DALLA DISTRIBUZIONE FUNZIONALE A QUELLA PERSONALE DEL REDDITO
DALLA DISTRIBUZIONE FUNZIONALE A QUELLA PERSONALE DEL REDDITO 1 Le politiche per il sociale e per la famiglia
LA REDISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEL REDDITO E LA METODOLOGIA S 3: UN RIASSUNTO La redistribuzione del reddito tra le regioni UE ha portato ad una convergenza parziale tra i redditi pro -capite delle regioni, quindi cambiamento della direzione dell’azione: � Non da disegno pubblico a beneficio privato, ma � Da accordi imprese-ricercatori-enti a disegno dell’intervento specifico Predisposizione dei cluster nazionali Disegno regionale di S 3 Sovrapposizione? Disegno Unico? Vediamo per FVG 2
CLUSTER TECNOLOGICI E SSS Per permettere al nostro Paese di competere sui mercati internazionali, valorizzando le eccellenze del made in Italy attraverso l’innovazione, nel 2012 il MIUR – Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – ha emesso un primo bando per lo sviluppo e il potenziamento dei Cluster Tecnologici Nazionali. Sono stati selezionati 8 Cluster Tecnologici permanenti e finanziati 30 progetti per un valore di circa 300 milioni di euro: Aerospazio Agrifood Chimica verde Fabbrica intelligente Mezzi e sistemi per la mobilità di superficie terrestre e marina Scienze della Vita Tecnologie per gli ambienti di vita Tecnologie per le Smart Communities 3
COMBACIANO CON LA SCELTA FINALE DEL FVG? I CLUSTER TECNOLOGICI Aerospazio Agrifood Chimica verde Fabbrica intelligente ? Mezzi e sistemi per la mobilità di superficie terrestre e marina Scienze della Vita Tecnologie per gli ambienti di vita Tecnologie per le Smart Communities I SETTORI S 3 Agroalimentare Filiere produttive � strategiche: 2. metalmeccanica e 3. sistema casa 4. Tecnologie marittime 5. Smart health Cultura, creatività e turismo 1. SETTORI E TECNOLOGIE SI CONFONDONO 4
DALLA CONCORRENZA ALLA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO L’aspetto che non viene trattato dai modelli concorrenziali è quello redistributivo Quando è dannoso al benessere sociale? Perché occorre redistribuire? Quali fattori della crescita economica considerare? Dalle imprese ai consumatori-lavoratori
UNO SCHEMA DI RIFERIMENTO Politiche Europee Politica dei Redditi 6
PERCHÉ È IMPORTANTE CAPIRE COME IL REDDITO È DISTRIBUITO? Perchè la distribuzione del reddito influisce sulla capacità di mantenere nel tempo una crescita della domanda aggregata per consumi adeguata alla crescita equilibrata del sistema economico: In questo senso i salari reali devono crescere almeno quanto il prodotto per lavoratore Inoltre, perché la dinamica salari nominali - prezzi è importante per mantenere sotto controllo l’inflazione. La “regola aurea”: crescita dei salari in linea con la crescita della produttività Per garantire questo equilibrio occorre una politica dei redditi che riguarda TUTTI i redditi, mentre in Italia è spesso declinata come politica di contenimento dei salari sia nominali che reali: distribuzione funzionale del reddito
LA DISTRIBUZIONE FUNZIONALE DEL REDDITO Come varia il reddito nella remunerazione dei fattori produttivi (in particolare, capitale e lavoro)? Indichiamo con a. L la quota del reddito che va a remunerare il fattore lavoro (o, per brevità, quota distributiva del fattore lavoro), essa è: W è il salario (nominale) medio delle unità di lavoro N è il numero complessivo di unità di lavoro (quindi WN è il monte delle remunerazioni del fattore lavoro, in termini nominali), P è il livello generale dei prezzi y indica la produzione reale (quindi Py è il PIL in termini nominali)
LE QUOTE DISTRIBUTIVE La distribuzione “funzionale” del reddito mette in evidenza come il reddito viene ripartito tra i proprietari dei fattori di produzione Quota di Reddito da lavoro Y= w. N + r. K Quota di Reddito da capitale 1= w. N + r. K Y Y Es: 1 = 0, 70 + 0, 30 cioè il 70% va ai lavoratori e il 30% va ai proprietari di capitale e di immobili
POLITICHE DEI REDDITI “REGOLA AUREA” Y. p = w. N + q. w. N PIL TOTALE SALARI quindi p = w. N/Y + q. w. N/Y TOTALE PROFITTI Poichè N/Y è l’inverso della produttività del lavoro (= y) Si ha Accettando una determinata distribuzione iniziale del reddito - e quindi a parità di margini di profitto - se i salari nominali crescono in linea con la produttività, l’inflazione rimane costante Margine di profitto
LA QUOTA DISTRIBUTIVA CORRETTA DEL FATTORE LAVORO
