BIOLOGIA DEI PROCESSI COGNITIVI Corso Di Laurea In
BIOLOGIA DEI PROCESSI COGNITIVI Corso Di Laurea In Scienze e Tecniche Psicologiche 4 cfu Dr. ssa Rizzuto Alessia alessia. rizzuto@unich. it
Programma e Modalità Esame Processi Cognitivi Mindfulness e Attenzione ADHD Immagine Corporea e Disturbi Alimentari Frequentanti: lavoro in piccoli gruppi in aula, volto alla creazione di una presentazione in PP che avverrà durante il corso dell’ultima lezione. Non Frequentanti: esame orale Slides - Siegel D, Mindfulness e Cervello. Raffaello Cortina Editore. Cap. 1, 2, 3, 6
Cosa sono i processi cognitivi? L’insieme delle rappresentazioni e delle operazioni mentali che permettono di percepire ed elaborare l’informazione resa disponibile dall’ambiente e dal mondo interiore e che sono alla base del comportamento umano. I processi cognitivi sono connessi con quelle funzioni che hanno il loro sistema di controllo nei centri superiori della corteccia cerebrale; si distinguono dalle funzioni inferiori del cervello (bisogno di cibo, acqua, sonno) che contraddistinguono gli animali e li differenziano da essi. Ogni comportamento rappresenta il risultato di una funzione cerebrale.
Ciò che noi chiamiamo “mente” non è altro che una serie di operazioni eseguite dal cervello. Le attività cerebrali non comprendono perciò soltanto comportamenti motori relativamente semplici come mangiare o camminare, ma anche tutte le complesse attività cognitive che noi tendiamo a mettere in relazione con comportamenti essenzialmente umani come il pensare, il parlare ecc.
Le neuroscienze 1. spiegare i processi mentali che ci permettono di pensare, percepire o ricordare o, in altre parole, di spiegare il comportamento in termini di attività cerebrali. 2. modalità attraverso le quali i neuroni operano nel cervello per determinare la comparsa di comportamenti e in che modo queste cellule possano essere influenzate dalle condizioni dell’ambiente che le circonda, incluso il comportamento di altre persone. I fattori biologici sono fondamentali per la nostra esperienza sensoriale, lo stato di coscienza, la motivazione e l’emozione, lo sviluppo nel corso della vita e la salute fisica e psicologica.
1. Neuroscienza Molecolare. La materia cerebrale è costituita da una grande varietà di molecole, cruciali per il funzionamento del cervello. 2. Neuroscienza Cellulare. Focalizza l’attenzione sullo studio del modo in cui le molecole lavorano insieme per conferire al neurone le sue proprietà. 3. Neuroscienza dei Sistemi. Costellazioni di neuroni formano complessi circuiti che eseguono funzioni semplici (vista, movimento). I neuroscienziati studiano come circuiti neurali differenti analizzano le informazioni sensoriali, come formano la percezione del mondo esterno, come prendono decisioni o eseguono movimenti. 4. Neuroscienza Comportamentale. Studia in che modo i sistemi neurali lavorano insieme per produrre comportamenti integrati. 5. Neuroscienza Cognitiva. Riguarda la comprensione dei meccanismi neurali responsabili dei livelli più alti dell’attività mentale umana (autocoscienza, linguaggio, pensiero). In che modo l’attività del cervello crea la mente.
Inoltre i progressi delle neuroscienze comportamentali hanno preparato la strada alla creazione di farmaci e altri trattamenti per malattie fisiche e psicologiche. Non possiamo capire il comportamento senza conoscere la nostra costituzione biologica.
Biologia dei Processi Cognitivi: il SNC Per comprendere le basi biologiche dei processi cognitivi è necessario conoscere l’anatomia dei sistemi cerebrali preposti a queste funzioni. Il SNC ci consente di eseguire attività molto precise come danzare, segnare un goal, ma anche semplicemente scrivere o raccogliere una penna. Queste azioni dipendono, per certi versi, da una precisa coordinazione muscolare. Ma se consideriamo come i muscoli possono essere attivati in modo così preciso, vediamo che sono coinvolti più processi fondamentali. Affinché i muscoli producano i complessi movimenti che rendono possibili attività fisiche elaborate, il cervello deve fornire i giusti messaggi e coordinarli.
