Cultura e clima organizzativo Paula Benevene Universit LUMSA
Cultura e clima organizzativo Paula Benevene Università LUMSA, Roma
Cultura organizzativa p La cultura organizzativa è l'insieme degli assunti di base di una organizzazione che si sono rivelati validi per far fronte ai problemi di adattamento esterno e interno; essi si sono sedimentati nel tempo e sono trasmessi ai nuovi membri come il modo più corretto di sentire ed agire di fronte agli stessi problemi (Schein, 1992)
Cultura organizzativa p La cultura è l’insieme dei significati condivisi, di valori, di credenze, di norme, di conoscenze formali e di aspettative presenti all’interno di una organizzazione; nasce dall'interazione tra i membri e le componenti dell’organizzazione. E’ una costruzione condivisa e negoziata di senso e significato dell’esperienza da parte dell’organizzazione, del “perché le cose vanno così”
Cultura organizzativa p La cultura organizzativa è l’insieme dei modi di pensare, comuni a un gruppo, che orientano le azioni dei suoi membri. La cultura guida le azioni degli individui e dei gruppi all’interno delle organizzazioni. E’ quindi essenziale per capire il senso delle azioni (Gavin e Howe, 1975).
Clima organizzativo p Il clima organizzativo è “La percezione condivisa del modo in cui nell’organizzazione si fanno le cose” (Reichers e Schenider, 1990). p Il clima è la percezione dell’organizzazione da parte dei soggetti che ne fanno parte. E’un attributo del sistema, dell’organizzazione nel suo insieme. Il clima esprime la cultura dell’organizzazione.
Clima organizzativo p Il clima è percepito sia dai soggetti interni sia dai soggetti esterni all’organizzazione (Evans, 1968). p Nella stessa organizzazione possono coesistere climi diversi, perché il clima può essere percepito in modo differente a seconda del gruppo di appartenenza, del livello gerarchico, del settore di afferenza (Litwin & Stringer, 1968; Schneider e Hall, 1972).
Cultura e clima organizzativo p La cultura impronta il clima organizzativo, orienta il processo di socializzazione dei nuovi membri, coagula l’operato dei responsabili. p Ha effetti importanti sull’elaborazione delle strategie, sulla capacità di innovazione e cambiamento, sulla disponibilità a introdurre nuove tecnologie, sui processi di fusione e di integrazione tra organizzazioni o tra comparti della stessa, sulle comunicazioni, sui criteri di selezione del personale, sulle modalità formative, sulla gestione dei conflitti e sui processi di presa di decisione.
Cultura e clima organizzativo p Il concetto di cultura organizzativa designa i valori dominanti di un’organizzazione, le norme che vigono e si sviluppano nei gruppi di lavoro e nell’interazione tra i membri, i modelli di comportamento utilizzati con regolarità e frequenza, i linguaggi ed i rituali, le regole che i nuovi assunti devono apprendere per orientarsi all’interno dell’organizzazione e per essere accettati come membri, il lay-out e le modalità di interazione con gli interlocutori esterni (Avallone, 1997).
Cultura e clima organizzativo Enriquez (1970) distingue tra: ü cultura autoritaria (capo carismatico, identificazione con l’autorità, comunicazioni a una via discendenti); ü cultura burocratica (osservanza delle norme, alta formalizzazione, informazioni discendenti, scarsa partecipazione); ü cultura paternalistico-clientelare (appartenenza a un gruppo, organizzazione trasversale informale con propri gruppi di potere, valori, norme e modelli di comportamento);
Cultura e clima organizzativo ü cultura tecnocratica (competenza professionale, efficacia ed efficienza, rendimento, successo, alta competizione, rapporti interpersonali fluidi e informali, tecnologia, orientamento all’obiettivo); ü cultura cooperativa (partecipazione e consenso, lavoro di gruppo, autonomia, comunicazioni fluide e informali, livelli gerarchici ridotti, rotazione nell’assunzio 10 ne delle responsabilità, conflitti funzionali alla dialettica organizzativa).
Cultura e clima organizzativo p Gli studi presenti in letteratura (fra gli altri Zapf, Knorz & Kulla, 1996; Groenblinghoff & Becker, 1996; Maslach & Leiter, 2000) rilevano una correlazione significativa tra fattori relativi al clima sociale – processi comunicativi, livelli di cooperazione, supporto fornito da parte di colleghi e superiori, organizzazione del lavoro, assenza di equità, dinamiche conflittuali nelle relazioni interpersonali – e azioni o eventi riconducibili allo stress, al mobbing e al burnout.
Cultura e clima organizzativo p Cultura organizzativa e clima organizzativo sono entrambi caratteristiche peculiari dell’organizzazione. p Sono appresi attraverso i processi di socializzazione e attraverso le interazioni fra i membri dell’organizzazione. Sono generati dalla sua mission, della sua storia, dei successi e delle difficoltà incontrate, dalle scelte operate e dagli approcci adottati, dalla leadership dai responsabili, dalle soluzioni messe in atto, dalla modalità di reazione all’ambiente esterno e dalla interrelazione tra i gli individui e tra le varie componenti dell’organizzazione stessa. p Esistono diverse definizioni, teorie e approcci al clima e alla cultura. Di recente è emersa la tendenza molto forte a considerare clima e cultura sostanzialmente come sinonimi, anche se esistono differenze e sovrapposizioni
Differenze tra cultura organizzativa e clima organizzativo p § § § La cultura p Cresce e si sviluppa lentamente § E’ più stabile e duratura nel § tempo Utilizza metodi di indagine § prevalentemente qualitativi (interviste a testimoni privilegiati, metodo degli incidenti critici, § focus group) E’ più difficile e lenta da § modificare Agisce anche a livello filosofico e ideologico. • Ad es: Il significato di scuola, educazione e istruzione; • L’idea del rapporto tra scuola e società; • A quali funzioni deve assolvere la scuola Il clima Si forma più velocemente E’ più mutevole e cambia con maggiore rapidità Utilizza metodi di indagine prevalentemente quantitativi (questionari, test standardizzati) E’ più facile e rapida da modificare Agisce a livello di atteggiamenti e valori • Ad es: Regole sulla disciplina, • modalità di comunicazione con le famiglie, • forme di collaborazione o meno tra docenti, • sistema di incentivi/premi e di punizioni
Perché cultura e clima di una organizzazione sono importanti? p Secondo K. Lewin: C = f (P, A) p Il comportamento è funzione di P (caratteristiche personali) e di A (ambiente) p Nella gestione delle organizzazioni si tende a sopravvalutare le caratteristiche disposizionali o personali e a sottovalutare le caratteristiche organizzativo, ma l’ambiente può intervenire sulle caratteristiche personali e sulle motivazioni, modificando il comportamento.