NEI DECENNI SUCCESSIVI… Quota corretta dei salari sul reddito nazionale Italia 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 56, 5 56, 7 56, 8 54, 2 54, 0 53, 2 53, 3 53, 8 53, 6 53, 9 54, 1 53, 7 54, 7 55, 4 55, 3 55, 5 55, 1 Germania Area Euro 61, 0 59, 6 60, 8 59, 3 59, 9 58, 8 59, 6 58, 1 59, 8 58, 1 60, 6 58, 1 60, 1 57, 9 59, 7 57, 8 59, 6 57, 8 58, 7 57, 1 57, 8 56, 7 56, 4 56, 0 55, 1 55, 5 55, 9 56, 4 58, 3 57, 2 57, 4 57, 5 57, 3 58, 4 57, 4 59, 0 57, 5 59, 0 57, 2 (*) Si calcola considerando i redditi da lavoro dipendente per occupato diviso per il prodotto interno lordo ai prezzi di mercato rapportato al numero di occupati Fonte: Nostre elaborazioni su dati AMECO
POLITICHE DEI REDDITI: HANNO FUNZIONATO? OBIETTIVO: controllo delle dinamiche salariali, dei profitti e delle rendite (cioè, del costo di tutti i fattori produttivi o distribuzione funzionale del reddito), così da evitare spinte inflazionistiche, quale effetto del conflitto distributivo L’inflazione è il risultato di una gara competitiva per accrescere la quota del reddito
DISTRIBUZIONE FUNZIONALE E DISTRIBUZIONE PERSONALE Punti chiave distribuzione funzionale ai fattori della produzione: Capitale e Lavoro � Obiettivo: contenere l’inflazione e viene raggiunto se vi è una compensazione tra i poteri contrattuali delle parti (nelle relazioni industriali) quando Δw=ΔPmg. L e margine di profitto →Δ(1+w)=0 Quando Δw≠ΔPmg. L e il Δ(1+w) ≠ 0, ma con segno contrario Oppure intervengono squilibri macroeconomici determinati anche da altre variabili: � Nei settori in espansione Δw≠ΔPmg. L, in particolare nel settore dei servizi: Δw>ΔPmg. L (Baumol desease) � Le rendite dall’accumulazione di capitale aumentano � Aumentano le imposte indirette � Aumentano gli input importati 14
DALLA POLITICA DEI REDDITI (PAR. 20. 4 CELLINI) A QUELLA DISTRIBUTIVA Se l’obiettivo è quello di ricondurre l’inflazione in un sentiero equilibrato di crescita (seconda metà anni ‘ 70 del ‘ 900 fino a prima metà anni’ 90), allora con la politica dei redditi il tentativo è quello di influenzare – tramite un accordo fra le parti sociali - la dinamica delle variabili macroeconomiche, accompagnando l’accordo da specifici impegni da parte del Governo per ciò che concerne le variabili che rappresentano strumenti di politica economica (consumo pubblico e spesa pubblica, trasferimenti, variabili fiscali, tariffe di servizi pubblici, ecc. ). La politica dei redditi si propone perciò di far raggiungere ai lavoratori e agli imprenditori accordi per concordare la dinamica di variabili generalmente stabilite in mercati più o meno concorrenziali. Gli impegni “politici” del Governo servono per facilitare il raggiungimento degli accordi tra le parti sociali. 15
IL LEGAME TRA DISTRIBUZIONE PERSONALE DEL REDDITO E DISTRIBUZIONE FUNZIONALE DEL REDDITO Non deve sfuggire che l’andamento della distribuzione personale dei redditi (distribuzione del reddito e della ricchezza tra gli individui, famiglie o classi sociali) è legata all’andamento della distribuzione funzionale del reddito: poiché in ogni nucleo familiare vi può essere una composizione di diversi redditi (da lavoro, da profitto, da rendita). Dato che però il ventaglio delle retribuzioni del lavoro è più ristretto del ventaglio delle remunerazioni del capitale, … … nei periodi in cui il lavoro acquisisce quote distributive maggiori, la distribuzione personale del reddito diventa più equa, mentre nei periodi in cui aumenta la quota distributiva del capitale e si restringe quella del lavoro, aumenta la iniquità nella distribuzione personale dei redditi. 16
LE QUOTE DI SALARIO SULP IL A PREZZI DI MERCATO, CORRETTO PER L’INPUT DI LAVORO Aumento dei differenziali di reddito 17
LA CURVA DI KUZNETS - 1 Alta Basso Alto 18
1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 10, 264 27, 691 10, 402 28, 225 10, 725 29, 431 11, 411 30, 864 11, 960 31, 926 11, 640 31, 224 12, 408 32, 938 12, 672 33, 443 13, 036 34, 342 13, 773 35, 842 14, 216 36, 364 14, 318 36, 675 14, 367 36, 623 14, 530 36, 810 14, 995 37, 849 15, 410 38, 562 15, 850 39, 326 16, 354 40, 373 17, 032 41, 627 17, 596 42, 894 17, 942 43, 347 18, 205 43, 662 18, 333 44, 353 18, 159 45, 390 18, 546 46, 864 19, 070 48, 205 19, 273 48, 569 19, 624 49, 266 19, 893 49, 500 20, 181 49, 952 20, 917 50, 873 21, 284 50, 893 21, 313 50, 481 21, 144 50, 159 21, 258 50, 739 21, 239 50, 991 21, 549 51, 238 21, 709 51, 504 21, 259 51, 022 20, 043 49, 769 20, 610 51, 648 20, 653 51, 053 19, 351 49, 718 19, 740 50, 822 COM’È VARIATO IN ITALIA IL PRO-CAPITE (INDICATORE DI CRESCITA)? PRODOTTO INTERNO LORDO AI PREZZI DI MERCATO Per abitante Per unità di lavoro 19