Tali messaggi passano attraverso i neuroni, che sono gli elementi base del SNC. La struttura, l’azione e le funzioni del neurone sono aspetti biologici fondamentali del corpo che stanno alla base di molti processi psicologici primari La nostra comprensione di come sentiamo, percepiamo e impariamo dal mondo sarebbe molto più ridotta senza le informazioni sul neurone acquisite dai neuroscienziati comportamentali.
Il Neurone Sebbene esistano diversi tipi di neuroni, tutti hanno una struttura base simile. Come tutte le altre cellule del corpo, essi possiedono un corpo cellulare contenente un nucleo. Il nucleo incorpora il materiale ereditato che in definitiva determina il funzionamento di una cellula. I neuroni sono fisicamente saldati tra di loro dalle cellule gliali aventi funzione nutritiva e protettiva. Al contrario della maggior parte delle altre cellule, tuttavia, i neuroni hanno una caratteristica tipica: la capacità di comunicare con le altre cellule e di trasmettere informazioni, talvolta attraverso distanze piuttosto lunghe. Sebbene molti dei neuroni del corpo ricevano segnali dall’ambiente o trasmettano i messaggi del sistema nervoso ai muscoli e ad altre cellule bersaglio, la maggioranza di essi comunica solo con altri neuroni, costituendo l’elaborato sistema di informazione che regola il comportamento.
I neuroni seguono la legge del tutto o niente: sono disattivati o attivati, non esiste una possibilità intermedia. Un neurone in stato di riposo ha una carica elettrica negativa di circa -70 millivolt e un’eccedenza di cariche elettriche positive sulla superficie esterna. Questa carica è dovuta alla presenza di un numero maggiore di ioni negativi all’interno del neurone rispetto all’esterno (la concentrazione di K+ è più alta all’interno e quella di NA+ all’esterno) e questa differenza fissa viene mantenuta quando il neurone non genera impulsi. Quando arriva un messaggio la membrana cellulare del neurone si apre brevemente permettere agli ioni carichi positivamente (NA+) di precipitarsi all’interno. L’arrivo improvviso di questi ioni positivi provoca una modifica locale del potenziale di membrana (depolarizzazione) da negativo a positivo. Quando tale modifica raggiunge un valore critico (c. a. -55 mv) si innesca il potenziale d’azione. Il livello critico di depolarizzazione che deve essere ottenuto per causare un potenziale d’azione viene chiamato livello soglia.
Tale modificazione della permeabilità al sodio dura soltanto per mezzo millisecondo, poi i canali del sodio si chiudono e la membrana riacquista la sua precedente impermeabilità agli ioni NA+. Quasi immediatamente si aprono i canali del potassio a controllo di potenziale e gli ioni K+ fuoriescono dall’assone ripristinando il potenziale di riposo, poiché il flusso verso l’esterno di ioni K+ bilancia l’inversione di polarità dovuta al precedente flusso verso l’nterno di ioni NA+. La pompa sodio-potassio trasporta poi gli ioni NA+ e K+ attraverso la membrana dell’assone, riportando le concentrazioni di questi ioni ai loro livelli di partenza (3 NA+ fuori e 2 K+ dentro).
Il sistema di trasmissione nervosa in alcuni punti non ha bisogno di una connessione strutturale tra i suoi elementi: una connessione chimica nota come sinapsi, colma il vuoto tra due neuroni. La sinapsi è lo spazio tra due neuroni in cui l’assone di un neurone trasmittente comunica con i dentriti del neurone ricevente usando dei messaggi chimici.
Quando un impulso nervoso arriva all’estremità di un assone e raggiunge il bottone sinaptico, questo rilascia il neurotrasmettitore. I neurotrasmettitori sono sostanze chimiche trasportano i messaggi attraverso la sinapsi a un dendrite di un neurone ricevente. I messaggi viaggiano in forma elettrica all’interno del neurone ma si spostano da un neurone all’altro attraverso un sistema di trasmissione chimica Esistono vari tipi di neurotrasmettitori, e non tutti i neuroni riceventi sono in grado di fare uso del messaggio chimico trasportato da un particolare neurotrasmettitore; infatti, ogni tipo di neurotrasmettitore ha una configurazione caratteristica che gli permette di entrare in un tipo specifico di cellula del recettore. La comunicazione chimica ha successo solo quando un neurotrasmettitore si infila precisamente in un’area del recettore.
