DATORE DI LAVORO NELLE SOCIET DI CAPITALI BRESCIA
DATORE DI LAVORO NELLE SOCIETÀ DI CAPITALI BRESCIA, 21 MAGGIO 2018. Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
Art. 2, lett. a), T. U. 81/2008 a) «lavoratore» : persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al lavoratore così definito è equiparato…. Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
Art. 2, lett. b), T. U. 81/2008 b) «datore di lavoro» : il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni … Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
PUNTI CARDINE DELL’INDIVIDUAZIONE DELLE POSIZIONI DI GARANZIA A) ESISTENZA/INSERIMENTO nell’organizzazione, indipendentemente da ogni altra (quantomeno inziale) considerazione formale. B) PRINCIPIO DI EFFETTIVITA’ (principio «immanente» nella materia della sicurezza sul lavoro) Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
Un necessario riferimento normativo c. c. art. 2380 -bis. Amministrazione della società. La gestione dell'impresa spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale. L'amministrazione della società può essere affidata anche a non soci. Quando l'amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di amministrazione. Se lo statuto non stabilisce il numero degli amministratori, ma ne indica solamente un numero massimo e minimo, la determinazione spetta all'assemblea. Il consiglio di amministrazione sceglie tra i suoi componenti il presidente, se questi non è nominato dall'assemblea. Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
Se vi è A. D. • Confusione con la delega di funzioni • Possibilità di due deleghe. • Compiti non delegabili. Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
A. D. e delega di funzioni La possibile confusione nasce dal fraintendimento del tenore operativo dell’art. 2381, comma 1, c. c. «Se lo statuto o l'assemblea lo consentono, il consiglio di amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei suoi componenti» . Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
La risposta: autonomia di posizioni e concetti Cass. pen. sez. III, 17 luglio 2015, n. 38551 Amministratore delegato datore di lavoro originario. «In ogni caso, osserva il Collegio che il verbale non contiene una delega vera e propria: la delega comporta un trasferimento di poteri che ne presuppone il possesso da parte delegante. Nel caso in esame, invece, l'affidamento delle prerogative è stato effettuato a titolo originario dall'assemblea dei soci, ancorché su proposta dell'A. U. , in quanto attribuzioni funzionali tipiche della nuova figura di "direttore generale" nella quale sono confluite parte delle competenze dell'amministratore unico con possibilità di esercitarle in piena e totale autonomia anche rispetto a quest'ultimo» . Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
Conseguenze operative e di disciplina Distinguendo l’art. 2381 c. c. dall’art. 16 T. U. : 1. l’A. D. occupa una posizione di garanzia originaria mentre il delegato una posizione di garanzia derivata; 2. L’A. D. può conferire una delega di primo livello; 3. Il delegato può conferire una subdelega Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
Irresponsabilità totale degli altri membri del C. d. A. ? Il riferimento normativo: Art. 2381, comma III, c. c. Il consiglio di amministrazione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega; può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega. Sulla base delle informazioni ricevute valuta l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; quando elaborati, esamina i piani strategici, industriali e finanziari della società; valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione. Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
Dunque, in concreto… La sentenza Montefibre Cass. Pen. , Sez. IV, 4 novembre 2010, n. 38991 «nelle imprese gestite da società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni ed igiene sul lavoro, posti dalla legge a carico del datore di lavoro, gravano indistintamente su tutti i membri del consiglio di amministrazione. Infatti, anche di fronte alla presenza di una eventuale delega di gestione (ex art. 2381 c. c. ) conferita ad uno o più amministratori, specifica e comprensiva dei poteri di deliberazione e di spesa, tale situazione può ridurre la portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori componenti del consiglio, ma non escluderla interamente, poiché non possono comunque essere trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo nel caso di mancato esercizio della delega» . Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
Ma non solo… • “La responsabilità dell'imprenditore appare ricorrente allorché le carenze nella materia della sicurezza attengono a scelte di carattere generale nella politica aziendale ovvero a carenze strutturali dei macchinari ed impianti, specie con riferimento ad aziende di modeste e medie dimensioni” (Cass. pen. , sez. IV, 7 novembre 2008, n. 41821) Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
ed ancora… • «In una società di capitali, anche se è stato nominato un amministratore delegato con specifici compiti di gestione della sicurezza del lavoro, tutti i consiglieri di amministrazione, ed in modo particolare il presidente, rispondono delle lesioni personali subite da un lavoratore, se all’origine del fatto vi è una violazione grave, di carattere strutturale, frutto di decisioni di alto livello aziendale che, pertanto, non sono, per loro natura, delegabili, non trattandosi di occasionali disfunzioni, (…) da imputarsi ad un fattore contingente e occasionale» (Cass. pen. , sez. V, 31 gennaio 2013, n. 11257) Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
