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(C) L´originalità della storia della lingua italiana nel quadro romanzo 1. 2. 3. 4.

(C) L´originalità della storia della lingua italiana nel quadro romanzo 1. 2. 3. 4. Tipologia Storia della lingua e della cultura Italiano all´estero Italiano in Brasile

(C) Perlomeno 4 motivi di originalità: • l´italiano è allo stesso tempo la lingua

(C) Perlomeno 4 motivi di originalità: • l´italiano è allo stesso tempo la lingua romanza più conservatrice e quella che sta cambiando più rapidamente; • l´italiano è la lingua romanza che si è unificata più tardi come lingua di comunicazione; • le dinamiche dell´unificazione linguistica dell´italiano sono state molto diverse da quelle delle altre lingue romanze, che invece hanno seguito dinamiche simili tra loro; possiamo dire che l´unificazione dell´italiano è stata più “democratica”; • anche la storia e il presente dell´italiano all´estero sono originali.

(C) Cartina della Romania (parlare della nuova Romania)

(C) Cartina della Romania (parlare della nuova Romania)

(C) La linea La Spezia-Rimini

(C) La linea La Spezia-Rimini

Secondo Wartburg questa linea divide tutta la Romania in una parte occidentale e una

Secondo Wartburg questa linea divide tutta la Romania in una parte occidentale e una orientale. L´Italia ne risulta divisa in due: il centrosud, assieme alla Romania, farebbe parte della Romania orientale; il nord, con gli altri paesi romani, farebbe parte della Romania occidentale. (T) Fenomeni: • la –s del plurale; • la sonorizzazione delle occlusive intervocaliche (-p-, -t-, -kdel latino > -b-, -d-, -g-: lupum > lupo/lobo, fatum > fato/fado, amicum > amico/amigo); • se escludiamo il caso del rumeno, il mantenimento dell´opposizione fonologica tra consonanti semplici e intense. Questo non impedisce che per altri fenomeni non si possa vedere una Romania centrale (Italia e Francia: comparativo con PLUS) e una periferica (MAGIS).

I dialetti del nord dell´Italia possiedono molti fenomeni in comune con le lingue della

I dialetti del nord dell´Italia possiedono molti fenomeni in comune con le lingue della Romania occidentale e in contrasto con i dialetti del centro-sud. (T) L´italiano è figlio del fiorentino, e pertanto di una lingua a sud della linea.

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(T) L´italiano è più conservatore Alcuni esempi: LA FONETICA • Le altre lingue romanze

(T) L´italiano è più conservatore Alcuni esempi: LA FONETICA • Le altre lingue romanze tendono a perdere perlomeno una sillaba, mentre l´italiano tende a mantenerle: GENERALEM > es. general, fr. général, port. geral, it. generale. • La sonorizzazione: AMICUM > amigo, ami (sonorizzazione fino al grado Ø), amico. • Quantità consonantica: FACTUM > fato, fait, fatto.

(T) LA MORFOLOGIA Tutte le lingue romanze perdono la ricchezza morfologica del latino, sia

(T) LA MORFOLOGIA Tutte le lingue romanze perdono la ricchezza morfologica del latino, sia nella morfologia verbale che in quella nominale e pronominale. Pertanto tutte le lingue romanze sono più analitiche del latino. Ma la flessione dell´italiano è più sintetica di quella delle altre lingue romanze: livr-o-s vs. libr-i La flessione verbale dell´italiano è più ricca di forme e più complessa. Il sistema pronominale è più ricco e complesso.

(T) LA SINTASSI • La perdita dei casi genera in tutte le lingue romanze

(T) LA SINTASSI • La perdita dei casi genera in tutte le lingue romanze la perdita di libertà nell´ordine delle parole, tipica del latino: Petrum amat Paulus e Paulus amat Petrum significano la stessa cosa. L´italiano è la lingua che mantiene la maggior libertà nell´ordine delle parole. • Soggetto libero in italiano (come in latino) vs. Obbligatorietà del soggetto in francese e quasi obbligatorietà in br. • La consecutio temporum. Si mantiene, anche se semplificata, solo in italiano.

La produttività degli infiniti sostantivati dell´italiano preserva parzialmente la flessione dell´infinito latino. Nelle altre

La produttività degli infiniti sostantivati dell´italiano preserva parzialmente la flessione dell´infinito latino. Nelle altre lingue gli infiniti sostantivati sono una classe chiusa. • (T) • L´italiano mantiene, come il latino, un forte uso delle implicite in dipendenza da verba dicendi e sentiendi (Credo di aver fatto bene / acho que eu fiz bem). • Il dativo etico: mi sono bevuto una birra. LA SUFFISSAZIONE L´italiano mantiene la capacità, tipica del latino, di alterare i nomi (e non solamente i nomi) molto più delle altre lingue : RAGAZZO-ino, one, accio, etto, otto, uccio, ucolo; CANTARE, cantarellare, canticchiare; BELLO, bellino, belloccio. Il portoghese ha quasi solo –inho e -ão.

(C) Perché l´italiano è così conservatore? 1. L´italiano deriva dal toscano (più specificamente dal

(C) Perché l´italiano è così conservatore? 1. L´italiano deriva dal toscano (più specificamente dal fiorentino), e la Toscana è la regione di romanizzazione più antica (a parte il Lazio), cioè la regione dove il latino è arrivato prima e dove è rimasto per più tempo, raggiungendo quindi una maggiore stabilità. Ciò ha generato una maggiore resistenza alle spinte centrifughe. 2. Per vari secoli l´italiano è stato solamente una lingua scritta. Lo scritto non evolve come il parlato. Solamente il parlato è sottoposto alla pressione dell´uso. Segno evidente di ciò è che tratti puramente orali del fiorentino, come la gorgia o le opposizioni fra le vocali medioalte e medio-basse, o fra le sibilanti e le affricate dentali sonore o sorde non si sono imposti come in Toscana, non possedendo una resa scritta.

(T) DIFFERENZE FRA SCRITTO E PARLATO Scritto e parlato sono due strategie diverse per

(T) DIFFERENZE FRA SCRITTO E PARLATO Scritto e parlato sono due strategie diverse per raggiungere scopi diversi. Obbediscono a regole e criteri molto diversi. Tuttavia il parlato è filogeneticamente e ontogeneticamente precedente allo scritto. La specie umana acquisisce la capacità di parlare tra 100. 000 e 50. 000 anni fa, la scrittura nasce in poche società complesse e per pochi individui circa 5. 000 anni fa. Il parlato è naturale (basta essere immersi nell´ambiente sociale per acquisirlo), lo scritto è una tecnologia, come internet o altre (ci vogliono anni di insegnamento formale per acquisirlo). Ci possono essere società e individui senza scrittura ma non senza lingua parlata.

Principali caratteristiche testuali di differenziazione: - il parlato si trasmette grazie al suono che

Principali caratteristiche testuali di differenziazione: - il parlato si trasmette grazie al suono che viaggia nell´aria, si perde facilmente e raggiunge piccole distanze; lo scritto si trasmette attraverso supporti stabili che durano anche millenni e raggiungono anche altri continenti; - il tempo di chi parla e di chi ascolta sono connessi, nello scritto sono separati: il silenzio nel parlato è un problema, nello scritto no. Conseguenze: molti “errori” nel parlato non sono notati e le ripetizioni sono addirittura necessarie; nello scritto qualunque imperfezione disturba, anche le ripetizioni; - il parlato fornisce immediatamente le coordinate deittiche, lo scritto deve descrivere la situazione extralinguistica; - il parlato è gestito informativamente, soprattutto attraverso l´intonazione, lo scritto è organizzato in modo logico-sintattico e la punteggiatura non è un surrogato dell´intonazione; -ecc. (T) -Da queste differenze testuali scaturiscono le grandi differenze linguistiche.

L´italiano è stata l´ultima lingua che si è unificata come lingua di massa. E

L´italiano è stata l´ultima lingua che si è unificata come lingua di massa. E negli ultimi decenni sta attraversando una fase di mutamento più intenso delle altre lingue, dal momento che finalmente è sottoposto alla pressione dell´uso parlato (in maniera veramente generale solo dagli anni ’ 60 -’ 70, con la scolarizzazione di massa e la radio e la televisione). (T) Stanno emergendo usi dialettali che prima erano esclusi dalla lingua. Questi usi sono legati alle funzioni di una lingua di comunicazione di massa, cioè dipendono dal fatto che l´italiano si sta liberando dai freni dovuti al monopolio dell´uso scritto e sta coprendo tutti gli spazi d´uso della comunicazione sociale, anche quelli prima coperti solo dai dialetti. Fino agli anni Settanta la situazione sociolinguistica in Italia era di diglossia (italiano come codice dei domini alti e dialetti come codice dei domini bassi); ora è di dilalia (continuano a esserci due codici nello stesso territorio, ma mentre il dialetto può essere usato solo nei domini bassi, l´italiano è usato in tutti i domini).

Negli ultimi decenni l´italiano sta subendo molti processi di stabilizzazione e di semplificazione morfosintattica,

Negli ultimi decenni l´italiano sta subendo molti processi di stabilizzazione e di semplificazione morfosintattica, che le altre lingue romanze hanno subito soprattutto tra i secoli XVI e XVII. Insomma, l´italiano non è ancora completamente stabilizzato, e mostra grandi differenze fra l´uso scritto e quello parlato. (T) Alcune semplificazioni in corso: • l´imperfetto nel parlato sta occupando spazi che già occupa da secoli nelle altre lingue (come nel periodo ipotetico dell´irrealtà); • semplificazione del sistema pronominale, soprattutto (ma non solo) del sistema dei clitici che è estremamente complesso (e che sta acquisendo anche funzioni lessicalizzanti).

L´italiano possiede due passati con lo stesso valore aspettuale, mentre le altre lingue da

L´italiano possiede due passati con lo stesso valore aspettuale, mentre le altre lingue da tempo hanno optato per uno di essi. Oggi l´italiano sta eliminando il passato remoto e ha già di fatto eliminato il trapassato remoto. (T) Si sta sempre più affermando il tipo a me mi, normale in spagnolo e, con una piccola differenza, in francese (moi, ça ne me plait pas). Si sta semplificando l´uso del congiuntivo, che è più complesso che nelle altre lingue. Francese, spagnolo, catalano e portoghese usano il condizionale in clausole subordinate solamente al presente: ital. mi ha detto che sarebbe venuto, fr. il dit qu’il viendrait, es. dijo que vendria, port. ele disse que viria, catal. em va dir que vindria. L´italiano adesso sta sviluppando il tipo mi ha detto che veniva.

(T) Tarda unificazione linguistica Possiamo parlare di lingua italiana solamente a partire dal XVI

(T) Tarda unificazione linguistica Possiamo parlare di lingua italiana solamente a partire dal XVI secolo. Perciò solo da questo momento possiamo parlare di dialetti dell´italiano. Prima si deve parlare di vari volgari, tutti sullo stesso livello sociolinguistico. Un dialetto, nell´accezione italiana, deve: -avere la stessa origine della lingua di cui è dialetto (non essere una varietà di essa; quindi l´albanese e il greco di molti paesi del sud non sono dialetti); -avere un´estensione territoriale minore di quella della lingua e interna al territorio amministrativo dell´italiano (quindi il ticinese e il corso non sono dialetti dell´italiano, anche se assomigliano molto al lombardo e al toscano); -avere meno prestigio dell´italiano (quindi il francese della Val d´Aosta non è un dialetto dell´italiano); -guardare all´italiano come lingua di cultura (quindi il ladino dell´Alto Adige non è un dialetto dell´italiano perché guarda al tedesco come lingua di cultura, mentre il ladino del Veneto è un dialetto dell´italiano).