LA CURVA DI KUZNETS - 2 Paesi con reddito medio molto basso mostrano indici di disuguaglianza bassi; mano a mano che si considerano Paesi con reddito medio più elevato, aumenta anche l’indicatore di disuguaglianza; arrivati a un certo punto, però, il segno della relazione si capovolge, e considerando i successivi Paesi, via più ricchi, a redditi medi via crescenti corrispondono indicatori di disuguaglianza via minore. Questa evidenza è riferita alla variazione fra Paesi dei redditi e della disuguaglianza distributiva. Tale evidenza può essere estesa alla variazione nel tempo di queste due grandezze: l’aumento dei livelli del reddito (cioè la crescita economica) dapprima comporta un aumento delle disuguaglianza, ma oltre un certo livello di reddito, un’ulteriore crescita economica comporta una riduzione delle disuguaglianze. 20
LA CURVA DI KUZNETS - 3 Il nesso inverso – l’effetto della diseguaglianza sulla performance di crescita – è stato indagato assai più di recente. A parità di altri fattori, si trova una correlazione negativa e significativa tra la disuguaglianza e la successiva performance di crescita: � Tra gli indicatori più usati allo scopo c’è l’indice di Gini. Esso si calcola in un anno di partenza, ad es. il 1960 e risulta negativamente correlato col successivo tasso di crescita del PIL pro-capite, ad esempio nel trentennio 1960 -90 In questo senso, un’alta iniquità distributiva sembra avere un impatto negativo sulla successiva performance di crescita di un Paese, ma è un risultato ancora molto discusso. 21
Come cambia Nel tempo la Disuguaglianza In Italia (Fonte: serie storiche Banca d’Italia) 22
IL REDDITO E LA SUA STRUTTURA 23 Dalla distribuzione funzionale alla distribuzione personale [Capitolo 12 (Cellini)]
COME MISURARE LA DISUGUAGLIANZA? Un fattore determinante per la crescita economica di un Paese è quindi un limitato grado di disuguaglianza La disuguaglianza non viene misurata solo tra individui, ma considerata tra gruppi di individui raccolti nelle famiglie Nelle famiglie si mescolano i redditi di provenienza funzionale (lavoro, capitale, rendita) Capire meglio dimensione e struttura delle famiglie diviene quindispensabile per capire come la crescita macroeconomica evolva 24
LE FONTI E LE MISURE Per analizzare i redditi familiari si sono adottate nel tempo tre principali fonti: L’indagine Doxa effettuata in via sperimentale tra il 1946 e il 1948 realizzata per la prima volta in Italia da un triestino Pierpaolo Luzzato Fegiz su richiesta dell’allora Vice Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro delle Finanze, del Tesoro e del Bilancio ed economista Luigi Einaudi. Questa indagine è stata fatta propria in seguito dalla Banca d’Italia dal 1966 al 2014 (non disponibile) prima su base annuale e poi biennale. � L’indagine ISTAT tra il 1980 e 2014 con l’indagine sui consumi, in cui il reddito (mensile per fasce) e il risparmio (annuo) sono un dettaglio: nel 40% dei casi la spesa>reddito! � Sostituita da una prima indagine europea ECHP (European Community Household Panel), svolta dal 1994 al 2001 e poi dall’attuale indagine Eu. Silc che è iniziata nel 2003. � 25
LA DISTRIBUZIONE PERSONALE O SECONDARIA Con distribuzione secondaria si fa riferimento alla ripartizione del reddito prodotto tra gli individui o le famiglie appartenenti ad una società; Data l’elevata eterogeneità in termini di numero di percettori di reddito all’interno del nucleo familiare, della stabilità dell’occupazione, dell’orario di lavoro, la distribuzione secondaria del reddito tende a distanziarsi sempre più dalla distribuzione primaria; La distribuzione secondaria tende a differire da quella primaria anche per altre motivazioni…. 26
DIFFERENZE TRA DISTRIBUZIONE PRIMARIA E SECONDARIA 1. all’interno di stesse categorie (lavoratori dipendenti o lavoratori autonomi) il reddito è distribuito in modo eterogeneo; 2. ogni individuo può percepire redditi da fonti diverse (ad esempio salario, affitti e interessi); 3. esistenza di istituzioni che si frappongono tra mercato e individui (ad esempio lo stato); 4. trasmissione intergenerazionale delle risorse (ricchezza) (eredità); 5. differenze negli ambienti familiari e sociali in cui gli individui si formano (ad esempio, il livello d’istruzione); 27
UN CONFRONTO TRA REDDITI DA LAVORO DI FONTE DIVERSA 28
