Dalla parte dei dati Uno sguardo sul ciclo
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Dalla parte dei dati Uno sguardo sul ciclo economico Aggiornamento professionale per l’Associazione Lombarda dei giornalisti Lezione del 14 ottobre 2014
Due approcci al ciclo economico
Il ciclo economico
Il ciclo economico
Il ciclo economico
Le teorie del ciclo La teoria delle crisi di Karl Marx Secondo Marx, i capitalisti effettuano investimenti in innovazione per ridurre il costo del lavoro e aumentare la produttività e quindi i profitti privati. L’aumento degli investimenti in capitale a scapito di quelli sui salari (fonte vera dei profitti) riduce il tasso di profitto (utili/capitale) mentre l’aumento della disoccupazione ‘tecnologica’ riduce la domanda di beni. Teoria subito abbandonata anche da molti marxisti Rivitalizzata da Andrew Kliman, che ha così spiegato la Grande recessione partendo dai dati
Le teorie del ciclo La teoria keynesiana • Le decisioni di investimento degli imprenditori sono sottomesse a un’incertezza radicale e irrimediabile • Gli investimenti legati più all’“animal spirit”, al sentiment che al tasso di interesse • La crescita o la riduzione della domanda (soprattutto di investimenti) ha effetti moltiplicati nel sistema economico
Le teorie del ciclo Le teorie “mainstream” Le fluttuazioni sono determinate da fattori esterni al sistema economico che lo spingono a ritrovare un nuovo equilibrio L’equilibrio può essere raggiunto piuttosto rapidamente e senza intoppi (impostazione New Classical) o con intoppi e resistenze su prezzi e salari (impostazione New Keynesian)
Le teorie del ciclo Le teorie “mainstream” I fattori esterni: • Tutto ciò che è compreso nella A della teoria della crescita (Y = Aƒ(L, K)) • L’innovazione tecnologica, introdotta nel sistema con gli investimenti • Il cambiamento delle preferenze – Il petrolio e la crisi del 2008
Le teorie del ciclo La teoria di Knut Wicksell Il tasso di interesse finanziario (o bancario) e quello “naturale”, che mette in equilibrio domanda e offerta (risparmio e investimenti) non coincidono mai. Quando il tasso finanziario è più basso, in particolare, si creano le fasi di boom, nel caso contrario quelle di depressione
Le teorie del ciclo L’ispirazione di Knut Wicksell La scuola Austriaca ne deriva che tassi bassi – spesso determinati dalla politica monetaria – alterano i prezzi, “segnali” inviati agli imprenditori: incentivano investimenti eccessivi e sbagliati (malinvestment)
Le teorie del ciclo L’ispirazione di Knut Wicksell Hyman Minski ne deriva l’idea (l’ipotesi) della instabilità finanziaria: la stabilità finanziaria incentiva gli attori economici a indebitarsi, fino a un livello insostenibile: alimenta così la sua stessa fine Quando si occupa di politica monetaria, il “mainstream” ama definirsi new-wicksellian
Le teorie del ciclo • La recessione da balance sheet • L’accumularsi di debiti nei bilanci delle aziende rende difficile i rimborsi. • Le aziende non chiedono più credito, le banche – piene di prestiti in sofferenza – non ne offrono più • Si riducono gli investimenti e la domanda
Le teorie del ciclo • • • Il monetarismo di mercato Prima scuola economica nata sul web Ispirazione da Milton Friedman A favore, in questa crisi, di politiche ultraespansive Ogni recessione è un fenomeno monetario Quindi: le recessioni sono causate dagli errori delle banche centrali
Il ciclo economico
In ogni caso…
Partire dai dati Uno sguardo empirico Vantaggi: legame diretto con la realtà, verifica della validità delle teorie Svantaggi: legami statistici non sempre stabili nel tempo
Due relazioni empiriche La legge di Okun: all’aumento della crescita (2% nella formulazione originaria, relativa agli Usa) corrisponde una diminuzione (-1% nella formulazione originaria) della disoccupazione La curva di Phillips: a un aumento dell’inflazione corrisponde una riduzione della disoccupazione
La legge di Okun
La legge di Okun
La curva di Phillips
La curva di Phillips
