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Erica Antonini Sapienza Università di Roma Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale Populismo. Tratti

Erica Antonini Sapienza Università di Roma Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale Populismo. Tratti idealtipici e dinamiche sociali

2 1. Populismo: alcuni tratti idealtipici 2. Dinamiche politiche, sociali e culturali dei populismi

2 1. Populismo: alcuni tratti idealtipici 2. Dinamiche politiche, sociali e culturali dei populismi contemporanei 2. 1 Trasformazioni della rappresentanza e antipolitica 2. 2 Polarizzazione, risocializzazione, dis-intermediazione 2. 3 Trasformazioni culturali 3. Populismo e democrazia: un rapporto antitetico? 4. Uno sguardo all'Italia: vecchi e nuovi populismi 5. Quali “antidoti” alle retoriche antipluraliste? 6. Conclusioni. Fragilità delle “verità di fatto” e disorientamento DEMOCRAZIA: DEFINIZIONI, CONDIZIONI, CRISI 16 febbraio 2013

1. Populismo: alcuni tratti idealtipici a) presenza di una comunità-popolo omogenea, interclassista, indifferenziata, “intesa

1. Populismo: alcuni tratti idealtipici a) presenza di una comunità-popolo omogenea, interclassista, indifferenziata, “intesa nella sua dimensione 'calda' di comunità vivente, quasi una sorta di entità pre-politica e pre-civile” (Revelli 2017), che si percepisce come detentrice assoluta della sovranità popolare; b) presenza di un leader carismatico in connessione diretta (im-mediata) con la comunità popolo, creazione emotiva dell'appartenenza, forte personalizzazione, dis-intermediazione; c) atteggiamento anti-establishment, autorappresentazione della comunitàpopolo come alternativa alle élite preesistenti, accusate di esclusione e decadenza del sistema politico, sotto il segno della rottura, della diversità, del nuovo inizio; d) atteggiamento antipluralista, delegittimazione degli avversari, pretesa di rappresentatività esclusiva del popolo (Müller 2016); 3

e) spiccata semplificazione del discorso politico, manicheismo dello stile comunicativo, retorica del “noi” e

e) spiccata semplificazione del discorso politico, manicheismo dello stile comunicativo, retorica del “noi” e del “loro”, logica del complotto, polarizzazione politica, impostazione del conflitto politico in termini di contrapposizione etica, autororappresentazione del popolo come entità morale infallibile, che si lega alle immagini del tradimento e del necessario rovesciamento (cacciata dell'oligarchia usurpatrice e restaurazione della sovranità popolare da parte del leader); f) spostamento di novanta gradi del quadro spaziale del conflitto: dalla tradizionale dialettica orizzontale tra culture politiche diverse, proprie di attori situati su un piano di eguaglianza (di rango), tipica della modernità inaugurata dalla Rivoluzione francese (es: coppia destra-sinistra), alla contrapposizione verticale (logica alto-basso) tra l'unità del popolo “vero” nella sua purezza originaria e una qualche entità che si pone, indebitamente, al di sopra (un'élite usurpatrice, una congrega di privilegiati, un potere occulto) o al di sotto (gli immigrati, gli stranieri, ecc. ) di esso; g) elogio del nuovo e dell'uomo comune, disprezzo per il professionismo e l'esperienza; h) slittamento dall'ideologia alla “storia di vita” (contenuti programmatici trasversali, né di destra né di sinistra). 4

2. 1 Modelli di partito e trasformazioni della rappresentanza 5 Max Weber distingue fra:

2. 1 Modelli di partito e trasformazioni della rappresentanza 5 Max Weber distingue fra: PARTITO DI NOTABILI PARTITO DI MASSA Strutture embrionali e attivabili soltanto nelle occasioni elettorali Strutture permanenti e mantenute in costante attività Maurice Duverger distingue fra: PARTITO DI QUADRI PARTITO DI MASSA Mira a riunire dei notabili per preparare le elezioni, dirigerle e mantenere i contatti con gli elettori Fa affidamento sugli iscritti per il loro radicamento e la loro affermazione in un sistema politico, per le loro campagne elettorali e il loro finanziamento Sigmund Neumann distingue fra: PARTITO DI RAPPRESENTANZA INDIVIDUALE PARTITO DI INTEGRAZIONE SOCIALE Si attiva in occasione delle elezioni e spesso non è diverso da un semplice comitato elettorale È dotato di un’organizzazione estesa, permanente, influente, aperta alla partecipazione degli iscritti 5

