DEMOCRAZIA E LIBERALISMO Una storia che viene da
DEMOCRAZIA E LIBERALISMO Una storia che viene da lontano
DEMOCRAZIA: UN NOME ANTICO • Il sinonimo più antico di ‘democrazia’ lo troviamo nelle «Storie» di Erodoto(484 A. C. ) ed è: ISONOMIA. • L’eguaglianza, l’isonomia, la possiamo tradurre così: eguaglianza di diritti di partecipazione politica, senza discriminazioni di ceto e di censo.
DAL CONCETTO ASTRATTO DI EGUAGLIANZA ALLA PRASSI DELLA DEMOCRAZIA • Fino al 450 A. C. , il concetto di «isonomia/eguaglianza» rimane un concetto astratto perché Atene era governata da una oligarchia che si traduceva in «tirannide» . • In un governo «tirannico» , non esiste il concetto di «cittadinanza» in quanto il potere è esercitato da una oligarchia • A seguito di profonde riforme politiche, le decisioni di governo passano ad un nuovo organismo, l’ASSEMBLEA. • A questa ASSEMBLEA partecipano tutti coloro che posseggono la CITTADINANZA (figli di padre ateniese, possidenti e non possidenti).
LO SCONTRO POLITICO NELL’ATENE DEL 400 a. C • Se il governo della città è nelle mani dell’ASSEMBLEA composta da coloro che posseggono la CITTADINANZA risulta del tutto ovvio che: • Più si allarga la cittadinanza ai ceti ‘non possidenti’, più questi ultimi diventano ‘maggioranza’ all’interno dell’Assemblea per il semplice fatto che i ‘non possidenti’ sono in numero molto più grande rispetto ai ‘possidenti’. • In altre parole, più si estende il diritto di cittadinanza, senza distinzione di classe o di ceto, più risulta ovvio che le classi più povere (il proletariato, i ‘non possidenti’) ottengono la maggioranza in Assemblea.
LO SCONTRO POLITICO NELL’ATENE DEL 400 a. C • Nella seconda metà del V° sec. A. C. , l’Assemblea ha una maggioranza assoluta composta dalle classi ‘non possidenti’. • Questa maggioranza esercita il potere: • tassando i possidenti per limitare il loro potere economico, • Introducendo benefici e sussidi alle classi meno agiate • Permettendo ai ‘non possidenti’ di accedere alle cariche pubbliche (magistrature, tribunali, comandanti dell’esercito, ecc. ) • Allargando il diritto di cittadinanza a coloro che ancora non lo posseggono
QUAL’E’ IL RISULTATO POLITICO DI QUESTE RIFORME? 1) l’allargamento della cittadinanza ai non possidenti realizza quel concetto di ‘isonomia’ che equivale ad ‘EGUAGLIANZA’ di tutti i cittadini (poveri e ricchi) che partecipano all’Assemblea. 2) Il potere è nelle mani della maggioranza dei ‘cittadini’ e quindi nelle mani dei ‘non possidenti’. Sono i ‘non possidenti’ che decidono. 3) Questo sistema politico assume il nome di «DEMOCRAZIA»
LO SCONTRO POLITICO NELL’ATENE DEL 400 a. C • L’assemblea è il centro del potere decisionale in Atene ed è dominato dalle classi meno agiate (i non possidenti). • Le classi privilegiate (le oligarchie) non si arrendono e definiscono la democrazia come un potere ‘violento’, oppressivo, nelle mani di incompetenti che tendono a punire l’aristocrazia violando la loro libertà e ignorando che solo la competenza dell’aristocrazia è in grado di esercitare un ‘buon governo’. • Quando nel 430 a. C. , l’aristocrazia compie un colpo di stato ed assume il potere il primo provvedimento sarà quello di limitare il diritto di ‘cittadinanza’ ed abolire l’Assemblea.
IL SIGNIFICATO DELLA PAROLA DEMOCRAZIA La ‘DEMOCRAZIA’ assume quindi storicamente il significato di EGUAGLIANZA NEI DIRITTI POLITICI (Il voto esteso a tutti gli Ateniesi che diventano cittadini, senza discriminazioni di ceto) POTERE NELLE MANI DELLE CLASSI PIU’ POVERE e quindi prevalenza dei loro interessi Se non c’è eguaglianza e se il potere non è nelle mani dei ‘non possidenti’ NON C’E’ DEMOCRAZIA.
