CAPITOLO 8 CAMBI FISSI E CAMBI FLESSIBILI IL
CAPITOLO 8 CAMBI FISSI E CAMBI FLESSIBILI, IL SISTEMA MONETARIO EUROPEO E IL COORDINAMENTO DELLE POLITICHE MACROECONOMICHE 1
• In questo capitolo valutiamo i vantaggi e svantaggi di un sistema di tassi di cambio flessibili rispetto ai cambi fissi • Valutiamo pure i sistemi misti che combinano alcune caratteristiche di entrambi i sistemi • Secondo alcuni economisti, il sistema di tassi di cambio flessibili consente di raggiungere più velocemente l’equilibrio esterno • Quindi è più facile utilizzare la politica fiscale e monetaria per raggiungere pure l’equilibrio interno 2
• I sostenitori dei tassi di cambio fissi sottolineano come i cambi flessibili intrducono un grado di incertezza che frena gli scambi • Sorge il problema dell’aerea valutaria ottimale ossia quanto ampia deve essere l’area in cui i tassi di cambio devono essere fissi per non annulare i vantaggi di tale sistema • L’idea di base è che la scelta fra tassi di cambio fissi o flessibili dipende dal paese considerato e dalle sue condizioni economiche 3
• Le ragioni dei tassi di cambio flessibili • La flessibilità del tasso di cambio elimina automaticamente gli avanzi o disavanzi della bilancia dei pagamenti • Invece con i tassi di cambio fissi o controllati gli avanzi o disavanzi si corregono tramite la variazione di qualche altra variabile • Ad esempio l’offerta di moneta, la quale non è più sotto il controllo dell’autorità monetaria 4
• Efficienza del mercato • In regime di tassi di cambio flessibili, per equilibrare la bilancia dei pagamenti basta la variazione del tasso di cambio • In sistema di tassi di cambio fissi, il meccanismo del pricespecie-flow richiede la flessibilità dei prezzi che nella realtà sono piuttosto rigidi (in particolare verso il basso) • In regime di tassi di cambio flessibili, l’aggiustamento è graduale. Scarso margine per la speculazione • In regime di tassi fissi, la riluttanza ad aggiustare subito il tasso di cambio può condurre in seguito ad una drastica e dolorosa svalutazione o rivalutazione (speculazione destabilizzante) 5
• I tassi si cambio fissi non rispecchiano i reali valori di scambio fra le merci e quindi altera l’allocazione ottimale internazionale di risorse • Si possono importare beni per i quali si gode di un vantaggio comparato ed esportare beni per i quali si gode di uno svantaggio comparato 6
• Vantaggi di politica economica • In regime di tassi di cambio flessibili, poiché l’equilibrio esterno è raggiunto automaticamente, si può usare sia la politica fiscale che quella monetaria per raggiungere l’equilibrio interno • In regime di tassi di cambio flessibili si potenziano gli effetti della politica monetaria • Ad esempio, si può condurre una politica anti-inflazionista. I prezzi scendono, il saldo della bilancia dei pagamenti migliora e la valuta nazionale si apprezza. Questo rende meno care le importazioni e scoraggia le esportazioni, frenando dunque il surriscaldamento dell’economia 7
• In regime di tassi di cambio flessibili è più semplice raggiungere il trade-off desiderato fra inflazione e disoccupazione. Se i tassi sono fissi, differenti tassi d’inflazione in diversi paesi inducono pressioni sulla bilancia dei pagamenti • In regime di tassi di cambio fissi vi è il rischio che il tasso sia sottovalutato (la valuta nazionale deprezzata) per consentire l’importazione di certi beni a scapito dell’esportazione di altri beni (esempio: i prodotti agricoli nei paesi in via di sviluppo). Sistema misto di controlli valutari • Meglio sarebbe lasciare che il tasso di cambio si aggiusti al suo valore d’equilibrio e concedere un sussidio alla produzione industriale interna • Con sistemi di tassi di cambio flessibili l’intervento dello Stato è ridotto (come vogliono i liberisti) • Esistono regimi intermedi: tassi di cambio a fluttuazione controllata (lo Stato, in parte, interviene sul mercato) 8
• Le ragioni dei tassi di cambio fissi • Minore incertezza • Si evitano le frequenti fluttuazioni giornaliere che ostacolano il processo di specializzazione della produzione e degli scambi commerciali internazionali nonché degli investimenti internazionali • Ad esempio, nel corso della crisi del 1973, l’intervento degli Stati ha smussato le fluttuazioni • Le fluttuazioni giornaliere di breve perido ostacolano l’allocazione ottimale delle risorse e aumentano la disoccupazione frizionale 9