(C) Quando uno dei volgari, il fiorentino nel XVI secolo, è riconosciuto dagli altri

(C) Quando uno dei volgari, il fiorentino nel XVI secolo, è riconosciuto dagli altri come lingua, allora non parliamo più di volgare fiorentino, milanese, napoletano, ecc. ma di lingua italiana e dialetto milanese, napoletano, ecc. , che ora sono dialetti di una lingua. Quali sono le tipologie di testi in cui comincia a esprimersi la scrittura in volgare? 1) Notarili (come il primo testo in assoluto, il Placito di Capua, del 960) 2) Conti di mercanti (come il primo testo toscano, il Conto navale pisano, del 1070) 3) Testi religiosi bassi, per raggiungere la massa di popolazione che non sapeva il latino; la predicazione era la comunicazione di massa dell´epoca ISCRIZIONE DI S. CLEMENTE

(C) • Volgarizzamenti, cioè traduzioni dal latino e dalle altre lingue • Testi di

(C) • Volgarizzamenti, cioè traduzioni dal latino e dalle altre lingue • Testi di poesia amorosa, perché le donne non sapevano il latino • Testi didattici, proprio per insegnare il latino a partire dalla lingua materna

Come accade che l´idioma di una città diventi la lingua di un intero paese?

Come accade che l´idioma di una città diventi la lingua di un intero paese? (C) In Francia, Spagna e Portogallo (ma anche in Inghilterra e altri paesi) l´unificazione linguistica si è data a partire da un potere politico e militare. Le lingue di Madrid, Parigi e Lisbona sono diventate lingue nazionali perché imposte militarmente da un potere centrale: il re. In Spagna Nebrija dice, nella sua grammatica del 1492: la lengua siempre fue compañera del imperio.

Questo principio vale per il francese, lo spagnolo e il portoghese, ma non per

Questo principio vale per il francese, lo spagnolo e il portoghese, ma non per l´italiano. (C) La grammatica del Nebrija è la prima grammatica di una lingua romanza, ma tutte le lingue hanno prodotto grammatiche poco dopo: per il portoghese Fernão de Oliveira (1536) e João de Barros (1540), tra gli altri; per il francese Dubois (1530) e poco dopo Meigret, fino alla Defense et illustration de la langue française di Du Bellay; in Spagna, dopo Nebrija, Juan de Valdes (1535) e Cristobal de Villalon. Veramente prima di Nebrija abbiamo due altre grammatiche senza nessun impatto sociale: la Gramatichetta di L. B. Alberti (metà del sec. XV) basata sull´uso vivo di Firenze e pubblicata solo 40 anni fa; una grammatica del francese in Inghilterra (Jon Barton) nel sec. XIV, quando il paese era diviso tra anglosassone (lingua del popolo), francese (lingua degli angeli) e latino (lingua di Dio).

Così per il francese, lo spagnolo e il portoghese la lingua ha accompagnato il

Così per il francese, lo spagnolo e il portoghese la lingua ha accompagnato il destino della monarchia, prima definendone i confini nazionali e poi espandendosi in altri continenti. (C) A partire almeno dal sec. XV queste lingue sono usate per la comunicazione e si evolvono rapidamente, al contrario dell´italiano. Tanto che gli studenti di questi paesi leggono i classici medievali in traduzione, mentre gli italiani non hanno grandi problemi a capire Boccaccio e Petrarca. In verità oggi l´esigenza di tradurre i classici antichi comincia a essere posta anche per l´italiano: è un altro segnale del rapido cambiamento della lingua negli ultimi decenni.

(C) Quali erano allora i motivi di forza del fiorentino? Non solamente né principalmente

(C) Quali erano allora i motivi di forza del fiorentino? Non solamente né principalmente le tre corone (Dante, Petrarca e Boccaccio) ma una diffusione della cultura senza pari in Europa, con intere classi sociali alfabetizzate. La scuola di abaco e algorismo insegna a leggere e scrivere in volgare e non in latino: un caso unico in Europa nel Medioevo. Per la prima volta la scrittura non è mediata dal latino e non appartiene alle classi alte; arriva dal basso e direttamente in volgare. Gli 8/9 di tutti i manoscritti italiani editi e databili fino al 1375 sono toscani e il 50% sono fiorentini. La cosa è ancora più impressionante se pensiamo che fino al 1300 la Toscana occidentale (Pisa, Pistoia e Lucca) era molto più avanzata di Firenze.

(C) Cartina Toscana

(C) Cartina Toscana

La differenza tra Firenze e le altre città sta nella diffusione della cultura. G.

La differenza tra Firenze e le altre città sta nella diffusione della cultura. G. Villani (sec. XIV) nella sua Cronica dice che nel 1338 molto più della metà dei maschi in età scolare studiava, principalmente alla scuola di abaco. (C) Firenze produce tipologie testuali molto codificate anche in testi non letterari, come i Libri di famiglia, che sono in volgare e scritti spesso da persone che ignoravano il latino e appartenevano a classi sociali che altrove erano analfabete. La grafia dei mercanti toscani diventa la grafia tipica dei mss. in volgare in tutta Europa e sarà chiamata mercantesca. La stampa fiorentina nasce per un pubblico che legge solo in volgare, al contrario di quella veneziana. Un altro esempio: la grande diffusione della Commedia e del Decameron tra le classi medio-basse, come mostra la tradizione manoscritta dei due testi, con libri di qualità bassa, e i nomi dei personaggi del Decameron cambiati.

Al contrario le altre lingue nascono come lingue popolari, slegate dalla scrittura. Solamente dopo

Al contrario le altre lingue nascono come lingue popolari, slegate dalla scrittura. Solamente dopo essersi affermate come lingue di comunicazione si affermano anche come lingue di cultura. (C) In Francia la cultura è prima provenzale e poi francese; in Spagna il catalano e il gallego possiedono una tradizione culturale antica, certo non inferiore a quella del castigliano. Ma ciò non ha aiutato né il provenzale né il catalano o il gallego a diventare lingue nazionali.

(C) Ma torniamo alle peculiarità della forza del fiorentino. Il fiorentino mostra una tendenza

(C) Ma torniamo alle peculiarità della forza del fiorentino. Il fiorentino mostra una tendenza precoce, paragonata alle altre lingue, a costruire discorsi metalinguistici e canoni, cioè mostra una precoce coscienza di sé: • De vulgari eloquentia (fine sec. XIII); acquisendo autocoscienza, il volgare fiorentino si è emancipato dal latino; • grammatica dell´Alberti (metà sec. XV); • Raccolta aragonese (seconda metà sec. XV): antologia di Lorenzo che forma il canone toscano e che giunge fino a sé stesso. L´antologia è dedicata al re di Napoli, con una lettera programmatica firmata da Lorenzo ma il cui autore è Poliziano;

- complesso organico di traduzioni (seconda metà sec. XV, ma molte altre fin dal

- complesso organico di traduzioni (seconda metà sec. XV, ma molte altre fin dal sec. XIII); con la la traduzione della Naturalis historia di Plinio il Vecchio (1475), dedicata al re di Napoli Ferrante d’Aragona, Cristoforo Landino propone una doppia espansione della lingua: intensiva (nei domini della lingua filosofica, scientifica e tecnica) e estensiva (del fiorentino a danno degli altri volgari italiani). Afferma che la base del latino e del greco è utile al fiorentino per nobilitarlo; nella traduzione accoglie molte parole fiorentine popolari; - formulario di lettere missive et responsive per le cancellerie (seconda metà sec. XV); - precoce insegnamento del volgare all´università (sec. XVI, mentre per altri luoghi bisogna attendere il sec. XVIII); - ecc. (C)

(C) Precoce coscienza dell´idioma locale La grammatichetta non nasce da una necessità, che ancora

(C) Precoce coscienza dell´idioma locale La grammatichetta non nasce da una necessità, che ancora non era percepita (in pieno umanesimo latino), di regolare l´uso scritto del volgare, ma da una scommessa intellettuale, e va vista assieme al cosiddetto Certame coronario. Alberti voleva dimostrare che anche il volgare, come il latino, poteva essere regolato grammaticalmente, cioè che il volgare, sotto il profilo strutturale, era un codice con la stessa dignità del latino. Per secoli grammatica e latino erano stati sinonimi: si pensava che solo il latino fosse un codice organizzato e regolato.

Dietro questa scommessa di Alberti c´è la famosa discussione tra Flavio Biondo e Leonardo

Dietro questa scommessa di Alberti c´è la famosa discussione tra Flavio Biondo e Leonardo Bruni, nella prima metà del XV secolo: il primo sosteneva la tesi rivoluzionaria secondo cui il volgare era prodotto degli effetti delle invasioni barbariche; il secondo difendeva la vecchia tesi secondo cui il volgare continua la diglossia antica tra latino parlato e scritto. (C)

Il concetto di diglossia Si parla di diglossia quando in una società due codici

Il concetto di diglossia Si parla di diglossia quando in una società due codici linguistici diversi sono usati per domini diversi e nessuno dei due può invadere i domini dell´altro. Si ha così un codice alto per i domini alti (letteratura, amministrazione, insegnamento, religione, ecc. ) e un codice basso per i domini bassi (ambito familiare, vita di tutti i giorni, ecc. ). Un esempio attuale è il mondo arabo, dove arabo coranico e diversi idiomi bassi convivono senza mai invadere i rispettivi spazi. In italiano la situazione di diglossia è durata fino a circa gli anni Settanta. Ora abbiamo una situazione di dilalia. (T)

L´italiano nasce dal fiorentino del XIII secolo (e vedremo come e perché), ma a

L´italiano nasce dal fiorentino del XIII secolo (e vedremo come e perché), ma a partire dal XIV secolo il fiorentino comincia a cambiare a causa delle immigrazioni dalla campagna e dalla Toscana occidentale, soprattutto dopo la peste del 1348. Nasce il cosiddetto fiorentino argenteo, che, con alcune eccezioni, non viene accettato dall´italiano. Cambiano, fra le altre cose: • molte desinenze verbali (ind. vengano vs cong. venghino; vu facesti, vu facessi e vu faresti; etc. ); • l´articolo (il>el; i>ei); • alcuni numerali (dua); • i possessivi (mia, tua, sua plurali invariabili); • vari avverbi; • altri punti del sistema linguistico (fosse>fusse, etc. ); (C)

l´espressione del soggetto, che diventa obbligatoria: ho fame-gli ho fame (il pleut, es regnet,

l´espressione del soggetto, che diventa obbligatoria: ho fame-gli ho fame (il pleut, es regnet, it rains); • chiusura del dittongo spontaneo: buono>bono. • (CT) L´italiano possiede il cosiddetto dittongo spontaneo che nessuna lingua romanza e nessun dialetto dell´italiano possiede. Si tratta di un fenomeno di vocalismo volgare che accade solo nel fiorentino: Le Ě e Ŏ del latino, quando si trovano in sillaba libera (cioè sono seguite da una sola consonante) e portano l´accento si aprono nei dittonghi ie e uo (con il secondo elemento aperto). Un chiaro esempio è il paradigma del presente del verbo VENIRE<VĚNĪRE : VENGO e VENGONO (senza dittongo perché la sillaba è bloccata), VIENI e VIENE (col dittongo perché la sillaba è libera e tonica), VENIAMO e VENITE (senza dittongo perché la sillaba è atona)

È interessante notare che l´italiano si trova ad avere un fenomeno unico in area

È interessante notare che l´italiano si trova ad avere un fenomeno unico in area romanza grazie al fatto che lo possedeva il fiorentino. Ma a partire dal XV secolo il fiorentino perde il fenomeno e ora non ce l´ha più: buono>bono, uomo>omo, ecc. (T) I dittonghi presenti negli altri dialetti sono di natura diversa, cioè non sono di natura spontanea ma di natura condizionata, e si chiamano dittonghi metafonetici. In napoletano, per es. , abbiamo il seguente paradigma per l´aggettivo e per il verbo (ma vale anche per il sostantivo): Buonǝ (maschile singolare e plurale)<BONU(M) e BONI Bonǝ (femminile singolare e plurale)<BONA(M) e BONAE Vienǝ = vieni Vεnǝ = viene Il dittongo metafonetico possiede il secondo elemento chiuso, mentre quello spontaneo lo possiede aperto.