La curva di Phillips
I limiti delle relazioni empiriche • Le relazioni empiriche, per la loro natura instabili, non permettono neanche potenzialmente di fare previsioni attendibili, (come richiede alle teorie la metodologia di Milton Friedman) • Le relazioni empiriche permettono però di fare diagnosi sullo stato dell’economia (come prevede la metodologia di Marshall) • Keynes: l’economista ideale, come un dentista
I dati macroeconomici • I dati – Prodotti dagli istituti di statistica (pubblici o privati) • Occorre valutarne: – Le modalità di produzione – Il significato – L’uso
I dati grezzi
I dati destagionalizzati
I dati destagionalizzati
Due tipi di correzioni • La destagionalizzazione: se la produzione del mese di agosto è pari al 60% della media di tutti i mesi, si divide il dato grezzo per il 60% • La correzione per giorni lavorati: si correggono le alterazioni in modo da annullare le differenze generate da un diverso numero di giorni di lavoro
Elaborare i dati Variazione tra due dati X 2 rispetto a X 1 in percentuale ∆ = (X 2/ X 1 -1)*100
Le unità di misura • Alcuni dati vengono espressi in euro, o nella valuta dell’economia a cui si riferiscono. Anche se sono dati che vogliono esprimere volumi e non valori • Altri dati vengono espressi con un indice. In genere la media di un intero anno viene posta uguale a 100 (p. es. base 2010 = 100)
Elaborare i dati • Occorre sempre precisare su quale orizzonte temporale si effettuano le variazioni (mensile, trimestrale, annuale) In Italia si distingue tra: • variazione congiunturale, a più breve termine (mese su mese, trimestre su trimestre) • variazione tendenziale, annua
Da un periodo a n periodi • • • X (p. es trimestrale) Si divide per 100 Si aggiunge 1 Si eleva a n (p. es. 4) Si sottrae 1 Si moltiplica per 100 • • X = 0, 3% = 0, 003 = 1, 012054 = 0, 012054 = 1, 2054 Lo 0, 3% trimestrale è pari al’ 1, 2% annualizzato
Da n periodi a un periodo • • • X (p. es. annualizzato) Si divide per 100 Si aggiunge 1 Si eleva a 1/n (p. es. ¼) Si sottrae 1 Si moltiplica per 100 • • X = 3, 2% (pil Usa 4 Q) = 0, 032 = 1, 007906 = 0, 79 Il 3, 2% annualizzato corrisponde a uno 0, 8% circa trimestrale
Le medie mobili
Le medie mobili
Il rebasing
Il rebasing • Per confrontare lo sviluppo di due grandezze nel tempo si pongono i due termini iniziali X 0 e Y 0 uguali a 100 e, in proporzione si calcolano tutti gli altri (A 0 e B 0). • An = Xn/X 0 * 100, analogamente B 0 • Attenzione: i risultati possono cambiare molto cambiando i termini iniziali
Tre dati fondamentali • Il prodotto interno lordo – quanto si produce • L’inflazione – come cambiano i prezzi • La disoccupazione – quanta gente lavora, quanta gente cerca lavoro
Wesley Mitchell • Mitchell, fondatore dell’Nber, ha dato vita all’analisi empirica del ciclo. La sua impostazione è considerata «priva di una teoria» • Punto di partenza è il movimento parallelo, in circostanze normali, di prestiti, crescita, prezzi, e occupazione, in genere in questo ordine. • Motore del ciclo sono le aspettative sui profitti
Il prodotto interno lordo È il dato macroeconomico più importante che, in un certo senso, racchiude tutti gli altri. È la somma dei prodotti dei beni “finali” (occorre evitare la doppia contabilizzazione) Meglio: è la somma dei valori aggiunti di tutte le unità produttive Valore aggiunto: ricavi di vendita meno i costi per materie prime. Viene poi diviso tra salari, profitti, rendite, interessi e imposte
Il prodotto interno lordo • Il pil nominale tiene conto dei prezzi di mercato. Non distingue tra l’effetto della maggiore produzione e quello dell’inflazione. È l’elemento di confronto per i debiti (pagati al nominale) • Il pil reale tiene conto del “volume” della produzione, facendo astrazione dall’andamento dei prezzi • La crescita del pil nominale, è pari all’inflazione più la crescita del pil reale • Tutti i dati quantitativi possono essere nominali o reali