Perché cultura e clima di una organizzazione sono importanti? p Una organizzazione non è la somma delle individualità o delle relazioni tra singolo individuo e il suo capo, ma è un sistema di relazioni molto più complesse, connotate da interdipendenza. p Sempre più spesso si parla di risorse umane come “risorse intangibili” (Itami, 1988). La dimensione culturale e la valorizzazione del fattore umano emergono sempre più come principi di eccellenza (Deters e Waterman).
Perché cultura e clima di una organizzazione sono importanti? p La piena utilizzazione delle risorse umane richiede un altro grado di identificazione con l’organizzazione, soprattutto nell’area dei servizi dove competenza, atteggiamenti mentali e comportamenti del personale costituiscono le chiavi della qualità del servizio fornito (Norman, 1985). p L’identificazione dei membri e dei gruppi con l’organizzazione stessa è necessaria per stimolare impegno da parte dei dipendenti.
Perché cultura e clima di una organizzazione sono importanti? p “Il concetto di impegno ha ormai preso il posto di quello di motivazione per quanto riguarda il comportamento all’interno delle organizzazioni” (Lewicki, 1981; Saunderss, 1984). p Contratto psicologico: un rapporto di scambio, basato su aspettative reciproche tra i contraenti, datori di lavoro e dipendenti, spesso non definite esplicitamente e, soprattutto, non regolate per legge. Solo questo tipo di contratto è in grado di produrre relazioni di fiducia e quindi gradi elevati di efficienza, ma è relativamente indipendente dal contratto economico in senso stretto (Rousseau, Parks, 1993, p. 19)
Clima e cultura sono sia una risorsa sia un vincolo p § § Sono una risorsa perché … Una cultura organizzativa forte e funzionale, è in grado di fornire un vantaggio competitivo nei confronti delle altre organizzazioni, perché la cultura e il clima di una organizzazione sono legate all’efficacia e all’efficienza di una organizzazione Esiste una relazione stretta tra cultura e clima organizzativo da una parte e performance dall’altra, in termini di utili, produttività, creatività. Atteggiamenti, valori, norme e comportamenti di gruppo sono importanti quanto gli aspetti più formali o formalizzati nel determinare l’efficacia e l’efficienza di una organizzazione;
Clima e cultura sono sia una risorsa sia un vincolo p § § Sono una risorsa perché … La cultura e il clima hanno un impatto molto forte non solo all’interno, ma anche sull’immagine esterna dell’organizzazione Una cultura forte fa crescere la fiducia che i dipendenti nutrono nei confronti dell’organizzazione e il clima è correlato strettamente con la soddisfazione al lavoro.
Clima e cultura sono sia una risorsa sia un vincolo p § Sono un vincolo perché … Non basta introdurre nuove pratiche per migliorare il funzionamento di una organizzazione: pratiche hanno funzionata bene in una organizzazione analoga non necessariamente producono gli stessi effetti in un'altra, perché l’innovazione coinvolge anche e soprattutto le persone e i cambiamenti organizzativi determinano inevitabilmente cambiamenti nel comportamento, negli atteggiamenti, nel modo di pensare delle persone;
Clima e cultura sono sia una risorsa sia un vincolo p § § § Sono un vincolo perché … Per prevenire l’insuccesso dei cambiamenti occorre capire se questi sono in conflitto o in sintonia con la cultura; allo stesso modo, non basta inserire una persona nuova o un nuovo dirigente per introdurre cambiamenti, se agisce senza tener conto della cultura dell’organizzazione. La cultura permea la strategia che un’impresa adotta Se un’azienda si connota per una data tecnologia, un cambiamento di quest’ultima può generare un cambiamento negli assunti di base di una organizzazione
Schein e la cultura organizzativa § “Ci sono ormai numerose prove che dimostrano che la cultura aziendale fa la differenza nei risultati che l’azienda ottiene …. Le decisioni prese senza avere consapevolezza delle forze culturali in atto possono produrre conseguenze inattese e indesiderate” § La cultura organizzativa, secondo Schein “ è un insieme di forze potenti, nascoste e spesso inconsce, che determinano il nostro comportamento individuale e collettivo, i modi della percezione, lo schema del pensiero e i valori”.
Schein e la cultura organizzativa § “La cultura è la somma totale di tutti gli assunti condivisi e dati per scontati che un gruppo ha appreso lungo al sua storia. Gli assunti culturali coinvolgono non solo il lavoro interno dell’organizzazione, ma anche in modo in cui l’organizzazione si relaziona ai suoi diversi ambienti” § La cultura di una organizzazione ne determina strategie, obiettivi e modi di agire. “Se si vuole rendere una organizzazione più efficiente ed efficace si deve comprendere il ruolo giocato dalla cultura nella vita organizzativa”.
