Dalla normalit alla patologia Dott ssa Maria Beatrice
Dalla normalità alla patologia Dott. ssa Maria Beatrice Toro Direttore Didattico scuola di specializzazione cognitivo-interpersonale SCINT
E’ piuttosto difficile stabilire un netto cut-off tra normalità e patologia in quanto il confine è piuttosto arbitrario e sensibile al contesto. � Si può definire la normalità come norma statistica, cioè in relazione alla distribuzione della popolazione rispetto ad una data caratteristica; oppure si può definire come condizione di armonia; � la patologia, analogamente, può essere definita come scostamento rispetto alla norma o in base ai sintomi e soprattutto ai loro significati e al disagio che producono nella vita dell’individuo.
Per parlare di “disturbo” è necessario che: � il comportamento presentato assuma caratteristiche estreme, e che non sia solo leggermente diverso dalla norma; � le caratteristiche del comportamento tendano a ripresentarsi, cronicizzandosi nel tempo; � il comportamento provochi conseguenze nocive (stress, disadattamento) per il soggetto stesso e/o per altre persone.
Un possibile itinerario… Immaginiamo che la famiglia/scuola colgano un comportamento, un segno (ad es. Andrea ha dato un morso a Chiara) e gli attribuiscano un significato indicatore di disagio trasformandolo in segnale (Andrea è un bambino aggressivo con difficoltà relazionali) e si rivolgano allo psicologo. Quest’ultimo sulla base delle proprie osservazioni e dei propri modelli di riferimento lo può trasformare in sintomo, associandolo ad altri sintomi e individuando un quadro psicopatologico (Andrea ha un Disturbo della condotta) da integrare con l’approfondimento del significato di ciò che il bambino fa, per poter intervenire su di lui e sul suo contesto.
La ricerca concorda sul fatto che l’interazione di più fattori quali il temperamento del bambino, lo stile educativo dei genitori e le caratteristiche dell’ambiente extrafamiliare possono concorre a determinare il disagio psicopatologico in età evolutiva. Un intervento efficace richiede la conoscenza dei diversi fattori di rischio (-) e protettivi (+) probabilmente coinvolti nella genesi e nel mantenimento dello stesso problema; dove i primi necessiteranno di un intervento di riduzione, i secondi un opportuno incremento.
I bambini, fin dai primissimi mesi di vita, mostrano delle costanti nel modo di reagire all’ambiente, ovvero un temperamento (Chess e Thomas, 1986) Il temperamento di un bambino è in gran parte influenzato da fattori ereditari. Ad esempio: i bambini più inibiti tendono più facilmente a disturbi emotivi come l’ansia, il ritiro, la depressione; i bambini con una forte spinta temperamentale sono spesso più irritabili, non si conformano facilmente alle regole, sono più disattenti ed impulsivi e manifestano comportamenti più oppositivi e coercitivi rispetto ai bambini che non presentano queste caratteristiche temperamentali. Ricerche hanno esaminato gli effetti sesso-specifici del temperamento nella prima infanzia: l’elevato rischio di un disturbo da comportamento dirompente è predetto più facilmente da un temperamento di tipo negativo/difficile nei bambini, mentre nelle bambine lo stesso temperamento potrebbe aumentare il rischio di disturbi di tipo emotivo.
La Psicopatologia del bambino
Per la maggior parte dei disturbi non esiste una causa unica. �I fattori di rischio da considerare nel corso di un itinerario di sviluppo possono essere oltre che individuali, anche familiari, ambientali, ovvero, più in generale, “ecologici”. Come sostengono, Fonagy e altri (2005) “[…] la psicopatologia si sviluppa nel contesto ambientale di socializzazione primaria del bambino: la famiglia. La famiglia e, in particolare i genitori forniscono lo sfondo di tale sviluppo, le loro caratteristiche sono cruciali per le scelte evolutive compiute dal bambino, la loro azione e collaborazione sono indispensabili tanto al trattamento che alla prevenzione”
La teoria dell'attaccamento di Bowlby costituisce ad oggi il modello teorico più completo e articolato cui far riferimento per comprendere e spiegare i meccanismi che sottendono i processi evolutivi, sia normali sia patologici; tali meccanismi innescano articolati giochi di retroazioni relazionali che caratterizzano il contesto di crescita dell’individuo e che possono agire, a seconda dei casi, come fattori di rischio o di protezione sul suo sviluppo. Es: un attaccamento insicuro può essere un frequente precursore di un successivo disagio infantile
• Nel corso dello sviluppo, ci possono essere diverse condizioni in grado di modificare i percorsi, le traiettorie di sviluppo, comportamentali e mentali dell’individuo in base alla relazionalità con il genitore e con il mondo esterno (figure significative differenti, contesto scolastico, gli insegnanti, i compagni, il contesto sociale del quartiere, ecc…) • Rifiuto di un’ottica deterministica dello sviluppo, che considera come necessario il perpetuarsi dei modelli operativi interni nelle diverse fasi del percorso evolutivo
� Traiettorie di sviluppo: Multifinalità ed equifinalità Per comprendere le possibili traiettorie di sviluppo del bambino bisogna tener � Il costrutto di equifinalità si riferisce al dato conto del costrutto di multifinalità empiricamente osservabile fenomeno per cui il medesimo punto per cui percorsi diversi di partenza può dar luogo a differenti possono dar luogo alla profili psicologici del bambino, che si medesima uscita disadattata. generano e dipendono dall’interazione tra le caratteristiche individuali e il contesto inteso in � Esempio: lo sviluppo di una senso“ecologico”. patologia ansiosa, ad esempio, può rappresentare l’esito di una storia di iperprotettività � Esempio: un bambino che fa esperienza genitoriale o di un’educazione di cure materne trascuranti può, in con standard severi, o, ancora, seguito sviluppare aspetti depressivi, insorgere in assenza di fattori di mentre in fratello, che vive nello stesso rischio nel contesto familiare. ambiente, può reagire differentemente e non manifestare depressione.