Il meccanismo del dittongo metafonetico è il seguente: il grado di apertura della vocale

Il meccanismo del dittongo metafonetico è il seguente: il grado di apertura della vocale finale condiziona il grado di apertura della vocale tonica. Così se la vocale finale è –I o –U (cioè è chiusa), la vocale tonica viene chiusa o in dittongo (se era Ŏ o Ě) o in u o i (se era Ō o Ē). Ciò finisce per avere valore morfologico, perché in napoletano, dal momento che la finale è sempre schwa, è il grado di apertura della tonica che determina se si tratta di maschile, femminile, singolare, plurale o di quale persona verbale. (T) Anche il portoghese possiede la metafonia. È così che si spiega l´alternanza tra il singolare ovu (ovo)<OVUM, con la o chiusa, e il plurale ovus (ovos)<OVOS con la o aperta.

Tra i fenomeni del fiorentino argenteo che vengono accettati nell´italiano (e che sono una

Tra i fenomeni del fiorentino argenteo che vengono accettati nell´italiano (e che sono una minoranza): • la perdita del dittongo spontaneo dopo occlusiva più R (BRIEVE > BREVE; PRUOVA > PROVA e dopo palatale (FIGLIUOLO > FIGLIOLO; GIUOCO > GIOCO); • il tipo lo mi passa a me lo; • le forme dea(no), stea(no) passano a dia(no) e stia(no); • la prima persona dell´imperfetto indicativo prende la desinenza –o invece di –a (io era > io ero); • il tipo domane e stamane passa a domani e stamani. (C)

A partire dalla seconda metà del ´ 300 Firenze comincia quindi un´evoluzione diversa dall´italiano.

A partire dalla seconda metà del ´ 300 Firenze comincia quindi un´evoluzione diversa dall´italiano. Possiamo quindi rappresentare la situazione genetica dell´italiano così: LATINO port. cast. piem. fior. nap. sic. romeno. . | | fior. ´ 200 Ʌ ital fior (C)

Tanto che sarà Firenze la più contraria all´italiano così come sarà proposto, cioè sul

Tanto che sarà Firenze la più contraria all´italiano così come sarà proposto, cioè sul modello del fiorentino del ’ 200, dal momento che Firenze lo sentirà come una lingua morta. (C) Nella seconda metà del XV secolo la Firenze di Lorenzo il Magnifico tenta un progetto di egemonia politica in cui la lingua ha un peso importante. Lingua e cultura sono usate come armi politiche. Alcuni hanno visto la fonte della frase del Nebrija nel passo seguente della Lettera aragonese: E potrebbe facilmente [la nostra lingua materna], nella juventù e adulta età sua, venire ancora in maggior perfezione, e tanto più aggiungendosi qualche prospero successo del fiorentino e augumento imperio: come si debbe non solamente sperare, ma con tutto l’ingegno e forze per li buoni cittadini aiutare.

Subito dopo, all’inizio del XV secolo, sorge la Questione della lingua. Le posizioni principali

Subito dopo, all’inizio del XV secolo, sorge la Questione della lingua. Le posizioni principali sono: (T) • quella fiorentinista dell´uso vivo (Machiavelli); la lingua italiana doveva essere quella realmente parlata a Firenze; • quella cortigiana (Castiglione e Trissino); la lingua italiana doveva essere quella parlata dagli intellettuali delle varie corti italiane, scegliendo gli usi locali che avessero una corrispondenza nel toscano o nel latino. È la lingua effettivamente usata nelle cancellerie tra ´ 300 e ´ 500, dal Boiardo, nella prima redazione dell´Orlando Furioso e del Cortegiano; • quella del veneziano Pietro Bembo. È questa la tesi destinata a vincere.

Bembo è un importante umanista; nelle sue Prose della volgar lingua (pubblicate nel 1525

Bembo è un importante umanista; nelle sue Prose della volgar lingua (pubblicate nel 1525 ma già circolanti all´inizio del secolo) propone che la lingua letteraria imiti il Decameron per la prosa e il Canzoniere per la poesia (ricalcando l´ideale classico dell´imitazione di Cicerone e Virgilio per il latino). (T) Questo significa che come lingua letteraria nel ´ 500 veniva proposto il modello del fiorentino del primo ´ 300. Il successo del Bembo si deve a due ragioni principali: • la scelta normativa. Tutti i non fiorentini potevano facilmente seguire i precetti i due libri che tutti potevano procurarsi. E avevano un modello chiaro e univoco; • l´alleanza con un altro veneziano (adottivo, ma laziale di nascita): Aldo Manuzio, il maggior editore del secolo. Manuzio intuì la capacità di espansione della stampa e del volgare alleati, e quanto fosse fondamentale per un editore che vi fosse una norma unica. Per la stampa, la moltiplicità dell´uso era un danno grandissimo. Sul modello bembesco, Manuzio

(T) L´italiano nasce così: lingua fiorentina in libro veneziano. I punti deboli delle altre

(T) L´italiano nasce così: lingua fiorentina in libro veneziano. I punti deboli delle altre proposte: • la proposta fiorentinista presupponeva che si andasse a Firenze per apprendere lì dal vivo come si parlava; • la proposta cortigiana era elitista e presupponeva un continuo vaglio di forme locali da comparare con latino e toscano.

Tuttavia a partire dal XV secolo possiamo parlare solamente di un italiano letterario, ossia

Tuttavia a partire dal XV secolo possiamo parlare solamente di un italiano letterario, ossia di una variazione diafasica di una variazione diamesica: una parte della lingua scritta. Nasce così una diglossia scritto-parlato (a questo punto l´uso del dialetto nello scritto è un uso riflesso). Solo a questo punto si può parlare di dialetto. (T)

Solamente nel XIX secolo si affronta realmente il problema di una lingua per l´uso

Solamente nel XIX secolo si affronta realmente il problema di una lingua per l´uso sociale, cioè capace di funzionare per tutte le diamesie e le diafasie. (T) La storia dell´italiano come lingua non solamente letteraria ma utilizzabile da parte di tutte le classi sociali e per tutte le esigenze della comunicazione sociale è molto recente, e può dirsi veramente compiuta (almeno per la grande maggioranza della popolazione) solo negli ´ 60 -´ 70 del XX secolo. E si tratta di una storia che, contrariamente agli altri paesi, è stata costruita non con l´imposizione di un modello proveniente da un centro politico-militare ma attraverso una continua dialettica tra un centro culturale (Firenze) e le varie periferie.

(T) La dialettica centro-periferia L´Italia è il paese romanzo con la maggior differenziazione dialettale.

(T) La dialettica centro-periferia L´Italia è il paese romanzo con la maggior differenziazione dialettale. È bene ricordare che i dialetti non sono varianti dell´italiano ma idiomi diversi figli diretti del latino. La distanza linguistica tra fiorentino e milanese è senz´altro maggiore di quella tra portoghese e spagnolo. In Italia non vi è mai stato un conflitto tra lingua e dialetto (neanche durante il fascismo, a parte pochi episodi isolati e superficiali contro le minoranze). Si può dire che non è stata Firenze che ha conquistato l´Italia (come Parigi, Lisbona e Madrid hanno conquistato il resto dei rispettivi territori nazionali) ma gli italiani che hanno conquistato il fiorentino. E che ciò non ha mai significato eliminare i dialetti.

Linguisticamente, c´è stata una pressione dell´italiano sui dialetti così come c´è stata e c´è

Linguisticamente, c´è stata una pressione dell´italiano sui dialetti così come c´è stata e c´è una pressione dei dialetti sull´italiano. (T) Dai dialetti veniva e viene il contributo necessario per rendere una lingua solamente scritta e solamente letteraria adatta agli usi del parlato e alle esigenze della comunicazione in tutti gli ambiti sociali. Uno dei risultati di questa pressione reciproca sono i cosiddetti italiani regionali. Possiamo quindi sommariamente dire che in Italia si è formato un quadro tripartito: ITALIANO STANDARD ITALIANI REGIONALI ____________________________ DIALETTI

L´italiano standard è di fatto presente solo nello scritto. Nel parlato è più che

L´italiano standard è di fatto presente solo nello scritto. Nel parlato è più che altro un´astrazione di riferimento. Solo i professionisti della parola (annunciatori, attori) vengono preparati, attraverso corsi di dizione, a non tradire la loro origine regionale. (T) L´italiano regionale è quello parlato dalla stragrande maggioranza della popolazione. Conserva tratti che mostrano le caratteristiche dei dialetti di sostrato. Questi tratti sono principalmente di natura intonativa e fonetica, ma anche lessicali e sintattici. Naturalmente questi tratti possono essere presenti in misura maggiore o minore nei vari parlanti e nelle varie situazioni. In linea di massima si può dire che la morfologia costituisce lo spartiacque principale nel passaggio dall´italiano al dialetto.

Esempi concreti di fonetica, sintassi e lessico regionali. Marinare la scuola (T)

Esempi concreti di fonetica, sintassi e lessico regionali. Marinare la scuola (T)

In questa dialettica centro-periferia sono stati molti gli attori: ne citiamo alcuni rapidamente. (T)

In questa dialettica centro-periferia sono stati molti gli attori: ne citiamo alcuni rapidamente. (T) Il sud Italia dell´epoca di Federico II ha dato il primo vero modello di lirica italiana con la Scuola siciliana che tanto peso ha avuto sulla produzione dei grandi poeti toscani, Dante e Petrarca compresi. I movimenti religiosi, soprattutto francescani, dell´Italia centrale (soprattutto dell´Umbria) hanno esportato dovunque tra ´ 200 e ´ 400 il modello linguistico di queste regioni, soprattutto tra le classi basse, attraverso la predicazione itinerante, vero meccanismo di comunicazione di massa prima del Concilio di Trento.

