CONTRIBUTI PER UNA PSICOPEDAGOGIA DELLA PARENTALIT PATERNA MASSIMILIANO
CONTRIBUTI PER UNA PSICOPEDAGOGIA DELLA PARENTALITÀ PATERNA MASSIMILIANO STRAMAGLIA I NUOVI PADRI. PER UNA PEDAGOGIA DELLA TENEREZZA, EUM, MACERATA, 2009
DERIVE PSICOPEDAGOGICHE �Le derive psicopedagogiche coinvolgono le famiglie contemporanee in seno alle dimensioni della coniugalità e genitorialità responsabili sono: �la sindrome del letto vuoto, deriva del lassismo, �e la pedofobia, deriva del permissivismo. �Il rifiuto dell’intimità sessuale e il rifugio nella clandestinità delle relazioni esprimono il ripiegamento della coppia attuale su dimensioni di istantaneità e fluidità, a discapito di relazioni solide e durature. La paura di ammonire i bambini esprime la diaspora tra coerenza educativa e compiacenza genitoriale ed è sintomatica della moderna società senza padri.
PATERNITÀ E CONTESTO SOCIALE �La percezione comune, in ambito psicopedagogico, è che oggi sia assente il “padre” (famiglia normativa); in verità, sono presenti più tipologie di padri, e il “padre” in astratto, ma con lui i nuovi padri, perdono il loro carattere fondante di educatori familiari al contesto sociale (famiglia affettiva). Appare chiaro come la carenza dei valori di marca paterna sia a fondamento dell’attuale crisi della famiglia – che non rappresenta un soggetto politico – e della partecipazione delle giovani generazioni alla vita politica e democratica.
L’IDENTITÀ NARRATIVA O GRUPPALE �Al piano della verticalità corrisponde la dinamica transgenerazionale del vissuto della paternità, ossia un sistema di interpretazioni, tradizioni e significati che attraversa le generazioni di un sistema familiare. �Si tratta di dinamiche informate dai criteri della diacronia e della continuità (primato della categoria pedagogica di tempo, psicologia dello sviluppo).
�Al piano dell’orizzontalità corrisponde la dinamica intergenerazionale della relazione parentale, ossia un sistema di appartenenze, legami, codici di convivenza comune che caratterizzano i rapporti interni a un sistema familiare. �Si tratta di dinamiche informate dai criteri della sincronia e della durata (primato della categoria pedagogica di spazio, psicologia sociale).
RUOLO, FUNZIONE, VALORE �Lo studio del ruolo parentale è interesse specifico della psicologia e della sociologia (essere padre); �quello della funzione educativa parentale è ambito specifico della psicologia e della pedagogia (sentirsi padre, esserci come padre); �lo studio del valore del padre concerne l’ambito educativo e pedagogico (oltre che teologico), e tratta della paternità incarnata quale appello testimoniale.
L’APPROCCIO SISTEMICO-RELAZIONALE �I fondamenti dell’approccio sistemico sono rinvenibili nell’opera del biologo austriaco Ludwig von Bertalanffy General System Theory (1968) – ma i suoi primi studi sulla TGS risalgono al 1950 -1951. �Alcuni assunti deducibili dalla teoria che definisce la famiglia “sistema di relazioni” sono:
�la persona umana è un sistema di relazioni familiari interiorizzate; �la relazione è inalienabile, anche quando discontinua o negata dagli agenti stessi del rapporto educativo; �ogni sistema familiare è composto da più sottosistemi in relazione tra loro (coniugale, parentale, fraterno); �il sistema familiare è più della somma dei singoli membri e delle relazioni tra essi incarnate;
�si è padre in relazione a una madre e viceversa, anche in situazioni di assenza o negligenza di uno dei coniugi; �da medesimi genitori nascono figli con caratteristiche psicologiche, problematicità e volizioni differenti (bipolarità relazionale); �si è figli in relazione a un padre e a una madre, e la patologia relazionale tra due coniugi o tra un figlio e un genitore crea una sofferenza dell’intero sistema familiare; �un sistema non è mai autopoietico né autoreferenziale, ma in continuo scambio con i sistemi altri presenti nell’ambiente vitale (comunità civile come sistema di famiglie).
TEORIA DEI FLUSSI-MODELLO IDRAULICO �La liquidità dell’amore moderno (Zygmunt Bauman) si correla al modello comportamentale ipotizzato da Sigmund Freud (1856 -1939), definibile idraulico in riferimento allo schema pressione interna-deflusso di energia psichica.
IL PATERNO, LUOGO DELLA DIFFERENZA �Se la funzione di caregiving della madre non fosse supportata e controbilanciata dal providing paterno, non vi sarebbe possibilità di incontro, per il lattante, con l’Altro generalizzato. �Infrangendo l’incantesimo fusionale in atto all’interno della diade primaria, il padre differenzia il neonato dalla madre, e ne fa “differenza”.