Schein e la cultura organizzativa q p p Si può pensare alla cultura come un insieme di modelli mentali che i membri di un’organizzazione condividono e danno come scontati”. Non esiste una cultura giusta e una sbagliata, o una cultura migliore di un’altra, se non in relazione a: § Gli obiettivi e gli scopi dell’organizzazione; § L’ambiente in cui l’organizzazione si trova ad operare, soprattutto ciò che l’ambiente permette di fare. La qualità di una cultura dipende dalla funzionalità livello al quale gli assunti taciti o comuni creano il tipo di strategia e di organizzazione che è funzionale all’ambiente in cui vive l’organizzazione.
La cultura è: Profonda Ampia Stabile Se la si considera un fenomeno superficiale si pensa di poterla manipolare secondo la propria volontà e si è sicuri di fallire. Inoltre, a cultura controlla molto di più di quanto non sia controllabile o controllata Le parti importanti di una cultura sono essenzialmente invisibili. Decifrare una cultura può essere un compito senza fine. Se non si hanno scopi e ragioni per voler comprendere la propria organizzazione, il compito sarà sconfinato e frustrante La cultura è stabile e difficile da cambiare perché costituisce l’insieme delle lezioni via apprese da un gruppo. I membri di un gruppo vogliono mantenere i propri assunti culturali perché essi forniscono e rendono la vita prevedibile
Tre livelli di cultura e di analisi culturale Primo livello: gli artefatti Gli artefatti sono ciò che si vede, si ascolta e si prova quando si va in giro in una organizzazione. Ad esempio: l’uso dello spazio e il modo di rivolgersi tra colleghi e superiori. La conoscenza di elementi esterni non basta, perché ma non si sa cosa questi stiano a significare, cosa ci sia realmente dietro. A livello di artefatti la cultura è molto chiara e ha un immediato impatto emotivo. Ma non si sa veramente perché i membri dell’organizzazione si comportino in questo modo e perché l’organizzazione sia costruita così. E’ possibile infatti che due organizzazioni che dichiarano di abbracciare gli stessi valori abbiano differenti organizzazioni dello spazio fisico e differenti stili di lavoro p
Tre livelli di cultura e di analisi culturale Secondo livello: valori dichiarati Scavare più a fondo significa cominciare a fare domande sulle cose che hanno valore per l’organizzazione. Perché agisce in questo modo? Facendo domande, tra l’altro ci si accorgerà che esistono incongruenze fra alcuni dei i valori dichiarati esplicitamente e il comportamento visibile. Ciò che queste incongruenze comunicano è che un livello più profondo di pensiero e percezione sta guidandoli comportamento pubblico p
Tre livelli di cultura e di analisi culturale Terzo livello: assunti taciti condivisi Per comprendere il livello più profondo si deve pensare ai valori, convinzioni, assunti dei fondatori e dei leader che ne hanno creato il successo nel passato. Se i valori e gli assunti dei fondatori non sono in linea con l’ambiente esterno l’organizzazione non può avere successo. Queste convinzioni, i prodotti e servizi offerti diventano gradualmente condivisi e dati per scontati tra gli appartenenti all’organizzazione. p
L’essenza della cultura p p L’essenza della cultura è costituita da valori, convinzioni e assunti imparati insieme che diventano comuni e dati per scontati, mentre l’impresa continua ad avere successo. Sono il risultato di un processo congiunto di apprendimento. Bisogna quindi portare alla luce alcuni degli assunti che operano senza che i membri ne siano consapevoli perché hanno cominciato ad essere dati per scontati L’essenza della cultura sono dunque gli assunti acquisiti, condivisi e taciti su cui la gente basa il suo comportamento quotidiano. Ma neanche i dipendenti di una organizzazione possono ricostruire senza aiuto gli assunti su cui riposa il comportamento quotidiano.
L’essenza della cultura p Gli assunti non si possono dedurre neanche dall’osservazione del comportamento. Se si vuole comprendere la cultura si deve cominciare un processo che comporta l’osservazione sistematica e il parlare con i dipendenti, per rendere espliciti gli assunti taciti
Tipologie di culture p § § § Secondo Enriquez (1970) esistono 5 tipologie di culture: cultura autoritaria (capo carismatico, identificazione con l’autorità, comunicazioni a una via discendenti); cultura burocratica (osservanza delle norme, alta formalizzazione, informazioni discendenti, scarsa partecipazione); cultura paternalistico-clientelare (appartenenza a un gruppo, organizzazione trasversale informale con propri gruppi di potere, valori, norme e modelli di comportamento); cultura tecnocratica (competenza professionale, efficacia ed efficienza, rendimento, successo, alta competizione, rapporti interpersonali fluidi e informali, tecnologia, orientamento all’obiettivo); cultura cooperativa (partecipazione e consenso, lavoro di gruppo, autonomia, comunicazioni fluide e informali, livelli gerarchici ridotti, rotazione nell’assunzione delle responsabilità, conflitti funzionali alla dialettica organizzativa).
Cultura organizzativa La questione della cultura organizzativa è molto importante quando due organizzazioni si fondono. Ci sono tre possibili opzioni: a)la separazione. Le culture rimangono separate e ciascuna delle due società mantiene la propria identità specifica; b)la dominazione. una cultura diviene prevalente sull’altra, ad esempio quando un’impresa ne acquisisce un’altra. Questa è la soluzione più frequente, al di là della retorica ufficiale; c)la commistione: le culture si mescolano e si integrano; si crea una nuova cultura, che prende elementi dell’una e dell’altra cultura, riproponendola alle varie unità, dipartimenti, settori.
Schein e la cultura organizzativa A questo proposito, Schein scrive: “È una operazione delicata: succede, ad esempio che la nuova organizzazione prende il sistema di contabilità della casa madre, il sistema delle risorse umane dall’altra e così via. Nasce quindi il problema della standardizzazione delle procedure. In questo modo si ritiene di ‘prendere il meglio delle due organizzazioni precedenti’, in realtà non basta la standardizzazione delle procedure a garantire il successo la reale commistione delle culture. La nota resistenza ai cambiamenti delle organizzazioni è quasi sempre basata sul fatto che i problemi culturali non sono stati debitamente considerati al momento di prendere decisioni sulla procedura da seguire”.