Le trasformazioni dei partiti: oltre il partito di massa? 6 Invece di una tendenza

Le trasformazioni dei partiti: oltre il partito di massa? 6 Invece di una tendenza irreversibile verso la trasformazione di tutti i partiti in organizzazioni burocratiche di massa, Otto Kirchheimer (1966) ha sottolineato la loro trasformazione in PARTITI PIGLIATUTTI (catch-all parties), le cui caratteristiche principali sono: • drastica riduzione del bagaglio ideologico; • rafforzamento dei gruppi dirigenti di vertice; • diminuzione del ruolo del singolo iscritto al partito; • minore accentuazione di una specifica classe sociale o di una platea religioso-confessionale come riferimento elettorale; • apertura all’accesso di diversi gruppi di interesse. 6

7 Di fronte ai mutamenti sociali, culturali, tecnologici intervenuti nel corso del XX secolo,

7 Di fronte ai mutamenti sociali, culturali, tecnologici intervenuti nel corso del XX secolo, Angelo Panebianco (1982) ha sottolineato la comparsa di un nuovo modello di partito (professionale-elettorale), in sostituzione del partito burocratico di massa. 7

8 Per altri studiosi (Katz e Mair, 1995), i partiti si stanno sempre più

8 Per altri studiosi (Katz e Mair, 1995), i partiti si stanno sempre più trasformando in PARTITI DI CARTELLO (cartel parties), il cui obiettivo è quello di limitare la concorrenza attraverso collusioni nel mercato politico che si estrinsecano in particolare nello sfruttamento delle risorse statali. Caratteristiche principali del cartel party: - riduzione ulteriore del bagaglio ideologico; - alleggerimento delle strutture organizzative; - personalizzazione e accentramento dei poteri nel leader del partito; - maggiore affidamento sulle sovvenzioni statali; - collusione interpartitica; - compenetrazione tra partiti e Stato. 8

Crisi dei partiti? 9 a) Crisi della presenza dei partiti nella società, rispetto alle

Crisi dei partiti? 9 a) Crisi della presenza dei partiti nella società, rispetto alle funzioni di: - Socializzazione politica: creazione, elaborazione e diffusione di informazioni politiche - strutturazione delle identità e delle appartenenze politiche - fondamento del consenso e del rapporto di rappresentanza - sintesi, aggregazione e mediazione degli interessi sociali - integrazione sociale (attenuazione delle diseguaglianze) b) Rafforzamento della presenza dei partiti nelle istituzioni, rispetto alle funzioni di: - reclutamento, selezione e coordinamento delle élite - formulazione di proposte programmatiche DEMOCRAZIA: DEFINIZIONI, CONDIZIONI, CRISI 16 febbraio 2013

Verso l’antipolitica - Impoverimento della rappresentanza (esclusivamente di interessi) e della dimensione relazionale del

Verso l’antipolitica - Impoverimento della rappresentanza (esclusivamente di interessi) e della dimensione relazionale del potere (canali di comunicazione partiti-società) - Declino del valore della formazione e della mediazione; - Declino della fiducia come collante della relazione politica e del senso di appartenenza (disaffezione dei cittadini verso la politica); - Impoverimento delle forme di partecipazione; - Crescita esponenziale dell'astensionismo elettorale; - Ripiegamento sul privato, declino della fiducia anche nella vita sociale (crisi dei legami e della solidarietà sociale, crescita del particolarismo e del livello di individualizzazione); 10

11 - Svuotamento dei contenuti della cittadinanza (perdita del senso della “cittadinanza attiva”, dal