Le grandi corti tre-quattrocentesche (Napoli, Roma, Urbino, Ferrara, Milano, ecc. ) hanno contribuito con

Le grandi corti tre-quattrocentesche (Napoli, Roma, Urbino, Ferrara, Milano, ecc. ) hanno contribuito con il modello cortigiano a una parziale toscanizzazione e latinizzazione della lingua scritta che circolava nei documenti ufficiali, ma anche nella produzione letteraria (Boiardo, il primo Sannazzaro, il primo Ariosto, Castiglione, Trissino, ecc. ). (T) Anticipiamo che oggi Firenze non esercita più alcun potere sulla lingua, e che i veri centri di irradiazione delle novità sono Roma e Milano. Approfittiamo per dire che due luoghi importanti hanno avuto una toscanizzazione precoce: si tratta di Roma e Venezia.

Roma è stata toscanizzata soprattutto grazie alla fase dei papi toscani, in particolare i

Roma è stata toscanizzata soprattutto grazie alla fase dei papi toscani, in particolare i due Medici, Leone X e Clemente VII, nel primo trentennio del ´ 500. È la fase in cui Roma, da poco uscita dalla cosiddetta Cattività avignonese, passa da piccolo borgo (come si era ridotta nel Medio Evo) a grande città, e riceve immigrati da tutta Italia e una forte impronta toscana. (C) Se il volgare romano nel Medio Evo era molto simile al napoletano, a partire da questo momento sarà sempre più difficile parlare di un dialetto romano chiaramente distinto dal toscano.

L´altro luogo precocemente e parzialmente toscanizzato nel ´ 500 è Venezia, soprattutto per l´opera

L´altro luogo precocemente e parzialmente toscanizzato nel ´ 500 è Venezia, soprattutto per l´opera del Bembo e della stampa. Oggi infatti, tra tutti i dialetti settentrionali, quelli veneti sono gli unici facilmente comprensibili a chi conosca l´italiano. (C) Ma sono due le periferie che hanno condizionato di più la storia dell´italiano: • la prima è Venezia. Abbiamo già visto l´importanza del Bembo. Dobbiamo aggiungere che nei primi 25 anni del XV secolo la Venezia del Manuzio produce metà della produzione a stampa italiana (e l´Italia era il principale centro editoriale d´Europa), e nel resto del secolo giunge addirittura a produrre i ¾ della stampa nazionale.

Inoltre, sono di area veneta tutte le prime grammatiche e i primi trattati e

Inoltre, sono di area veneta tutte le prime grammatiche e i primi trattati e repertori di interesse linguistico: le Regole del Fortunio (1516); l´Epistola (1524), il Castellano (1528) e i Dubbi grammaticali (1529) del Trissino; le Prose del Bembo (1525); i Lessici del Liburnio (1526), del Minerbi (1535) e dell´Alunno (1539). Per la prima grammatica di un toscano si deve attendere quella del Giambullari (1550); (C) • l´altro centro non toscano che ha esercitato un peso fondamentale nella storia dell´italiano è la Milano del XIX secolo, come vedremo.

(T) Molto diversa la situazione di Francia, Spagna e Portogallo. In Francia nel 1539

(T) Molto diversa la situazione di Francia, Spagna e Portogallo. In Francia nel 1539 l´editto di Villers-Cotterets di Francesco I impone che la giustizia sia amministrata solo in francese, escludendo i patois. Nel XVII secolo diventa obbligatoria la norma fonetica di Parigi. La rivoluzione francese rende ancora più aspra la lotta ai dialetti, in nome dell´unità nazionale. Ancora oggi è in vigore una legge che proibisce i forestierismi quando è presente un equivalente francese, e i governi di sinistra propongono riforme ortografiche per ridurre la discriminazione contro gli immigrati. Anche la storia spagnola è piena di episodi di aggressione linguistica, come le guerre mosse al giudeo spagnolo, al catalano, al basco e al gallego in vari momenti storici. Il Portogallo è il paese con la minor differenziazione linguistica.

Nel 1612 a Firenze si pubblica la prima edizione del Vocabolario della Crusca ispirato

Nel 1612 a Firenze si pubblica la prima edizione del Vocabolario della Crusca ispirato da Leonardo Salviati (poi nella storia ci sono state altre 4 edizioni ma l´ultima non è mai stata terminata; del 1923 è l´undicesimo volume). (C) Si propone un allargamento dei testi scritti da prendere come norma: non solo Petrarca e Boccaccio ma anche autori minori e testi di carattere pratico (volgarizzatori, cronachisti, epistolografi, ecc. ) ma sempre fiorentini e sempre del ´ 300 (e quindi fiorentino aureo bembesco, lingua morta). Quindi la Crusca è un segno di sottomissione di Firenze alla norma bembesca, appena temperata. Il vocabolario non è quindi rappresentativo dell´uso fiorentino. L´Accademia della Crusca (ancora oggi il maggior centro della lingua italiana) non riesce e in realtà non prova mai a fare politica come l´Academie française o gli equivalenti spagnolo e portoghese). Il ruolo della Crusca è più che altro di studio.

(T) L´italiano diventa lingua di comunicazione molto tardi Al momento dell´unificazione politica (1861) poteva

(T) L´italiano diventa lingua di comunicazione molto tardi Al momento dell´unificazione politica (1861) poteva essere considerata italofona una percentuale tra il 2, 5% (De Mauro) e il 12% (Castellani) degli italiani. Una percentuale bassissima permettere la comunicazione reciproca. Fino a questa momento la questione della lingua è ristretta alla lingua letteraria. Il primo che capisce che la questione è di ordine sociale e che elabora una serie di iniziative culturali e politiche per unificare la lingua come strumento di comunicazione sociale di una nazione è il milanese Alessandro Manzoni è uno dei maggiori letterati e intellettuali italiani. È conosciuto soprattutto per il romanzo I promessi sposi; ma è autore di importanti opere storiche, filosofiche e linguistiche (nelle quali anticipa di 80 -90 anni molte riflessioni di Saussure).

Tra le opere linguistiche citiamo appena il trattato Della lingua italiana, scritto in 5

Tra le opere linguistiche citiamo appena il trattato Della lingua italiana, scritto in 5 redazioni diverse mai completate, negli anni Trenta, tra la prima e la seconda edizione del romanzo, ma pubblicato solo negli anni ´ 70 del XX secolo, e quindi sconosciuto fino a quel momento. (T) Manzoni era milanese ed era stato educato in francese. Egli nota che l´italiano, contrariamente al milanese e al francese, non era una lingua “intera” e “unitaria”. Una lingua è intera quando riesce a esprimere tutte le esigenze comunicative di una società. Quindi una lingua ristretta alla dimensione letteraria e basata sulle esigenze che poteva avere una società di 5 -6 secoli prima, non poteva essere considerata intera.

Una lingua è unitaria quando usa strutture proprie. Per riuscire a essere “intero” l´italiano

Una lingua è unitaria quando usa strutture proprie. Per riuscire a essere “intero” l´italiano doveva usare strutture tratte dal latino, dai vari dialetti o da lingue straniere, in particolar modo dal francese, lingua di maggior prestigio dell´epoca. (T) A questo proposito Manzoni conia la formula “parlar finito”, cioè il fatto che lui stesso, quando non trovava una parola nell´italiano per esprimere un´esigenza comunicativa non prevista dal bagaglio letterario della Crusca, ricorreva a una delle lingue intere che conosceva (soprattutto il milanese e il francese) e vi aggiungeva una terminazione in vocale. Sia il lessico milanese che quello francese (scritto) terminano tipicamente in consonante. La prima edizione dei Promessi sposi (1827) usa una lingua mista (toscano, milanese, francese, latino). Per 13 anni Manzoni studia la lingua per realizzare la seconda edizione (1840), assolutamente immutata nell´intreccio ma completamente diversa linguisticamente.

Manzoni giunge alla conclusione che l´unico modo per ottenere una lingua intera e unitaria

Manzoni giunge alla conclusione che l´unico modo per ottenere una lingua intera e unitaria era prendere un idioma realmente usato per la comunicazione e farlo diventare l´idioma nazionale. (T) Questo idioma doveva essere il fiorentino parlato dalla borghesia colta. Il fiorentino è scelto non per una inesistente superiorità tipologica, ma per ragioni storiche: l´unificazione della lingua scritta si era data grazie al fiorentino. Questo era già un passo verso una lingua intera e unitaria che non doveva essere sprecato. Manzoni riceve molte critiche, in particolare da G. I. Ascoli, nel Proemio all´”Archivio Glottologico Italiano” del 1873.

Ascoli nota che la Toscana era diventata una delle regioni con il maggior numero

Ascoli nota che la Toscana era diventata una delle regioni con il maggior numero di analfabeti, e non era più il faro culturale del Medio Evo. Nota che l´italiano era figlio del fiorentino antico, molto diverso da quello attuale: molti dei fenomeni che si erano imposti nell´uso nazionale non erano più del fiorentino, come il dittongo spontaneo o il soggetto libero. Nota che il fiorentino aveva sviluppato fenomeni nuovi che difficilmente il resto d´Italia avrebbe accettato, come l´uso aggettivale di punto. Se era accettabile per l´Italia dire non ho punto fame, non lo era dire non ho punte parole. (T) Manzoni era cosciente di ciò, ma sapeva che per una diffusione sociale era necessaria una norma chiara e semplice, che avrebbe naturalmente selezionato i fenomeni da applicare. Una regola di riferimento non può presentarsi con troppe eccezioni. Sapeva che non tutto il fiorentino moderno si sarebbe diffuso, ma la selezione doveva avvenire attraverso l´uso dei parlanti e non a tavolino.

(T) L´importanza della norma Quando riferiscono a Manzoni le critiche dell´Ascoli, la risposta è:

(T) L´importanza della norma Quando riferiscono a Manzoni le critiche dell´Ascoli, la risposta è: L´Ascoli ci può insegnare come si formano le lingue, ma dovrebbe considerare che cos´è una lingua; se non vuole il fiorentino, prendiamo il bergamasco, purché sia una lingua intera e unitaria. Nella disputa tra Ascoli e Manzoni si vede chiaramente la diversa visione di un grande linguista storico (fondatore della dialettologia italiana e primo descrittore del ladino come varietà romanza autonoma) e un grande linguista sincronico, che percepisce come la storia, senza il supporto dell´uso vivo, non ha grande peso nella lingua. A proposito di questo, altrove Manzoni nota come le etimologie non ci dicono granché sull´uso linguistico: se così fosse non potremmo dire giovin signore o donna di servizio.

(T) Il lavoro di correzione dei Promessi Sposi Questo lavoro mostra nei dettagli la

(T) Il lavoro di correzione dei Promessi Sposi Questo lavoro mostra nei dettagli la visione manzoniana. Le correzioni vanno in 4 direzioni: 1. Eliminazione dei dialettalismi e dei forestierismi, preferendo l´uso vivo fiorentino. 2. Aumento dei fiorentinismi d´uso (che cosa>cosa, troncamento e elisione di alloggiare>d’alloggiare, viene> vien, con attenzione quindi ai fenomeni fonosintattici, tipici del parlato). 3. Eliminazione degli arcaismi. 4. Eliminazione degli allotropi (uscio/porta), cioè di forme diverse con lo stesso significato. Manzoni era cosciente che l´uso seleziona i doppioni e una forma vince sulle altre.