IL SIGNIFICATO DELLA PAROLA DEMOCRAZIA Quindi la DEMOCRAZIA è quel potere dove tutti hanno diritto di partecipare alle decisioni dell’Assemblea (EGUAGLIANZA) e dove governa la maggioranza che è sempre composta dai ‘non possidenti’ (POTERE POPOLARE). DEMOCRAZIA in greco si traduce come «POTERE DEL POPOLO» ) La DEMOCRAZIA, ossia il potere del popolo che è composto in maggioranza da poveri, si ottiene attraverso l’EGUAGLIANZA dei diritti politici In ultima analisi, il presupposto politico della DEMOCRAZIA è L’EGUAGLIANZA
UGUAGLIANZA E LIBERTA’ IN UNA DEMOCRAZIA IDEALE • C’è un altro sostantivo che ricorre (quanto se non più di eguaglianza) nei nostri comuni discorsi sulla democrazia. • Questo sostantivo è LIBERTA’. Il termine, il sostantivo libertà, in un sistema democratico fondato sull’eguaglianza, sta in piedi ad una sola condizione: quando l’individuo è privo di condizionamenti tali da limitare la sua propria volontà. • Se, per condizioni sociali, economiche, di ‘classe’, l’individuo non è in grado di esercitare la sua autonomia (sociale od economica) allora la libertà perde di significato e, contemporaneamente, viene sconfitta l’eguaglianza. • L’EGUAGLIANZA E’ IL PRESUPPOSTO DELLA LIBERTA’
SIGNIFICATO DI «LIBERISMO» Il LIBERISMO è essenzialmente una dottrina ‘economica’ che teorizza il disimpegno dello Stato dall’economia. Il LIBERISMO è basato sulla libertà del mercato e provvede ai bisogni della collettività solo se questi non possono essere garantiti dall’iniziativa privata. Il suo motto è: «Meno Stato più Mercato» Il LIBERISMO è l’essenza del capitalismo. Il LIBERISMO lo possiamo declinare altresì come una filosofia giuridica che pone al centro della propria attenzione il singolo individuo.
SIGNIFICATO DI «LIBERISMO» Il LIBERISMO è essenzialmente una dottrina ‘economica’ che teorizza il disimpegno dello Stato dall’economia. Il LIBERISMO è basato sull’economia di mercato e provvede ai bisogni della collettività solo se questi non possono essere garantiti dall’iniziativa privata. Il suo motto è: «Meno Stato più Mercato» Il LIBERISMO è l’essenza del capitalismo. Il LIBERISMO lo possiamo declinare altresì come una filosofia giuridica che pone al centro della propria attenzione il singolo individuo.
1500: ALLE ORIGINI RELIGIOSE DEL LIBERISMO • Lutero e Calvino sono stati i grandi riformatori del Cristianesimo nella prima metà del Cinquecento. • Per Calvino l'eterna beatitudine è destinata a pochi eletti e concessa solo per grazia divina. • Secondo la sua ideologia lavorare equivaleva a lodare Dio e arricchirsi attraverso il lavoro era la prova del favore e della ricompensa divini. • Il profitto è il segno della grazia divina.
L’ETICA PROTESTANTE • Max Weber, filosofo economista tra l’ 800 e il 900, in “L'etica protestante e lo spirito del capitalismo” ha trattato il rapporto tra calvinismo e profitto. Le sue argomentazioni hanno fatto discutere, ma hanno messo in luce quanto il protestantesimo e in particolare il calvinismo, abbiano creato uno spirito capitalistico che ha cambiato il mondo. • L’ETICA PROTESTANTE è quella disposizione socio-culturale che, correggendo la spontanea sete di guadagno, induce il calvinista a reinvestire i frutti della propria attività per generare nuove iniziative economiche. Max Weber notava come i paesi calvinisti, come i Paesi Bassi, l'Inghilterra e la Scozia, erano arrivati primi al capitalismo rispetto a quelli cattolici come la Spagna, il Portogallo e l'Italia.
POVERI E RICCHI NEL CALVINISMO Se la ricchezza è il segno della grazia di Dio, di conseguenza il povero è colui che per i peccati commessi è escluso dalla grazia di Dio. La figura del povero, che nel Medioevo cristiano e cattolico rappresentava la presenza di Cristo, lo strumento per acquisire meriti per il Paradiso, ora è invece il segno della disgrazia divina.