Il messaggio chimico consegnato dal neurotrasmettitore può essere fondamentalmente di due tipi: eccitatorio o inibitorio. Il messaggio eccitatorio rende più probabile l’attivazione del neurone ricevente e lo spostamento del potenziale d’azione lungo l’assone; i messaggi inibitori fanno l’opposto: forniscono l’informazione chimica che previene o diminuisce la probabilità di attivazione del neurone ricevente I dendriti di un neurone ricevono simultaneamente sia messaggi eccitatori che inibitori; il neurone deve quindi integrare i messaggi e, se la concentrazione di messaggi eccitatori è maggiore della concentrazione di quelli inibitori, il neurone si attiva. Al contrario, se i messaggi inibitori battono gli eccitatori, non succede niente e il neurone rimane nel suo stato di riposo. I neurotrasmettitori vengono poi disattivati dagli enzimi o, più frequentemente, vengono riassorbiti dai bottoni sinaptici tramite il reuptake.
Neuroni Mirror Verso la fine degli anni ’ 90 un gruppo di neuroscienziati, coordinati dal Professor Giacomo Rizzolatti, ha scoperto l’esistenza dei neuroni specchio, neuroni che si attivano non solo quando si attua un comportamento ma anche quando si osserva qualcun altro assumere lo stesso comportamento. I neuroni specchio ci aiutano a capire come e perché gli esseri umani abbiano la capacità di comprendere le intenzioni degli altri. In particolare, attivandosi quando vediamo qualcuno fare qualcosa, i neuroni specchio ci consentono di individuarne gli scopi e prevederne le azioni successive.
La scoperta dei neuroni specchio indica che la capacità di imitare gli altri, riscontrabile anche nei bambini, può essere innata. Inoltre i neuroni specchio possono essere alla base dell’empatia e dello sviluppo del linguaggio nell’uomo.
Sistema Nervoso Centrale Cervello Midollo Spinale Sistema Nervoso Periferico Sistema Motorio Sistema Sensoriale
Sistema Nervoso: SNP Sistema Motorio Sistema Somatico (volontario) Sistema Autonomo (involontario) Sistema Sensoriale Neuroni che ricevono informazioni dall’ambiente esterno e trasmettono al cervello informazioni dal corpo
Sistema Somatico: è specializzato nel controllo dei movimenti volontari e nella comunicazione di informazioni verso e dagli organi di senso. Sistema Autonomo: si occupa delle parti del corpo che ci mantengono in vita: cuore, vasi sanguigni, ghiandole, polmoni e altri organi che funzionano indipendentemente dalla nostra consapevolezza; gioca un ruolo molto importante nelle situazioni di emergenza.
Sistema Nervoso Autonomo Sistema Simpatico: agisce per preparare il corpo in situazioni di emergenza molto stressanti, impegnando tutte le risorse dell’organismo a rispondere alla minaccia. Questa risposta spesso assume la forma del “combatti o fuggi”. Sistema Parasimpatico: agisce per calmare il corpo dopo che la situazione d’emergenza è stata risolta; sostiene la conservazione dell’energia corporea. I due sistemi lavorano insieme per regolare molte funzioni .
SNC: il Cervello Il SNC è una struttura bilaterale ed essenzialmente simmetrica, formata da sette parti principali: midollo spinale, bulbo, ponte, cervelletto, mesencefalo, diencefalo, emisferi cerebrali. Sebbene le capacità del cervello umano superino ampiamente quelle del cervello delle altre specie, gli umani condividono alcune funzioni di base come respirare, nutrirsi, dormire, con gli animali più primitivi, e non sorprende che queste attività siano guidate da una parte relativamente primitiva del cervello.
Il cervello può essere diviso in due modalità pressappoco speculari; queste due metà simmetriche, sinistra e destra (emisferi), controllano il movimento e ricevono sensazioni dal lato opposto del corpo. L’emisfero sinistro del cervello, quindi, generalmente controlla la parte destra del corpo e l’emisfero destro controlla la parte sinistra; in altri termini, ogni emisfero controlla la parte controlaterale del corpo. Perciò i danni alla parte destra del cervello si riflettono tipicamente in difficoltà funzionali nella parte sinistra del corpo.