La cultura assume un’importanza diversa a seconda degli stadi di evoluzione organizzativa Una organizzazione giovane e in crescita cerca soprattutto di stabilizzare, rafforzare e far crescere la cultura che considera alla base del suo successo. Ha alle spalle una storia breve, dunque la cultura organizzativa, è la fonte principale dell’identità dell’organizzazione. Le giovani organizzazioni sono anche tipicamente sotto il controllo diretto del loro fondatore. La loro cultura è in massima parte deriva dalle convinzioni e dai valori del suo fondatore: una sfida a ogni elemento culturale equivale a mettere in discussione il fondatore o il proprietario. Questi elementi culturali diventano poi dogmi e sono difficili da cambiare.
In che modo i fondatori e i leader radicano gli elementi culturali ? (Schein, 1992) Meccanismi primari di radicamento 1. Gli elementi a cui i leader prestano attenzione, quello che valutano e controllano regolarmente; 2. Il modo con cui i leader reagiscono a incidenti critici e a crisi dell’organizzazione; 3. I criteri osservati attraverso cui i leader ripartiscono scarse risorse; 4. Il deliberato disegnare, insegnare, formare un ruolo; 5. I criteri osservati attraverso cui i leader assegnano premi e status; 6. I criteri osservati attraverso cui i leader reclutano, selezionano, promuovono, mandano in pensione e licenziano i membri dell’organizzazione.
In che modo i fondatori e i leader radicano gli elementi culturali ? (Schein, 1992) Articolazione secondaria e meccanismi di rafforzamento 1. La progettazione e la struttura dell’organizzazione; 2. I sistemi e le procedure organizzative; 3. La progettazione degli spazi fisici, delle facciate e degli edifici; 4. Storie, miti e leggende su fatti e persone; 5. Affermazioni formali della filosofia organizzativa, dei valori e del credo aziendale. E’ bene sottolineare che i membri di una organizzazione prestano di gran lunga più attenzione al comportamento più che alle parole
In che modo i fondatori e i leader radicano gli elementi culturali ? (Schein, 1992) Una organizzazione di mezza età ha avuto diverse generazioni di manager professionisti. Molte organizzazioni con una storia di alcuni anni alle spalle evolvono verso unità multiple, basate sulle funzioni, i prodotti, i mercati, e ciascuna di queste unità sviluppa la sua cultura. Più in generale, il problema delle organizzazioni di mezza età è triplice: 1. mantenere quegli elementi della cultura che continuano a essere adattabili e collegati al successo dell’organizzazione; 2. integrare, mescolare o almeno allineare le varie culture; 3. identificare e cambiare quegli elementi culturali che potrebbero divenire via meno funzionali a causa del cambiamento dell’ambiente in cui opera l’organizzazione.
In che modo i fondatori e i leader radicano gli elementi culturali ? (Schein, 1992) Le organizzazioni vecchie sono quelle che non si evolvono: non si adattano e non cambiano gli elementi della loro cultura. In questo modo diventano via meno adatte agli scopi che si prefiggono e all’ambiente esterno. In questo caso, la cultura diventa un limite all’imparare e al cambiamento. La cultura che aveva creato il successo dell’organizzazione rende difficile per i membri del personale accorgersi dei cambiamenti che richiedono nuove risposte. La cultura diventa un limite per la strategia
Avvio e gestione del cambiamento trasformativo (Schein, 1992) «Quando gli elementi di una cultura si sono stabilizzati, il cambiamento diventa più complicato, perché per apprendere bisogna prima disapprendere convinzioni, atteggiamenti, valori e assunti e impararne di nuovi. E’ questo disimparare la parte più difficile, poiché comporta il disagio di dover rinunciare a vecchie abitudini o a cose a cui si è legati» . Le persone oppongono resistenza al cambiamento perché esso implica disagio e ansia.
Avvio e gestione del cambiamento trasformativo (Schein, 1992) “Il disimparare costituisce una minaccia per la propria immagine perché implica che una persona abbia operato in passato in modo sbagliato o inefficiente e comporta l’inizio di un periodo di incertezza e di instabilità durante la nuova fase di apprendimento” Due requisiti necessari: a)La percezione di uno squilibrio, dell’esistenza di un problema deve essere abbastanza forte da indurre a cercare un aiuto; b)Il destinatario dell’aiuto deve essere capace e disposto ad accettare l’aiuto necessario
Tre fasi del cambiamento Fase 1 Scongelamento Creare motivazione e disponibilità al cambiamento tramite: • ritrattazione o mancanza di conferma; • insorgenza di senso inadeguatezza (senso di colpa o ansietà); • creazione di sicurezza psicologica per superare l’ansia da apprendimento. Fase 2 Fase 3 Cambiamento tramite Ricongelamento ricostruzione Aiutare a integrare il cognitiva nuovo punto di vista in Aiutare a vedere, • ricongelamento giudicare, sentire e personale; reagire in modo • ricongelamento differente, sulla base relazionale. di un nuovo punto di vista, raggiunto attraverso: • identificazione; • esplorazione.
Fase 1. Scongelamento “Scongelare” un sistema vuol dire creare una motivazione e una disponibilità a cambiare. Per essere stimolati e pronti a disimparare e a imparare qualcosa di nuovo devono essere soddisfatti tre prerequisiti. 1) La ritrattazione o mancanza di conferma Una persona non va alla ricerca di aiuto se non si trova di fronte ad un problema. In ambito aziendale questo significa, ad esempio, il mancato conseguimento di determinati risultati attesi. Quando si evidenzia una carenza o un problema, molto spesso insorge un atteggiamento problematico, di auto difesa. A volte la comunicazione di una notizia “critica” non viene recepita e tanto meno assimilata: metterebbe in discussione il nostro senso di autostima.