Il «caso Thyssen» Cass. S. U. , 24. 4. 2014 (dep. 18. 9. 2014), n. 38343, Pres. Santacroce, Rel. Blaiotta, ric. Espenhahn e a. «D'altra parte le questioni afferenti al trasferimento della sede torinese in Terni ed alle sue modalità operative, connesse con delicati problemi finanziari e di bilancio, coinvolgevano di necessità tutti i tre componenti del board. Si trattava di scelte gestionali e finanziarie di fondo che trascendevano le stesse problematiche strettamente inerenti alla sicurezza sul lavoro, riguardavano la complessiva organizzazione aziendale, e interessavano quindi gli imputati che, indubbiamente, ricoprivano il ruolo datoriale. Ed è impensabile che su tali questioni, vitali per l'azienda, gli imputati non abbiano interloquito» . Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
In ogni caso: necessità di un accertamento «individualizzante» Cass. Pen. , Sez. IV, 28 aprile 2011, n. 23292 «In tema di infortuni sul lavoro, in imprese di grandi dimensioni non può individuarsi il soggetto responsabile, automaticamente, in colui o in coloro che occupano la posizione di vertice, occorrendo un puntuale accertamento, in concreto, dell'effettiva situazione della gerarchia delle responsabilità all'interno dell'apparato strutturale, così da verificare la eventuale predisposizione di un adeguato organigramma dirigenziale ed esecutivo il cui corretto funzionamento esonera l'organo di vertice da responsabilità di livello intermedio e finale; diversamente si finirebbe con l'addebitare all'organo di vertice quasi una sorta di responsabilità oggettiva rispetto a situazioni ragionevolmente non controllabili, perché devolute alla cura ed alla conseguente responsabilità di altri» . Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
(segue) Cass. Pen. , Sez. IV, 22 giugno 2015, n. 26279 «I giudici di merito si sono attenuti al corretto principio che nell'ambito di organizzazioni complesse, di impronta societaria, come quella in esame, la veste datoriale non può essere attribuita solo sulla base di un criterio formale ma va considerato l'organigramma della struttura ed individuati i soggetti deputati al governo del rischio stesso (v. da ultimo, Sezioni Unite, 24 aprile 2014, n. 38343, Espenhahn ed altri)» . Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
Ed ancora: Cass. pen. , sez. IV, 31 gennaio 2014, n. 4698 «Occorre distinguere due diverse situazioni, a seconda che il fatto dannoso per la salute, la vita o l’integrità fisica dei lavoratori sia “frutto di occasionali disfunzioni, (…) da imputarsi ad un fattore contingente e occasionale, o comunque non prevedibile” ovvero attenga “a difetti strutturali aziendali e del processo produttivo”» . Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
RESPONSABILE DEL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
Un’ovvia premessa Il T. U. 81/2008, pur prevedendo specifici obblighi a carico del RSPP non prevede una sua autonoma responsabilità. Art. 33 T. U. Art. 33. Compiti del servizio di prevenzione e protezione 1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede: a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione aziendale; b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all'articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure; c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali; d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori; e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonché alla riunione periodica di cui all'articolo 35; f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'articolo 36. Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
Cass. pen. , S. U. , 38343/2014 • «Si pensi al caso del SPP che manchi di informare il datore di lavoro di un rischio la cui conoscenza derivi da competenze specialistiche. In situazioni del genere pare ragionevole pensare di attribuire, in presenza di tutti i presupposti di legge ed in particolare di una condotta colposa, la responsabilità dell'evento ai soggetti di cui parliamo. Una diversa soluzione rischierebbe di far gravare sul datore di lavoro una , responsabilità che esula dalla sfera della sua competenza tecnico-scientifica» . Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
Segue «Dal principio enunciato emerge la sicura riferibilità del ruolo di garante in capo al C. C. ; e l'obbligo conseguente di svolgere in autonomia, nel rispetto del sapere scientifico e tecnologico, il compito di informare il datore di lavoro e di dissuaderlo da scelte magari economicamente seducenti ma esiziali per la sicurezza. Tale condotta doverosa non è stata tenuta dall'imputato, come si è già accennato a proposito del documento di valutazione dei rischi e sarà pure esposto in prosieguo con riguardo ai profili di colpa addebitatigli» . • Cass. pen. , S. U. , 38343/2014. Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
Cass. Pen. , sez. IV, 25 giugno 2015, n. 27006 • Ancorché non dotato di poteri decisionali, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur in assenza di una previsione normativa di sanzioni penali a suo specifico carico, debba ritenersi responsabile, in concorso con il datore di lavoro od anche a titolo esclusivo, del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione. Maurizio Riverditi Università degli Studi di Torino
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