Il prodotto interno lordo • I dati del prodotto interno lordo – reali e nominali - sono trimestrali • Vengono diffusi dopo uno (negli Usa) o un mese e mezzo (in Eurolandia) dalla fine del trimestre di riferimento • Sono previste più release per rendere via più preciso, e a volte più ricco, il dato
Il prodotto interno lordo • La qualità dei dati sul Pil, almeno nella prima release, varia molto • Gli Stati Uniti sono in grado di pubblicare, dopo un mese, 17 pagine di dati, che si arricchiscono nelle releases successive delle indicazioni sui profitti • Eurolandia è in grado di pubblicare, un mese e mezzo dopo, due pagine di dati, che salgono dopo un mese circa a sei • L’Italia pubblica poche righe, che salgono dopo un mese circa a sei pagine
Il prodotto interno lordo Il Pil è la somma di • Consumi • Investimenti in macchinari e costruzioni (e variazione delle scorte: merci prodotte e non vendute) • Consumi e investimenti pubblici • Esportazioni nette (esportazioni meno importazioni) • Y = C + I + G + Ex
Il prodotto interno lordo Dal prodotto interno lordo si può ricavare • La domanda totale: C + I + G + Es • La domanda domestica: C + I + G + Im • La domanda totale e domestica finale escludono le scorte
Il prodotto interno lordo • Il limite del prodotto interno lordo è la sua periodicità trimestrale e il ritardo con cui vengono conosciuti i dati • In Eurolandia non sono ancora noti i dati sul terzo trimestre 2014, e non lo saranno fino al 14 novembre • Come conoscere l’andamento del Pil in anticipo?
La produzione industriale • I dati sono mensili • Anche molti servizi sono servizi alle aziende e seguono l’andamento della produzione industriale • Nel tempo, però, il peso di produzione e servizi alle aziende si sta riducendo • I servizi al consumo, piuttosto volatili, acquistano intanto un peso sempre maggiore
La produzione industriale
Il Pil nominale e M 1
M 1 e Pil nominale
M 1 e Pil nominale
I risultati effettivi
Gli indici Pmi e il Pil reale
Gli indici Pmi e il Pil reale
Gli indici Pmi e il Pil reale
Gli indici Pmi • Indicatori qualitativi • Definiti “di confidence”, ma in realtà “di attività” • Suddivisi in diversi subcomponenti: produzione, nuovi ordini (domestici ed esteri), scorte, prezzi, occupazione • Realizzati intervistando i manager acquisti ai quali si chiede se le singole componenti sono in espansione o in contrazione
Gli indici Pmi • Un indice Pmi al di sopra di quota 50 indica espansione • Un indice Pmi sotto quota 50 indica contrazione • Vale la stessa regola anche per le subcomponenti • Esistono diversi tipi di Pmi (manifatturiero, servizi, composito, vendite al dettaglio) • Disponibili per diversi paesi
Gli indici Pmi • Sono molto tempestivi: sono pubblicati a inizio mese per il mese precedente, e in alcuni casi è previsto un dato “flash” nella seconda metà dello stesso mese di riferimento • Sono quindi definiti indicatori coincidenti • Il rapporto con il Pil è molto stretto, ma impreciso e variabile
Il leading indicator della Ocse
Il leading indicator della Ocse
Il leading indicator dell’Ocse
Il leading indicator della Ocse • Il Cli (Composite leading indicator) è un indicatore anticipatore • I punti rilevanti sono i punti di svolta, dove la curva inverte la direzione • Statisticamente il punto di svolta del Cli precede di sei mesi circa il punto di svolta dell’economia
Altri indicatori utili per i singoli paesi • Indice Ifo, coincidente, per l’economia tedesca (simile al Pmi) • Indice Ism, coincidente, per l’economia Usa (simile al Pmi) • Indice Zew, coincidente, per l’economia tedesca (riassume le aspettative degli analisti finanziari) • Leading indicator, anticipatore, per l’economia Usa
Il prodotto interno lordo • È anche possibile ricostruire le singole voci del Pil • Le vendite al dettaglio sono considerata una buona approssimazione dei consumi, dati mensili • Non sempre gli indici di fiducia dei consumatori permettono davvero di prevedere o stimare i consumi