11 - Svuotamento dei contenuti della cittadinanza (perdita del senso della “cittadinanza attiva”, dal cittadino all'elettore (Arendt) e all'avente diritto (Habermas), dal legame morale al rapporto burocratico - Frammentazione della rappresentanza, disprezzo per la formapartito e per la dimensione ideologico-valoriale, a favore di movimenti incentrati spesso su singole issues, relative al presente (eclissi della funzione politica di sintesi e rappresentazione di istanze universalistiche e di progettazione di lungo periodo) - Ricerca di nuove forme di identità e appartenenza nella diffusione di fenomeni, spesso radicali, di aggregazione, fondati su localismo, nazionalismo, fondamentalismo, settarismo - Diffusione di istanze populiste e anti-politiche (sintomi, non rimedi alla crisi della politica).

2. 2 Polarizzazione, risocializzazione, dis-intermediazione a) polarizzazione sociale e polarizzazione politica consistente soprattutto in

2. 2 Polarizzazione, risocializzazione, dis-intermediazione a) polarizzazione sociale e polarizzazione politica consistente soprattutto in un'inversione della precedente tendenza alla “cetomedizzazione” della società (che aveva attenuato le differenze di classe), che si declina nel diffuso declassamento del ceto medio, nell'impoverimento di strati precedentemente ascendenti e nell'ascesa vertiginosa di nuovi privilegiati (De Rita, Bonomi 2014). Ad esempio, tra il 1989 e il 1998, anno della prima vittoria elettorale di Chávez, il Venezuela ha subito una drastica riduzione della classe media, dal 37% al 13%, che è andata ad accrescere la classe popolare (a causa della crisi economica degli anni '80 e '90 e del significativo incremento demografico della stessa classe popolare). Il chavismo è pertanto interpretabile come un'espressione della polarizzazione sociale già in atto e, al contempo, come un agente di trasformazione della polarizzazione sociale in polarizzazione politica (formulando esso un discorso politico manicheo e di valorizzazione delle classi popolari) (Ellner, Hellinger 2004); 12

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14 b) mobilitazione e inclusione sociale e politica delle classi popolari come forma di

14 b) mobilitazione e inclusione sociale e politica delle classi popolari come forma di risocializzazione politica di soggetti che versano in una condizione di apatia e scontento verso i normali sistemi istituzionali di rappresentanza e ripongono nei populismi profonde aspettative di cambiamento radicale del sistema; c) disintermediazione sociale come profondo mutamento degli equilibri esistenti tra governanti e governati, in seguito alla riduzione quantitativa e qualitativa dei dispositivi sociali (istituzionali e non) del potere, che mettono in relazione la dimensione del governo con quella dei cittadini. Secondo De Rita e Bonomi in Italia ciò è stato incarnato dall'eclissi della società di mezzo (2014), equivalente alla dissoluzione di antichi contenitori quali i partiti di massa novecenteschi, dei canali della partecipazione politica tradizionale, delle forme di aggregazione tardo-industriali (Revelli 2017);

2. 3 Trasformazioni culturali a) mutazione culturale delle élite politiche tramite l'emergere di un

2. 3 Trasformazioni culturali a) mutazione culturale delle élite politiche tramite l'emergere di un loro “spirito gregario”, parallelamente all'assottigliarsi della loro reale autonomia decisionale, consistente in un “mimetismo linguistico e comportamentale verso il basso e insieme una subalternità valoriale verso l'alto” ; l'involucro di “buone maniere”, spirito di mediazione e e di parlamentarizzazione del dissenso lascia il posto tutto ciò che appare “scorretto (ovvero “sincero, non ipocrita”), aggressivo (ovvero“diretto”), rapido e fattivo (non dialetticamente “inconcludente”) (Revelli 2017, pp. 7, 9 -10). b) Cultural Backlash secondo Inglehart e Norris (2016), i neopopulismi (soprattutto europei e nordamericani) sarebbero imputabili non tanto alle crescenti diseguaglianze economiche quanto a una reazione culturale nei confronti delle profonde trasformazioni nella cultura politica promosse dalle forze progressiste e dalla visione multiculturale e cosmopolitica ad esse associata (Anselmi 2017, pp. 71 -77). 15