L’ approccio empirico alla classificazione dei problemi infantili ci fornisce informazioni su baseci descrittiva, utilizzando checklist piuttosto che criteri diagnostici categoriali. � Le informazioni possono essere raccolte dall’osservazione diretta, oppure da resoconti forniti dai genitori, insegnanti e/o bambini per valutare la gravità di condotte potenzialmente problematiche elencate in scale comportamentali. Achenbach (1995) ne identifica 8, attualmente più utilizzate: � ansia con depressione, � ritiro, � lamentele somatiche, � problemi sociali, � problemi cognitivi, � disattenzione, � trasgressione, � comportamenti aggressivi �
Ad esempio: la Child Behavior Checklist (CBCL) messa a punto da Thomas Achenbach e da Craig Edelbrock si rivolge a campioni di bambini di diverse età, sesso e cultura; q permette di cogliere e definire aspetti specifici del comportamento infantile e di inserirli all’interno di due scale generali in base alla frequenza e alla combinazione con cui essi si presentano. q Identifica due cluster di problemi e tendenze cognitivo – affettivo – comportamentali, dette: internalizzante ed esternalizzante. q
� I problemi internalizzanti consistono in una serie di difficoltà che si collocano “all’interno” del bambino, nella sua sfera emotiva: si riscontrano un elevato ipercontrollo e una relativa inibizione comportamentale, pensieri di preoccupazione, con vissuti di paura, ansia, tristezza, malinconia, depressione non vengono di per sé catalogati come disturbi, ma possono diventare tali se vanno a compromettere la quotidianità del bambino. � Esempio: una bambina che frequenti la III elementare, molto concentrata sullo scopo di ottenere un buon rendimento. Fin dai tempi dell'asilo è sempre stata solitaria, con problemi di socializzazione. Difficilmente gioca con i compagni, non ama le attività competitive, preferendo attività come il disegno. Quando gli amichetti cercano di coinvolgerla partecipa, imitando i comportamenti dei compagni, ma senza alcuno spirito di iniziativa. Le maestre e i genitori trascurano il suo comportamento eccessivamente ritirato, come spesso accade poiché non crea difficoltà particolari.
I disturbi esternalizzanti si contraddistinguono per il fatto che il disagio del bambino o dell’adolescente si riversa verso l’esterno; i segnali di disagio sono più evidenti, provocatori e costringono gli adulti a farsene carico. Essi sono caratterizzati da scarso controllo degli impulsi, iperattività, aggressività, oppositività attiva alle regole, distruttività.
Quadri internalizzanti ed esternalizzanti: contributi empirici In letteratura più volte è stata riscontrata l’esistenza di una continuità tra precoci difficoltà di tipo esternalizzante e successive difficoltà di tipo internalizzante, mostrando come le due macro-categorie descrittive possano convivere. v Un contesto familiare negativo e instabile e un’ educazione incoerente e contraddittoria aumentano il rischio dell’insorgenza di disturbi comportamentali;
v Nei bambini la contemporanea presenza di sintomi esternalizzanti ed internalizzanti sia “la regola piuttosto che l’eccezione” (Rescorla) v. In età scolare, il riconoscimento clinico di disturbi internalizzanti in presenza di disturbi esternalizzanti è difficile da individuare, data la maggiore evidenza dei comportamenti dirompenti piuttosto che dell’ansia o bassa autostima che possono essere ad essi sottesi. v. I disturbi internalizzanti (ansia, depressione) sono maggiormente associati a modelli di attaccamento insicuro che costituiscono un contesto di minore adattamento e un elemento importante di vulnerabilità per lo sviluppo infantile
Anche se non si evidenzia una precisa correlazione tra attaccamento insicuro ed esiti psicopatologici specifici, si osserva un’importante aumento del rischio psicopatologico generale. L’attaccamento insicuro rappresenti un fattore importante, ma aspecifico, per l’aumento del rischio di numerose forme di psicopatologia in campioni in cui siano presenti altri fattori di rischio
Esiti di ricerche: fattori di rischio che si accompagnano allo sviluppo di patologie di tipo internalizzante. � � � � � turbe depressive o ansiose nei genitori, la mancanza di sostegno affettivo, frequenti comportamenti punitivi, il controllo psicologico, l’essere figli unici o l’avere un solo genitore eventi stressanti nella vita familiare, conflitti all’interno della coppia genitoriale, la presenza o meno di un sostegno dall’ambiente sociale circostante, determinate caratteristiche socioeconomiche particolarmente svantaggiate sembrano essere associate allo sviluppo di patologie internalizzanti nei bambini e negli adolescenti. Anche il funzionamento genitoriale va interpretato tenendo conto di una serie di variabili quali i fattori individuali (biologici, genetici, psicologici), i fattori familiari e sociali (coppia, bambino, fratelli, amici, lavoro, famiglia allargata), i fattori legati alla società e all’ambiente (ambiente fisico e salute, servizi e risorse della comunità, condizioni economiche e familiari) e le reciproche interazioni tra questi (Cummimgs et al. 2000, Di Blasio 2005 )
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