Fase 1. Scongelamento Possono insorgere atteggiamenti o comportamenti mirati a “salvare la faccia”. Spesso chi comunica o fa rilevare il problema è visto come una minaccia per la persona o il gruppo che riceve questa informazione. La ritrattazione o mancanza di conferma a volte interviene nell’ambito di un processo positivo, ma in questo caso l’adattamento alla novità è meno problematico, perché appunto non mette in discussione il senso di Sé. Possibili fonti di disconferma sono : o. Insoddisfazione e timore in ambito professionale o lavorativo; o. Insorgenza di uno scandalo; o. Fusioni, acquisizioni e joint venture o. Interventi formativi
Fase 1. Scongelamento 2) L’insorgenza di senso di inadeguatezza (senso di colpa o di ansietà) L’informazione ritrattante ha più probabilità di essere recepita se implica il mancato conseguimento di un obiettivo importante o il mancato rispetto di un ideale personale. Il primo caso induce ansietà, il secondo senso di colpa Il processo di cambiamento si può avviare solo se esiste e viene percepito un conflitto a livello di prestazioni e risultati da una parte e obiettivi e ideali personali dall’altro.
Fase 1. Scongelamento Ciò significa che se un subordinato ritiene che le richieste avanzate dal proprio capo siano infondate e irraggiungibili, non sarà motivato a rivedere e modificare il proprio modo di lavorare e di vedere le cose. L’ansia da sopravvivenza, che nasce dal senso di inadeguatezza E’ una combinazione di diverse paure: opaura di incompetenza temporanea; opaura di una punizione per incompetenza; opaura di perdere l’identità personale, opaura di perdere l’appartenenza a un gruppo.
Fase 1. Scongelamento 3) La creazione di sicurezza psicologica La persona che riceve una critica o un’informazione negativa sui risultati raggiunti può accettarla solo se non comporta un’umiliazione personale o una diminuzione della propria immagine. Uno dei compiti più delicati del manager o del consulente è proprio la comunicazione di un’informazione di ritrattazione, perché deve fornirla senza farla recepire come una minaccia per la persona che riceve tale informazione. D’altra parte, non esistono formule magiche, garantite per creare una sicurezza psicologica. Può essere utile fornire una valutazione mista, dove coesistono giudizi e valutazioni sia positive sia negative, me esiste sempre il rischio che vengano recepite, “selezionando” solo gli aspetti positivi.
Fase 1. Scongelamento Può servire rassicurare sul fatto che i problemi da affrontare rientrano nella sfera dei “problemi normali”, o che altri hanno già affrontato con successo problemi analoghi e che la situazione non è fuori controllo, dunque può essere gestita. Tre le forme di sostegno al cambiamento che spettano al manager o al consulente, troviamo: ooffrire una visione fortemente positiva del futuro, relativa la nuovo assetto, ooffrire formazione strutturata, ocoinvolgere chi deve imparare, ooffrire guida e feedback, ooffrire modelli positivi di ruolo, ocreare sistemi e strutture coerenti, ocreare gruppi di sostegno.
Fase 2. Cambiamento tramite la ristrutturazione cognitiva Spesso riconosciamo che qualcosa non va ma non sappiamo cosa fare. L’effetto dello “scongelamento” consiste nello svincolare le persone, per quanto possibile e opportuno, dai preconcetti e schemi mentali precostituiti, di aprire la mente a nuove fonti d’informazione e a nuovi concetti che consentano di guardare la situazione con occhi nuovi. In altre parole, si tratta si indurre una “ristrutturazione cognitiva” della situazione. Ci si arriva di solito attraverso due modalità: a)si individua un ruolo o un modello da applicare, oppure b)ci si rivolge all’ambiente circostante per localizzare nuove possibilità, continuando a trovare soluzioni per tentativi ed errori, finche si trova la soluzione più idonea.
Fase 2. Cambiamento tramite la ristrutturazione cognitiva Spesso il manager o il consulente diviene un oggetto di identificazione, perché questo è il metodo più rapido per trovare una soluzione. Questa soluzione può essere limitante, perché fa considerare solo una fonte di informazione. Inoltre, l’apprendimento per imitazione o identificazione funziona bene se il nuovo modo di lavorare e i concetti che devono essere appresi sono chiari. “Tuttavia, apprendendo attraverso l’imitazione si può scoprire che non si adattano alla nostra personalità o alla nostre personali reazioni. Una volta che si deve procedere da soli e i modelli di ruolo non sono più disponibili, si ritorna al vecchio comportamento…. ”
Fase 2. Cambiamento tramite la ristrutturazione cognitiva “Il manager del cambiamento de essere chiaro sugli obiettivi ultimi. Ma questo non implica necessariamente che tutti raggiungano gli stessi obiettivi nello stesso modo. Coinvolgere chi impara non implica che chi impara abbia una scelta sugli obiettivi, ma implica una scelta personale dei mezzi per arrivarvi” Il manager o il consulente deve allora: a)proporsi il meno possibile come ruolo-modello; b)aiutare a reperire ruoli e modelli pertinenti alla situazione specifica; c)sottolineare che il modo con cui gli altri considerano una certa situazione è solo una possibilità.
Fase 2. Cambiamento tramite la ristrutturazione cognitiva Più produttivo, anche se più lungo e impegnativo è il processo di esplorazione dell’ambiente, per trovare informazioni e idee (identificazione) che, una volta analizzati (esame), potranno portare a mettere a punto metodi nuovi di lavoro. Perché tale intervento abbia un successo reale, è necessario che ci sia stata una reale operazione di “scongelamento”, che esista una reale motivazione a trovare nuovi punti di vista e nuove informazioni. Altrimenti si rischia di voler trovare una solo una soluzione “nuova”, ma non “migliore” A volte l’accettazione di un nuovo punto di vista non è in relazione alla sua validità ed efficacia, quanto al desiderio di identificare una “qualsiasi” alternativa
Fase 3. Ricongelamento Il cambiamento può essere stabile o passeggero. Spesso capita che i partecipanti a un seminario sono capaci di sviluppare nuovi concetti e opinioni, che poi abbandonano una volta rientrano nel loro routine lavorativa. Il “ricongelamento” consiste quindi nel “fissare” le novità. ØRicongelamento personale Un nuovo approccio, un nuovo punto di vista si radicheranno in una persona se si inseriranno nell’immagine complessiva che egli ha di sé e della sua personalità.