Il prodotto interno lordo • La componente beni capitali della produzione industriale (mensile) è una buona approssimazione degli investimenti • Gli ordini di beni capitali (dato mensile, componente degli ordini alle imprese) danno un’indicazione approssimata degli investimenti futuri • In alcuni paesi (Usa) il dato sugli ordini prevede anche quello delle consegne, misura approssimata degli investimenti
Il prodotto interno lordo • Il dato (mensile) su esportazioni, importazioni e saldo commerciale sono un’approssimazione della componente esportazioni nette del Pil (che riguarda però solo i valori aggiunti) • Attenzione: – un deficit commerciale che si riduce fa aumentare la crescita del pil, anche se il saldo resta negativo – un surplus commerciale che si riduce fa calare la crescita del pil anche se il saldo resta positivo
L’inflazione e il Pil • La necessità di calcolare il Pil nominale e quello reale comporta di necessità quello di valutare l’inflazione • La differenza tra i due risultati è il deflatore del Pil • Calcola la variazione dei prezzi di tutti i beni prodotti in una economia, indipendentemente però dalla loro importanza nella spesa delle famiglie
Gli indici di inflazione • Per tener conto dei beni acquistati dall’estero e per dare un peso ai beni in base all’importanza nel paniere di spesa delle famiglie si calcolano gli indici di inflazione • Ogni stato definisce il proprio. In Eurolandia si usa anche uno armonizzato, Hicp, che segue molto le variazioni stagionali (i saldi, p. es. )
Gli indici di inflazione • L’indice di inflazione è, semplificando, una media ponderata: ogni prezzo preso in considerazione viene prima moltiplicato per un peso (la “sua” percentuale sul totale del paniere) e poi entra nella media. • Il deflatore del pil è quindi più ampio degli indici di inflazione ed è legato alla domanda interna, ma è meno preciso
Deflatore e indice del Pil
Gli indici di inflazione • Dall’indice complessivo, si distingue quello relativo all’inflazione “di fondo” o “core” che esclude i beni energetici e quelli di alimentari, che non è possibile gestire con la politica monetaria • Energia e alimenti rispondono poco alle variazioni dei prezzi che, soprattutto nel caso del petrolio, vengono definito a livello internazionale
Gli indici di inflazione • I prezzi dell’energia sono in grado di trascinare in alto o in basso tutto l’indice di inflazione, anche se non c’è un aumento generalizzato di tutti i prezzi (ma potrebbe esserci in futuro) • La distanza tra inflazione totale e inflazione core permette di distinguere l’inflazione dalla variazione di prezzi relativi (quanto varia il prezzo di un bene, p. es. il petrolio, rispetto agli altri. Due fenomeni molto diversi
Gli indici di inflazione • Negli Stati Uniti, l’inflazione core permette di prevedere l’andamento dell’inflazione complessiva futura: i due dati tendono a convergere: la Fed usa molto questo dato • In Eurolandia non si assiste a questo fenomeno: la Bce non usa molto questo dato
Inflazione totale e core
La moneta e i prezzi • Non sempre è possibile individuare un nesso tra l’aumento della quantità di moneta e l’aumento generalizzato dei prezzi • Questo non significa che l’aumento della quantità di moneta non abbia una sua influenza sui prezzi • In genere avviene in modo sequenziale: alcuni prezzi rispondono subito (assets, immobili, a volte le materie prime), altri dopo
Quando la moneta è troppa • Si considera che quando la moneta è più veloce del pil nominale, la parte eccedente vada a “gonfiare” i prezzi degli assets e degli immobili • Il “k marshalliano” = M/Pil nominale è la misura della liquidità in eccesso • Come M si considera spesso M 2: banconote, conti correnti, depositi bancari e postali
Il k marshalliano
Le persone e l’economia • Il prodotto interno lordo può anche essere visto come la somma dei redditi domestici degli attori economici • Pil = salari + profitti da imprese individuali + interessi + rendite + altri redditi (profitti non distribuiti, dividendi) + tasse – sussidi all’export • Mancano i redditi generati all’estero (e sono compresi quelli versati all’estero), di cui si tiene conto nel Reddito interno lordo