(T) Alcuni esempi della selezione manzoniana: • gittare>gettare, nimico> nemico, pella>per la, dimanda>domanda, dimane>

(T) Alcuni esempi della selezione manzoniana: • gittare>gettare, nimico> nemico, pella>per la, dimanda>domanda, dimane> domane, lagrima>lacrima, mas secreto>segreto, conchiudere>concludere, benefizio>beneficio, imagine> immagine, niuno>nessuno, sì>così, impf in–a>in –o, sieno>siano, vedo-chiedo-deve vs veggo/veggio-chieggo-dee/debbe, torre>prendere, levarsi>alzarsi; • pronomi personali soggetto: non obbligatori (eliminati tutte le volte che è possibile), modernizzati e senza allotropi (essi/eglino>loro; egli/ella>Ø o lui/lei; • il dittongo spontaneo è mantenuto, ma non dopo consonante palatale (giuoco>gioco) o occlusiva + R (pruova>prova); Se si guarda all´italiano di oggi si vede che il 90% delle previsioni manzoniane si è realizzata.

(T) Se si legge il romanzo del D´Azeglio, Ettore Fieramosca, non si ha la

(T) Se si legge il romanzo del D´Azeglio, Ettore Fieramosca, non si ha la sensazione che sia dello stesso anno dei Promessi Sposi, ma che tra i due libri ci siano secoli di differenza. E per trovare una prosa letteraria moderna come quella del Manzoni del 1840 bisogna attendere circa un secolo. Naturalmente anche i fiorentini, e non solo l´Ascoli, finiscono per opporsi alla proposta di Manzoni, che rifiutava di fatto la maggior parte dei fenomeni fiorentini ormai tradizionalmente estranei all´italiano.

Possiamo notare un parziale parallelismo tra le posizioni del dibattito cinquecentesco e quello ottocentesco:

Possiamo notare un parziale parallelismo tra le posizioni del dibattito cinquecentesco e quello ottocentesco: (C) ´ 500 Fiorentinismo normativo purista (Bembo) Fiorentinismo dell´uso vivo (Machiavelli) Italianismo elitista (Teoria cortigiana di Castiglione e Trissino) ´ 800 Purismo dei testi toscani tra ´ 300 e ´ 500 (Cesari e Puoti) Fiorentinismo normativo (Manzoni) Fiorentinismo dell´uso vivo (i toscani) Italianismo elitista (Ascoli, che diceva che l´italiano sarebbe scaturito dal dibattito fra i cosiddetti operai dell´intelligenza) Con obiettivi diversi (lingua letteraria e lingua di comunicazione), il punto in comune tra il Bembo e il Manzoni sta nella coscienza della necessità di una norma semplice.

(T) Il repertorio degli italiani (schema per l´italiano)

(T) Il repertorio degli italiani (schema per l´italiano)

(T) L´italiano neostandard o dell´uso medio L´italiano neostandard deve essere considerato come la nuova

(T) L´italiano neostandard o dell´uso medio L´italiano neostandard deve essere considerato come la nuova norma tendenziale dell´italiano. Si tratta cioè della varietà d´italiano che accoglie fenomeni prima considerati substandard e oggi presenti nel parlato di tutti i livelli e nello scritto non formale. Si indicano alcuni di questi fenomeni: • Lui, lei, loro soggetti (già manzoniano) • Gli per a loro (dat. plur. ) • Declino di loro allocutivo di cortesia a vantaggio di voi • Forme rafforzate questo qui, quello lì • Niente aggettivale (Niente scherzi!) • Presente indicativo per il futuro • Passato prossimo per il passato remoto in narrazioni • Passato prossimo per futuro anteriore (Quando ho finito di studiare mi metto a cercare lavoro)

Imperfetto di cortesia (Volevo vedere se c´è posto) • Imperfetto per il condizionale nelle

Imperfetto di cortesia (Volevo vedere se c´è posto) • Imperfetto per il condizionale nelle ipotetiche dell´irrealtà (Se me lo dicevi in tempo ti potevo aiutare) • Imperfetto per il futuro del passato (Ho detto che veniva domani) • Imperfetto di intenzione o previsione (Ha detto che partiva stasera) • Indicativo per il congiuntivo in dipendenza da verba dicendi e putandi (Non dico che hai torto; Può darsi che ha ragione) • Risalita del clitico con verbi modali (ora te lo posso dire/ora posso dirtelo) • Fenomeni di tematizzazione. Dislocazione SX e DX (Il giornale non l´ho ancora letto; Le conosco bene queste situazioni), frase scissa (È Giovanna che non ha voluto) • Che polivalente con valore temporale (Il giorno che ci siamo conosciuti), per sostituire il fatto che (Tieni conto che abbiamo poco tempo), in relativa (È un gatto che non gli piace la carne) • (T)

 • • Cosa interrogativo (Cosa ti ha detto? ) Che+agg. (Che bello!) Concordanza

• • Cosa interrogativo (Cosa ti ha detto? ) Che+agg. (Che bello!) Concordanza a senso con soggetto collettivo + specificazione (Una decina di sciatori rimasero bloccati) Concordanza a senso col soggetto logico (Io sono uno che mi alzo presto) Costruzioni pronominali affettive (Ci prendiamo un tè) Vari costrutti impersonali (Dicono che sarà una bella estate; Capita sempre quando uno non se l´aspetta; Tu credi che tutto vada bene e invece sorge un problema) Lessico: affatto e assolutamente con valore negativo; si capisce con valore di è ovvio; senz´altro con valore di certamente, per forza con valore di necessariamente, quello che è con valore di riempitivo o focalizzatore (Veniamo ora a quelli che sono gli sviluppi della situazione), mi sa per mi sembra; si vede che per evidentemente, sennò per altrimenti, ci vuole-ci vogliono per occorreoccorrono, ecc. (T)

(T) L´italiano popolare o semicolto Si tratta di quella varietà di italiano usata da

(T) L´italiano popolare o semicolto Si tratta di quella varietà di italiano usata da chi non ha una competenza completa della lingua. Quindi chi usa l´italiano popolare normalmente lo fa nelle situazioni in cui non può usare il dialetto, cioè nella formalità alta e nella scrittura. Se Manzoni ha intuito per primo l´italiano dell´uso medio, è stato Verga a cogliere le caratteristiche fondamentali dell´italiano popolare. Se ne indicano alcuni fenomeni caratteristici: • interferenza del dialetto (ma l´it. popolare è nazionale) (Andonio, manciare); • problemi di interpunzione (scarsa e non appropriata), maiuscole, diacritici (a verbo senz´acca, e verbo senza accento, ance per anche ecc. ), mancata percezione dei confini di parola (la=l´ha, lavete=l´avete, ciavete=ci avete, in cinta, l´aradio, la Merica), accentuazione (persuàdere,

problemi di ortografia (quore, celo per cuore, cielo, mogle, intensità consonantica; semplificazioni di genere

problemi di ortografia (quore, celo per cuore, cielo, mogle, intensità consonantica; semplificazioni di genere – pigiamo; di nessi –ingeniere; del sistema sillabico – pissicologo, gasse, dissimilazioni – albitro, ecc. ); • scambio tra aggettivo e avverbio (il posto meglio, è tanta buona); • la mancata percezione dei comparativi sintetici (più migliore); • ridondanza (trattenere fermo, scendere giù, il suo consenso della giovane); • sovraestensione del clitico ci per a lui, a lei, a loro e in generale sovrabbondanza di clitici (ti devo dirti); • uso di suo per di loro; • nel sistema verbale scambio tra gli ausiliari avere e essere, o forme analogiche come vadi, stasse, faciuto, e in generale riduzione di tempi e modi; • periodo ipotetico con doppio condizionale o doppio congiuntivo; • (T)

uso di dove come relativo (il libro dove ho letto) o sovrabbondanza (ho ricevuto

uso di dove come relativo (il libro dove ho letto) o sovrabbondanza (ho ricevuto la lettera che con cui mi dici che stai bene); • (T) • Incroci (vivere a stenti = a stento + con molti stenti); • sconcordanze; • cambi di soggetto senza identificare il nuovo; • scambio di suffissi (prolungo per prolungamento, tranquillizzanti per tranquillanti); • preferenza per espressioni analitiche (fare sangue per sanguinare, malato al cervello per pazzo); • espressioni burocratiche o giuridiche; • malapropismi (bidè per bidello, accendere per accedere, celebre per celibe, altrite per artrite).

(C) L´italiano all´estero L´italiano (o alcune sue varietà) è stata una delle lingue più

(C) L´italiano all´estero L´italiano (o alcune sue varietà) è stata una delle lingue più importanti in Europa fino a tutto il Romanticismo, ma naturalmente il momento più alto è costituito dal Rinascimento e dal periodo immediatamente successivo. Ancora oggi l´italiano è la lingua di comunicazione internazionale della chiesa cattolica. L´italiano è stata la base della cosiddetta lingua franca in tutto il Mediterraneo fin dal Medio Evo (il portoghese era la lingua franca in Estremo Oriente). Fondamentali per questo sono state le grandi potenze marinare di Amalfi, Pisa, Genova e Venezia, e la grande potenza mercantile e finanziaria di Firenze e dell´Italia settentrionale. Francesco di Marco Datini (XIV sec. ) costruisce un impero finanziario con filiali in gran parte dei paesi europei dalla Spagna alla Turchia, ed è l´inventore della partita doppia.

Lombardo, che nel Medio Evo indicava un settentrionale in generale, passa a significare banchiere

Lombardo, che nel Medio Evo indicava un settentrionale in generale, passa a significare banchiere in Francia, Belgio e Inghilterra. Ancora oggi nella city di Londra c´è una Lombard street. (C) Grazie a ciò una enorme quantità di termini marinareschi, militari e mercantili entra nelle lingue dell´Europa, dei Balcani e perfino dell´arabo: banco, bancarotta, fallire, numero, agio, pari, bilancio, cassa, conto, fattura, costo, firma (ditta), spesa, storno, valuta, ammiraglio, tramontana, maestrale, bussola, corsaro, burrasca, darsena, fregata, pilota, soldato, caporale, colonnello, sentinella, casamatta, granata, caserma, ecc. Più tardi, col Rinascimento, transmigrano in Europa termini italiani delle Lettere e delle Arti: sonetto, madrigale, poesia maccheronica, balcone, arcata, cupola, facciata, loggia, mezzanino, piedistallo, pittoresco, fresco (affresco), ecc.

Ancora dopo, tra il ´ 600 e l´ 800, sono la Commedia dell´arte, la

Ancora dopo, tra il ´ 600 e l´ 800, sono la Commedia dell´arte, la musica e la moda della conversazione soprattutto femminile a far crescere il lessico italiano europeo: improvvisare, i nomi delle maschere, dolce far niente, profumo, cortigiana, canzonetta, concerto, fantasia, fuga, sinfonia, sonata, capriccio, pianoforte, mandolino, violino, adagio, allegro, da capo, trillo, soprano, tenore, comparsa, dilettante, diva, libretto, prima donna, virtuoso, aria, bravo, ecc. (C) Altro grande veicolo di italianismi, o di regionalismi italiani, è la gastronomia: maccheroni, risotto, mortadella, confetti, sedani, marsala, chianti, gorgonzola, espresso, cappuccino, il ligure cioppino, il toscano ciucco, il napoletano pizza, ecc. Non manca l´apporto di altre aree semantiche: agenda, studio, diploma, influenza, pila, fascismo, duce (su cui sono stati calcati führer, caudillo, conducator, poglavnik).

