Disturbi del Comportamento Alimentare D C A a
Disturbi del Comportamento Alimentare (D. C. A. ) a cura del dott. Domenico Raduazzo – Psicologo e Psicoterapeuta
Disturbi del Comportamento Alimentare I disturbi del comportamento alimentare (DCA) o disturbi dell’alimentazione sono patologie caratterizzate da una alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo. Insorgono prevalentemente durante soprattutto il sesso femminile. l’adolescenza e colpiscono
Disturbi del Comportamento Alimentare I comportamenti tipici di un disturbo dell’alimentazione sono: la diminuzione dell’introito di cibo; il digiuno; le crisi bulimiche (ingerire una notevole quantità di cibo in un breve lasso di tempo); il vomito per controllare il peso; l’uso di anoressizzanti, lassativi o diuretici allo scopo di controllare il peso; un’intensa attività fisica.
Disturbi del Comportamento Alimentare Alcune persone possono ricorrere ad uno o più di questi comportamenti, ma ciò non vuol dire necessariamente che esse soffrano di un disturbo dell’alimentazione. Ci sono infatti dei criteri diagnostici ben precisi che chiariscono cosa debba intendersi come patologico e cosa invece non lo è.
Disturbi del Comportamento Alimentare I D. C. A, , se non trattati in tempi e con metodi adeguati, possono diventare una condizione permanente e compromettere seriamente la salute di tutti gli organi e apparati del corpo (cardiovascolare, gastrointestinale, endocrino, ematologico, scheletrico, sistema nervoso centrale, dermatologico ecc. ) e, nei casi gravi, portare alla morte. All’anoressia nervosa è collegata una mortalità 5 -10 volte maggiore di quella di persone sane della stessa età e sesso.
Disturbi del Comportamento Alimentare I D. C. A. rappresentano un importante problema di salute pubblica, visto che per l’anoressia e per la bulimia, negli ultimi decenni, c’è stato un progressivo abbassamento dell’età di insorgenza, tanto che sono sempre più frequenti diagnosi prima del menarca, fino a casi di bambine di 8 -9 anni. La patologia non riguarda più solo gli adolescenti, ma va a colpire anche bambini in età prepubere, conseguenze molto più gravi sul corpo e sulla mente. Un esordio precoce può infatti comportare un rischio maggiore di danni permanenti secondari alla malnutrizione, soprattutto a carico dei tessuti che non hanno ancora raggiunto una piena maturazione, come le ossa e il sistema nervoso centrale.
Disturbi del Comportamento Alimentare I principali disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, indicati nel DSM 5, sono: pica; disturbo da ruminazione; disturbo dell’alimentazione evitante/restrittivo; anoressia nervosa; bulimia nervosa; disturbo da alimentazione incontrollata (o binge eating disorder, BED); disturbi della nutrizione o dell’alimentazione con altra specificazione, categoria utilizzata per descrivere quei pazienti che pur avendo un disturbo alimentare clinicamente significativo, non soddisfano i criteri per una diagnosi piena; disturbi della nutrizione o dell’alimentazione senza specificazione, ossia un disturbo dell’alimentazione in cui mancano delle informazioni per specificarne le caratteristiche.
Anoressia Nervosa Il termine anoressia deriva dal greco (órexis = appetito e il prefisso privativo "an”) e significa letteralmente "mancanza di appetito”. La caratteristica principale di questo disturbo è il rifiuto del cibo. Il termine anoressia (letteralmente mancanza di appetito) non risulta corretto per descrivere un disturbo in cui l’appetito è nella maggioranza dei casi conservato. Piuttosto ciò che caratterizza la persona anoressica è il terrore di ingrassare e la necessità di controllare l’alimentazione alla ricerca della magrezza. Nei soggetti con sintomi di anoressia nervosa i livelli di autostima sono fortemente influenzati dalla forma fisica e dal peso corporeo. La perdita di peso viene considerata come una straordinaria conquista ed un segno di ferrea autodisciplina, mentre l’incremento ponderale viene esperito come una inaccettabile perdita delle capacità di controllo.