Le persone e l’economia • Il dato sul reddito disponibile e sul risparmio dà una misura più precisa delle risorse destinate al consumo o all’aumento della ricchezza delle famiglie • Dati mensili in Usa, trimestrali in molti paesi, annuali in Eurolandia e in Italia
Le persone e l’economia • • Il mercato del lavoro Il tasso di occupazione è la percentuale degli occupati sul totale della popolazione abile al lavoro Il tasso di disoccupazione è la percentuale dei senza lavoro in cerca di occupazione sul totale della popolazione abile al lavoro
Le persone e l’economia Il mercato del lavoro • I senza lavoro che abbandonano la ricerca diventano scoraggiati ed escono dal mercato • A causa di questa uscita dal mercato del lavoro può capitare che il tasso di disoccupazione cali anche se l’occupazione non aumenta o, addirittura, scende
Le persone e l’economia Il mercato del lavoro • La definizione di “persona in cerca di lavoro” può cambiare molto da paese: in Italia sono contati coloro che vanno negli uffici Inps a prelevare alcuni sussidi – e sono quindi sottostimati - altrove (p. es. Spagna) coloro che rispondono affermativamente a un sondaggio
Le persone e l’economia • Da sempre, ma soprattutto negli ultimi anni, si assiste a una compresenza di posti di lavoro vacanti e di persone in cerca di lavoro • Tra le cause, la più importante è il disallineamento (mismatch) delle competenze: i lavoratori offrono competenze ma le aziende ne richiedono altre
La curva di Beveridge
La curva di Beveridge • Non è calcolabile per tutte le economie (i dati Eurostat iniziano dal 2009) • Uno spostamento verso destra della curva, per cui allo stesso vacancy rate corrisponde un più alto tasso di disoccupazione, segnala un peggioramento del mismatch tra competenze o luoghi di lavoro
La produttività • La produttività è il rapporto tra la produzione e gli input. È una misura di efficienza • Gli input rilevanti sono capitale e lavoro • Il dato è di difficile calcolo, esistono diversi indicatori, alcuni dei quali prodotti dagli stessi istituti di statistica • Una misura semplice ed efficace della produttività del lavoro è il rapporto tra pil e numero degli occupati, o il numero delle ore lavorate
La produttività
I segnali di vulnerabilità • Per i paesi emergenti (ma non solo) sono stati individuati alcuni segnali di vulnerabilità • Si tratta di indicatori statistici che sottolineano quanto l’economia dipenda dall’estero e se sono sufficienti i “cuscinetti” messi in evidenza dalle autorità
I segnali di vulnerabilità • Il livello di debito pubblico, di per sé non è un segnale di vulnerabilità anche se un debito elevato crea problemi e, soprattutto, impedisce le politiche anticicliche in periodi di recessione • Più rilevante è il debito con l’estero: misura di quanto sia dipendente un paese dagli investitori stranieri.
I segnali di vulnerabilità • Tra i debiti esteri, quelli rappresentati da titoli di portafoglio – facilmente vendibili sul mercato – e quelli a breve termine – che potrebbero non essere rinnovati sono i più rilevanti. • Una regola pratica, detta di Guidotti. Greenspan, ritiene sufficienti riserve valutarie presso la banca centrale pari ai debiti a breve termine
I segnali di vulnerabilità • Anche le esportazioni, spesso essenziali, richiedono di essere finanziate: un altro segnali di vulnerabilità è il calo delle riserve valutarie, soprattutto nei paesi con cambio fisso, al di sotto del valore medio delle esportazioni trimestrali • Più in generale, il livello del deficit corrente (esportazioni meno importazioni) in rapporto al Pil è considerato un segnale importante di sostenibilità. Livelli superiori al 3% sono già considerati a rischio dagli investitori, ma conta molto la dinamica
I segnali di vulnerabilità • A maggior ragione, l’esistenza di due deficit (twin deficits o deficit gemelli) segnala un “doppio” bisogno di rifinanziamento
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