A dispetto dell’apparente similitudine tra i due emisferi del cervello, ci sono delle differenze nelle funzioni che essi controllano e nei modi in cui le controllano. Sembra che certi comportamenti riflettano l’attività di un emisfero più che dell’altro. Una prima prova a sostegno delle differenze funzionali tra i due emisferi proviene dagli studi delle persone con afasia. I ricercatori constatarono che, chi aveva difficoltà di parola , tendeva ad avere danni fisici all’emisfero sinistro. Al contrario, delle lesioni all’emisfero destro, producevano molti meno problemi di linguaggio. Questi e altri risultati hanno portato i ricercatori a concludere che, per la maggior parte delle persone, il linguaggio è lateralizzato, cioè maggiormente localizzato in un emisfero piuttosto che in un altro. In questo caso, nel lato sinistro del cervello.
I due emisferi sono piuttosto specializzati nelle loro funzioni. Emisfero Sinistro: compiti che richiedono competenza verbale come il parlare, il leggere, il pensare, il ragionare (le sue funzioni hanno 4 L: linguistica, linearità, logica, e pensiero letterale). Emisfero Destro: nell’area non verbale come la comprensione delle relazioni spaziali, il riconoscimento di schemi e disegni, la musica e l’espressione emotiva; è inoltre caratterizzato da una serie di specialità non correlate come la memoria autobiografica, emozioni spontanee, risposta iniziale empatica non verbale, modulazione dello stress e dominanza dell’aspetto di allerta dell’attenzione.
Emisfero Sinistro: media gli stati affettivi più positivi ed è associato ai comportamenti di avvicinamento. Emisfero Destro: media il distress e le emozioni dolorose e correla con il ritiro dalle situazioni nuove.
La Corteccia Cerebrale La corteccia cerebrale è la sede principale di tutte quelle abilità che permettono all’uomo di distinguersi da tutti gli altri animali: i sistemi cerebrali responsabili delle sensazioni, delle percezioni, del movimento volontario, dell’apprendimento, del linguaggio e del pensiero, convergono tutti in quest’organo così importante. Le operazioni cerebrali necessarie per esplicare le nostre capacità cognitive hanno luogo essenzialmente nella corteccia cerebrale (detta anche neoencefalo, per la sua evoluzione relativamente recente), cioè la sostanza grigia che ricopre gli emisferi cerebrali.
Pesci e anfibi non hanno una corteccia cerebrale, mentre i rettili e gli uccelli presentano solo un abbozzo rudimentale di corteccia. I mammiferi più primitivi, come i ratti, hanno una corteccia relativamente liscia; tra i primati, invece, la corteccia diventa estremamente estesa e complessa. In ciascuno dei due emisferi cerebrali la sovrastante corteccia è suddivisa in quattro lobi anatomicamente distinti: frontale, parietale, occipitale, temporale, che prendono il nome dalle ossa del cranio che li racchiudono. Ciascuno di questi lobi possiede funzioni specializzate.
Lobo Frontale: programmazione delle azioni e controllo del movimento, funzionamento esecutivo, ragionamento astratto, attenzione diretta. • Lobo Parietale: sensazioni somatiche, formazione di uno schema della propria immagine corporea e rappresentazione dei rapporti che intercorrono tra il proprio schema corporeo e lo spazio extrapersonale che ci circonda. Lobo Occipitale: visione • Lobo Temporale: udito, comportamento emotivo. apprendimento, memoria e
Ciascun lobo possiede una serie di circonvoluzioni (o giri) e solchi: essi sono il risultato dell’enorme espansione della corteccia cerebrale durante lo sviluppo fetale dell’uomo (che deve ripiegarsi più volte su se stessa per poter esser contenuta nel cranio). Questo tipo di corteccia, presente solo nei mammiferi è conosciuta come neocorteccia (neocortex).
Dal punto di vista funzionale, la neocorteccia viene suddivisa in tre aree principali: • area motoria: controllo del movimento volontario • area sensoriale: ricevono i segnali dalle vie sensoriali ascendenti; si tratta di sensazioni corporee, vista (lobo occipitale) e udito (lobo temporale). • area associativa: è uno sviluppo più recente, una caratteristica notevole del cervello dei primati e una delle maggiori aree della corteccia cerebrale che ritroviamo in particolare nei lobi frontale e temporale. Viene generalmente considerata il sito dei processi mentali più avanzati come il pensiero, il linguaggio, la memoria, l’articolazione della parola.