QUESTIONI METODOLOGICHE L’analisi della disuguaglianza apre diverse questioni metodologiche da cui non si può prescindere. Nello specifico: 1. Quale variabile economica rappresenta meglio il grado di benessere dei soggetti: il reddito, il consumo, la ricchezza? 2. Rispetto a quale unità di tempo misurare il fenomeno: la settimana, il mese, l’anno, l’intero arco vitale? 3. Quale unità di riferimento è più appropriata per valutare il benessere: l’individuo o la famiglia? 4. Come rendere omogeneo il confronto tra nuclei familiari con diverse caratteristiche sociodemografiche? 29
LA VARIABILE ECONOMICA DI RIFERIMENTO: IL REDDITO (1) Di norma la variabile economica utilizzata per misurare come il prodotto si distribuisce tra individui o famiglie è il reddito; Il reddito può essere definito come una grandezza flusso che deriva, in un certo intervallo temporale, da uno stock di ricchezza; La ricchezza può assumere diverse forme: capitale reale (case, terreni, beni durevoli), capitale finanziario (azioni, obbligazioni, depositi bancari), capitale umano (che si forma da abilità innata e istruzione/formazione ricevuta); 30
LA VARIABILE ECONOMICA DI RIFERIMENTO: IL REDDITO (2) Ogni tipo di capitale produce un flusso di reddito: � 1. il capitale reale può produrre reddito monetario (affitto) e non monetario (reddito figurativo derivante dalla proprietà di un’abitazione); � 2. il capitale finanziario produce reddito monetario; � 3. il capitale umano produce reddito monetario (reddito da lavoro) e non monetario (quantificazione del benessere che deriva dal tempo libero); 31
DEFINIZIONE ALLARGATA DI REDDITO Altre forme di reddito, spesso non direttamente misurabile, contribuiscono al benessere del soggetto. A queste considerazioni hanno contribuito teorie quali quella del redditoentrata (Simons, 1930). Esso corrisponde all'ammontare delle risorse consumabili senza intaccare il patrimonio iniziale; costituisce cioè reddito imponibile il consumo potenziale. Le forme alternative di reddito di cui tener conto sono: � 1. Guadagni e perdite in conto capitale; � 2. Fringe benefits (o retribuzioni in natura); � 3. Rendite imputate (beneficio da casa di proprietà); � 4. Lavoro non pagato (autoproduzione/lavoro domestico); � 5. Trasferimenti pubblici in natura; Beni pubblici o servizi � 6. Sanità e Istruzione; pubblici, beni meritori 32 � 7. Edilizia pubblica;
IL CONSUMO In parte negli studi empirici la valutazione del benessere è effettuata utilizzando dati sui consumi; Di fatto, in molti paesi in via di sviluppo, non solo è più semplice avere accesso ai dati sui consumi piuttosto che sui redditi, ma il tenore di vita di molte persone dipende più dal consumo di beni autoprodotti che non dal reddito percepito; Il consumo si presta meglio del reddito a descrivere il benessere medio dell’individuo nell’arco della vita. Il reddito può presentare un andamento più irregolare del consumo che invece tende ad essere più stabile (smoothing) attraverso il risparmio e i prestiti; A questo proposito la teoria del reddito permanente (Friedman, 1957) può costituire un utile riferimento teorico; 33
IL PATRIMONIO Il patrimonio (o lo stock) in termini di ricchezza posseduta può anch’esso essere considerato come un indicatore di benessere; In Italia, con l’adozione dell’I. S. E. E. (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) che è il valore assoluto dalla somma dei redditi e dal 20% dei patrimoni mobiliari e immobiliari dei componenti il nucleo familiare rapportato alla scala di equivalenza, si è fatto un tentativo di considerare congiuntamente reddito e patrimonio; 34
PROBLEMI DI ORDINE SOSTANZIALE E METODOLOGICO In genere, nelle analisi empiriche si fa riferimento alla famiglia in senso esteso (household), piuttosto che alla famiglia anagrafica (family). In entrambi i casi si riscontrano problemi di ordine sostanziale (legati alla distribuzione intra-familiare) e metodologico (legati alla scelta dell’unità di riferimento su cui effettuare l’analisi empirica); Rispetto al primo problema nella stragrande maggioranza dei casi si fa l’ipotesi semplificatrice che tutte le risorse siano messe in comune e ripartite in parti uguali (Ipotesi della cassa comune); � Rispetto al secondo, buona parte degli studi recenti (es. Eu. Silc) fa riferimento alla distribuzione del reddito tra gli individui attribuendo ad ognuno di essi il reddito della famiglia di appartenenza, tenendo conto del numero di individui (pesati) che costituiscono la famiglia stessa. � 35