Fase 3. Ricongelamento Ø Ricongelamento relazionale Anche un atteggiamento o un’idea si inserisce adeguatamente nella personalità di un soggetto do di un gruppo, può accadere che tale atteggiamento o tale idea disattenda le aspettative di altri operatori (singoli e gruppi) circostanti, al punto che questi ultimi non appoggino il cambiamento o addirittura lo smentiscano. Chi modifica il proprio atteggiamento o le proprie idee deve essere pronto ad “addestrare” e a coinvolgere anche gli altri che sono coinvolti in questo cambiamento.
1. Il clima organizzativo, secondo l’approccio strutturale (Moran, Vollkweiin, 1992) Il clima è una caratteristica o attributo di una organizzazione e deriva dalle forme oggettive che essa assume (dimensioni, sistema di regole e norme, sistema decisionale, ecc. ). È dunque la struttura organizzativa produrre il clima percepito dai suoi membri Percezione individuale Struttura organizzativa Clima organizzativo
2. Il clima organizzativo, secondo l’approccio percettivo o psicologico (Moran, Vollkweiin, 1992) E’ la percezione dell’organizzazione da parte dei singoli individui. Il clima psicologico è il modello organizzativo che il soggetto percepisce ed è influenzato dalla mutua interazione di ambiente organizzativo interno e caratteristiche personali (Gavin e Howe, 1975) Clima Condizioni organizzative Percezione individuale
3. Il clima organizzativo, secondo l’approccio interattivo (Moran, Vollkweiin, 1992) E’ l’interazione fra i membri dell’organizzazione a generare il clima. Il significato assegnato all’esperienza, agli eventi non nasce dalla conoscenza soggettiva o dalle qualità inerenti elle realtà esperite. Il significato, il senso, l’interpretazione dell’esperienza sono costruiti a partire dalla interazione tra persone e sono il risultato di negoziazioni implicite e di accordi a volte consapevoli altre volte inconsapevoli. Percezione individuale Interazione tra individui Condizioni organizzative Clima organizzativo
4. Il clima organizzativo, secondo l’approccio culturale (Moran, Vollkweiin, 1992) La cultura è un insieme di significati condivisi da un gruppo; l'interazione tra le persone fa nascere l’interpretazione dell'esperienza; in questo modo si costruisce il senso e significato della realtà organizzativa. La cultura si addensa sui significati rappresentati da valori, norme, conoscenze formali, credenze e forme espressive (Parsons, 1960). La cultura inoltre guida le azioni dei membri dell’organizzazione. Il clima è espressione o attributo della cultura. Condizioni organizzative: Contesto Struttura Processi Impatto ambientale Processi intersoggettivi Percezioni individuali Clima organizzativo Cultura organizzativa: Norme Ideologie Valori Linguaggio Rituali Miti Simboli
Rilevare l’analisi del clima organizzativo può essere uno strumento importante per lo sviluppo dell’organizzazione La conoscenza del clima in una determinata organizzazione permette di prevedere la presenza di: § conflitti o litigi § collaborazione § rapporti di reciproca fiducia § maggiore o minore produttività § malattie psicosomatiche § benessere personale § le giornate di malattia § turn-over
Rilevare l’analisi del clima organizzativo può essere uno strumento importante per lo sviluppo dell’organizzazione p. Conoscere il clima di una organizzazione serve a verificare il consenso sul modo di percepire l’organizzazione da parte di singoli individui o di gruppi all’interno dell’organizzazione; pserve a evidenziare gli eventuali aspetti critici, su cui successivamente predisporre un piano di intervento, per migliorare l’efficacia e l’efficienza dell’organizzazione, così come ad aumentare il benessere dei lavoratori e di quanti sono raggiunti dall’organizzazione stessa.
La diagnosi del clima organizzativo p Analizzare il clima organizzativo significa rilevare, fotografare lo stato di un’organizzazione in un determinato momento dal punto di vista dei suoi membri (Spaltro, 1977; De Vito Piscicelli, 1984): l’analisi del clima è una diagnosi organizzativa delle percezioni relative alla struttura, ai rapporti, alle relazioni e alle attività, attraverso la lettura dei vissuti e degli stati d’animo delle persone. p Un intervento di analisi di clima: § fornisce informazioni precise sulla realtà organizzativa per impostare piani e programmi; § può costituire un elemento di soddisfazione (effetto Hawthorne); § stimola le persone ad acquisire consapevolezza circa le loro percezioni individuali; § aiuta a razionalizzare i problemi; § attiva aspettative e stimola energie; § prepara ad affrontare i cambiamenti.
La diagnosi del clima organizzativo p. I possibili rischi connessi ad un intervento di analisi di clima riguardano: § la probabilità di scatenare tensioni latenti; § la probabilità di creare resistenze; § la probabilità di creare frustrazione e sfiducia verso l’organizzazione qualora le aspettative di cambiamento vengano disattese.