ALLE ORIGINI TEORICHE DEL LIBERISMO • IL LIBERISMO, COME TEORIA ECONOMICA, NASCE NEL 1700. • Fondatore della teoria è Adam Smith che descrisse in un testo rimasto famoso, «La ricchezza delle nazioni» , come la libertà di produzione e di scambi interni e internazionali producessero vantaggi economici derivanti dalla divisione del lavoro, con la convinzione che l’individuo lasciato libero sia in grado di scegliere la via che assicuri a lui e quindi alla collettività il massimo beneficio.
IL LIBERISMO TEORICO • Il liberismo teorizza come la condotta umana sia caratterizzata da sei impulsi: egoismo, desiderio di libertà, senso della proprietà, abitudine al lavoro e tendenza al baratto. • Grazie a questi impulsi, ogni uomo sa perfettamente riconoscere il proprio interesse, e quindi dovrebbe essere lasciato libero di soddisfarlo secondo le proprie inclinazioni. • Ciascun individuo perciò, perseguendo il proprio particolare interesse, è "spinto da una mano invisibile (la Provvidenza) a promuovere un fine che non era stato previsto dalle sue intenzioni", e cioè il bene comune; al contrario, afferma Smith, "non ho mai avuto occasione di constatare il bene fatto da coloro che affermano di operare per il benessere comune". Le conseguenze economico-politiche di questa filosofia etico-sociale sono assai rilevanti. Se si deve lasciare libero ogni membro della comunità di operare per massimizzare il suo profitto, perché in tal modo egli contribuirà al bene comune, allora l'intervento del governo nella società deve essere rigorosamente limitato. • Il pensiero sociale ed economico di SMITH costituiva così una rigorosa giustificazione teorica del laisser faire.
IL LIBERIMO COME DOTTRINA • Il liberismo teorizzato da Smith e da altri teorici del liberismo (come John Locke ad esempio) presuppone quindi uno Stato ‘minimo’ che nulla ha a che fare con uno ‘Stato sociale’ e che ha come suoi compiti esclusivamente quello della difesa e dell’ordine pubblico, dove per ‘ordine pubblico’ deve intendersi il mantenimento del vigente ‘ordine sociale’.
LE RIVOLUZIONI LIBERALI • Le rivoluzioni di fine ‘ 700, quella americana e quella francese, sono dette rivoluzioni ‘liberali’. Queste rivoluzioni hanno avuto come risultato la riduzione del potere monarchico a favore di quello del parlamento, nonché la concessione di una Costituzione che limitasse i poteri del monarca. • Di solito furono guidate da una borghesia benestante (per questo sono anche dette ’rivoluzioni borghesi’). Ed è questo il motivo per cui nella Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti si associa la ‘ricerca della felicità’ con il diritto alla ‘proprietà privata’.
IL CASO ‘RAZZISMO’
IL RAZZISMO NELLA STORIA Da sempre le classi dominanti hanno cercato di fare apparire le differenze sociali come differenze antropologiche. Questa pretesa ha origini lontane. Se il termine ‘barbaro’ ha origini antiche, ancora privo di caratteristiche ‘razziali’, il concetto di ‘razzismo è un concetto più recente. Esso trova giustificazioni in diversi ambiti: • l’ambito religioso • l’ambito economico • l’ambito sociologico • Il risultato di queste giustificazioni costituisce ciò che possiamo definire come il «RAZZISMO DOTTRINALE EUROPEO» , ossia la dottrina con la quale, a partire dalle prime esplorazioni coloniali (1400), il mondo ‘civilizzato’ (l’Europa) giustifica il ‘razzismo’.
LA NASCITA DELLA SCHIAVITU’ All’inizio del 1500, all’indomani della scoperta delle Americhe (Cristoforo Colombo), la domanda che ci si pose in Europa è se gli ‘indios’ fossero o meno fatti a somiglianza del Creatore oppure si trattasse di ‘animali’, non compresi nel concetto di uomo. Deciso che gli indios non potessero essere considerati ‘umani’, iniziò per loro, con il beneplacito della comunità europea ‘civilizzata’, la condizione di schiavitù. In quegli anni e nei secoli successivi si assistette al fenomeno storico costituito dalla TRATTA DEGLI SCHIAVI con tutte le tragedie annesse e connesse. Tra il 1500 e il 1700 LA GIUSTIFICAZIONE DELLO SCHIAVISMO NON POGGIA SU UNA DOTTRINA ESPLICITA
LA NASCITA DELLA SCHIAVITU’ • La pratica di deportare schiavi africani verso le Americhe, talvolta con la collaborazione di mercanti locali, fu un elemento fondamentale della nascita e dello sviluppo delle colonie europee del Sud e Centro-America prima e del Nord-America poi. • Il 16 giugno 1452 papa Niccolò V scrisse la bolla Dum Diversas, indirizzata al re del Portogallo Alfonso V, in cui riconosceva al re portoghese le nuove conquiste territoriali, lo autorizzava ad attaccare, conquistare e soggiogare i saraceni, i pagani e altri nemici della fede, a catturare i loro beni e le loro terre, a ridurre gli indigeni in schiavitù perpetua e trasferire le loro terre e proprietà al re del Portogallo e ai suoi successori. [3] Questo documento, con altri di simile tenore, venne usato per giustificare lo schiavismo.