• Ma per i sostenitori dei tassi di cambio flessibili, i frequenti riallineamenti delle parità creano ancora più incertezza e frenano gli scambi (tranne in un sistema puro di gold standard in cui il tasso di cambio non varia mai) 10
• Speculazione destabilizzante e stabilizante • La speculazione destabilizzante consiste nell’acquistare valuta estera quando il tasso di cambio sta salendo nell’aspettativa che esso salirà ancora di più e di vendere valuta estera quando il tasso di cambio sta scendendo nell’aspettativa che scenderà ancora • La speculazione stabilizzante consiste nell’acquistare valuta estera quando il tasso di cambio sta scendendo e di vendere valuta estera quando il tasso di cambio sta salendo 11
• Secondo i sostenitori dei tassi di cambio flessibili, la speculazione destabilizzante è più difficile in regime di tassi di cambio fluttuanti • Infatti, in questo caso, i tassi di cambio si aggiustano gradualmente • In regime di tassi di cambio fissi, l’aspettativa di una svalutazione spinge gli speculatori a vendere valuta domestica con il risultato che la profezia si autoavvera • Ovviamente in un gold standard puro non vi può essere né svalutazione né rivalutazione • Ma la svalutazione destabilizzante può condurre ad ingenti perdite per gli speculatori 12
• Disciplina di prezzo • Con regimi di tassi di cambio fissi, un paese con un elevato tasso d’inflazione vede le sue riserve assottigliarsi e quindi deve implementare politiche anti-infllattive • In regime di tassi di cambio flessibili tale obbligo viene meno e quindi vi è la tentazione di implementare politiche espansive (soprattutto quando le elezioni sono imminenti) • I tassi di cambio flessibili hanno dunque maggiori effetti inflazionisti • Ma la realtà, come dimostra la crisi del 1973, è più complessa • I cambi flessibili sono più attraenti per i paesi soggetti a forti shock esterni, in quanto li riassorbono più facilmente • Ad esempio, se l’investimento e con esso il reddito aumentano, aumentano pure le importazioni. Con tassi flessibili, questo induce un deprezzamento della valuta nazionale stimolando le esportazioni e con esse il reddito • Inoltre, con tassi flessibili, si controlla l’offerta di moneta 13
• Aree valutarie ottime • Modello sviluppato da Mundell e Mc. Kinnon negli anni Sessanta del ‘ 900 • Paesi che condividino delle valute legate l’una all’altra da tassi permanentemente fissi • Si elimina l’incertezza e si favorisce quindi la specializzazione produttiva, il flusso del commercio e quello degli investimenti • Mercato unico ed economia di scala della produzione 14
• Si riducono gli shock (si compensano) e quindi si assicura una maggiore stabilità dei prezzi • La stabilità dei prezzi incoraggia l’uso della moneta e quindi si evitano le inefficienze del baratto che appare in un contesto di instabilità dei prezzi • Si eliminano i costi degli interventi ufficiali a sostegno delle valute, i costi di copertura, i costi degli scambi valutari per le importazioni e per il movimento di persone 15
• Lo svantaggio consiste nel fatto che i paesi non possono condurre una politica individuale di stabilizzazione • Ad esempio, un paese depresso vorrebbe attuare delle politiche espansive mentre una regione più prospera vorrebbe attuare delle politiche restrittive • Per massiimizzare i benefici di un’area valutari ottimale bisogna: • 1) ampia mobilità di risorse all’interno dei paesi membri • 2) ampia omogeneità fra i paesi membri • 3) ampia disponibilità al coordinamento delle politiche fiscali, monetarie e di altro tipo 16
• A volte le regioni depresse vogliono l’autonomia per attuare le politiche preferiscono • Senza dare vita ad un’area valutaria comune, ci si può limitare ad un regime di tassi fissi 17
• Sistema Monetario Europeo (1979 -1998) • Fu creato nel 1979 • 1) Venne creata l’Unità Monetaria Europea (ECU, European currency unit). Una moneta di conto • 2) Si fissarono parità centrali e nessuna valuta poteva fluttuare per più del 2. 25%. Tassi di cambio fissi ma aggiustabli. Sotto la spinta di attacchi speculativi le fluttuazioni consentite furono elevate fino al 15% • 3) Si costituí il Fondo europeo di cooperazione monetaria (FECOM) per assistenza ai peasi membri nella gestione della bilancia dei pagamenti 18