INDIVIDUI E FAMIGLIE L’individuo è il soggetto di riferimento per le analisi in tema di economia del benessere. Tuttavia, per almeno 3 motivi, il benessere individuale ha come riferimento di fondo la famiglia: 1. ruolo essenziale della famiglia nelle fasi iniziali e finali del ciclo di vita; � 2. realizzazione di economie di scala all’interno del nucleo familiare; � 3. il benessere individuale può essere scollegato dalla ricezione o meno di un reddito; � 36
SCALE DI EQUIVALENZA (1) Le scale di equivalenza permettono di rendere comparabili i redditi di famiglie di struttura diversa, associando a ciascuna tipologia familiare un numero di componenti equivalenti; In alternativa, come vedremo in seguito, sono utilizzate per costruire soglie di povertà per famiglie di ampiezza diversa da quella di riferimento; Il rapporto tra reddito familiare e il coefficiente di scala determina il reddito equivalente; Le scale di equivalenza si dividono in: econometriche (indice povertà ISTAT), soggettive, desunte da minimi nutrizionali, pragmatiche (es. OCSE, Eu. Silc), implicite nei programmi di assistenza sociale (es. ISEE); 37
SCALE ECONOMETRICHE, AD ES. FONDATE SULLA LEGGE DI ENGEL (1) Tra le scale econometriche, la più utilizzata è quella fondata sulla legge di Engel; La legge di Engel stabilisce che la funzione della spesa totale destinata alle necessità primarie si riduce al crescere del reddito delle famiglie a causa degli effetti delle economie di scala: nel primo quintile di spesa il peso di alimenti+abbigliamento è pari al 28%, per il V quintile è solo del 18% (I. Istat, 2014); Una scala di equivalenza basata sulla Legge di Engel è quella stimata da Carbonaro (1985) e tuttora utilizzata dall’ISTAT per calcolare la povertà in Italia; La scala fondata sulla legge di Engel prevede che sia stimato il termine “e”, che individua l’elasticità della spesa totale (S) rispetto al numero di componenti del nucleo familiare (N), e che viene chiamato coefficiente delle economie di scala; 38
1. SCALE FONDATE SULLA LEGGE DI ENGEL (2) e < 1 → S aumenta meno che proporzionalmente rispetto ad N (economie di scala); e = 1 → S aumenta proporzionalmente rispetto ad N; e > 1 → S aumenta più che proporzionalmente rispetto ad N (diseconomie di scala). In genere risulta e < 1, poiché molte spese familiari riguardano il consumo di beni o servizi che vengono utilizzati congiuntamente (ad esempio le spese per l’abitazione), permettendo di realizzare economie di scala; Carbonaro (1985) nell’ambito degli studi della Commissione d’Indagine sulla Povertà, ha stimato: e=0. 667 ; 39
UN CONFRONTO TRA SCALE SU DATII SMU-ORIM 2007 -2012 PER GLIS TRANIERI RESIDENTI Carbonaro: funzione doppio logaritmica per la curva di Engel dei beni alimentari: 40
INDICE DI POVERTÀ ASSOLUTA http: //dati. istat. it/? lang=it&Sub. Session. Id=7 3 c 81 c 3 e-0 a 6 f-4 eae-9253 ba 51 beb 85 a 6 f&themetreeid=-200 41 Calcolo della soglia di povertà assoluta http: //www. istat. it/it/prodotti/contenutiinterattivi/calcolatori/soglia-di-poverta
2. SCALE DI EQUIVALENZA PRAGMATICHE Tra i criteri più utilizzati per rendere comparabili famiglie di ampiezza diversa e calcolare gli indici di disuguaglianza, ci sono quelli che utilizzano le scale di equivalenza pragmatiche; In questo caso la comparabilità viene ottenuta determinando il reddito equivalente, ottenuto rapportando il reddito familiare ad un coefficiente di equivalenza; Il reddito equivalente così determinato si interpreta come il reddito di cui ciascun individuo dovrebbe disporre se vivesse da solo per raggiungere lo stesso tenore di vita che ha in famiglia; 42
IL CONCETTO DI REDDITO EQUIVALENTE (ES. EU-SILC/OECD) Coefficienti per il calcolo dell’equivalenza del benessere tra famiglie: � pari a 1 per il capofamiglia, � 0, 5 per i componenti con 14 anni e più e � 0, 3 per i soggetti con meno di 14 anni. Per ciascuna famiglia viene calcolato il numero di “adulti equivalenti” sommando i coefficienti relativi a ciascun componente. Il reddito familiare viene poi diviso per tale coefficiente e attribuito a ciascun individuo. L’unità di conto PPS espressa in Euro (letteralmente Potere d’acquisto Standard) utilizzata nei confronti internazionali per eliminare la differenze nei livelli di prezzo e nei tassi di cambio e permettere i confronti tra le diverse regioni europee, basandosi su volumi o unità di beni piuttosto che sui valori. L’unità di conto è stata creata da Eurostat in modo artificiale per calcolare la parità del potere d’acquisto delle spese reali finali dei 28 Paesi dell’UE. 43