LA NASCITA DELLA SCHIAVITU’ • In seguito, tuttavia, papa Paolo III del 2 giugno 1537, scomunicava invece «tutti coloro che ridurranno in schiavitù gli indios o li spoglieranno dei loro beni". In questa bolla il pontefice condannava le tesi razziste, riconoscendo agli indiani, che fossero cristiani o no, la dignità di persona umana, vietando di ridurli in schiavitù e giudicando nullo ogni contratto redatto in tal senso. . • Ma il commerciò continuò ed interessò soprattutto le potenze del mondo protestante, sebbene i cattolici spagnoli e portoghesi li acquistassero nelle colonie sfidando la scomunica. Dall'Italia invece tale forma di sfruttamento fu modesta o quasi nulla. • Nel tempo, anche la Chiesa cattolica si adeguò (vedi più avanti) • Questo commercio, nel periodo che giunge fino al 1700, non trovava quindi ostacoli di natura morale od etica, se non un generico divieto della gerarchia ecclesiastica.
IL CASO ‘SCHIAVISMO’ TRA LA FRANCIA RIVOLUZIONARIA E L’INGHILTERRA
LA FRANCIA TRA RIVOLUZIONE E RESTAURAZIONE • La R. F. passa attraverso tre fasi: • Rivoluzione della borghesia capitalista che, utilizzando la forza del proletariato, vuole maggior potere rispetto al potere monarchico • NASCE IL CONCETTO DI ‘DESTRA’ E ‘SINISTRA’ • Periodo giacobino (sinistra), Comitato di Salute pubblica, terrore. Il proletariato prende il potere. • Colpo di stato della destra (1794) e inizio della restaurazione capitalistica. Napoleone inaugura l’Impero.
LIBERISMO E IL CASO ‘SCHIAVISMO’ 1) PRIMA DELLA Rivoluzione (monarchie assolute) lo schiavismo è permesso 2) Durante la Rivoluzione (periodo giacobino) lo schiavismo è abolito 1) In guerra con l’Inghilterra, questa conquista le Antille francesi e come scelta prioritaria reintroduce lo schiavismo. 2) Il governo giacobino abolisce i titoli nobiliari 3) Alla fine della Rivoluzione (COLPO DI STATO DELLA DESTRA), con Napoleone, lo schiavismo, come i titoli nobiliari, sono reintrodotti. 4) Lo schiavismo in Francia sarà abolito definitivamente solo nel 1848 ma la legge che definisce lo schiavismo come un «crimine contro l’umanità» viene adottata soltanto nel 2001, sotto la presidenza di Chirac.
LIBERALISMO INGLESE E SCHIAVISMO • Nelle Antille francesi (Guadalupa, Martinica, ecc. ) si scontrano due ‘filosofie’: • Da un lato l’azione liberatrice innescata dalla Convenzione con il decreto contro lo schiavismo • Dall’altro il sistema ‘liberista’ inglese che, occupate le Antille francesi, reintroduce lo schiavismo • Siamo di fronte a due concezioni di libertà: quella dei liberali inglesi che difendono, le armi in pugno, l’istituto della schiavitù e quella della Convenzione giacobina che, in nome dell’eguaglianza tra gli uomini, abroga l’istituto schiavile. • Ciò che spinge il liberismo inglese a ripristinare la schiavitù è il fattore razzistico per cui il nero è un non-uomo, un uomo inferiore.
Il significato delle parole: DOTTRINA • DOTTRINA è l’insieme dei precetti o delle teorie in cui consiste un movimento scientifico, filosofico, politico, religioso e simili; • Una ‘dottrina’ è anche, l’insieme dei principi sostenuti da un autore o relativi a un determinato problema: la dottrina cattolica; la dottrina di Aristotele, di Platone; la dottrina dell’evoluzione; la dottrina liberale, ecc.