• Ai paesi membri era assegnata una quota del FECOM in cambio di ECU (da pagarsi in parte in oro) • L’ECU era più stabile delle singole valute • Il FECOM sarebbe diventata la banca centrale dell’UE • Debolezza dello SME: tentativo di mantenerei tassi di cambio tra i paesi membri all’interno di margini strettamente definiti senza al contempo integrare le loro politiche monetarie, fiscali e gli altri strumenti di politica econoomica • Francia e Italia hanno pagato un alto prezzo in termini di maggiore disoccupazione per la convergenza verso i tassi (bassi) d’inflazione tedeschi 19
• La transizione all’Unione Monetaria • 1990, comitato Delors • Fase 1. Convergenza dei risultati economici e cooperazione in tema di politiche fiscali e monetarie unitamente all’abbattimento di ogni restrizione al movimento dei capitali • Fase 2. Istituto Monetario Europeo (IME). Futura BCE, per centralizzare le politiche macroeconomiche e ridurre i margini di variazione dei tassi di cambio • Fase 3. Adozione della moneta unica, l’euro e istituzione della BCE 20
• Trattato di Maastricht: condizioni per accedere all’Unione monetaria • 1) Tasso d’inflazione inferiore al 1. 5% dei paesi con l’inflazione più bassa • 2) Disavanzo inferiore al 3% del PIL • 3) Debito pubblico inferiore al 60% del PIL • 4) Tassi d’interesse a lungo termine minori del 2% del tasso medio dei tre paesi con il minor tasso d’inflazione • 5) Tasso di cambio non svalutato di più del 2. 25% rispetto alla media dello SME nei due anni precedenti l’ingresso 21
• Pochissimi paesi soddisfacevano tutti i criteri • 1997. Patto di stabilità e crescita (PSC). Si restringe ulterirormente il vincolo fiscale (come voleva la Germania). Sistema di penalizzazioni • 1999. Euro e politica monetaria comune condotta dalla BCE 22
Benefici dell’Euro 1) Eliminazione dei costi di conversione fra le valute 2) Eliminazione della volatilità dei tassi di cambio 3) Integrazione economica e finanziaria più rapida 4) Possibilità per la BCE di politica monetaria più espansiva 5) Maggiore disciplina economica dei paesi membri 6) Signoraggio derivante dall’uso dell’euro come moneta internazionale • 7) Minori tassi d’interesse e quindi minori costi d’indebitamento sui mercati finaziari internazionali • 8) Accresciuta importanza politica ed economica dell’Unione Europea • • 23
• Costi dell’euro • I paesi colpiti da shock assimentrici non possono utilizzare il tasso di cambio o la politica monetaria per combattere la recessione • Anche lo strumento fiscale è limitato e ristretto • Scarsa mobilità del lavoro per far fronte a shock assimentrici. Anche se la mobilità interna è in aumento • Si compensa con una grande mobilità di capitali 24
• La Banca Centrale Europea e la politica monetaria comune • Nel gennaio 1999 la BCE ha asssunto la responsabilità della politica monetaria per i paesi che formano l’Unione Monetaria Europea • Comitato esecutivo di sei membri più i governatori delle banche centrali nazionali partecipanti • Il trattato di Maastricht ha assegnato alla BCE quale unico compito quello di perseguire la stabilità dei prezzi e l’ha resa pressoché indipendente da influenze politiche 25
• La BCE deve riferire al Parlamento europeo ma il Parlamento non ha il potere di influenzarne le decisioni • Per cambiare lo statuto della BCE sarebbe necessario un altro trattato • L’indipendenza politica è stata voluta per non farla cadere nella tentazione di attuare stimoli monetari inflezionisti in funzione anticiclica • Critiche: la BCE è un organismo lontano e antidemocratico e non consono alle necessità dei cittadini 26
• Tuttavia la politica del tasso di cambio è piuttosto nelle mani dei politici che della BCE • Problema poiché la politica monetaria e quella del tasso di cambio sono interdipendenti • Il 1999 è stato un anno di tubolenze. I politici volevano bassi tassi di interesse per stimolare la crescita (politica monetaria espansiva) e un deprezzamento dell’euro (sempre per stimolare la crescita) • La BCE ha resistito 27
• Irlanda a Spagna: crescita sostenuta con spinte inflazionistiche, quindi necessità di una politica restrittiva • Germania e Italia: crescita rallentata, quindi necessità di politica monetaria espansiva (per abassare i tassi d’interesse) • La BCE ha adottato una politica intermedia che non ha accontentato nessuno 28
• Sistemi di ancoraggio della valuta • Currency board arrangements (CBA). Un paese fissa rigidamente il tasso di cambio della propria valuta a una valuta estera, ai Diritti speciali di prelievo o a un paniere di valute • Ci vuole una copertura totale in riserve internazionali • La Banca Centrale cessa di operare come tale. Non può più condurre la politica monetaria in maniera indipendente e non può controllare l’offerta di moneta • Argentina fra il 1991 e il 2001 29