16 Figure 1: Heuristic model of party competition in Western societies (Inglehart, Norris 2016)

16 Figure 1: Heuristic model of party competition in Western societies (Inglehart, Norris 2016)

17 3. Populismo e democrazia: un rapporto antitetico? Contrariamente a quanto il senso comune

17 3. Populismo e democrazia: un rapporto antitetico? Contrariamente a quanto il senso comune potrebbe suggerire, democrazia e populismo appaiono oggi fortemente intrecciati. Ma mentre i sistemi democratici si cimentano con l’arduo compito di conciliare il principio democratico con quello rappresentativo, il populismo tende a respingere proprio il principio della rappresentanza, o a limitarne il più possibile l’uso. Da ciò deriva al populismo uno “status particolare”, consistente nel non accettare pienamente gli abituali strumenti della democrazia rappresentativa, senza però adottare forme anticonvenzionali di partecipazione politica: “Il populismo rifiuta i partiti, ma in genere si organizza come movimento politico; è critico nei confronti delle élite politiche, ma si presenta alle elezioni; rivendica il potere del popolo, e pure fa affidamento alle seduzioni di un leader carismatico” (Mény 1994).

Tale atteggiamento trova origine nella contraddizione, mai risolta, tra le democrazia ideale (che dovrebbe

Tale atteggiamento trova origine nella contraddizione, mai risolta, tra le democrazia ideale (che dovrebbe permettere un reale accesso delle masse alla politica) e la democrazia concreta (che realizza solo imperfettamente questo ideale o che cerca di canalizzare la pressione popolare)” (Mény, Surel 2000, Taguieff 1997, 2002, Taggart 2000). 18 Qualunque democrazia è costruita su una tensione, su un “legame indissolubile” tra utopia e realismo, tra fede e pragmatismo, in modo tale che il problema non riguarda tanto la coesistenza dei contrari, quanto l’equilibrio che si stabilisce tra loro: quando la dimensione pragmatica o scettica diventa predominante rispetto alle aspettative riposte nella democrazia, c’è posto per la comparsa del populismo (Canovan 1981).

19 D'altro canto, nota Revelli, “demos in greco e populus in latino rinviano allo

19 D'altro canto, nota Revelli, “demos in greco e populus in latino rinviano allo stesso soggetto: il popolo. E dunque a un destino in buona misura comune”. Il populismo è pertanto “la manifestazione esterna di una malattia di quella forma contemporanea della democrazia che è la Democrazia rappresentativa. Ogni qualvolta una parte del 'popolo' o un popolo tutto intero non si sente rappresentato, ritorna in un modo o nell'altro un qualche tipo di reazione cui si è dato il nome di 'populismo'.

20 Come 'malattia infantile della democrazia' all'inizio del ciclo democratico, quando ancora la ristrettezza

20 Come 'malattia infantile della democrazia' all'inizio del ciclo democratico, quando ancora la ristrettezza del suffragio e le barriere classiste tenevano fuori dal gioco una parte della cittadinanza (i populismi tardo-ottocentesco e primonovecentesco erano, in primo luogo, 'rivolte degli esclusi'). E come 'malattia senile della democrazia' oggi, quando l'estenuazione dei processi democratici e il ritorno in forze di dinamiche oligarchiche nel cuore delle democrazie mature rimettono ai margini o tradiscono il mandato di un popolo rimasto 'senza scettro' (il populismo post-novecentesco come 'rivolta degli inclusi' messi al margine). In entrambi i casi, la 'sindrome populista' è il prodotto di un deficit di rappresentanza” (Revelli 2017, pp. 3 -4).

21 Paradossalmente, la versatilità della sua “ideologia del popolo” può anche essere ritenuta un

21 Paradossalmente, la versatilità della sua “ideologia del popolo” può anche essere ritenuta un elemento necessario, se non salutare, delle società democratiche, se si pone attenzione a non squilibrare eccessivamente il rapporto tra l’elemento liberale e quello popolare. Non a caso il populismo come forza latente è più suscettibile di apparire nei momenti di tensione, di crisi, come indicatore di un disagio diffuso nel corpo sociale e politico (Mény, Surel 2001). Lungi dal costituire una mera patologia, il populismo evidenzia, dunque, un malessere, non trascurabile, che ricorda quanto la democrazia, processo in continua costruzione, non sia mai data una volta per tutte.