LIBERISMO E SCHIAVITU’ • John Stuart Mill, a metà Ottocento, sostenne come il governo rappresentativo fosse esclusivo degli anglosassoni, mentre il resto della razza umana era destinato a permanere in uno stato di inferiorità. Il sistema delle libertà civili risultava valido solo per «esseri umani nella pienezza delle loro facoltà» , mentre ne dovevano essere escluse le «società arretrate in cui la razza stessa può essere considerata minorenne» , in altre parole quando «si ha a che fare con barbari» . • Montesquieu giustificava la schiavitù ricorrendo all’argomento delle differenze climatiche: «… essa è accettabile nei paesi con climi caldi, mentre è inattuabile nelle regioni settentrionali del mondo, ovvero in Europa e in Inghilterra in particolare, luogo esclusivo della libertà»
LIBERISMO E SCHIAVITU’ • Locke, padre del liberalismo classico, difende il diritto “assoluto”, ovvero sciolto da vincoli, del proprietario di schiavi sulla propria merce umana, sostenendo la legittimità della schiavitù perfetta. • Locke distingue tra una schiavitù “perfetta” e una schiavitù “imperfetta”: la prima si esercita in danno dei neri e dei pellirossa nelle colonie, mentre la seconda riguarda i servi a contratto.
LIBERISMO E SCHIAVITU’ • In tutti gli autori fin qui citati traspare con chiarezza un dato: La cultura europea è infinitamente superiore a tutte le altre. Questa tradizione ideologica che affonda le radici nella storia cristiana, rende la condizione di schiavo legittima, secondo il dettato aristotelico e paolino, in chi nasce già schiavo (o vi è destinato in quanto figlio di una “razza minore”) o vi diventa «per una causa legittima» .
LA SCHIAVITU’ SECONDO ARISTOTELE «Nell’arte dell’amministrazione di una casa, l’uomo possiede appropriati strumenti. Di questi strumenti alcuni sono animati, altri inanimati…. . anche lo schiavo è un oggetto di proprietà inanimato. Ogni servitore è come uno strumento al di sopra degli altri strumenti. Questi strumenti devono essere considerati come strumenti di produzione. »
LA GIUSTIFICAZIONE DELLO SCHIAVISMO NELLE SACRE SCRITTURE • Le Sacre Scritture contengono una buona giustificazione per il mantenimento di fatto della schiavitù. Dice l’apostolo Paolo nella Lettera agli Efesini (6, 5 -9): «Schiavi, ubbidite a quelli che vi sono padroni, con timore e tremore, in semplicità di cuore, come se obbediste a Cristo. Serviteli con affezione, come se si trattasse del Signore e non di uomini, ben sapendo che ognuno, schiavo o libero, del bene che avrà fatto riceverà la retribuzione del Signore. E voi padroni, trattate i vostri schiavi con spirito analogo: ben sapendo che il padrone – e vostro e loro – è nel cielo, e che presso di lui non si fanno queste distinzioni. »
Pio IX dopo l’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti(1866) «Socialismo e democrazia sono una sorta di flagello. Non è contrario alla legge naturale e divina che uno schiavo possa essere venduto, acquistato, scambiato o regalato»
LA NASCITA DEL RAZZISMO DOTTRINALE EUROPEO • Una filosofia, o DOTTRINA, che affronta il tema della schiavitù, nasce nel pieno delle rivoluzioni del ‘ 700 (Rivoluzione americana e Rivoluzione francese). • E’ nel corso di quegli anni di profonda trasformazione sociale che il tema della schiavitù trova spazio nel dibattito politico, in primo luogo in senso alla Convenzione francese di fine ‘ 700.
UNA PRECISAZIONE • Il termine ‘razzismo’ è qualcosa di diverso rispetto alla ‘xenofobia’, alla diffidenza, a tutto ciò che è straniero • La ‘xenofobia’ è LA ‘PAURA’ DELLO STRANIERO. UN’AVVERSIONE GENERICA, di varia intensità, verso gli stranieri e verso tutto ciò che è straniero. • Il razzismo dottrinale europeo è altro: esso diffonde l’idea, la convinzione, la certezza che esista una diseguaglianza naturale, immodificabile, e che il gruppo al quale apparteniamo noi europei (un tempo definiti ‘ariani’) sia superiore agli altri.