Dollarizzazione Misura più estrema del currency board Si adotta la divisa monetaria di un altro paese È stato il caso di alcuni paesi dell’America Latina e Centrale (Guatemala, Costa Rica, Nicaragua) • Costi e benefici simili ma più radicali che il currency board • Rinuncia ancora più completa all a sovranità monetaria nazionale e all’ «opzione di uscita» • • 30
• Benefici: • 1) Evita i costi di cambio fra valuta nazionale e dollaro e la necessità di coprire i rischi di cambio • 2) Tasso d’inflazione simile agli USA e pure tassi d’interesse simili agli USA (tranne il riischio politico) • 3) Si evita le crisi legate al cambio e la necessità di controllo sul cambio e sul commercio, e si promuve la disciplina di bilancio e una buona integrazione finanziaria 31
• Costi • 1) Costo di sostituzione della valuta nazionale col dollaro • 2) Perdita dell’indipendenza della politica monetaria e del controllo del tasso di cambio • 3) Perdita del ruolo della banca centrale come prestatore di ultima istanza e quindi di salvatore del sistema bancario • Buoni candidati alla dollarizzazione: piccole economie aperte con scarsa performance monetaria e scarsa credibiilità politica (America latina e centrale) 32
• L’offerta di moneta dipende dal saldo della bilancia dei pagamenti • Il tasso d’inflazione e il tasso d’interesse sono determinati dalle condizioni presenti nel paese della valuta di ancoraggio • Il CBA è utilizzato come misura estrema in un paese che si trova in una profonda crisi finanziaria per combattere l’inflazione • Ci vuole un sistema bancario efficiente (la banca centrale non può essere «prestatore di ultima istanza» ) e una politica fiscale prudente (la banca centrale non può prestare denaro al governo 33
• I vantaggi del CBA sono la credibilità del regime di politica economica (impegno politico) e ha quindi come effetto tassi d’interesse e d’inflazione più bassi • Il costo del CBA è l’incapacità della banca centrale di condurre la propria politica monetaria, di agire come prestatore di ultima istanza e di godere de signoraggio dovuto all’emissione della propria moneta 34
• Sistemi di cambio ibridi • Sistemi che combinano in vario grado alcune caratteristiche dei cambi fissi e flessibili • Bande di oscillazione attorno a una parità centrale • Sistemi a parità aggiustabili • Parità striscianti • Fluttuazioni controllate 35
• Bande di oscillazione dei tassi di cambio • I paesi fissano una parità della loro valuta e stabiliscono una banda di oscillazione al di sopra e al di sotto di tale parità • Con il sistema del Gold Standard tale banda di oscillazione era assicurata dai punti dell’oro • Anche nel sistema di Bretton Woods (19461971) le fluttuazioni erano limitate al 1% 36
• In un sistema non ancorato all’oro il tasso di cambio effettivo è determinato dalle forze della domanda e dell’offerta • Le autorità monetarie non devono intervenire costantemente per mantenere una parità fissa, ma solo per impedire che il tasso di cambio si porti fuori dai limiti di fluttuazione ammessi • Si tratta di un sistema di tassi di cambio fissi che mantiene alcune proprietà della flessibilità • Mano a mano che si aumenta l’ampiezza della banda di oscillazione ci si avvicina ad un sistema di cambi flessibili e l’intervento dell’autorità monetaria è meno pervasivo 37
• Sistemi a parità aggiustabili • Si definisce una parità e una banda di oscillazione ma la parità può essere periodicamente aggiustata per correggere il saldo della bilancia dei pagamenti • Nel sistema di Bretton Woods si poteva aggiustare la parità di fronte ad uno squilibrio «fondamentale» ma senza ben specificare cosa ciò significasse. I paesi, per evitare la speculazione destabilizzante o per questioni di prestigio, erano poco disposti ad aggiustare le parità. Quindi era di fatto un sistema a tassi di cambio fissi • Bisogna stabilire delle regole chiare per la svalutazione o la rivalutazione • Ma gli speculatori sarebbero a conoscenza di queste regole e potrebbero anticipare le future variazioni del cambio e quindi impegnarsi con successo in speculazioni destabilizzanti 38