Infine, una bandiera lessicale dell´italiano nel mondo viene dal veneziano: ciao < s(c)lavus. (C)

Infine, una bandiera lessicale dell´italiano nel mondo viene dal veneziano: ciao < s(c)lavus. (C) Ancora oggi il lessico italiano si dimostra vitale nel mondo: basta guardare la quantità di insegne di negozi con significanti italiani in qualunque paese oppure il nome che viene dato ai modelli automobilistici da marche non italiane: Honda Concerto, Toyota Carina, Corolla, Stanza, Volkswagen Scirocco, Vento, Audi Quattro, Austin Allegro, Maestro, Renault Laguna, mentre la Fiat non deve ricorrere ad altre lingue (Regata, Bravo, Duetto, Uno, Punto, Tipo, Palio, ecc. ). Va detto che durante la storia la maggior parte dei prestiti che l´italiano ha dato alle lingue di cultura occidentali sono prestiti di necessità, cioè parole che emigrano assieme alle cose che designano; i cosiddetti prestiti di lusso italiani, dovuti solo al prestigio di un paese e non alle novità concrete che esso produce, sono presenti soprattutto nelle lingue balcaniche e orientali.

(C) L´influsso della letteratura italiana e gli stranieri illustri Dante, Petrarca e Boccaccio sono

(C) L´influsso della letteratura italiana e gli stranieri illustri Dante, Petrarca e Boccaccio sono stati precocemente tradotti in tutte le lingue e continuano a essere un riferimento universale. Petrarca in particolare ha condizionato la lirica europea fino al ´ 600, col picco più alto nel ´ 500 (i poeti della Pléiade, Garcilaso de la Veja, la poesia elisabettiana fino alla poesia seicentesca tedesca). Stereotipo dell´italiano lingua dolce, adatta alla poesia e all´amore. Anche la tragedia moderna europea deve il suo modello a un italiano, Trissino, così come Tasso è il caposcuola del manierismo e Marino del barocco. Manzoni, assieme a Scott, viene riconosciuto come il fondatore del romanzo storico romantico, e nel ´ 900, oltre al ruolo fondamentale del Pirandello drammaturgo e di D´Annunzio, Marinetti è considerato l´iniziatore dei movimenti avanguardisti.

(C) Moltissimi stranieri illustri scrivono in italiano. Alcuni esempi: • delle 250 lettere di

(C) Moltissimi stranieri illustri scrivono in italiano. Alcuni esempi: • delle 250 lettere di Rubens, solo 59 non sono in italiano, e quelle in italiano (con venature mantovane) non hanno nulla a che fare con la nazionalità dei destinatari, che sono i più vari e dei quali spesso Rubens conosceva benissimo la lingua; • il padre di Goethe scrive un diario di viaggio in italiano e lo stesso Goethe traduce la Vita del Cellini e il 5 Maggio del Manzoni; • Mozart scrive in italiano molte lettere. L´italiano era lingua di corte a Vienna e a Dresda (come in molti altri luoghi); • fanno ampio uso dell´italiano scritto e parlato anche Voltaire, Byron e Stendhal, tra gli altri. Stendhal entra anche nelle discussioni linguistiche italiane; • Nel Novecento, è in italiano tutta la produzione saggistica di Joyce tra il 1907 e il 1912.

Tra Cinque e Ottocento, ma soprattutto tra Sette e Ottocento, il viaggio in Italia

Tra Cinque e Ottocento, ma soprattutto tra Sette e Ottocento, il viaggio in Italia (soprattutto Venezia, Firenze, Roma e Napoli) diventa una moda come oggi andare in Inghilterra o negli USA. (T) A Malta, dove la lingua materna è una varietà di arabo (lingua semitica), l´italiano è stato per secoli lingua ufficiale prima unica e poi assieme all´inglese. Ora si mantiene vivo solo grazie alla televisione. Lo stesso è accaduto in Albania. Quando è caduto il regime comunista e tanti albanesi sono emigrati in Italia, è stata una sorpresa per tutti scoprire che parlavano benissimo l´italiano. La crisi dell´italiano a Malta inizia con l´unificazione italiana e si inasprisce col fascismo.

Testo recente in maltese It-tip ta´ relazzjoni li se jkollna ma´ l-Unjoni Ewropea se

Testo recente in maltese It-tip ta´ relazzjoni li se jkollna ma´ l-Unjoni Ewropea se jkollha mpatt dirett fuq il-qawwa produttiva ta´ dawn lstrutturi Jekk il-qawwa produttiva ta´ dawn l-strutturi tmur lura, il-gvern se jkun f pożizzjoni żvantaġġata, kemm finanzjarjament u kemm ekonomikament. (T) Traduzione Il tipo di relazione che avremo con l´Unione Europea avrà un impatto diretto sulla forza produttiva di queste strutture. Se la forza produttiva di queste strutture regredirà, il governo avrà una posizione svantaggiosa, sia finanziariamente che economicamente.

Ma solo una decina di anni fa si è incominciato a scoprire il grande

Ma solo una decina di anni fa si è incominciato a scoprire il grande successo che l´italiano ha avuto dopo il Rinascimento e fino all´unità nei Balcani, in Medio Oriente e nel Nord Africa, cioè sostanzialmente nei domini dell´Impero turco. (T) Negli anni Venti del XIX secolo Byron paragona l´importanza dell´italiano nei Balcani a quella del francese nelle corti occidentali. L´italiano era la lingua con la quale l´impero turco comunicava con l´occidente. Nella fase che va dal 1589 al 1682 2/3 dei documenti conservati nel consolato francese di Tunisi sono in italiano e solo 1/3 in francese.

Ma è molto significativo che la situazione cambi quando nasce un´entità statale italiana (1861).

Ma è molto significativo che la situazione cambi quando nasce un´entità statale italiana (1861). L´Italia unita fa regredire l´italiano perfino nelle proprie colonie (Libia e Somalia). (T) Sembra che la forza dell´italiano sia dovuta alla sua leggerezza, al fatto di non essere legato a un potere politico, ma alla cultura e alla creatività individuale (commercio, scienza, moda, imprese). Quando l´Italia ha minacciato di costruire un potere politico la sua lingua è sempre regredita nel mondo.

Un altro grande veicolo di diffusione dell´italiano è stata l´emigrazione. Tra il 1876 e

Un altro grande veicolo di diffusione dell´italiano è stata l´emigrazione. Tra il 1876 e il 1985 sono emigrati circa 30 milioni di italiani. Le principali destinazioni sono state, fuori d´Europa, Brasile, Argentina e USA prima e Canada, Australia e Venezuela poi, mentre Germania, Francia, Belgio e Svizzera sono le le mete principali in Europa. In questo paese l´italiano è la base di una varietà usata per la comunicazione tra gli immigrati di tutte le nazionalità (Fremdarbeiteritalienisch). (C) Oggi l´italiano continua a essere una lingua di successo, nonostante non possieda, come in tutta la sua storia, un appoggio istituzionale paragonabile a quello offerto da Goethe, Grenoble, Alliance Française, British Council, American Study Center, Cervantes, Camões. Il dinamismo delle istituzioni regionali italiane è maggiore di quelle del centro, anche qui riproducendo la propria storia.

L’intera comunità italiana all’estero ammonterebbe a 4 milioni e mezzo di persone; gli oriundi

L’intera comunità italiana all’estero ammonterebbe a 4 milioni e mezzo di persone; gli oriundi nel mondo a circa 60 milioni, così distribuiti: Sudamerica (68, 1%), Nordamerica (27, 5%), Europa (3, 4%) (dati del 2004). (C) L’italiano è al 19° posto al mondo per parlanti nativi ma al 4°- 5° posto come oggetto di corsi di lingua nel mondo. In alcuni paesi (Argentina) è addirittura al 2° posto. L’italiano è al quinto posto come LS più studiata nel sistema pubblico d’insegnamento europeo (Rapporto Eurydice 2005, www. eurydice. org). Come LS è maggiormente presente in Austria (5, 6%), in Francia (4, 6%), in Slovenia (2, 9%), in Irlanda (0, 9%), in Spagna (0, 1%).

Le motivazioni dello studio dell’italiano all’estero sono molto cambiate nel tempo (confronto fra l’inchiesta

Le motivazioni dello studio dell’italiano all’estero sono molto cambiate nel tempo (confronto fra l’inchiesta di Baldelli degli anni ’ 70 e quella di De Mauro degli anni ’ 90, Italiano 2000). (C) Alla percezione dell’italiano come veicolo di cultura alta si sono sovrapposte ragioni diverse, dovute principalmente al sentire l’italiano come una lingua utile professionalmente (commercio, industria, turismo). Fra le motivazioni troviamo: 19% studio (obbligo scolastico o per studiare in Italia); 22, 4% lavoro (usare l’italiano per obiettivi professionali); 25, 8 motivi personali (partner o famiglia di origini italiane); 32, 8 tempo libero (ragioni turistiche e culturali). Nell’Europa occidentale, nell’America settentrionale, nei paesi ricchi dell’Est asiatico (Giappone, Corea del Sud) prevalgono motivazioni di tipo culturale; nell’Est europeo, nei paesi sudamericani e nei paesi del Nord-Africa prevalgono motivazioni di tipo lavorativo.

Il bacino di utenza dell’italiano appare ormai ben definito, per cui sembrano limitate ulteriori

Il bacino di utenza dell’italiano appare ormai ben definito, per cui sembrano limitate ulteriori possibilità di espansione. Maggiori prospettive di sviluppo appaiono nei paesi dell’Est europeo e nei paesi più poveri del bacino mediterraneo, con motivazioni legate a esigenze di lavoro. (C) Discreto è il peso dell’italiano nell’EMILE (insegnamento di una materia mediante integrazione di una lingua straniera), soprattutto in Germania, Repubblica Ceca, Francia, Ungheria, Polonia, Slovenia, Slovacchia, Bulgaria, Romania. L’italiano è al quinto posto anche nella graduatoria delle lingue più utili da conoscere. L’italiano è sentito utile se spendibile in campo lavorativo; pertanto la sua maggiore o minore diffusione dipende dalla capacità dell’Italia di crescere economicamente e culturalmente e di contribuire così alla crescita globale dell’UE, rendendosi utile agli altri cittadini europei per realizzare i propri obiettivi di sviluppo.

L’italiano figura al quinto posto nell’elenco delle lingue più tradotte (3, 16% del totale).

L’italiano figura al quinto posto nell’elenco delle lingue più tradotte (3, 16% del totale). I dieci paesi in cui si traduce di più dall’italiano sono nell´ordine la Spagna, la Francia, la Germania, gli Stati Uniti, il Brasile (5, 6%), la Polonia, i Paesi Bassi, la Svizzera, il Giappone, il Regno Unito. (C) Anche la RAI ha progressivamente ampliato la sua offerta di lingua e cultura italiana. Oltre a RAI International, “Italica” (sito web dedicato alla lingua e alla cultura italiana che fa capo alla RAI) ospita un corso di lingua impartito per via telematica su tre livelli di competenza. Fuori d’Italia l’italiano è lingua ufficiale solo in Svizzera.