IL RAZZISMO DOTTRINALE EUROPEO • Se, nel tempo dell’illuminismo, J. J. Rousseax scrive il suo famosissimo «Discorso sull’origine e i fondamenti della disuguaglianza fra gli uomini» descrivendo l’eguaglianza come un fattore naturale tra gli uomini, esiste, negli anni successivi, nella nostra storia europea, una versione opposta dell’eguaglianza, una dottrina che corrisponde alla giustificazione classica, sociale e politica, del razzismo. • Questa dottrina è diffusa dal conte De Gobineau (diplomatico, filosofo, scrittore francese del 1800 ed esponente della destra francese) nel suo «Essai sur l’inegalitè des races humaines» , secondo cui ci sono tre razze: quella bianca, quella gialla e quella nera. Queste razze sono ordinate gerarchicamente da sempre e per sempre. • De Gobineau fu amico e ‘capo gabinetto’ di Alexis de Toqueville, esponente del liberismo americano agli inizi del XIX secolo.
Alexis de Toqueville: da «La democrazia in America» • «Nel sistema democratico, l’eguaglianza può divenire una minaccia per la libertà… L’individualismo nasce come passione per la libertà, come sovranità dell’individuo che si libera di tutti i dogmi. …Amo con passione la libertà, la legalità, il rispetto dei diritti, ma non la democrazia. In fondo all’anima, non sono né del partito rivoluzionario né del partito conservatore. Ma tuttavia, e dopotutto, tengo più alla libertà che alla democrazia. La libertà è la prima delle mie passioni. Questa è la verità… se l’ 89 è stato il regno della libertà, il ‘ 93 è stato il tragico affermarsi dell’eguaglianza… Disprezzo e temo le folle”.
IL RAZZISMO DOTTRINALE EUROPEO • A sostegno delle teorie razziali di De Gobineau, a metà del XIX secolo, intervengono, indirettamente e direttamente, le scoperte di C. Darwin e la teoria sociologica di Spencer.
Caricatura di Darwin raffigurato come scimmia
CHARLES DARWIN • L'origine delle specie, scritta dal naturalista inglese Charles Darwin, è una tra le opere cardine nella storia scientifica e, senza dubbio, una delle più eminenti in biologia. • In essa Darwin spiegava la sua teoria dell'evoluzione. Vi erano riportate le osservazioni che Darwin aveva fatto durante una spedizione, secondo cui «gruppi» di organismi di una stessa specie si evolvono gradualmente nel tempo attraverso un processo di selezione naturale, un meccanismo che venne reso noto per la prima volta a un pubblico non specialistico proprio grazie a questo libro.
LA SELEZIONE NATURALE secondo DARWIN • LE OSSERVAZIONI DI DARWIN • Le specie animali sono dotate di grande fertilità • Le popolazioni, però, rimangono grosso modo delle stesse dimensioni con modeste variazioni • Il cibo è limitato e costante nel corso del tempo • Da queste tre osservazioni si deduce che in ogni ambiente ci sarà tra gli individui una ‘LOTTA PER LA SOPRAVVIVENZA’
LA SELEZIONE NATURALE secondo DARWIN • Darwin afferma che: in un mondo di popolazioni stabili, dove ogni individuo deve lottare per sopravvivere, quelli con le "migliori" caratteristiche avranno maggiori possibilità di sopravvivenza e così di trasmettere quei tratti genetici favorevoli ai loro discendenti. Col trascorrere delle generazioni, le caratteristiche vantaggiose diverranno dominanti nella popolazione. Questa è la selezione naturale. • Darwin afferma inoltre che la selezione naturale, se si trascina abbastanza a lungo, produce dei cambiamenti in una popolazione, conducendo eventualmente alla formazione di nuove specie (es. dalla scimmia all’uomo). • Questa teoria è la teoria dell’EVOLUZIONISMO, in netto contrasto con la teoria biblica del CREAZIONISMO.
Da DARWIN A Herbert SPENCER • Darwin, quindi, spiegava l’evoluzione attraverso un processo di selezione naturale che si scontrava con la ‘creazione’ vista secondo l’interpretazione letterale del libro della Genesi. • In sociologia il darwinismo sociale è una corrente di pensiero i cui sostenitori applicano allo studio delle società umane i principi darwiniani della «lotta per la sopravvivenza» e della selezione naturale del più adatto, sostenendo che questi debbano essere la regola delle comunità umane.