I sintomi dell’Anoressia Nervosa Una persona è anoressica se manifesta le seguenti caratteristiche: Restrizione dell’assunzione delle calorie in relazione alle necessità. Questa porta un peso corporeo significativamente basso rispetto a età, sviluppo e salute fisica. Intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi. Eccessiva influenza del peso o della forma del corpo sui livelli di autostima. Per evitare di ingrassare chi soffre dei sintomi di anoressia mette in atto una serie di comportamenti tipici del disturbo. Ad esempio: seguire una dieta ferrea; fare esercizio fisico in maniera eccessiva; indursi il vomito dopo aver mangiato anche piccole quantità di cibo.
Cause scatenanti dell’Anoressia Nervosa Alla base dell’anoressia ci sono molteplici cause di natura psicologica, ambientale e sociale. Tra le principali cause e fattori di rischio troviamo: pressioni, aspettative eccessive o senso di trascuratezza da parte dei propri genitori; famiglie altamente conflittuali, controllanti, invischiate; lutti, separazioni e vissuti di abuso: i sintomi di anoressia sono un modo per evitare il contatto con i vissuti ed i sentimenti legati al ricordo del trauma; delusioni d’amore, forte desiderio di sottoporsi ripetutamente a diete ferree per il raggiungimento di uno standard estetico; gravi difficoltà scolastiche o lavorative; bassa autostima di sé; familiarità per problemi psicologici e/o psichiatrici.
Conseguenze dell’Anoressia Nervosa L’ anoressia provoca importanti danni livello fisico, psicologico, relazionale e scolastico e/o lavoratico. Tra i più diffusi ricordiamo: a sotto il profilo fisico l’anoressia può provocare danni permanenti a molti organi interni, tra cui fegato, cuore, reni, apparato digerente, ossa, denti e gengive. Può inoltre scatenare insufficienza renale, alterazioni cardiovascolari, perdita dei capelli e dei denti; può causare problemi al sistema nervoso, blocco della crescita, emorragie interne; interruzione del ciclo mestruale; a livello psicologico provoca depressione, sensi di colpa, sbalzi di umore e manie. Se non viene trattata in maniera adeguata l’anoressia diventa una condizione permanente e nei casi gravi può condurre alla morte, che solitamente avviene per suicidio o arresto cardiaco. tendenza a trascurare le amicizie perseguire il controllo del peso e della forma del corpo evitando inviti a pranzo o a cena per timore di perdere il controllo. Quando è presente una severa perdita di peso, di solito avviene un completo isolamento sociale; difficoltà di concentrazione, di attenzione e di comprensione compromettendo le attività scolastiche o lavorative.
Bulimia Nervosa Il termine bulimia deriva dal greco (bôus = bue, limós = fame) ed indica letteralmente una "fame da bue”. La bulimia nervosa è un grave disturbo dell’alimentazione caratterizzato dall’ingestione di eccessive quantità di cibo in un discreto lasso di tempo con perdita del controllo (abbuffate) seguito da tentativi di evitare l’aumento di peso eliminando ciò che è stato ingerito (condotte di compenso) e dall’eccessiva preoccupazione per il peso e le forme del corpo. Quando parliamo di “eccessiva quantità di cibo” facciamo riferimento ad una quantità di cibo ingerita sensibilmente superiore a quella che normalmente una persona assume durante un pasto.
I sintomi della Bulimia Nervosa Una persona è bulimica se presenta le seguenti caratteristiche: Abbuffate ricorrenti caratterizzate dal consumo di grandi quantità di cibo e dalla sensazione di perdere il controllo sull’atto di mangiare. Ricorrenti ed inappropriate condotte di compenso per prevenire l’aumento di peso. Molte persone utilizzano il vomito autoindotto, altre ricorrono a lassativi, diuretici o estenuanti sessioni di attività fisica. I livelli dell’autostima sono fortemente influenzati dal peso e dalla forma del corpo I fenomeni di bulimia non si manifestano esclusivamente nel corso di episodi di anoressia nervosa.
Cause scatenanti della Bulimia Nervosa Come per molte patologie psichiatriche, le cause della bulimia nervosa sono varie e multifattoriali. Non esistono quindi cause certe ma predisposizioni, fattori di rischio e cause precipitanti; non è possibile stabilire con certezza cosa porti a sviluppare il disturbo e cosa invece no. Tra le principali cause e fattori di rischio troviamo: tendenza all’impulsività in un più generale quadro di disregolazione emotiva; una storia personale di abusi o traumi; insoddisfazione per il proprio corpo fino ad un vero e proprio disturbo dell’immagine corporea; scarsa autostima e autoefficacia. A volte può capitare che, prima dell’esordio della bulimia nervosa, ci sia una fase di anoressia. Nello specifico, dopo una prima fase di restrizione e dieta ferrea, l’ipercontrollo sul peso e sulla propria fame diventa impossibile da mantenere. Questo innesca il primo episodio di abbuffata che poi determina il concatenarsi di episodi bulimici.