MAMMI O PADRI PATERNI? �Secondo Franco Fornari, la paternità sviluppa competenze parentali inconsce e non direttamente correlabili a uno specifico assetto culturale, le quali possono attivarsi o arginarsi a seconda delle interferenze ambientali e dei modelli culturali predominanti. �Mentre l’imitazione interpretata della madre snatura la specificità del comportamento paterno (“mammo”), l’imitazione interpretante delle cure materne consente la qualificazione educativa di un corredo affettivo marcatamente umano e rispettoso dei ruoli parentali (“padre paterno”).
LA TENEREZZA DEL LATTANTE �Il bambino, fin dai primi mesi di vita, è persona, e, in quanto persona, è relazione con il sistema familiare, e non solo con la madre. �Secondo Gustavo Pietropolli Charmet e Franco Fornari, “il neonato è ricco di competenze affettive”, e “la sua sopravvivenza è legata alla messa in atto di una serie di comportamenti innati e geneticamente trasmessi”.
IL LAUSANNE TRILOGUE PLAY �Silvia Mazzoni rileva come “a tre mesi il bambino comunichi su un piano non verbale di essere in grado di condividere un’esperienza a tre. �Le ricerche del gruppo di Losanna dimostrano come, in presenza di una madre depressa e dal volto immobile, il bambino sia confuso, guardi altrove o subisca un congelamento dell’espressione facciale (freezing). Se dalla diade primaria si passa ad analizzare la triangolazione, in presenza di una madre depressa, il bambino volge lo sguardo al terzo presente, che sia il padre, la nonna o la tata”.
IL NEONATO È COMPETENTE �La rilevanza educativa del terzo emerge, pertanto, fin dalla tenerissima età del bambino: secondo Hans Jonas, “il dover essere del lattante diventa il dover fare transitivo di altri” (appello). �Il bambino, pertanto, è creazione e creatura: in quanto creazione è individuato, in quanto creatura è vocazione alla cura genitoriale. �La pedagogia della tenerezza insiste sulla dimensione creaturale quale risposta della famiglia, e non solo della madre, al bisogno d’amore neonatale.
LA PSICOANALISI CLASSICA �Secondo l’impostazione freudiana, il padre è il terzo che si inserisce quale realtà tra la madre, che rappresenta il piacere, e il bambino, invitando quest’ultimo a uscire dal guscio protettivo materno. �Il padre, in sintesi, è l’Altro generalizzato che consente, con il suo ingresso, il riconoscimento degli altri da parte del bambino, il quale imparerà gradatamente a non temere l’estraneo.
�Le due funzioni universalmente riconosciute come valide ai fini dello sviluppo integrale della persona umana sono, in linea diacronica, �il maternage, o affetto dispensato nelle prime fasi di vita a prescindere dallo stesso dispensatore, padre o madre, e �il paternage, o somministrazione di regole parentali, che si attua in una fase successiva ed è sempre e comunque paternage a prescindere dall’identità di genere del dispensatore di norme.
L’ETERNO RITORNO DEGLI AFFETTI �Quando Sigmund Freud descrive le fasi dello sviluppo psicosessuale dell’individuo, non intende porre in rilievo la sessualità umana, quanto la dimensione affettiva dello sviluppo, che non preclude la corporeità, ma è data a partire da e in relazione con essa.
TRACCE DELL’AMORE PRIMARIO �Nell’ultimo dei Tre saggi sulla sessualità (1905), Freud rileva l’importanza della fase materna di accudimento del lattante: “La madre lo accarezza, lo bacia, lo culla e lo tratta come surrogato di un oggetto sessuale completo. Ella sta svolgendo soltanto il suo compito, che le spetta, di insegnare al bambino ad amare”. �Una tesi che ritroviamo anche nei saggi di psicologia più recenti (Giorgio Nardone): “La maggioranza degli uomini ama che la loro compagna li tratti talvolta come fossero cuccioli”.
CENSURA-LIMITE-NORMA �Se la censura paterna ha funzionato (se è stata affettivamente connotata e affettivamente elaborata dalla persona del figlio), la mediazione paterna consente di ritrovare il calore materno attraverso modalità realisticamente orientate.
MEMORIE DI AFFETTI PATERNI �Come le cure materne, anche quelle paterne tornano eternamente a modellare i successi di vita filiali. �Secondo Gustavo Pietropolli Charmet e Franco Fornari, “sulla scena dell’interruzione di gravidanza scompare del tutto la presenza simbolica dei valori paterni”. �L’essenza del ruolo simbolico del padre mallevadore, o garante, è il successo: il successo generativo in primis. Secondo lo psicologo californiano Stephen Poulter, il successo personale e professionale del figlio è evolutivamente garantito solo in presenza di un padre compassionevole-mentore, o guida.