Non esiste una modalità unica di rilevazione del clima organizzativo Tuttavia, poiché il clima è un fenomeno percettivo, nella valutazione del clima non si dovranno rilevare variabili oggettive quali: §i ritardi, l’ assenteismo, il turn over; §gli incidenti sul lavoro; §la ridotta produttività. James e James raggruppano le variabili del clima psicologico in quattro fattori, da cui dipende anche la qualità dell’ambiente di lavoro: §L’impegno al lavoro e l’autonomia §Il supporto dei superiori §Stress di ruolo e la mancanza di armonia §Cooperazione nel gruppo e amicalità
Uno strumento per l’analisi del clima organizzativo: il Majer D’Amato Organizational Questionnaire 10 (M_DOQ 10) (D’Amato e Majer, 2005) (rielaborato, da A. Falco) E’ un questionario a risposte chiuse che analizza il clima organizzativo, fa riferimento a 13 fattori, è composto da 120 item: rispetto cui il soggetto esprime il proprio grado di accordo/disaccordo utilizzando una scala tipo Likert a 4 punti (da “Assolutamente falso per me” a “Assolutamente vero per me”).
Uno strumento per l’analisi del clima organizzativo: il Majer D’Amato Organizational Questionnaire 10 (M_DOQ 10) (D’Amato e Majer, 2005) (rielaborato, da A. Falco) Lo strumento parte dai seguenti presupposti teorici: § il clima è un costrutto multidimensionale; § gli individui inseriti in un’organizzazione tendono a strutturare una visione condivisa dei fenomeni organizzativi; § confrontando diverse componenti organizzative (area/settore d’appartenenza, anzianità di servizio, livello di inquadramento contrattuale) si possono rilevare differenze misurabili. Da un’analisi fattoriale sui punteggi aggregati dei 13 fattori sono emersi due macro-dimensioni: Clima organizzativo (effetti delle caratteristiche organizzative sulle percezioni e sui vissuti) e Clima psicologico (componente soggettiva del singolo).
Le dimensioni del Majer D’Amato Organizational Questionnaire 1. Team Coesione di gruppo 2. Leadership Relazioni e comunicazioni con i superiori 3. Job Involvement Coinvolgimento nel lavoro e nell’organizzazione 4. Autonomia e responsabilità nell’organizzazione del lavoro 5. Libertà: 6. Coerenza 5. Libertà: libertà di manifestare sentimenti e idee 7. Dinamismo 8. Job description Coerenza tra orientamenti strategici e conseguente traduzione operativa Apertura alla crescita e allo sviluppo sociale e personale vitalità organizzativa e propensione all’innovazione Chiarezza dei compiti e dei ruoli 9. Equità 10. Sviluppo: : sensibilità sociale e sentimento d’imparzialità 11. Comunicazione Disponibilità e chiarezza nella diffusone delle informazioni 12. Environment: ambiente fisico e psicologico 13. Incentivazione Riconoscimento dei meriti e stimolo allo sviluppo professionale Innovatività Vitalità organizzativa e propensione/incentivazione dell’innovazione apertura al progresso sociale e personale
Le dimensioni del Majer D’Amato Organizational Questionnaire 1. Team: coesione di gruppo (13 item) Indaga le percezioni dei comportamenti che indicano una disponibilità da parte dei membri del gruppo di lavoro a collaborare, a fornire informazioni, supporti e know-how, a modificare piani e programmi al fine di raggiungere obiettivi comuni. Esempio di item: Nel mio reparto/ufficio c’è un forte spirito di cooperazione. 2. Leadership: relazioni e comunicazione con i superiori (19 item) Analizza le percezioni relative allo stile di comando dei superiori. Alti punteggi indicano una leadership di tipo democratico, che si concretizza in supervisione e controllo dell’operato dei collaboratori e del raggiungimento degli obiettivi effettuati in modo partecipativo. Esempio di item: I responsabili trascurano di considerare i suggerimenti dei subordinati.
Le dimensioni del Majer D’Amato Organizational Questionnaire 3. Job involvement: coinvolgimento nel lavoro e nell’organizzazione (10 item) Analizza i vissuti relativi all’investimento di energia ed emozioni del singolo nei confronti del suo lavoro e dell’organizzazione. Alti punteggi denotano un sentimento di adeguatezza ai fini organizzativi e di integrazione, la sensazione di ricoprire un ruolo importante e di svolgere un lavoro interessante e motivante. Esempio di item: Il mio lavoro mi permette di usare ogni mia capacità e conoscenza. 4. Autonomia: autonomia e responsabilità nell’organizzazione (7 item) Analizza l’assunzione di responsabilità, all’autonomia, alla discrezionalità nell’organizzazione del proprio lavoro, alla libertà nella gestione di tempi e modalità operative, alla possibilità di mettere in atto le proprie idee e decisioni. Esempio di item: Nel mio lavoro ho l’occasione di prendere iniziative personali.
Le dimensioni del Majer D’Amato Organizational Questionnaire 5. Libertà: libertà di manifestare sentimenti e idee (8 item) Indaga le percezioni relative alla libertà di esprimere pubblicamente, nel gruppo di colleghi o in presenza dei superiori e di altre componenti organizzative, i propri sentimenti, le proprie emozioni e le proprie opinioni nei confronti dell’organizzazione. Alti punteggi indicano un clima leale e trasparente. Esempio di item: Le persone hanno la possibilità di esprimersi liberamente.
Le dimensioni del Majer D’Amato Organizational Questionnaire 6. Coerenza: coerenza fra orientamenti strategici e loro declinazioni operative (10 item) Analizza la percezione dell’efficacia del funzionamento organizzativo, con riferimento alla coerenza tra definizione degli obiettivi, presa di decisione, visione a lungo termine e loro attuazione concreta in piani di carriera, attività di formazione e sviluppo. Alti punteggi indicano coerenza tra valori dichiarati e le pratiche organizzative. Esempio di item: La direzione cerca di evitare discussioni con le persone adottando un atteggiamento di falsa benevolenza.