IL DARWINISMO SOCIALE • Darwin (1850), con il suo testo «L’origine della specie’ ricavò la sua teoria dalle sue vastissime ed accurate osservazioni della natura per spiegare la lotta per la sopravvivenza. • Spencer (1860) riprende quelle considerazioni di Darwin, che si era limitato ad applicare la sua teoria alla realtà biologica, arrivando a dire che lo Stato non deve assolutamente intervenire con criteri di solidarietà o di agevolazioni, perché altrimenti impedisce che maturino le forme di selezione naturale, funzionali alla sopravvivenza della società stessa.
IL DARWINISMO SOCIALE • La tentazione di applicare i principi dell'evoluzione naturale in ambito politico interessò già i primi sostenitori del darwinismo. Francis Galton ad esempio, cugino di Darwin e fondatore dell'eugenetica, aveva lanciato l'allarme per il fatto che le classi più povere facessero più figli delle classi abbienti, contribuendo, a suo parere, al declino della popolazione sotto il profilo intellettuale e morale. • In sostanza, secondo il darwinismo sociale, (ossia lo studio delle relazioni sociali), l’emarginazione della povertà rappresentava un fattore ‘naturale ed inevitabile’, creato da una selezione naturale in ambito sociale.
IL DARWINISMO SOCIALE secondo Spencer: «Presso i selvaggi, i deboli di corpo o di mente vengono presto eliminati, e coloro che sopravvivono presentano solitamente un vigoroso stato di salute. Noi uomini civilizzati, al contrario, facciamo del nostro meglio per ostacolare il processo di eliminazione: costruiamo ricoveri per gli idioti, gli storpi e i malati; approviamo leggi per i poveri, e i nostri medici esercitano la massima perizia per salvare la vita di ciascuno fino all'ultimo momento. Vi è ragione di credere che la vaccinazione abbia salvato migliaia di persone, che a causa di una debole costituzione in passato sarebbero morte di vaiolo. Così nelle società civilizzate i membri deboli propagano il proprio genere. Chiunque è dunque in grado di valutare ciò che è assai dannoso per la razza umana. »
DAL DARWINISMO SOCIALE ALL’EUGENETICA Il darwinismo sociale si propose subito come una filosofia di legittimazione del potere, sia esso coloniale, razziale o di classe. Durante il secolo XX i teorici del nazismo (Hitler, Rosenberg), senza mai nominare Darwin, lo utilizzarono largamente sia in senso eugenetico, sia per eliminare, milioni di ebrei, zingari, testimoni di Geova, oppositori politici, prigionieri di guerra nei campi di concentramento, in quanto ‘razza inferiore’.
IL RAZZISMO DOTTRINALE EUROPEO La tesi di superiorità della razza bianca trova una sostanziale concordanza con la teoria del darwinismo sociale (corrente di pensiero elaborata da Herbert Spencer, i cui sostenitori applicano allo studio delle società umane i principi darwiniani della «lotta per la sopravvivenza» (struggle for life and death) e della selezione naturale del più adatto, sostenendo che questi debbano essere la regola delle comunità umane. ) Queste tesi sono state ripetute, martellate in testi ‘dottrinali nel corso dell’ 800 e nella prima metà del XX secolo. Considerazione: Il razzismo dottrinale non è frutto dell’ignoranza delle classi subalterne ma è opera delle classi e dei ceti sociali colti dell’Europa moderna e contemporanea: nobili, ecclesiastici, borghesi, classi dominanti. .
IL RAZZISMO DOTTRINALE EUROPEO Sgombriamo il campo dal luogo comune secondo il quale il razzismo dottrinale proviene da un particolare luogo: la Germania. Il ‘nazismo’, la sua dottrina di stato razziale, le sue camere a gas ‘purificatrici’ (non solo per gli ebrei), è stato solo l‘apice, il punto culminante di una storia europea che viene da lontano. Una storia che si è svolta principalmente nei continenti di ‘colore, nell’epoca del colonialismo dove si sono sperimentate sulla pelle dei colonizzati i metodi più estremi di tortura e di sterminio. Esiste un nesso profondo tra il colonialismo storico europeo e il razzismo dottrinale.
RAZZISMO come prodotto ‘moderno’ Il razzismo come ‘dottrina’, invece, è un prodotto moderno, dell’Europa moderna, dell’Europa colonialista. La dottrina razziale è l’ideologia della dominazione coloniale e neo-coloniale che legittima il rapporto di oppressione e sfruttamento, sia agli occhi dei colonizzatori sia agli occhi dei colonizzati (oggi agli occhi degli autoctoni e a quelli degli immigrati). Il colonialismo NON è una parentesi chiusa, sia sul piano economico che culturale e ideale. Esso è il risultato alluvionale che nasce, addirittura, nel secondo viaggio di Colombo che, occorre ricordarlo, era un ex schiavista (negli USA non si celebra più il Columbus day).