• Parità striscianti • Le variazioni delle parità sono ridotte, prestabilite e avvengono a intervalli frequenti e definiti (esempio: ogni mese) finché non viene raggiunto il tasso di cambio d’equilibrio • Si può evitare la speculazione destabilizzante aumentando i tassi d’interesse a breve (della stessa percentuale della svalutazione). In tal modo i profitti della speculazione sono bilanciati dal costo del reperimento dei fondi 39
• Questo sistema evita l’onere politico di effettuare grosse svalutazioni o rivalutazioni e quindi limita la speculazione destabilizzante • Se le bande di oscillazione vengono ampliate, si dà vita ad un sistema molto flessibile • È un sistema adatto ai paesi in via di sviluppo che subiscono shock reali e inflattivi 40
• Fluttuazioni controllate • Le autorità monetarie sono investite della responsabilità di intervenire sul mercato dei cambi per smorzare le fluttuazioni di breve periodo (che frenano gli scambi) senza voler alterare il livello di equilibrio di lungo periodo del tasso di cambio • Vantaggi del sistema di tassi di cambio fissi (equilibrio di lungo periodo) e della flessibilità negli aggiustamenti degli squilibri della bilancia dei pagamenti 41
• Leaning against the wind (manovre di stabilizzazione valutaria ) • Si vendono o accrescono le riserve valutarie per sopperire a parte dell’eccesso di domanda o di offerta di valuta estera • Si riducono le fluttuazioni di breve periodo senza tuttavia influenzare le tendenze di lungo periodo dei tassi di cambio • Al contrario di un regime di tassi di cambio perfettamente flessibili, con le fluttuazioni controllate si impiegano le riserve valutarie • Quanto maggiori sono le riserve valutarie, tanto più ampia è la stabilizzaziione del cambio 42
• Vi è il rischio di una fluttuazione sporca: un paese mantiene il tasso di cambio artificialmente elevato (la sua valuta depprezzata) per stimolare le esportazioni. Usa e Cina: pericolo di contromisure, conflitti e quindi distorsioni del mercato • Il mondo ha sperimentato le fluttuazioni controllate a partire dal 1973 ma si è assistito a troppi apprezzamenti o deprezzamenti (ad esempio il dollaro) • Necessità di una rifroma del Sistema Monetario Internazionale: ampio grado di flessibilità in modo che ogni paese possa scegliere il regime che meglio si adatta alle sue caratteristiche economiche 43
• I grandi paesi industrializzati sono soggetti a maggiori pressioni inflazionsite: maggiore flessibilità del tasso di cambio • Paesi piccoli e in via di sviluppo: maggiore stabilità • Accordi della Giamaica del 1976: un paese può modificare il suo tasso di cambio se è per lui vantaggioso e non danneggia gli altri paesi • I sistemi intermedi aprono più facilmente la strada alla speculazione destabilizzante. Meglio scegliere il regime di tassi fissi o flessibili 44
• Coordinamento internazionale delle politiche macroeconomiche • Ultimi decenni: mondo sempre più integrato e interdipendente • Crescita del commercio internazionale e dei movimenti di capitali finanziari • La globalizzazione ha ridotto l’efficacia delle politiche economiche nazionali e ha accentuato le loro ricadute sul resto del mondo 45
• Con un elevato grado di interdipendenza, il coordinamento internazionale delle politiche macroeconomiche diviene sepre più auspicabile e importante • Meglio agire in maniera coordinata che indipendente • Il coordinamento internazionale delle politiche macroeconomiche consiste nel modificare le politiche economiche nazionali per tenere conto dell’interdipendenza internazionale 46
• Per esempio, se nel corso di una recessione tutti i paesi effettuano un’espansione fiscale o monetaria coordinata, tutti possono crescere senza che nessuno registri un peggioramento della propria bilancia dei pagamenti • Attraverso gli accordi di cambio, si possono evitare le sequenze di svalutazioni competitive con gli indotti effetti destabilizzanti (questo è il motivo che ha giustificato il sistema a tassi fissi di Bretton-Woods) 47
• Ad esempio, la Germania nel 1991 ha alzato i tassi per evitare il surriscaldamento dell’economia alimentato dalla riunificazione • Ma gli altri paesi europei e gli USA erano prossimi a una recessione e avrebbero avuto bisogno di un taglio ai tassi d’interesse • Vi deve essere un consenso sul funzionamento del sistema monetario internazionale • Vi deve essere un consenso circa la combinazione delle politiche economiche da attuare • Come redistribuire i frutti del coordinamento e ripartire i costi (di negoziazione e gestione) fra i partecipanti? 48
- Slides: 48