LA POLITICA REDISTRIBUTIVA EUROPEA: EUSILC Il Consiglio europeo di Lisbona nel marzo 2000 ha stabilito ambiziosi obiettivi di politica sociale per l’Unione e per i paesi membri con il Metodo aperto di coordinamento : � (i) sradicare la povertà e l’esclusione sociale (con la programmazione 2014 -20: Ridurre il numero di europei che vivono sotto la soglia di povertà del 25%); � (ii) assicurare pensioni adeguate e finanziariamente sostenibili; � (iii) fornire assistenza sanitaria di alta qualità accessibile e sostenibile. European Union Statistics on Income and Living Conditions (Eu. Silc) 44
RISCHIO POVERTÀ: VALORE DI RIFERIMENTO Il “rischio di povertà” relativa è calcolato come quota di popolazione che vive in famiglie il cui reddito è inferiore al 60 per cento del reddito mediano nazionale. A questo scopo occorre analizzare come si distribuisca il reddito nella popolazione Una rappresentazione macro di questi problemi distributivi si ottiene dall’analisi dei dati Eu. Silc 45
RISCHIO POVERTÀ IN ITALIA, 2007 (PRIMA DELLA CRISI): PROBLEMI STRUTTURALI 19, 8% 7% 46
CON LA CRISI PEGGIORA (2013) 8, 3% 47 19, 1%
GLI ARCHIVI IT-SILC IL rapporto BES: http: //www. istat. it/it/files/2016/12/04 -Benessere-economico-BES-2016. pdf http: //www. lavoro. gov. it/strumenti-e-servizi/ISEE/Pagine/default. aspx 48
RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DI UNA DISTRIBUZIONE: FREQUENZA ASSOLUTA 49 Ordinamento per età
RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DI UNA DISTRIBUZIONE: FREQUENZA RELATIVA (QUOTA SU TOTALE) 50
RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DI UNA DISTRIBUZIONE: SOMMA DELLE QUOTE SUL TOTALE 51
CRISI E DATI IT-SILC (SOGLIA POVERTÀ RELATIVA 60% REDDITO MEDIANO) 52
PEGGIORA LA SITUAZIONE NELLE REGIONI 53
LA POVERTÀ È UN AFFARE DI FAMIGLIA? 54
DISTRIBUZIONE DI VARIABILI CONTINUE Il reddito è una variabile discreta, approssimabile ad una distribuzione di tipo continuo in presenza di un numero di osservazioni sufficientemente elevato. In tema di distribuzione di norma si fa riferimento al reddito disponibile familiare equivalente. Una possibile rappresentazione consiste nella funzione di densità di frequenza f(y) che indica la percentuale di individui che ricade in ciascuna classe di reddito o che possiede un determinato livello di reddito. In genere i redditi si distribuiscono secondo una distribuzione lognormale, cioè una distribuzione unimodale con asimmetria a destra (o asimmetria positiva). La funzione di densità cumulata F(y) indica invece la quota di individui (famiglie) aventi reddito inferiore o uguale ad ogni possibile valore della distribuzione. 55
FUNZIONE DI DENSITÀ DI FREQUENZA Valore più basso della media poiché vi è una più elevata concentrazione nei redditi più bassi 56
LA CURVA DI LORENZ La distribuzione del reddito può essere rappresentata, soprattutto a fini comparativi, dalla curva di Lorenz. Una volta ordinati gli individui (o famiglie) in ordine non decrescente rispetto al reddito posseduto, la curva di Lorenz rappresenta la relazione tra la quota percentuale di reddito cumulata degli individui e la rispettiva quota percentuale cumulata di reddito. Qualora il reddito fosse distribuito in modo totalmente egualitario, la curva di Lorenz sarebbe una retta inclinata a 45 gradi; Se il reddito fosse totalmente posseduto da una sola famiglia (o individuo), la curva di Lorenz assumerebbe la forma di L rovesciata; Lorenz, M. O. (1905). Methods of measuring the concentration of wealth. Pubblicazione della American Statistical Association. 9: 209 -219 57
Distribuzione Egualitaria Curva di Lorenz L rovesciata 58
LO STUDIO DELLA CONCENTRAZIONE: SIMBOLOGIA ni = frequenza assoluta fi = frequenza relativa f’i = frequenza relativa cumulata Qi = quantità della variabile per ogni unità (classe) qi = quantità (ammontare) relativa della variabile per ogni unità (classe) q’i = quantità (ammontare) relativa cumulata 59
Esempio 1 – Reddito famigliare di 14 famiglie piemontesi (Fonte: Banca d’Italia) Numero que stio nari o NQUEST Reddito famigl iare (Euro) Xi Freque nza Reddito per famigl ia Frequenz a relat iva Quantità rela tiva Frequenza relativa cumulata ni Qi= xi*ni fi qi fi' qi' Quantità relativa cumulata 1500. 00 1 1500. 00 0. 071 0. 022 687898 2400. 00 1 2400. 00 0. 071 0. 035 0. 143 0. 056 680263 2990. 00 1 2990. 00 0. 071 0. 043 0. 214 0. 100 681222 3146. 00 1 3146. 00 0. 071 0. 046 0. 286 0. 145 684930 3682. 97 1 3682. 97 0. 071 0. 053 0. 357 0. 199 688082 5100. 00 1 5100. 00 0. 071 0. 074 0. 429 0. 272 680390 5416. 59 1 5416. 59 0. 071 0. 078 0. 500 0. 351 682849 5724. 89 1 5724. 89 0. 071 0. 083 0. 571 0. 434 680359 6002. 63 1 6002. 63 0. 071 0. 087 0. 643 0. 521 640931 6004. 15 0. 071 0. 087 0. 714 0. 608 680275 6324. 89 1 6324. 89 0. 071 0. 092 0. 786 0. 699 32044 6570. 81 1 6570. 81 0. 071 0. 095 0. 857 0. 794 648808 6708. 00 1 6708. 00 0. 071 0. 097 0. 929 0. 891 676466 7493. 98 1 7493. 98 0. 071 0. 109 1 1 69064. 91 14 69064. 91 1 1 totale 60 680040