Le dimensioni del Majer D’Amato Organizational Questionnaire 7. Dinamismo: vitalità organizzativa e propensione all’innovazione (11 item) Indaga le percezioni in merito al cambiamento organizzativo ed alla velocità con cui si attuano le scelte operate, la sensazione che vengano incoraggiate la produzione di idee e di soluzioni innovative. Esempio di item: Qui vengono incoraggiate le idee innovatrici e originali. 8. Job description: chiarezza dei ruoli e dei compiti (7 item) Valuta le percezioni rispetto a quanto il rispondente conosce la portata del suo ruolo e le attese dell’organizzazione nei suoi confronti. Esempio di item: Le funzioni connesse al mio ruolo sono chiaramente definite.
Le dimensioni del Majer D’Amato Organizational Questionnaire 9. Equità: sensibilità sociale e sentimento d’imparzialità (10 item) Valuta i vissuti relativi all’ equità e alla giustizia rispetto i sistemi di valutazione (remunerazione, promozione, incentivazione, gratificazione). Alti punteggi indicano la percezione di criteri oggettivi e privi da favoritismi. Esempio di item: Nella mia azienda un certo numero di dirigenti beneficia di vantaggi non giustificati. 10. Sviluppo: apertura al progresso sociale e personale (10 item) Misura la percezione dell’organizzazione in relazione al progresso personale e allo sviluppo organizzativo. Punteggi elevati indicano la percezione di un’organizzazione socialmente avanzata, aperta allo sviluppo dei singoli e/o del sociale. Esempio di item: La mia azienda cerca di adattarsi ai cambiamenti sociali e politici.
Le dimensioni del Majer D’Amato Organizational Questionnaire 11. Comunicazione: disponibilità e chiarezza nella diffusione di informazioni (9 item) Valuta le percezioni relative alla diffusione dell’informazione. Punteggi alti indicano una comunicazione scorrevolmente a tutti i livelli, dove ciascuno dispone delle informazioni necessarie per eseguire al meglio i propri compiti. Esempio di item: È difficile ottenere delle informazioni chiare, precise e certe. 12. Environment: ambiente fisico e psicologico (6 item) Rileva i vissuti relativi al contesto fisico e psicologico. Punteggi elevati indicano la percezione di alti livelli di qualità della vita lavorativa, nonché di sentimenti di sicurezza e di benessere psico-fisico. Esempio di item: Gli ambienti di lavoro sono confortevoli.
Le dimensioni del Majer D’Amato Organizational Questionnaire 13. Incentivazione: riconoscimento dei meriti e stimolo allo sviluppo professionale (6 item) Indaga le percezioni relative a come, all’interno dell’organizzazione, vengono valutate le persone, sia dal punto di vista del riconoscimento dei meriti personali sia da quello degli spazi e delle opportunità di crescita lavorativa offerti a ciascuno. Esempio di item: Nella mia azienda i sistemi di incentivazione sono chiari ed applicati con correttezza.
Le fasi dell’indagine di clima (da A. Falco) v Individuazione del gruppo di lavoro (team), composto da ricercatori/professionisti, membri dell’organizzazione appartenenti alla direzione generale e del personale e altri collaboratori. v Definizione degli obiettivi e loro condivisione all’interno del team. v Analisi preliminare del contesto organizzativo tramite osservazione diretta e colloqui informali, nonché interviste semistrutturate con testimoni privilegiati. v Scelta della popolazione direttamente coinvolta nel processo di analisi. v Messa a punto della metodologia e/o degli strumenti di rilevazione. v Verifica della funzionalità della procedura e delle tecniche, su un gruppo campione
Le fasi dell’indagine di clima (da A. Falco) v Raccolta estensiva dei dati. v Analisi dei dati per la verifica delle ipotesi di lavoro (analisi dei risultati complessivi, confronto tra differenti componenti organizzative, individuazione dei punti di forza e di debolezza di ciascun gruppo). v Prima lettura dei risultati e stesura del report provvisorio, con formulazione delle prime ipotesi interpretative all’interno del team. v Incontro con il gruppo dei dirigenti e dei rappresentanti dell’organizzazione, per il feedback dei dati salienti. v Restituzione delle informazioni ai partecipanti. v Stesura del report finale, che conterrà sia ipotesi interpretative sia proposte di intervento atte a promuovere il cambiamento per il miglioramento della qualità della vita lavorativa nonché dell’efficacia/efficienza dell’agire organizzativo.
Variabili impiegate più frequentemente per l’analisi del clima organizzativo: Ø Rapporto con l'organizzazione (conoscenza e condivisione di valori, norme e comportamenti); Rapporti con i superiori; Rapporti con i colleghi; Rapporti con gli altri ruoli; Sentimento di coesione del gruppo di lavoro di cui si fa parte; Conoscenza e condivisione degli obiettivi/compiti assegnati al proprio ruolo; Chiarezza dei propri compiti e mansioni; Senso di appartenenza all’organizzazione; Ø Stile di leadership; Ø Ø Ø Ø
Variabili impiegate più frequentemente per l’analisi del clima organizzativo: Ø Ø Ø Collaborazione tra le varie componenti dell’org. e tra singoli soggetti Comunicazione: accessibilità e fluidità delle informazioni; Processo decisionale; Sistema premiante e eventuali punizioni; Soddisfazione relativa alla funzioni svolta; Soddisfazione delle relazionali interpersonali; Ambiente fisico, sicurezza, comfort; Responsabilità e autonomia; Motivazione; Soddisfazione materiale; Possibilità di esprimere liberamente le proprie opinioni.
Come rilevare il clima organizzativo? 1. Individuare le dimensioni che si vogliono analizzare; 2. Predisporre il questionario, predisponendo almeno tre item per ciascuna dimensione; 3. Somministrare il questionario; 4. Analizzare i dati; 5. Restituzione dei risultati; 6. Eventualmente predisporre un progetto di un intervento per migliorare il clima.
Come rilevare il clima organizzativo? Esempio di item di un questionario volto alla rilevazione del clima organizzativo (Litwin Stringer, 1968) “I compiti di questa organizzazione sono definiti chiaramente e strutturati in modo logico” o o Del tutto d’accordo Parzialmente in disaccordo Del tutto in disaccordo
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