CANTI E TRADIZIONI POPOLARI DELLA REPUBLICA PARTENOPEA 1799
CANTI E TRADIZIONI POPOLARI DELLA REPUBLICA PARTENOPEA (1799) • • • I LAZZARI GUARRETTELLE E PULCINELLA PROPAGANDA GIACOBINA E SANPIEDISTA CANTI IRRISORI AL RE E ALLA FREGNA SAN GENNARO E IL CONDIZIONAMENTO ECCLESIASTICO L’ALBERO DELLA LIBERTA’
I PROTAGONISTI POPOLARI DELLA RIVOLUZIONE : I LAZZARONI Il loro nome deriva dal termine spagnolo «lazarones» , cioè «laceri» , «pezzenti» Quando ai principi di gennaio 1799 il generale francese Championnet, con la sua armata, è alle porte di Napoli, mentre altri fuggono, i lazzari si mobilitano spontaneamente. Avanguardia combattente di questo popolo immenso sono circa 60. 000. Considerati anarchici per il loro modo di vivere libertario e comunitario, essi non sono né corte dei miracoli, né pezzenti, né tanto meno camorra. La loro vera forza sta nell’essere al di sopra di tutte le esigenze sociali. Essi vivono del nulla, e da questo nulla traggono appunto la loro forza. Consapevoli di ciò, si godono ogni giorno lo spettacolo della vita, pronti ad impadronirsi dei giorni di festa della città, così come dei suoi giorni di guerra. Essi dunque vivono del niente e forse per questo, di lì a poco, sapranno morire alla grande nella difesa della loro Napoli. Il loro ruolo nella rivoluzione è chiave , dapprima difensori dell’altare del re «NASONE» (FERDINANDO IV), diventano i difensori e sostenitori dei giacobini e della repubblica. Dopo l’arrivo della santafede però tornano a difendere il re e la chiesa , lottando in nome di San Gennaro e Sant’Antonio.
IL TEATRO DELLE GUARRETTELLE Il teatro delle guarrettelle svolge un ruolo chiave nell’andamento della rivoluzione. Quest’ultimo infatti era il giornale dell’ epoca per le classi meno abbienti , oltra ad essere uno svago momentaneo e irriverente. Il protagonista costante delle guarrettelle era PULCINELLA, personaggio a cui la popolazione partenopea era ed è tutt’oggi molto affezionata. I giacobini prima e i sanfedisti dopo utilizzarono le guarrettelle per mandare veri e propri messaggi che la popolazione poteva capire soltanto attraverso pulcinella stesso, ad esempio il re e la regina dai giacobini vennero descritti come sfruttatori e parassiti che lasciavano la popolazione nella povertà , mentre i sanfedisti usarono il povero pulcinella facendolo impiccare nelle guarrettelle per far capire quanto fossero crudeli i giacobini.
Canti e maldicenze popolari sul re e la regina RE «NASONE» Il re Ferdinando IV di borbone è nelle grazie del popolo da sempre , nel tempo libero va a pesca , si traveste da lazzarone proprio perché si sente parte dei lazzaroni , ama il popolo che amichevolmente gli dona un soprannome , «NASONE» , per le misure sproporzionate del suo naso aquilino. Tra le strade e i vichi si raccontava anche il sovrano borbone amasse trascorrere le sue giornate in compagnia di paesane e pescivendole , e che avesse un vero e proprio harem a san leucio , nella fabbrica tessile , dove assumeva soltanto donne a cui faceva visita almeno 2 volte a settimana. MARIA CAROLINA D’AUSTRIA La sovrana e sposa di Ferdinando non è mai entrata nelle grazie del popolo partenopeo , veniva descritta come una vera e propria arpia che pilotava il marito a suo piacimento. Voci del «VASSO» dicevano che la regina passasse molto tempo con l’ ammiraglio inglese Acton , con cui non discuteva soltanto di diplomazia ma faceva anche «MUNZU’ » , un detto dell’ epoca che significava appunto commettere adulterio. L’ odio della popolazione aumenta quando il re e la regina scappano a Palermo , il popolo da la colpa di questa vigliaccheria alla sovrana austriaca , tanto da dedicargli una canzone dove la sovrana veniva derisa e insultata : «LA SERPE A CAROLINA» .
SAN GENNARO SI E’ FATTO GIACOBINO Anche San Gennaro , il santo patrono di Napoli , fu accusato dall’Armata Sanfedista di essere un partigiano della democrazia repubblicana , della libertà e dell’uguaglianza e quindi di essere amico dei “giacobini” per cui fu “detronizzato” quale patrono della città partenopea e sostituito da Sant’Antonio di Padova che fu per quindici anni patrono della città partenopea , dal 1799 al 1814. Tale assurda decisione di opporre Sant’Antonio a San Gennaro fu presa dopo la liquefazione del sangue di San Gennaro il 24 gennaio 1799, giorno successivo alla proclamazione della Repubblicana Napoletana. Infatti il 24 gennaio furono esposte le ampolle per volontà del generale Championnet , sicuro che San Gennaro avrebbe dato un segno di consenso al nuovo ordine repubblicano. Dalla mattina vi fu una grande affluenza di popolo in gran parte molto scettico , pur presenti le “ parenti “ del Santo per invocare la liquefazione. Invece il miracolo avvenne con l’ampolla mostrata a tutti i presenti dall’Arcivescovo di Napoli Cardinale Giuseppe Maria Capece Zurlo. Il frastuono delle campane di tutte le chiese , che annunciavano l’avvenuto miracolo , si diffuse per tutta la città. Tutte le finestre si aprirono , i fazzoletti sventolavano. Lo stesso generale Championnet si recò alla Cattedrale , ove l’arcivescovo Zurlo cantò il Te deum mentre Championnet copriva il capo del Santo Patrono di Napoli di una mitra ornata di diamanti. “. Il diarista della Cappella del Tesoro scrive : “ Si compiacque il Signore Iddio di liquefare il prodigioso Sangue dopo dieci minuti alla presenza d’ immenso popolo spettatore e alla presenza del generale in capo Mcdonald, il quale aveva mandato moltissima truppa per far squadrone e dare onore al nostro Santo”
L’ALBERO DELLA LIBERTA’ Il simbolo giacobino della libertà ritrovata era l’albero della libertà. Questo albero era adornato di coccarde con i colori della bandiera repubblicana (blu, giallo, rosso), sovrastato da un cappello detto «CUPPULONE» che era simbolo appunto di copertura e protezione. Questi alberi furono installati dai repubblicani in ogni piazza della città partenopea, e attorno ad esso nacquero varie usanze e utilizzi. Uno di questi fu il MATRIMONIO REPUBBLICANO , la repubblica le provò tutte per scristianizzare la popolazione napoletana , persino a fare in modo che gli sposalizi avvenissero sotto l’ albero simbolo di unione ed amore. La formula dello sposalizio era per lo sposo : <<QUESTO E’ L’ALBERO CON LE FOGLIE , ECCO MIA MOGLIE!!>>. Per la donna invece : <<QUESTO E’ L’ALBERO FIORITO , ECCO MIO MARITO!!>> , la cerimonia inoltre era accompagnata da quadriglie e ball’intrezzi intorno all’ albero. All’ arrivo della santa fede gli alberi furono tutti distrutti e bruciati , nessuno dei quali oggi è stato ritrovato.
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