LO STUDIO DELLA CONCENTRAZIONE: RELAZIONE TRA LE FI E LE QI Gli ammontari relativi danno conto della quota parte di fenomeno (reddito) pertinente una singola famiglia Gli ammontari relativi cumulati indicano la quota progressiva spettante alle famiglie che singolarmente non ne possiedono più di un dato ammontare. Gli ammontari relativi cumulati risultano sempre inferiori o uguali alle corrispondenti frequenze relative cumulate di unità. Questo perché i valori sono ordinati in senso crescente al 10% delle unità non può spettare più del 10% di valore perché altrimenti, nel restante 90%, si troverebbero valori più piccoli di quelli inseriti nel primo 10% e questo contraddice l'ordinamento crescente 61
IL DIAGRAMMA DI LORENZ Il diagramma è costituito da un triangolo isoscele rettangolo alla cui base sono misurate le frequenze relative cumulate di unità e sull'altezza le quote relative cumulate di variabile (reddito). I cateti OA e AB hanno lunghezza uno; l’ipotenusa OB è lunga √ 2; l’area complessiva del triangolo OAB è 0. 5. La diagonale incontra la bisettrice nel punto C di coordinate (1/2, 1/2) I punti (f’i, q’i) formano la relazione tra le frequenze relative cumulate di unità f’i e la corrispondente quota relativa cumulata di variabile q’i. Il grafico della spezzata rimane sempre al di sotto della retta di equidistribuzione (q ≤ p) 62
FIGURE 2 – LA PROCEDURE STEP-BY-STEP PER COSTRUIRE LA CURVA DIL ORENZ Tipo di operazione 1. Se non già ordinato, ordinare i redditi in ordine non decrescentel 2. Determinare la quota di reddito posseduta da ciascun individuo e la sua quota sul totale della popolazione Attenzione: In questo punto le frequenze relative del reddito e dei redditieri sono le stesse 3. Calcolare le frequenze relative cumulate del reddito e dei redditieri 4. Calcolare la linea di equidistribuzione del reddito 5. Fare il grafico delle frequenze relative cumulate del reddito verso le frequenze relative cumulate dei redditieri 63
LA CURVA DI CONCENTRAZIONE E ILR APPORTO DI CONCENTRAZIONE (INDICE GINI) FIGURA 2. 2 C Area A O Area B A Corrado Gini, lo propose all’inizio del 1900, Sulla misura della concentrazione e della variabilità dei caratteri (1914) 64 B
LA CURVA DI CONCENTRAZIONE (SEGUE) Si chiama area di concentrazione l’area compresa tra la curva di concentrazione e l’ipotenusa OB (retta di equidistribuzione a 45°) che corrisponde al caso di equidistribuzione dei redditi (p). L’area di concentrazione può risultare al massimo pari all’area del triangolo OAB, nel caso di massima concentrazione. 65
LO STUDIO DELLA CONCENTRAZIONE: RELAZIONE TRA VARIABILITÀ E CONCENTRAZIONE Tra la variabilità e la concentrazione esistono le seguenti relazioni: il caso di variabilità nulla corrisponde al caso di concentrazione nulla (ad esempio, tutti gli individui considerati hanno un reddito uguale); la situazione limite di massima concentrazione, cioè (n 1) persone con reddito nullo ed una con il totale del reddito, identifica anche la situazione di massima variabilità possibile per un fenomeno trasferibile, poiché, fermo restando il valore del totale della variabile, le unità statistiche assumono solo i valori estremi, cioè i valori più distanti. 66
SITUAZIONE DI CONCENTRAZIONE NULLA La concentrazione è NULLA se tutte le unità possiedono lo stesso ammontare. Non ha in sé alcuna caratteristica ideale: L’ equidistribuzione dei redditi negli n individui (cioè la concentrazione nulla) si manifesterebbe se ciascuno avesse un reddito pari a M (media aritmetica). X 1 = X 2 =. . X (n-1) = X n = media aritmetica della variabile (M) Questo significa che il primo 15% di unità possiede il 15% di variabile, il primo 45% possiede il 45% e così via. 67
CONCENTRAZIONE MASSIMA Il caso estremo opposto di massima concentrazione è definito dalla seguente distribuzione teorica, nella quale (n-1) unità hanno un ammontare nullo del fenomeno e l’ultima unità ha un valore uguale all’ammontare complessivo del fenomeno. Cioè una sola unità possiede (oppure è ad essa attribuibile) tutta la variabile Anche questo è un caso limite a cui non si riconosce nessuna valenza particolare. Come esempi di questa situazione abbiamo: il monopolio di certe produzioni strategiche, il latifondo come forma di possesso dei terreni In questo caso le quote relative di variabile sono tutte nulle tranne la nesima e quelle cumulate sono pure nulle tranne la n-esima che è pari ad uno 68