22 4. Uno sguardo all'Italia: vecchi e nuovi populismi L’antecedente storico più noto dei

22 4. Uno sguardo all'Italia: vecchi e nuovi populismi L’antecedente storico più noto dei populismi contemporanei è il caso del “Fronte dell’Uomo Qualunque”, movimento e, successivamente, partito politico sorto attorno all’omonimo giornale “L’uomo qualunque”, fondato a Roma nel 1944 dal commediografo e giornalista Guglielmo Giannini. Lo scopo dell’ideatore era quello di dare voce alle opinioni dell’uomo della strada, contrario al regime dei partiti e ad ogni forma di statalizzazione, avverso sia al fascismo, di cui condannava il centralismo decisionale, sia al comunismo e agli “antifascisti di professione”. A partire da quell’esperienza, come è noto, il termine “qualunquismo”, poi rimasto nel lessico politico con evidente accezione negativa, definisce atteggiamenti di sfiducia nelle istituzioni democratiche, di diffidenza e ostilità nei confronti della politica e del sistema dei partiti, di insensibilità agli interessi generali, che si traducono in opinioni semplicistiche e sostanzialmente conservatrici sui problemi dello stato e del governo.

23 DEMOCRAZIA: DEFINIZIONI, CONDIZIONI, CRISI 16 febbraio 2013

23 DEMOCRAZIA: DEFINIZIONI, CONDIZIONI, CRISI 16 febbraio 2013

24 Una declinazione del fenomeno sopra descritto è l’aspirazione alla riduzione della distanza tra

24 Una declinazione del fenomeno sopra descritto è l’aspirazione alla riduzione della distanza tra l’“uomo comune” e la classe politica. In Italia ciò inizia a concretizzarsi nei primi anni Novanta, con il netto ricambio della classe politica, avvenuto con le prime elezioni svoltesi con il sistema elettorale “Mattarellum” (marzo 1994), che segnano una svolta profonda nella politica italiana. Si assiste a un netto rinnovamento della classe parlamentare, con il 71% di deputati di prima nomina, una percentuale altissima, simile a situazioni caratterizzate da vere e proprie crisi di regime. Basti pensare che nel 1919, dopo la prima guerra mondiale, l’introduzione della proporzionale e subito prima del crollo del regime liberale, i deputati neoeletti ammontavano al 60%. Il dato più rilevante del marzo 1994 è il drastico calo, nella composizione della classe parlamentare, della presenza dei professionisti della politica, a fronte del consistente incremento del numero di parlamentari provenienti dal settore privato – lavoratori autonomi, quadri e dirigenti d’azienda, ecc –, che sceglie di vivere in prima persona l’esperienza politica, abbandonando la consuetudine di delegare al politico di professione la rappresentanza dei propri interessi (Guarnieri 2006).

25 Ciò si accompagna, ad esempio, alla rappresentazione che Silvio Berlusconi fa di se

25 Ciò si accompagna, ad esempio, alla rappresentazione che Silvio Berlusconi fa di se stesso non come “politico” ma come “imprenditore prestato alla politica”, che si distingue nettamente dalla “Casta” (a sottintendere, tra l’altro, anche una superiore efficacia del “privato” rispetto al “pubblico”). Proprio il frame della “Casta” arriverà a costituire il tratto più tipico della retorica del Movimento 5 Stelle. E, come già spiegava Vilfredo Pareto distinguendo tra verità, utilità ed efficacia delle ideologie, l’efficacia di un frame, di una cornice cognitiva, è del tutto indipendente dalla sua verità. A tutto ciò si aggiunge, nella proposta di Grillo, un'inedita esaltazione delle potenzialità della Rete – da cui la connotazione di “populismo digitale” (Santoro 2012), secondo l’idea professata dallo stesso e da Casaleggio per cui il solo fatto di “essere in Rete” consentirebbe di stabilire relazioni esclusivamente orizzontali. Visione, a ben vedere, smentita da un numero sempre più ampio di interpretazioni.