Conseguenze della Bulimia Nervosa Le conseguenze della bulimia nervosa riguardano sia la sfera sociale e relazionale che quella personale e più prettamente medica. La patologica attenzione al cibo, al peso corporeo e alle sue forme, riduce gli interessi e le attività, alimenta scarsa autostima e altera lo sviluppo sano della personalità. Inoltre l’utilizzo del vomito autoindotto o l’abuso di lassativi e diuretici può avere conseguenze molto gravi per l’organismo. Le principali conseguenze della bulimia nervosa sull’organismo sono: costante fluttuazione del peso corporeo. squilibri elettrolitici che possono portare ad aritmie cardiache, arresto cardiaco e anche alla morte. vasi sanguigni rotti negli occhi. ghiandole ingrossate nel collo e sotto la mascella. traumi nella cavità orale, come tagli nella linea della bocca e nella gola. cronica disidratazione. infiammazione dell’esofago. reflusso gastrico cronico dopo aver mangiato o ulcere peptiche. infertilità.
Binge Eating Disorder (B. E. D. ) Il termine significa letteralmente "abbuffata di cibo”. Indica episodi in cui si assumono grandi quantità di cibo in un tempo relativamente breve con la sensazione di perdere il controllo su cosa e quanto sta mangiando. Queste crisi iperfagiche compulsive sono accompagnate da un forte disagio psicologico e seguite da senso di colpa e vergogna, che spesso inducono a mangiare da soli o di nascosto.
I sintomi del Binge Eating Disorder (B. E. D. ) Tra i principali troviamo: sintomi comportamentali sensazione di tensione sostituita solamente dal mangiare; imbarazzo su quanto si sta mangiando; sensazione di intorpidimento durante l’abbuffata – come se non si esistesse o si fosse in “pilota automatico”; mangiare normalmente con gli altri, ma rimpinzarsi quando si è da soli; non sentirsi mai soddisfatti, a prescindere da quanto si mangia; mangiare continuamente durante il giorno, senza pasti programmati. sentirsi colpevoli, disgustati o depressi dopo l’abbuffata; disperazione per il controllo del peso e le abitudini alimentari. incapacità di smettere di mangiare controllare cosa si sta mangiando; o mangiare rapidamente grandi quantità di cibo; mangiare anche quando si è pieni; nascondere il cibo per successivamente in segreto; Tra i principali sintomi emozionali troviamo: mangiarlo
Cause scatenanti il Binge Eating Disorder (B. E. D. ) Numerosi sono i fattori che possono contribuire a rendere più vulnerabile un soggetto e più propenso a sviluppare il disturbo da alimentazione incontrollata. Tra le principali cause troviamo: Cause sociali e culturali. La pressione sociale per la magrezza può causare un peggioramento dello stato d’animo di una persona in sovrappeso rendendola più vulnerabile allo sviluppo del disturbo da alimentazione incontrollata. Alcuni genitori inoltre, inconsapevolmente, possono facilitare lo sviluppo di un binge eating disorder usando il cibo per confortare o premiare i loro figli. Anche i bambini esposti a frequenti commenti critici sui loro corpi e sul loro peso sono maggiormente vulnerabili allo sviluppo di questo disturbo come degli altri disturbi alimentari Cause psicologiche La depressione e il binge eating disorder sono fortemente legati tra loro. Molti soggetti che soffrono di binge eating sono depressi o lo sono stati in precedenza. Alcuni possono avere problemi di controllo degli impulsi o nella gestione e nell’espressione dei propri stati d’animo. Inoltre la bassa autostima, la solitudine e l’insoddisfazione verso il proprio corpo possono essere causa di un binge eating disorder.