I 4 pilastri della DOTTRINA ‘RAZZIALE’ • La razza è un fattore centrale nella storia passata e presente dell’umanità. Benjamin Disraeli (primo ministro britannico dal 1868 al 1880): «La razza è tutto, non c’è nessun’altra verità» . • Le razze sono diseguali per natura, ovvero per deliberazione di Dio e della Provvidenza, e la razza bianca è superiore rispetto alle altre per intelligenza, potenza fisica, energia, bellezza, laboriosità, sttitudine al comando, ecc. • La mescolanza tra le razze è un male fondamentale dal quale difendersi, in quanto ‘contro-natura’ • Tra le razze c’è un’eterna inimicizia e la storia del mondo può essere letta come lo scontro tra la razza superiore e quella inferiore.
IL LIBERISMO nel XIX e XX secolo • Lo scontro, tra l’ 800 e il ‘ 900, tra le classi dirigenti ‘liberali’ e i nascenti movimenti democratici (socialisti, organizzazioni operaie, sindacati) è feroce. • Vasta repressione delle istanze sociali delle classi subordinate • Suffragio censitario ristretto • Colonialismo (sfruttamento di risorse e di manodopera indigena) • Nazionalismo, • Teorie razziste • Segregazione razziale • Nascita e sperimentazione dell’eugenetica (a partire dal 1880) • Aggressioni e guerre di carattere imperialista (guerra russia -giappone, guerra balcanica, conflitti franco-tedeschi, conflitto anglo-irlandese, 1° e 2° guerra mondiale, ecc. )
LIBERISMO: QUALE CONCLUSIONE? • Il liberismo ‘sociale’ teorizza, economicamente e dottrinalmente: • La ricchezza e il profitto come ‘valore’. • Uno Stato assente sul piano dell’intervento pubblico teso. • La ‘diseguaglianza’ come valore che, attraverso la competizione, arricchisce la società. • Il razzismo, la schiavitù, le forme più oppressive si nutrono di ‘liberismo’ che è sinonimo di individualismo più o meno esasperato.
L’INGHILTERRA ‘LIBERALE’
LE COSTITUZIONI LIBERALI STORICHE • Le Costituzioni hanno come fine primario la limitazione del potere al fine di raggiungere una sostanziale eguaglianza giuridica tra i cittadini. • Nei libri di storia delle scuole medie si può leggere che la ‘Magna Charta Libertatum» si può considerare come l’antisegnana delle ‘Costituzioni’. • In effetti la Magna Charta scritta nel 1215 è un documento che pone limiti al potere del sovrano inglese E DICHIARA I DIRITTI DI TUTTI GLI UOMINI LIBERI. • Ma, nell’Inghilterra del 1200, chi sono gli ‘uomini liberi’ e cosa pretendono dal loro sovrano?
LA MAGNA CHARTA • Nel 1215 gli ‘uomini liberi’ di cui parla la Charta erano i nobili (conti e baroni), l’alto clero, gli alti funzionari dello Stato che chiedevano in sostanza di essere interpellati nel caso in cui il Re (Giovanni senza terra) volesse introdurre nuove tasse (imposte) per far fronte alle spese di guerra con la Francia dopo la perdita della Normandia. • Coloro che erano alle dipendenza di nobili e clero, ossia i servi, non rientravano nella schiera degli ‘uomini liberi’ • OGGI, la Magna Charta, anche se emendata più volte dai Parlamenti inglesi, costituisce ancora lo status di Carta fondamentale della Monarchia britannica. • In sostanza, quella Carta, la possiamo definire come la Costituzione ‘liberale’ per eccellenza.
SPAGNA E INGHILTERRA • Inevitabilmente, dopo l’insurrezione franchista nel 1936, e a seguito dell’aiuto italo-tedesco ai ribelli di Franco e sovietico alla Repubblica, quella guerra civile da spagnola diventava guerra civile europea. L’Inghilterra ‘liberale’ non intervenne nel conflitto e scelse il nonintervento» . • Le «democrazie» (compresa quella francese) abbandonavano al suo destino la democrazia spagnola; e nella guerra civile si fronteggiarono i fascisti da un lato e il Komintern (i comunisti) e gli anarchici dall’altro.
- Slides: 59