Delocalizzazione e libera circolazione delle merci Brano tratto
Delocalizzazione e libera circolazione delle merci Brano tratto dal nostro libro di geografia Studiando il capitolo sulla Slovacchia vi siete imbattuti nella parola delocalizzazione, ma cosa significa questo termine? E che c’entra con la libera circolazione delle merci? In questo power point provo a spiegarvelo. Per farlo seguirò questo percorso: 1. Cos’è la delocalizzazione? 2. Cos’è la libera circolazione delle merci? 3. I due elementi sono correlati? Gli effetti prodotti sono positivi o negativi?
1. Cos’è la delocalizzazione? La delocalizzazione è il trasferimento del processo produttivo, o di alcune fasi di esso, in Stati in cui esistono dei vantaggi in termini economici. Dunque lo spostamento può interessare un intero processo produttivo, cioè si sposta un’intera fabbrica, che prima produceva un prodotto in uno Stato e poi va a produrre lo stesso prodotto in un altro Stato. Oppure possono spostarsi solo alcune fasi della produzione, cioè viene delocalizzata solo una parte della fabbrica che produce alcune componenti del prodotto finito. Facciamo un esempio a voi prossimo, se pensiamo alla FCA (ex FIAT) vediamo che alcune automobili vengono prodotte all’estero, ad esempio la 500 prodotta in Polonia, in questo caso l’intero processo produttivo è stato delocalizzato. Invece, se pensiamo alle vetture prodotte a Melfi, vediamo che, ad esempio, tutti i cavi elettrici sono prodotti in Tunisia e poi arrivano a Melfi per essere assemblati. In quest’ultimo caso, quindi, solo la produzione di alcune componenti è stata delocalizzata. Il motivo che spinge un’azienda a delocalizzare è generalmente il minore costo dei fattori produttivi e in particolare della manodopera. Tuttavia tra i motivi che spingono le imprese alla delocalizzazione vi sono anche gli incentivi fiscali, cioè il fatto che alcuni Stati per attirare aziende dall’estero fissano delle tasse più basse che quindi rendono più conveniente la produzione.
2. Cos’è la libera circolazione delle merci? La libera circolazione delle merci è la possibilità che alcuni paesi europei hanno di far circolare merci sui loro territori senza pagare dazi doganali, cioè senza pagare tasse di importazione e di esportazione. Questa possibilità venne stabilita per la prima volta nel 1951, all’epoca della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio), quando sei Stati Belgio, Francia, Repubblica Federale di Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi, crearono un mercato comune del carbone e dell’acciaio, caratterizzato dalla libera circolazione di tali risorse senza dazi doganali. Col passare del tempo sono stati firmati molti altri trattati che hanno esteso la libera circolazione a tutte le merci e altri Stati sono entrati a far parte di questo mercato comune. Oggi il principio della libera circolazione delle merci è sancito (stabilito) nel Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, la cui ultima modifica risale al Trattato di Lisbona del 2007. La carta mostra gli Stati che fanno parte del mercato unico europeo. In blu scuro sono evidenziati gli Stati membri dell’UE, in blu chiaro, invece, sono evidenziati gli Stati che non fanno parte dell’UE ma che partecipano comunque al mercato unico. Ad esempio la Svizzera (se ricordate quando abbiamo parlato della Svizzera quest’aspetto era stato affrontato).
3. I due elementi sono correlati? Gli effetti prodotti sono positivi o negativi? Apparentemente si potrebbe pensare che la correlazione tra delocalizzazione e libera circolazione delle merci produca effetti totalmente negativi. Infatti il ragionamento più semplice da fare sarebbe questo: le aziende vanno a produrre negli Stati dove il costo del lavoro e le tasse sono più basse e poi vendono i loro prodotti in tutta Europa, senza pagare dazi doganali. In parte ciò è vero, anche se in realtà le cose sono molto più complicate e il ragionamento da fare sarebbe piuttosto lungo e complesso. Provo a semplificarlo così: la libera circolazione delle merci è uno dei principi fondamentali dell’area europea, nato in un momento di necessità, dopo la Seconda guerra mondiale quando gli Stati europei erano devastati dal punto di vista economico e sociale. In quel momento storico la libera circolazione di carbone e acciaio (CECA) fu indispensabile per la ripresa dell’economia europea. E se ci spostiamo ai giorni nostri cosa notiamo? Notiamo che la libera circolazione delle merci produce dei benefici economici pari a 386 miliardi di euro all’anno. Quindi possiamo dedurre che ancora oggi la libera circolazione delle merci produce effetti altamente positivi sull’economia europea, anche perché ne beneficiano tutte le aziende europee e non solo quelle che delocalizzano. Passando alla delocalizzazione, invece, dobbiamo sapere che questo fenomeno ormai interessa tutto il mondo (globalizzazione) e non solo l’Europa. Pensare di bloccarlo solo nel nostro continente sarebbe impossibile. Inoltre senza questa possibilità molte aziende sarebbero fallite. Per concludere, quindi, possiamo dire che i due fenomeni sono solo in parte correlati e tra gli effetti prodotti ce ne sono alcuni positivi e alcuni negativi. Come sempre positività o negatività degli effetti dipendono dall’uomo, che deve gestire questi fenomeni legati alla modernità cercando di massimizzare i risvolti positivi e minimizzare quelli negativi.
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