Conseguenze del Binge Eating Disorder (B. E. D. ) Una delle conseguenze fisiche di tale disturbo è la fluttuazione del peso corporeo con tutto ciò che ne consegue, per esempio: diabete alimentare; pressione alta; aumento del colesterolo e dei trigliceridi; problemi cardiaci; calcoli biliari; tumori (utero, mammella, colon, stomaco); disturbi alla sfera genitale; disturbi respiratori; disturbi alle articolazioni e alle ossa. Per quanto riguarda l'aspetto psicologico, le persone si sentono imprigionate in questo meccanismo di alternanza tra l’eccesso di controllo (ovvero il digiuno) e la perdita di controllo (le abbuffate compulsive). La vita affettiva ne subisce un notevole peggioramento, la persona infatti tende ad isolarsi poiché si vergogna del proprio stile alimentare o per il fatto di essere in sovrappeso.
Modalità comuni di pensiero disfunzionale nei DCA Pensiero dicotomico: tendenza a pensare in termini assoluti; gli eventi possono essere solo “bianchi o neri”, giusti o sbagliati: “se aumenterò di un chilo ingrasserò all’infinito”. Astrazione selettiva: giungere ad una conclusione sulla base di pochi dettagli, a volte poco salienti e contraddittori: “Non so proprio controllarmi. Ieri sera al ristorante ho mangiato tutto quello che mi è stato servito… sono una debole”. Ipergeneralizzazione: estrarre una regola sulla base di un singolo evento: “Quando mangiavo carboidrati ero più grassa… è meglio evitare di mangiarli del tutto”. Personalizzazione: interpretazione egocentrica degli eventi interpersonali: “Due mie amiche ridevano mentre passavo per la strada. . infatti sono ingrassata…”. Pensiero superstizioso: credere nella relazione causa- effetto di due eventi in realtà non contingenti: “Non posso provare piacere perché comunque se ne andrà via”.
È possibile prevenire la comparsa dei D. C. A. ? La prevenzione comprende tutti quegli interventi sanitari e non sanitari che cercano di ridurre l’insorgenza, la cronicizzazione e le conseguenze negative di un determinato disturbo. Gli interventi di prevenzione vengono solitamente suddivisi in: Prevenzione Primaria; Prevenzione Secondaria; Prevenzione Terziaria.
Prevenzione Primaria dei D. C. A. Gli scopi della prevenzione primaria consistono nel ridurre o eliminare i fattori di rischio che contribuiscono a sviluppare il DCA attraverso l’educazione, la sensibilizzazione e l’informazione. Per definizione, la prevenzione primaria è possibile solo quando i fattori eziologici sono noti e, soprattutto, quando questi fattori sono modificabili. Per esempio: Si può provare ad intervenire sulle pressioni socioculturali alla magrezza che spingono ai comportamenti di dieta (uno dei più potenti fattori di rischio) ma non è possibile intervenire su fattori genetici , fattori di personalità o fattori familiari. E’ necessario quindi capire se svolgere interventi di prevenzione primaria ha un buon rapporto costo/beneficio. Ossia capire se interventi mirati diretti a singoli fattori di rischio riducono l’incidenza dei disturbi dell’alimentazione.
Prevenzione Primaria dei D. C. A. Spiegare ad una classe cosa sono i disturbi dell’alimentazione non può essere considerato un intervento di prevenzione primaria e potrebbe essere addirittura controproducente e dannoso. Come succede per altre forme di disagio giovanile (come per esempio, l’abuso di alcolici o di sostanze), il rischio può essere quello di indicare agli adolescenti che stanno vivendo un momento di difficoltà, un possibile modo di esprimere il loro disagio. Nel caso dei disturbi dell’alimentazione, possono essere in gioco anche meccanismi di imitazione e di identificazione, poiché spesso queste gravi malattie vengono idealizzate (le testimonianze di persone che hanno sofferto di questi problemi spesso innescano questo tipo di processo). Risultati positivi si ottengo attraverso interventi che stimolano la discussione e lo sviluppo di un maggior senso critico nei confronti, ad esempio, dei messaggi dei mass-media.
Prevenzione Secondaria dei D. C. A. La prevenzione secondaria cerca di identificare i casi il più presto possibile rispetto alla insorgenza del disturbo, poiché è stato appurato, a livello clinico, che un trattamento intrapreso nelle prime fasi della malattia è più efficace. Non sempre tuttavia, soprattutto nelle prime fasi di malattia, la persona con un disturbo dell’alimentazione capisce ed ammette di avere bisogno di aiuto. Anche a questo livello è quindi importante una sensibilizzazione dell’ambiente: a partire dai giovani stessi, alle famiglie, agli operatori scolastici e ai medici di medicina generale.
