ricava da immagini sfuggenti, proietta se stessa in forme del mito. I componimenti migliori sono quelli in cui il poeta si libera da questo reticolato di analogie e affronta temi legati alla solitudine dell’uomo di fronte al male e alla morte

 L’esperienza di U in Brasile, che si sviluppò per un lungo, intenso periodo

L’esperienza di U in Brasile, che si sviluppò per un lungo, intenso periodo nel nuovo mondo, dettagliatamente ricostruita dalla critica, comportò dei cambiamenti importanti

 dopo il primo traumatico contatto con questa realtà, suggellato, osserva Paola Montefoschi, «dalla

dopo il primo traumatico contatto con questa realtà, suggellato, osserva Paola Montefoschi, «dalla visione della natura esorbitante, nella quale si integrano la ridondanza e le stravaganze delle architetture settecentesche, deriverà violente emozioni» , il poeta recuperava intatte le dolorose, antiche emozioni di essere “privo” di patria. G. UNGARETTI, Invenzione della poesia moderna. Lezioni brasiliane di letteratura (1937 -1942), a cura di P. Montefoschi, Napoli, ESI, 1984. P. MONTEFOSCHI introduzione a G. UNGARETTI, Invenzione della poesia moderna. Lezioni brasiliane di letteratura (1937 -1942), cit. , p. 9.

 La dimensione di sradicamento percepita da giovanissimo nella libertà di Alessandria d’Egitto veniva

La dimensione di sradicamento percepita da giovanissimo nella libertà di Alessandria d’Egitto veniva ora emotivamente riformulata in Brasile, dove gli era stata offerta la cattedra di Lingua e letteratura italiana dall’Università di San Paolo. Il poeta decide di accettare e di restare qui, tra sentimenti altalenanti, con la famiglia, fino al 1942. L’incarico durerà fino al 1942.

 Nel primo biglietto dal Brasile, del 1940 (“XVIII”), il poeta non esita a

Nel primo biglietto dal Brasile, del 1940 (“XVIII”), il poeta non esita a rimarcare le ingiustizie subite in patria, vagheggiando possibili riscatti: Mio caro Gherardo, grazie di quanto hai voluto fare per me. Dovrei ritornare in Italia in agosto. Confermami dunque se mi sarà possibile passare prima dall’Argentina. Un abbraccio dal tuo Ungaretti 1/49 Alameda Santos, casa 11 Saô Paulo, l’ 8 di Maggio del XVIII. Sono usciti quest’anno i libri Di Bo Contini De Robertis Gargiulo Con saggi entusiastici sulla mia poesia. E, in Italia, m’annunziano che mi sarà resa quella giustizia alla quale il vecchio fascista del 19 e maggior poeta vivente d’Europa avrebbe, forse, diritto. Purtroppo, ormai, non sono più che un uomo che ha bisogno di pace. ANM, U. V. 87. Biglietto autografo, solo recto, su carta intestata “Por avião “VIA CONDOR-LUFTHANSA”, privo di busta.

Il Dolore Nel 1947 pubblica Il Dolore, raccolta legata alla scomparsa del figlio, del

Il Dolore Nel 1947 pubblica Il Dolore, raccolta legata alla scomparsa del figlio, del fratello, alle immagini dell’occupazione nazista di Roma. Il verso endecasillabo si modula in un discorso disteso, accorato, essenziale, un amaro accordo musicale.

 Alle ulteriori proposte di Marone, Ungaretti sembra cedere, ipotizzando, dopo il ciclo di

Alle ulteriori proposte di Marone, Ungaretti sembra cedere, ipotizzando, dopo il ciclo di lezioni argentine, di poter tornare in Brasile, per “un saluto” alla tomba del figlio: Caro Gherardo, di ritorno da Parigi, dove ero andato come membro della delegazione italiana alla Conferenza dell’Unesco, Azpiri mi informa di come stanno a questo momento le cose.

 Va bene: verrò in Argentina, e di lì farò un salto a San

Va bene: verrò in Argentina, e di lì farò un salto a San Paolo per salutare la tomba del mio bambino, e qui mi riimbarcherò per l’Italia. Impegnarmi per altre conferenze in Brasile o altrove, potrebbe, temo, nuocere alla mia salute. Voglio accontentarti, e basta. Scrivimi subito, per fissare d’accordo con te, la data della mia partenza. I miei si ricordano alla Signora e ti abbracciano fraternamente. Il tuo Ungaretti

 Il 4 novembre del 1959, Ungaretti si era rivolto a Marone per commentare,

Il 4 novembre del 1959, Ungaretti si era rivolto a Marone per commentare, con amara ironia, la vittoria di Salvatore Quasimodo al Premio Nobel. La lettera autografa, custodita nell’Archivio Gherardo Marone di Napoli, non è catalogata nell’inventario; è stata ritrovata nel fascicolo contrassegnato dalla sigla U. V. 109/119, in cui sono contenute undici fotocopie di epistole, già schedate in originale e indicate nel regesto, inviate tra il 1940 al 1959.

 Lo scritto appare come un serrato sfogo, maturato dopo anni di speranze disattese,

Lo scritto appare come un serrato sfogo, maturato dopo anni di speranze disattese, nel quale Ungaretti non esitava a definire Salvatore Quasimodo «un pappagallo e un pagliaccio» , aggiungendo le taglienti rivelazioni di alcuni retroscena per spiegare la bocciatura della sua candidatura. Cfr. E. TIOZZO, La letteratura italiana e il premio Nobel. Storia critica e documenti, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 2009. Ungaretti fu candidato al premio nel 1955, 1956, 1958, 1964, 1965, 1969, 1970.

 Roma, il 4/XI/ 1959 Mio caro Marone, Ti ringrazio, e ti voglio sempre

Roma, il 4/XI/ 1959 Mio caro Marone, Ti ringrazio, e ti voglio sempre profondamente bene. Quas. è un pappagallo e un pagliaccio, e l’avrai visto dai giornali francesi, e di tutti i paesi, e da quelli italiani. Quelli che dànno il Premio? Sono quattro poeti mediocri- ne è uscita quest’estate una traduzione italiana con pref. di Quas. (!!!)e conoscevano di persona Quas. che andava a Stoccolma come membro del comitato dei Partigiani

 Tutto il mondo è paese. Né la gloria di Tolstoi –che era scrittore

Tutto il mondo è paese. Né la gloria di Tolstoi –che era scrittore infinitamente superiore al povero sottoscritto e di cui il Nobel bocciò Guerra e pace! –né la mia, se un po’ di gloria merito, può dipendere da quei presuntuosi cretini- e ingenui!