26 In proposito, Revelli distingue tre varianti di “neopopulismo”, che hanno preso piede in

26 In proposito, Revelli distingue tre varianti di “neopopulismo”, che hanno preso piede in Italia (“laboratorio privilegiato” al riguardo) negli ultimi decenni: 1. il “telepopulismo” berlusconiano; 2. il “cyberpopulismo” grillino; 3. il “populismo dall'alto” di Matteo Renzi. Esse sarebbero accomunate da alcuni tratti non soltanto formali: - una forte personalizzazione; - un meccanismo di dis-intermediazione, ovvero “uno stile di comunicazione e di azione basato sul rapporto diretto con un pubblico tendenzialmente indeterminato, più ampio dei tradizioni insediamenti politicamente e culturalmente delimitati delle precedenti forze politiche”; - la tendenza a presentarsi sotto il segno della rottura, della diversità e del nuovo inizio. (Revelli 2017, pp. 120 -121).

27 5. Quali “antidoti” alle retoriche antipluraliste? Come arginare questi ed altri effetti perversi

27 5. Quali “antidoti” alle retoriche antipluraliste? Come arginare questi ed altri effetti perversi delle retoriche antipluraliste? 1. In primo luogo, programmare politiche tendenzialmente redistributive, servizi sociali e sanitari accessibili, dinamiche salariali non punitive, politiche più riformiste e “meno chiuse nel dogma dell'austerità” (Revelli 2017). 27

28 2. Rivalutare una cultura dell’intermediazione, che restituisca senso alla democrazia rappresentativa, l’unica forma

28 2. Rivalutare una cultura dell’intermediazione, che restituisca senso alla democrazia rappresentativa, l’unica forma adeguata, quantunque mai definitiva e sempre perfettibile, a condizioni complesse quali quelle delle società ipermoderne. Si tratta di recuperare il valore della formazione e dell’esperienza, investendo nella formazione della cittadinanza – a maggior ragione, nell’epoca dell’“alluvione comunicativa”, che compromette la rilevanza delle tradizionali agenzie di socializzazione (Morcellini 2011) – e, in primis, delle élite politiche, al fine di strutturare competenze in grado di assolvere a quelle funzioni di mediazione degli interessi e di ideazione di progetti alternativi di società, intorno alle quali nasce la sfida della politica moderna.

29 3. Tenere costantemente alta la soglia di sorveglianza sulla dimensione pluralistica del sistema

29 3. Tenere costantemente alta la soglia di sorveglianza sulla dimensione pluralistica del sistema politico, ovvero sulla sostanziale vigenza dello Stato di diritto (rule of law), sul rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, sulla reale indipendenza delle istituzioni dal potere esecutivo, sul pluralismo dell’informazione sviluppando la dimensione liberale, e non meramente elettorale e procedurale, della democrazia (Dahl 1971, Rokkan 1970). Solo in tal modo i cittadini potranno disporre di strumenti di conoscenza, valutazione critica, controllo, proposta e decisione, recuperando quelle forme di “contro-democrazia” (Rosanvallon 2006) in grado di renderli soggetti criticamente e politicamente attivi, arginando il rischio di farsi ridurre a “popolo” indistinto. 29

4. Curare l’alfabetizzazione digitale, 30 Incentivando la diffusione capillare della conoscenza delle nuove tecnologie

4. Curare l’alfabetizzazione digitale, 30 Incentivando la diffusione capillare della conoscenza delle nuove tecnologie e delle loro modalità d’uso, al fine di arginare i processi di esclusione, e dunque di contrazione delle opportunità democratiche, già ampiamente in atto. L’obiettivo è quello di “dirigere la democrazia continua verso i sentieri di una ‘strong democracy’ (Barber 1984; Bobbio 1984), di una democrazia dove la ‘forza’ sia quella dei cittadini attivi, messi in grado di partecipare effettivamente ai processi di decisione” (Rodotà 1997, pp. 5, 15, 45 -46). 5. Definire preventivamente un adeguato quadro istituzionale, che contribuisca alla nascita di un nuovo “spazio costituzionale” di interazione tra l’attività dei cittadini e quella delle istituzioni. 30