Prevenzione Secondaria dei D. C. A. Per prevenire a livello secondario è necessario: Aumentare consapevolezza e capacità di riconoscimento dei disturbi dell’alimentazione nei medici di medicina generale e nei medici specialisti che possono imbattersi in queste patologie (per esempio, pediatri e ginecologi) Aumentare le capacità di riconoscimento precoce dei disturbi dell’alimentazione nella scuola e nella famiglia Migliorare la comunicazione tra le diverse istituzioni (famiglia-scuola-sanità) Creare le condizioni per facilitare la domanda di aiuto nei centri specialistici per queste patologie
Prevenzione terziaria dei D. C. A. La prevenzione terziaria ha come scopo il trattamento delle persone con DCA ormai conclamato e la prevenzione delle complicanze cercando di diminuire la quantità di disabilità di un disturbo esistente. In genere a questo livello arrivano i casi ormai gravi o cronici. Lo scopo è prevenire per quanto possibile ulteriori complicanze cliniche tali da mettere il paziente in pericolo di vita. Si pone spesso il bisogno di un ricovero oppure di un seguimento molto stretto in day hospital, finalizzato a superare il momento acuto di crisi.
Trattamento dei D. C. A. L’approccio più efficace per il trattamento dei disturbi dell’alimentazione è quello multidisciplinare e integrato. I disturbi dell’alimentazione sono infatti disturbi psichiatrici con importanti manifestazioni psicopatologiche ed una alta frequenza di complicanze mediche: è quindi necessaria una collaborazione tra diverse figure professionali che si occupino in modo integrato di questi diversi aspetti.
Trattamento dei D. C. A. Le tappe fondamentali del trattamento nei disturbi dell’alimentazione sono ben riassunte dalle linee guida dell’American Psychiatric Association (APA, 2012): diagnosticare e trattare le complicanze mediche aumentare la motivazione e la collaborazione al trattamento aumentare il peso corporeo (nell’anoressia) ristabilire un’alimentazione adeguata affrontare gli aspetti sintomatologici (dieta, digiuno, vomito, abuso di lassativi, diuretici, iperattività) correggere i pensieri e gli atteggiamenti patologici riguardo al cibo e al peso curare i disturbi psichiatrici associati al disturbo dell’alimentazione cercare la collaborazione e fornire sostegno ed informazioni ai familiari aumentare il livello di autostima prevenire le ricadute
Trattamento dei D. C. A. Il trattamento dei disturbi dell’alimentazione può essere svolto, a seconda delle necessità, in modo più o meno intensivo. E’ sempre una buona regola iniziare, salvo specifiche controindicazioni, dal trattamento meno intensivo (ossia il trattamento ambulatoriale) perché è il trattamento più efficace e quello che interferisce meno con la vita sociale della persona. Il trattamento ambulatoriale si può quindi considerare il trattamento di prima scelta: solo nei casi molto acuti o in quelli in cui il trattamento ambulatoriale non ha funzionato dovrà essere preso in considerazione un trattamento più intensivo, come il trattamento semiresidenziale in day-hospital o il trattamento residenziale.
Trattamento dei D. C. A. La presenza di complicanze mediche può richiedere un ricovero in regime ospedaliero, che viene di solito effettuato in reparti di medicina (o nutrizione clinica). Possono avvalersi di nutrizione tramite sondino naso-gastrico o (più raramente) per via parenterale, a seconda delle necessità e dei tempi. La scelta di svolgere un programma terapeutico in regime di ricovero in strutture ospedaliere o in strutture specialistiche a carattere riabilitativo viene operata quando sono presenti i seguenti criteri: ▪ Grave o rapida perdita di peso ▪ Complicanze mediche ▪ Frequenza molto elevata di crisi bulimiche, vomito ed uso improprio di farmaci ▪ Multi-impulsività, comportamenti autoaggressivi, elevato rischio suicidario ▪ Elevata comorbilità psichiatrica (asse I e II) ▪ Elevata conflittualità o scarso sostegno familiare ▪ Mancata risposta al trattamento ambulatoriale ▪ Lunga durata di malattia e fallimento precedenti trattamenti
GRAZIE PER L’ATTENZIONE
- Slides: 31