Le future prospettive di espansione dell’italiano dipendono da come l’Italia saprà ‘agganciare’ la sua

Le future prospettive di espansione dell’italiano dipendono da come l’Italia saprà ‘agganciare’ la sua immagine alle nuove correnti produttive nell’espansione globale dei mercati. (C) Fin dall’inizio l’italiano è lingua ufficiale della UE. L’uso dell’italiano è garantito a tutti i livelli. L’italiano però è una lingua di traduzione, non di redazione (o di lavoro), cioè non è utilizzato per le attività interne delle istituzioni. Nel 2001 l’italiano è stato presente nel 73% delle riunioni del Consiglio d’Europa, ma quasi totalmente assente nella redazione di documenti di lavoro. L’ampia conoscenza dell’italiano fra i traduttori della CEE potrebbe favorirne la candidatura a lingua ponte (lingua di traduzione intermediaria fra lingue). Quanto più l’italiano sarà lingua utile all’interno dell’UE, tanto più sarà presente nelle istituzioni comunitarie. Oggi occupa la quinta posizione tra le lingue più richieste dei corsi organizzati annualmente dall’UE.

L’arrivo di altre lingue dai nuovi paesi membri potrebbe avvantaggiare l’italiano. (C) La varietà

L’arrivo di altre lingue dai nuovi paesi membri potrebbe avvantaggiare l’italiano. (C) La varietà specialistica dell’italiano internazionale dell’UE viene influenzata dal fatto che i testi originari sono redatti in un’altra lingua (inglese o francese). Questo italiano è stilisticamente affine all’italiano giuridico-burocratico, ma propone elementi di convergenza linguistico-strutturale che rimandano a uno stile europeo (e continuano la corsa del SAE). L’offerta didattica dell’italiano all’estero avviene secondo tre diversi filoni: istituzioni che hanno un legame diretto con l’Italia; istituti, pubblici o privati, che non hanno collegamenti con referenti in Italia; università locali, che possono o no avere rapporti di collaborazione con istituzioni italiane. Esistono poi i corsi di lingua e cultura italiana a distanza (come il Consorzio ICo. N). Nel mondo ci sono 93 IIC, 400 comitati della Dante Alighieri, 266 lettorati in 87 paesi, 181 scuole biculturali (l’ 80% dei loro studenti sono stranieri). Dal 2001 esiste la “Settimana

Negli anni ’ 90 i corsi d’italiano all’estero (dati IIC) sono aumentati del 38%.

Negli anni ’ 90 i corsi d’italiano all’estero (dati IIC) sono aumentati del 38%. In America Latina cresce nel complesso il numero degli iscritti ai corsi degli IIC. Tra il 1995 e il 2000 si registrano aumenti a Caracas (+5, 8%), San Paolo (+63, 1%), Città del Messico (+333, 8%), Lima (+382, 7%), dove nel 2000 si raggiunge il maggior numero di studenti fra tutti gli IIC del mondo (4562); diminuzioni a Bogotà (-29, 1%), Santiago (21, 8%), Cordoba (-11, 2%). (C) L’attrattività dell’italiano è funzione del sistema Italia, combinazione di 3 elementi: tradizione culturale; fattori attuali di produzione, economia, cultura e società; movimenti migratori. Il design e la moda sono gli aspetti produttivi che hanno contribuito di più all’interesse per l’Italia. Poi la gastronomia e lo sport (dal calcio all’automobilismo). Più aumenta il processo di internazionalizazzione dell’Italia, più aumenta la presenza dell’italiano all’estero.

Aumenta fortemente l’esigenza di una certificazione della conoscenza linguistica, che attesti competenze pragmaticamente diversificate,

Aumenta fortemente l’esigenza di una certificazione della conoscenza linguistica, che attesti competenze pragmaticamente diversificate, destinata a raggiungere la competenza di agire linguisticamente in contesti e per obiettivi nuovi e precisi. (C)

La presenza italiana in Brasile è molto antica, ma il suo contributo alla formazione

La presenza italiana in Brasile è molto antica, ma il suo contributo alla formazione dell’identità brasiliana è stato per lungo tempo ignorato. L’accademia brasiliana ha preferito insegnare la grande tradizione culturale italiana così com’era in Italia piuttosto che nelle forme assunte in loco. Molti aspetti dell’influenza italiana in Brasile, soprattutto quelli riguardanti la lingua, sono tuttora poco studiati (per es. , in Minas Gerais, nel Nord, ecc. ) (C)

Gli italiani, individualmente o in gruppo, sono presenti nella storia del Brasile fin dall’inizio.

Gli italiani, individualmente o in gruppo, sono presenti nella storia del Brasile fin dall’inizio. Sono i primi a divulgare informazioni sul Brasile (Amerigo Vespucci col Mundus Novus e con la Lettera al Soderini; Antonio Pigafetta sulle lingue indigene; Giovan Battista Ramusio con l’antologia Delle navigatione et viaggi; l’editoria veneta del ‘ 500 con carte geografiche, relazioni di viaggi ecc. ); finanziano spedizioni nel Nuovo Mondo e inviano commercianti; Vespucci è il primo a toccare la costa brasiliana; tutte le biografie antiche del padre Anchieta sono italiane; molti religiosi italiani evangelizzano il paese o sono attivi durante le emigrazioni dell’‘ 800 -‘ 900; realizzano studi geografici, scientifici, naturalistici, archeologici, etnografici, botanici, socioeconomici, linguistici ecc. (C) Nei primi decenni dell’‘ 800 e dopo l’unità politica italiana (1861), vengono in esilio in Brasile liberali, repubblicani, garibaldini, mazziniani, anarchici, socialisti; lo stesso Garibaldi.

Nel 1843 la corte brasiliana stringe legame dinastico col Regno delle Due Sicilie (matrimonio

Nel 1843 la corte brasiliana stringe legame dinastico col Regno delle Due Sicilie (matrimonio fra Pedro II e Teresa Cristina Maria di Borbone), e molti artisti, scienziati, membri delle alte sfere napoletane si trasferiscono a Rio de Janeiro. (C) Ma la presenza massiccia degli italiani in Brasile comincia con l’emigrazione di fine ‘ 800. 1875: prima ondata migratoria, quasi tutta triveneta, verso il Sud rurale e i cafezais dello Stato di SP (italiani escravos brancos). Inizio del ‘ 900: secondata migratoria, proveniente dal Mezzogiorno, destinata alle fazendas di caffè di Minas, SP, ES, ma anche a lavorare nelle città (fabbriche, piccolo commercio, artigianato). I veneti sono in assoluto gli emigranti italiani più numerosi in Brasile.

L’emigrazione viene sentita in Brasile più come parte della storia d’Italia che della propria.

L’emigrazione viene sentita in Brasile più come parte della storia d’Italia che della propria. L’immigrante deve contribuire alla politica del branqueamento. I preferiti per ciò sono i contadini europei bianchi. In realtà l’elemento bianco europeo è tollerato nel processo identitario brasiliano solo in quanto componente indispensabile per migliorare la razza, ma sempre in condizione funzionale e subalterna. In caso contrario diventa immediatamente indesiderabile in quanto straniero da tenere sotto controllo. (T) Gli italiani rappresentano il maggior contingente di immigranti in Brasile: con 510. 533 arrivi (il 57, 77% del totale) fra il 1884 e il 1893; con 537. 784 arrivi (il 63, 11% del totale) fra il 1894 e il 1903.

In termini assoluti, l’emigrazione verso il Brasile non è la più cospicua (1, 5

In termini assoluti, l’emigrazione verso il Brasile non è la più cospicua (1, 5 milione di emigranti fra il 1876 al 1976, contro i 5, 5 verso gli USA e i 3 verso l’Argentina; percentuale di ritorni pari al 33%). Ma il Brasile assimila molto presto la componente italiana, dando luogo al maggior numero al mondo di discendenti di italiani: circa 23 milioni (dati MAE, 1994), o 31 (secondo altre stime). Ciò spiega l’enorme differenza fra il numero di discendenti di italiani e quello di italofoni in Brasile. (T) Fra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX a San Paolo c’è una concentrazione altissima di immigranti italiani: nel 1893 sono il 34% della popolazione, il 50% all’inizio del secolo XX e il maggior gruppo straniero fino al 1940. Dal primo dopoguerra la presenza italiana a San Paolo diminuisce (10% degli arrivi fra gli anni ’ 20 e i ’ 40); ma nel 1920 gli italiani sono ancora il 48% degli stranieri nello Stato di SP.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale il contributo italiano al Brasile diminuisce quantitativamente, ma è

Dopo la Seconda Guerra Mondiale il contributo italiano al Brasile diminuisce quantitativamente, ma è più prestigioso perché legato allo sviluppo economico e all’alta qualificazione professionale dell’Italia nel contesto mondiale. (T) Il cambiamento delle motivazioni dello studio dell’italiano da storico-culturali a lavorative interessa soprattutto l’America Latina, e principalmente il Brasile e il Messico. L’aumento dell’interesse per l’italiano degli anni ’ 90 non sarebbe legato, in Brasile, alla presenza di una forte componente di origine italiana, ma a una combinazione di fattori: la tradizionale presenza storica e la vicinanza linguistico-culturale con l’Italia; il crescente peso economico dell’Italia nel mondo; la recente penetrazione economica italiana; la ricerca da parte brasiliana di un’alternativa al modello nordamericano; la possibilità per i brasiliani di ottenere il passaporto italiano, e quindi di vivere e lavorare nell’UE, senza rinunciare alla propria nazionalità.

(T) Relazione fra identità brasiliana e italiana Il Brasile è il paese al mondo

(T) Relazione fra identità brasiliana e italiana Il Brasile è il paese al mondo col maggior numero di discendenti di italiani (più di 30 milioni), nonostante il numero di italiani giunti qui sia minore anche di molto a quelli giunti negli USA e in Argentina, dove l´immigrazione è iniziata sostanzialmente nello stesso periodo. Ciò si spiega solo con la rapida assimilazione degli italiani in Brasile (paese che riesce ad assimilare tutto, perfino la forte emigrazione giapponese) e quindi con precoci matrimoni misti. Il rapporto con l´Italia è pertanto più diffuso ma meno intenso. Cíò lo rende particolarmente legato alle contingenze (attrattività dell´Italia a seconda dei momenti). L´evoluzione dell´italiano nel dopoguerra mostra che la componente migratoria non è direttamente responsabile della crescita dell´italiano (gli studenti della Fondazione Torino discendenti di italiani sono meno della media degli abitanti).