TRA LEGGE E ONNIPOTENZA �La fase edipica (dai tre ai sei anni di vita) vede la comparsa, sullo scenario educativo, del padre rivale. Le pulsioni sessuali del bambino si dirigono verso il genitore di sesso opposto: una differenza non poco rilevante. �Mentre il bambino, infatti, esprime la volontà di ritorno all’onnipotenza materna, gli impulsi della bambina muovono verso la legge del padre.
LA FRAGILITÀ DEL MASCHIO �L’identificazione, in questa fase, funziona come una sorta di meccanismo di difesa dall’adulto significativo, ma per la bambina non comporta la separazione dal mondo delle cure primarie: le basta identificarsi alla madre – superare la paura della stessa identificandosi alla sua onnipotenza per mezzo della legge.
� Il bambino, al contrario, non solo deve imparare a disidentificarsi dalla madre, ma operare il passaggio dalla paura della castrazione all’identificazione risolutrice con il nemico. � La bambina, in fondo, si innamora di ciò che sente di non avere; il bambino, invece, non solo deve spostare l’onnipotenza materna sul padre – con la differenza che la prima era di segno positivo, o affettiva, e la seconda di segno negativo, o costrittiva –, ma deve fare i conti con la potenza del padre, imparando a rinunciare alla propria.
�La critica del padre freudiano ha prodotto una serie di padri irretiti dal senso di colpa, laddove un padre liberante non dovrebbe far altro che proporre divieti accessibili al sentire bambino.
�Il divieto – o la proibizione dell’incesto – si pone quale origine della coscienza umana. �Secondo Paul Ricœur, ciò che è in gioco nella fase edipica è il riconoscimento del padre: “dal fantasma al simbolo, dalla paternità non riconosciuta, mortale e mortificante per il desiderio, alla paternità riconosciuta, divenuta legame d’amore e di vita”. �Il fantasma paterno svanisce attraverso la ferita inferta dal padre, simbolo di libertà. I nuovi padri, pertanto, sono chiamati a dividere con cura, con tenerezza, e a non indulgere nell’indifferenziato, correlato intrapsichico di indifeso, indisposto, indifferente.
IL PADRE EROICO � Nella fase di latenza, o età degli eroi o scolastica (7 -11 anni circa), la funzione di censura operata dal Super-ego parentale (funzione censoria) si arricchisce per mezzo delle pratiche punitive (funzione proibitiva). Il bambino apprende coscientemente che a condotte errate seguono conseguenze spiacevoli.
�L’ingresso nel mondo scolastico, o “del fuori” (mondo paterno), si sposa alle dinamiche difensive di sublimazione (le cosiddette “dighe”, o argini che impediscono lo straripare dei flussi pulsionali, proprie della fase della latenza: il disgusto, la vergogna, gli ideali etici ed estetici; in una sola parola: la moralità).
� In questa fase, il padre è l’eroe, il “grande da emulare”; mentre il bambino, scrive Rocco Quaglia, sogna di essere “come il padre”, la bambina desidera essere “con il padre”. � Le bambine giocano a essere “spose”, “principesse” o “eroine”; i bambini, a volte, imitano “eroi invincibili”, o giocano con automobili, soldati e aerei in miniatura, surrogati intrapsichici della potenza modellante del padre.
QUALI EROI, OGGI? � L’eroe paterno (o politico) è colui il quale, in virtù della propria coerenza ed esemplarità, è in grado di esercitare un’azione carismatica tale da contenere, come un catalizzatore, la corrente pulsionale della prole (o del popolo). � Egli, in sintesi, indirizza le passioni verso finalità culturalmente elevate (che Freud interpreta quali espressioni della “tendenza alla perfezione”) e consente una gratificazione sostitutiva altrettanto appagante dei flussi pulsionali in eccesso.
SCUOLA E FAMIGLIA � Giovanna Lo Sapio riporta i dati concernenti la salienza del ruolo educativo del padre in età scolastica: “l’assenza del padre o la presenza di un padre inadeguato comporta ripercussioni negative sul profitto dei figli”. � L’intreccio proficuo di senso morale e senso politico appare più che mai realizzabile attraverso la messa in rete di scuola e famiglia: l’amorevolezza paterna e materna (autorità e amore, o moralità) deve pedagogicamente raccordarsi all’amorevolezza degli insegnanti (autorità e amore, o politicità), e viceversa, di modo che la dimensione morale incarnata dall’una possa concorrere a sviluppare la dimensione politica promossa dall’altra.
� Oltre a promuovere la collaborazione, formale e informale, tra scuola e famiglia, è opportuno valorizzare le dinamiche di sublimazione in atto attraverso progetti – promossi in rete con associazioni, cooperative sociali, enti riconosciuti preposti alla formazione dell’infanzia – comprendenti laboratori di danza, teatro e canto ispirati alla relazione tra arte e politica. Intellettualizzazione e creatività risulterebbero, in questa fase specifica dello sviluppo (ma non solo), un connubio vincente.
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