31 “La democrazia può resistere alla minaccia autoritaria soltanto a patto che si trasformi,

31 “La democrazia può resistere alla minaccia autoritaria soltanto a patto che si trasformi, da 'democrazia di spettatori passivi' a 'democrazia di partecipanti attivi', nella quale cioè i problemi della comunità siano familiari al singolo e per lui importanti quanto le sue faccende private”. (Erich Fromm, Avere o essere? , 1976)

32 6. Conclusioni. Fragilità delle “verità di fatto” e disorientamento Alcuni effetti più allarmanti

32 6. Conclusioni. Fragilità delle “verità di fatto” e disorientamento Alcuni effetti più allarmanti connessi alle retoriche antipluraliste, ampiamente adottate dai populismi contemporanei, possono essere individuati: - nella polarizzazione del discorso politico, spesso all’origine della crescita dell'intolleranza verso il diverso, tramite l'esasperazione del senso del confine; - nella disseminazione di un senso di disorientamento e nell’innalzamento del livello di insicurezza collettiva, soprattutto percepita, in società già abbondantemente minate dal crescente individualismo.

Un recente studio dell’Istituto di ricerca Cattaneo (Immigrazione in Italia: tra realtà e percezione,

Un recente studio dell’Istituto di ricerca Cattaneo (Immigrazione in Italia: tra realtà e percezione, agosto 2018) rivela che l’Italia è il Paese europeo con il maggior distacco tra la percentuale reale e quella percepita in riferimento alla popolazione immigrata residente sul territorio nazionale. Mentre gli immigrati in Italia costituiscono il 7% della popolazione complessiva (9% se si considerano quelli provenienti dalla stessa Unione europea), il 70% degli intervistati nel corso dell’indagine ha ritenuto che essi rappresentassero tra il 20 e il 28% della popolazione, con percentuali variabili in base all’orientamento politico, al grado di istruzione e all’area geografica di residenza. Un dato particolarmente significativo nel suo contrasto con la realtà è che la percezione del fenomeno è più elevata al Sud ( 27%), dove gli immigrati sono il 5% della popolazione, rispetto al Nord (20%), dove ammontano al 10%. Secondo lo studio, la distorsione è da imputarsi anche al fatto che “i dati a disposizione dell’opinione pubblica sono spesso frammentari e presentati in maniera partigiana”. - 33

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35 Scriveva Hannah Arendt nel 1951, che il progetto veicolato dall’ideologia totalitaria pretende di

35 Scriveva Hannah Arendt nel 1951, che il progetto veicolato dall’ideologia totalitaria pretende di rimandare costantemente a una realtà altra, collocata nel futuro, di fare a meno dell’esperienza (finanche adattando i fatti alle idee, e non viceversa, se necessario) e di trarre in maniera unilaterale e logico-deduttiva l’interpretazione della realtà da una premessa data per assiomatica, procedendo “con una coerenza che non esiste affatto nel regno della realtà” (Arendt 1951, it. transl. , pp. 644 -645). Non a caso il bisogno di sicurezza delle masse moderne è pienamente appagato dal linguaggio scientificamente profetico della propaganda totalitaria, che gioca sia sul sentimento di isolamento e di non-appartenenza tipico degli individui atomizzati nella società di massa, sia sul disprezzo manifestato dalle masse stesse per la contraddittorietà della realtà, alla cui scomoda complessità preferiscono la nitidezza di un’interpretazione unilaterale della stessa, che spieghi i fatti come esempi di leggi universali.