(T) Tra i fattori di attrazione dell´Italia in Brasile: • il legame familiare che

(T) Tra i fattori di attrazione dell´Italia in Brasile: • il legame familiare che rende l´Italia in qualche modo un paese privilegiato; • la difficoltà della cultura brasiliana a identificarsi con le matrici portoghese e africana; • i limiti forti del rapporto con gli USA o la Spagna (sentita come matrice del resto dell´America Latina distinta dal Brasile); • la facilità di ottenere un passaporto italiano; • la crescente penetrazione economica italiana in Brasile e l´aumento dei rapporti commerciali fra i due paesi. Si può dire che l´Italia è, assieme a Portogallo e Africa, uno dei pilastri fondamentali su cui si è costruita l´originalissima identità brasiliana. Nel risultato finale l´ingrediente portoghese è immediatamente visibile nella lingua, quello africano nel colore, mentre quello italiano è molto più forte di quanto non si possa immediatamente percepire.

Ma l’Italia non sembra rispondere adeguatamente. L’insegnamento sulla base della legge 153 è insufficiente.

Ma l’Italia non sembra rispondere adeguatamente. L’insegnamento sulla base della legge 153 è insufficiente. Il Brasile è trascurato dalle case editrici e dalle università italiane. Vengono offerte poche borse e il sistema formativo è inadeguato. Si lamenta la mancanza di coordinamento tra le università per stranieri presenti in Italia, che porta a grandi differenze nella certificazione e a squilibri negli strumenti didattici. (C)

(C) Attualmente esistono in Brasile due scuole biculturali, la “Eugenio Montale” a San Paolo

(C) Attualmente esistono in Brasile due scuole biculturali, la “Eugenio Montale” a San Paolo e la “Fondazione Torino” a Belo Horizonte, oltre a due IIC (a Rio e a San Paolo). Nel 1980 è stata fondata l’ABPI (Associazione Brasiliana di Professori di Italiano). Sono 13 le università brasiliane che offrono corsi congiunti di lingua e letteratura italiana. Sono attivi 8 lettorati d’italiano. In vari stati e città brasiliane esistono Accordi di cooperazione per l’inclusione dell’italiano come “componente curricular não obrigatório” nelle scuole pubbliche e di formazione dei docenti di italiano.

(T) La Região de colonização italiana (RCI) si trova nella Serra Gaúcha (il centro

(T) La Região de colonização italiana (RCI) si trova nella Serra Gaúcha (il centro principale è Caxias do Sul). Sono 11. 404 kmq con una popolazione intorno al milione e mezzo. La colonizzazione inizia nel 1875 quando la regione era foresta vergine. L´area di colonizzazione comincia dove finisce quella tedesca, precedente e di pianura, più a sud. I primi immigrati erano di Milano e si sono stanziati dove sorge l´attuale Nova Milano. Ma lo stesso anno arrivano gruppi di famiglie venete che iniziano la lottizzazione delle terre lungo l´asse nord-sud. Il dialetto veneto di impone come sistema di comunicazione delle comunità rurali. A poco a poco si crea un bilinguismo vento-portoghese, che ancora sopravvive tra gli anziani e nelle aree isolate.

Fattori extralinguistici Gli immigrati arrivano sostanzialmente da Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia.

Fattori extralinguistici Gli immigrati arrivano sostanzialmente da Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia. La RCI non si organizza sulla base di criteri regionali e quindi il contatto linguistico è intenso. I più numerosi erano i veneti, e trentini e giuliani parlavano dialetti molto simili al veneto. (T) La relazione tra i coloni avveniva nelle cappelle, attorno alle quali presto si formano servizi e scuole. Si può dividere l´evoluzione sociolinguistica in 4 periodi: 1. i dialetti somiglianti interagiscono tra loro e spariscono quelli poco rappresentati, ma la differenziazione linguistica resta; 2. i dialetti differenti interagiscono tra loro e si forma una koinè di base veneta, come risultato dei dialetti più rappresentati (vicentino, feltrino-bellunese, trevigiano, padovano e trentino), con influenze lombarde e portoghesi. Comincia il bilinguismo, ma il veneto prevale;

3. il bilinguismo diventa importante a partire dal 1950, con il progresso economico e

3. il bilinguismo diventa importante a partire dal 1950, con il progresso economico e l´integrazione della regione nella vita del paese, e poi con la repressione delle minoranze da parte del governo. Le tradizioni e la lingua originarie iniziano a perdersi. Durante la guerra il dialetto viene proibito e stigmatizzato. Chi parlava con un forte accento veniva chiamato asino. La terza generazione può ricevere l´istruzione solo in portoghese; 4. oggi la situazione è eterogenea. Nei centri urbani principali il dialetto sopravvive solo nella competenza passiva degli anziani. Nei piccoli centri i più anziani conservano ancora la competenza attiva e i più giovani qualche volta quella passiva. Nelle aree rurali la koinè veneta sopravvive e qualche volta anche un dialetto specifico. Ma dovunque la tendenza è a un´avanzata rapida del monolinguismo portoghese. Tuttavia, rimangono forti interferenze nell´acquisizione del portoghese. (T)

Due i fenomeni più evidenti: l´interferenza del dialetto nel portoghese e i prestiti nelle

Due i fenomeni più evidenti: l´interferenza del dialetto nel portoghese e i prestiti nelle due direzioni, ma soprattutto dal portoghese nella koinè. (T) Il sistema fonologico dei due idiomi ha alcune differenze: Il veneto possiede i fonemi consonantici /Θ/, /tς/ e /dζ/, assenti in portoghese che invece ha /ζ/, /ς/, /ʎ/, e la r plurivibrante assente in veneto. /Θ/ non esiste in portoghese neanche come allofono e ha un basso rendimento in veneto, per cui passa a /s/, senza produrre interferenza. /tς/ e /dζ/ esistono in portoghese come allofoni contestuali, ma il bilingue non li usa in portoghese perché non chiude /e/ in /i/ e perché non palatalizza le dentali. Così se il monolingue dice [noitςi], [tςia], [dζia], il bilingue dice [noite], [tia], [dia]. La mancanza di /ζ/ e /ς/ in veneto determina la sostituzione con /s/ e /z/. I bilingui non realizzano la plurivibrante in nessuna posizione. Al contrario, a volte ipercorreggono e la realizzano in contesti in cui il portoghese non la realizza: amarelo.

Nel sistema vocalico del portoghese in posizione finale /e/ e /o/ sono neutralizzate in

Nel sistema vocalico del portoghese in posizione finale /e/ e /o/ sono neutralizzate in /i/ e /u/, ma non nel veneto. Così abbiamo la pronuncia [leite] e [prato]. Il timbro della nasalizzazione è chiuso in portoghese e aperto in veneto, che conosce le vocali nasali. Il dittongo ão non esiste in veneto che invece di mamão pronuncia mamõ. (T) Nel lessico la koinè riceve prestiti soprattutto legati al quotidiano e a referenti assenti nella realtà di origine: (gaúcho, chimarrão, churrasco, tatu realizzati como gaúso, simarõn, surasko); fogolare o fogoler o larin è sostituito con fogão [fogõ]; televisão [televizõ]. Sia fonologicamente che morfologicamente i prestiti si adattano al veneto: becaro>asoghero/asogheri, vera> leansa/leanse, puata>boneca/boneche, bira>serveza/serveze, cotola>saia/saie, madona>sogra/sogre, botiglia>garafa/garafe, ecc.

I prestiti non si limitano ai sostantivi: A casa mia se descansa solo a

I prestiti non si limitano ai sostantivi: A casa mia se descansa solo a la domenega; la dona gorda la fa fadiga a laorar; cada matrimonio el ga el so demônio; ancoi noi se compra pi gnente barato; val de pi la pratica do che la gramática; criar porchi; engordar i porchi. Ma ci sono anche prestiti dal veneto al portoghese, soprattutto nel lessico gastronomico. (T) Nella morfologia verbale a volte il bilingue usa lessemi veneti quando parla in portoghese: • Eu me empisolei um pouco (cochilei; ven. Mi me son spisolà poco); • Eu resentei a roupa (enxagüei; ven. Mi go resentà la roba); • Eu scartossei o milho (descasquei; ven. Mi go scartossà el mais); • Eu sgualivei a tera (emparelhei; ven. Mi go sgualivà la terá).

Naturalmente accade anche il contrario: lessemi portoghesi con la flessione veneta: (T) • Lu

Naturalmente accade anche il contrario: lessemi portoghesi con la flessione veneta: (T) • Lu el me ga cumprimetà (ele me comprimentou); • Lu el se ga cortà un dedo (ele se cortou um dedo); • Lu el ga tomà serveza (ele bebeu cerveja). È notevole che ciò accada solo con i verbi della prima coniugazione, la più produttiva e meno marcata. L´interazione tra le due lingue avviene anche nella sintassi e nella semantica. Quanto all´identità dei bilingui, alla domanda se sono brasiliani o italiani rispondono normalmente: Mi son talian de qua, cioè Sono un italiano di qui. Questa koinè prende il nome di talian, che in veneto significa italiano.

(C) L’Italia nella regione amazzonica Nel secolo XIX e all’inizio del XX la presenza

(C) L’Italia nella regione amazzonica Nel secolo XIX e all’inizio del XX la presenza di artisti, musicisti, castrati, pittori e architetti italiani è molto forte nella regione amazzonica. Si pensi al teatro Amazonas di Manaus e al Teatro da Paz di Belém, a cui lavorarono Domenico de Angelis e Enrico Quattrini; alla cattedrale di Belém, progettata da Antonio Giuseppe Landi e restaurata da Luca Carimini, Giovanni Capranesi e D. De Angelis; alla Basilica di Nossa Senhora de Nazaré a Belém, di Gino Coppedé e Giuseppe Pedrasso, con la collaborazione dei marmisti della Società Marmifera Ligure Italiana; etc.

Nel Pará fra il 1870 e il 1950 si possono individuare 3 tipi d’emigrazione

Nel Pará fra il 1870 e il 1950 si possono individuare 3 tipi d’emigrazione italiana: • quella, quasi tutta meridionale, rivolta principalmente al commercio e alle libere professioni (ciabattini, fabbri, giornalai, ortolani ecc. ), ma anche all’allevamento di bestiame e all’estrazione del caucciù (a Belém e nel Baixo Amazonas); • quella, di origine veneta e lombarda, rivolta alle colonie agricole “Anita Garibaldi” e “Ianetama” (fra Castanhal e Curuçá); • quella di carattere religioso (soprattutto cappuccini e salesiani). Fra gli anni ’ 40 e i ’ 50 si ha una secondata migratoria, dovuta alla guerra. In seguito l’emigrazione italiana nel Pará si esaurisce.

Nel 1920 c’erano circa 1000 italiani nel Pará. Nel 1932 la presenza italiana giustificava

Nel 1920 c’erano circa 1000 italiani nel Pará. Nel 1932 la presenza italiana giustificava un distaccamento del consolato d’Italia a Óbidos, la città più ‘italiana’ dello Stato. A Belém gli italiani hanno un ruolo importante nel processo d’industrializzazione della città (1895). Sono italiane per esempio le prime fabbriche di scarpe (Conte e Libonatti). La Relazione finale dell’Ufficio scolastico del Consolato Generale di San Paolo (anno 2008) segnala il recente incremento della domanda dell'italiano nella regione amazzonica. In Rondonia, grazie a un accordo fra il Consolato Generale d’Italia di San Paolo e il Comune di alcune città, dal 1986 esistono corsi d’italiano, tenuti da professori locali o inviati da San Paolo. È stata anche creata l’APIERON (Associazione Insegnanti di Italiano dello Stato di Rondonia), che realizza