CARATTERISTICA DELLA SPEZZATA DI LORENZ La spezzata di Lorenz è il grafico di una funzione non decrescente e convessa. L’inclinazione dei segmenti è positiva. L’inclinazione dei segmenti è crescente. Infatti le modalità xi sono ordinate in senso crescente 69
REQUISITI DEGLI INDICI DI CONCENTRAZIONE* L'ideale sarebbe un indice, che diremo, C(X) che aumenti per situazioni di ineguaglianza crescente. Inoltre, deve assumere un valore diverso per ogni diversa distribuzione della variabile. Questo è impossibile perché gli indici hanno natura sintetica e le inevitabili compensazioni impediscono la corretta diversificazione. 70
SENSIBILITA’ AI TRASFERIMENTI (A PARITÀ DI MEDIA)* E' la proprietà più importante e qualificante nello studio della concentrazione C(y) < C(x) La media rimane invariata Principio di Pigou-Dalton: Un trasferimento neutrale (order preserving) rispetto alla graduatoria da unità più "ricca" ad una unità più "povera" deve ridurre l'indice di concentrazione 71
SENSIBILITA’ AI TRASFERIMENTI* Supponiamo che alla variabile possa applicarsi il principio della utilità marginale decrescente ben noto nel corso di microeconomia. Un trasferimento da unità “ricca” ad una “povera” dovrebbe diminuire la concentrazione più di quanto non faccia un trasferimento tra due unità “ricche” di cui una leggermente meno ricca (principio di Kolm). L’effetto è massimo per un trasferimento tra la prima e l’ultima in graduatoria. 72
IL RAPPORTO DI CONCENTRAZIONE La curva di concentrazione oltre che fornire una rappresentazione della concentrazione di un fenomeno facilmente interpretabile, consente di ottenere anche una misura quantitativa della concentrazione che assume valori nell’intervallo da 0 (nel caso di concentrazione nulla) ad 1 (nel caso di concentrazione massima). 73
DEFINIZIONE DI RAPPORTO DI CONCENTRAZIONE Si dice rapporto di concentrazione o indice di Gini(*) (Gini Index) , e si indica con R (G nei lavori in inglese), il quoziente tra l’area di concentrazione e l’area di massima concentrazione. Il rapporto di concentrazione assume valori compresi nell’intervallo [0, 1] e precisamente: R = 0 se la concentrazione è nulla (equidistribuzione); R = 1 se la concentrazione è massima. (*) Corrado Gini è nato a Motta di Livenza (VE) nel 1884 e muore nel 1965 a Roma. 74
INDICE DI GINI - 2 L’indice di Gini è calcolato come il rapporto tra l’area compresa tra la diagonale (la linea di uguaglianza perfetta, retta a 45°) e la curva di Lorenz, e l’area del triangolo sottesa alla diagonale. Utilizzando la simbologia riportata nella Figura 2. 2 (slide 67): (2. 21) Poiché l’area (A+B) e pari a ½, allora G=2 A=2(1/2 -B)=12 B. Se il reddito fosse distribuito in modo perfettamente omogeneo tra i possessori di reddito, la curva di Lorenz corrisponderebbe alla bisettrice, A=0 e G=0. Se invece tutto il reddito appartenesse ad un solo individuo, l’area B sarebbe uguale a 0 e l’area A sarebbe uguale a ½, da cui G=1. 75
CALCOLO DEL VALORE NUMERICO DEL RAPPORTO DI CONCENTRAZIONE In base alle considerazioni precedenti, si può definire “area di concentrazione effettiva” la parte del triangolo OAB compresa tra il segmento di equidistribuzione (C) e la spezzata di concentrazione. Come s’è detto nella definizione, il rapporto di concentrazione è il quoziente tra l’area di concentrazione effettiva e l’area di massima concentrazione (area del triangolo OAB). 76
UN ESEMPIO L’indice di Gini calcolato in base a: Dove ni sono i percettori Xi la quota di reddito percepita 77
Esempio Gini calcolato Sui 10 decili Come se fossero 10 percettori rappresentativi 0, 34354 78
LA DISTRIBUZIONE DELLE DISUGUAGLIANZE NEL MONDO, 2009 79
LE POLITICHE PER LA REDISTRIBUZIONE DEI REDDITI: GLI STRUMENTI Individuati gli indicatori occorre predisporre gli strumenti che possono essere attivati al fine della redistribuzione che sono: � Politiche fiscali con aliquote d’imposta altamente progressive � Trasferimenti mirati a famiglie/individui (es. Reddito di cittadinanza, assegni familiari, pensioni di invalidità e anzianità, trasferimenti una tantum…) � Fornitura di beni e servizi pubblici a prezzo controllato � Tariffe agevolate per la fornitura di servizi o beni pubblici sulla base delle misure sopra individuate (es. ISEE, ISEEU) �… 80
- Slides: 80