36 Gli storici sanno bene quanto sia vulnerabile l'intero contesto dei fatti in cui

36 Gli storici sanno bene quanto sia vulnerabile l'intero contesto dei fatti in cui trascorriamo la nostra vita quotidiana; simile contesto corre sempre il pericolo di essere trafitto da singole bugie o lacerato dalla menzogna organizzata dei gruppi, delle nazioni, o delle classi, o negato e distorto, spesso accuratamente ricoperto da successive stratificazioni di falsità o semplicemente lasciato cadere in oblio. I fatti hanno bisogno di testimonianza per essere ricordati e di testimoni degni di fede per poter essere affermati in modo da trovare una sicura dimora nel campo degli affari umani. Da ciò deriva che nessuna affermazione fattuale può essere mai considerata al di sopra di ogni dubbio, sicura e al riparo da attacchi […]. (Lying in Politics, 1972, trad. it. , p. 89) DEMOCRAZIA: DEFINIZIONI, CONDIZIONI, CRISI 16 febbraio 2013

37 Le menzogne sono spesso molto più plausibili, più ragionevoli della realtà stessa, dato

37 Le menzogne sono spesso molto più plausibili, più ragionevoli della realtà stessa, dato che chi mente ha il grande vantaggio di sapere in anticipo quello che il pubblico desidera o si aspetta di sentire. Chi mente prepara la propria versione dei fatti destinata al consumo pubblico facendo bene attenzione a renderla plausibile, mentre la realtà ha la sconcertante abitudine di metterci di fronte all'imprevisto, per il quale non eravamo preparati. (Lying in Politics, 1972, trad. it. , p. 90) DEMOCRAZIA: DEFINIZIONI, CONDIZIONI, CRISI 16 febbraio 2013

38 Le menzogne sono spesso molto più plausibili, più ragionevoli della realtà stessa, dato

38 Le menzogne sono spesso molto più plausibili, più ragionevoli della realtà stessa, dato che chi mente ha il grande vantaggio di sapere in anticipo quello che il pubblico desidera o si aspetta di sentire. Chi mente prepara la propria versione dei fatti destinata al consumo pubblico facendo bene attenzione a renderla plausibile, mentre la realtà ha la sconcertante abitudine di metterci di fronte all'imprevisto, per il quale non eravamo preparati. (Lying in Politics, 1972, trad. it. , p. 90) DEMOCRAZIA: DEFINIZIONI, CONDIZIONI, CRISI 16 febbraio 2013

39 “Il risultato di una coerente e totale sostituzione di menzogne alla verità di

39 “Il risultato di una coerente e totale sostituzione di menzogne alla verità di fatto non è che le menzogne saranno ora accettate come verità e che la verità sarà denigrata facendone una menzogna, ma che il senso grazie al quale ci orientiamo nel mondo reale – e la categoria di verità versus falsità è tra i mezzi mentali a tal fine – viene distrutto”. (Truth and Politics, 1967, trad. it. , pp. 68 -70) DEMOCRAZIA: DEFINIZIONI, CONDIZIONI, CRII DEMOCRAZIA: DEFINIZIONI, CONDIZIONI, CRISI 16 febbraio 2013

40 “Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il

40 “Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l’individuo per il quale la distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso non esiste più”. (Hannah Arendt, The Origins of Totalitarianism, 1951).

Riferimenti bibliografici 41 - Manuel Anselmi, Populismo. Teorie e problemi, Mondadori, 2017 - Hannah

Riferimenti bibliografici 41 - Manuel Anselmi, Populismo. Teorie e problemi, Mondadori, 2017 - Hannah Arendt, The Origins of Totalitarianism, Harcourt, Brace & Co. , 1951 - Hannah Arendt, Truth and Politics, in “The New Yorker”, 25 febbraio 1967, pp. 49 -88; trad. it. Verità e Politica in H. Arendt, Verità e politica, (a cura di V. Sorrentino), Bollati Boringhieri, 1995, pp. 29 -76 - Hannah Arendt, Lying in Politics. Reflections on the Pentagon Papers, in “The New York Review of Books”, 32 (8), 18 novembre 1971, pp. 30 -39; ripubblicato in Crises of the Republic, Brace Jovanovich, 1972, pp. 8 -47; trad. it. La menzogna in politica. Riflessioni sui Pentagon Papers, in Politica e menzogna, a cura di P. Flores D’Arcais, Sugar. Co, 1985, pp. 87 -122 - Jan-Werner Müller, Cos'è il populismo? , Egea, 2017 - Marco Revelli, Populismo 2. 0, Einaudi, 2017