La parte anteriore della corteccia è responsabile dei processi motori, attentivi e cognitivi. Nella regione frontale, troviamo l’area motoria, l’area premotoria e la corteccia prefrontale. La corteccia premotoria è stata la prima regione in cui sono stati scoperti i neuroni mirror. La corteccia prefrontale, maggiormente sviluppata negli esseri umani, media molte funzioni tipiche della nostra specie. La corteccia prefrontale laterale ha un ruolo importante nella working memory. L’area mediale della corteccia prefrontale include varie regioni interconnesse ed è la parte del cervello maggiormente coinvolta negli stati mindful.
Mindfulness e Cervello Consapevolezza Attenzione Capacità di essere pienamente consapevoli delle situazioni che affrontiamo.
Mindfulness: momento presente; “qui e ora”. Nel senso più generale del termine, la mindfulness riguarda il risvegliarsi da una vita vissuta in automatico e l’essere sensibili alle novità nelle nostre esperienze quotidiane. Con la consapevolezza mindful, il flusso di energia e informazioni che è la nostra mente entra nella nostra attenzione cosciente e noi possiamo comprendere i suoi contenuti e riuscire a regolare il suo flusso in modo nuovo.
Essa è molto più dell’essere semplicemente consapevoli: implica essere consapevoli degli aspetti della mente. La consapevolezza, la riflessione sulla mente, ci mette nelle condizioni di evitare di entrare in automatico nella modalità dell’agire e di porci in un’ottica di semplice osservazione rispetto a ciò che sta accadendo dentro e fuori di noi permettendoci di fare delle scelte e quindi, di cambiare.
Mindfulness Mindlessness
Le Origini Mindfulness è la traduzione inglese del termine sati, che in lingua Pali indica la piena consapevolezza, la presenza mentale, il tenere a mente: il ricordarsi di mantenere l’attenzione al momento presente. Al qui e ora. A ciò che sperimentiamo in questo momento. Il termine “meditazione” è piuttosto ambiguo e, pertanto, non viene utilizzato spesso nell’insegnamento della mindfulness; tuttavia, essa, deriva da una particolare forma di meditazione dell’India, la meditazione vipassana, introdotta dal Buddha più di 2500 anni fa per superare ogni tipo di sofferenza. Nelle diverse tradizioni religiose, però, l’idea dell’essere consapevoli del momento presente ha un senso diverso rispetto a quello della mindfulness terapeutica.
L’idea di fondo di Buddha era che, se sono assorbito da qualcosa, in quel momento specifico le mie sofferenze passano. Si può non sentire il dolore o la fame, ma nel momento in cui smetto di meditare, tutte le sofferenze ritornano. Dunque come posso affrontare la sofferenza nella mia vita e non soltanto nel momento in cui medito? Ecco che fu introdotto un altro tipo di meditazione, molto simile alla mindfulness, il cui proposito non era di sfuggire alla sofferenza, ma di riconoscerla, accettarla, persino esplorarla, conoscerla per quello che è. Storicamente, nel corso di migliaia di anni, sono state poi sviluppate varie pratiche possono assumere la forma della meditazione mindful (es. yoga, tai chuan). In ognuna di queste attività, chi le pratica, deve focalizzare la mente in modo molto specifico sulla sua esperienza momento per momento.
La mindfulness è chiamata appunto, meditazione di consapevolezza. La caratteristica fondamentale della mindfulness è la vigile consapevolezza del momento presente, di ciò che entra nel campo della coscienza, senza lasciarsi andare in ragionamenti, giudizi, tentativi di spiegazione. Senza respingere, ma allo stesso tempo senza essere catturati. La bontà di una meditazione non si misura con il grado di benessere o rilassamento raggiunto ma dalla qualità non giudicante della nostra attenzione. Persino la tendenza a giudicare, respingere, lottare, cedere agli impulsi, può essere oggetto di meditazione.
“la consapevolezza che emerge se prestiamo attenzione in modo intenzionale, nel momento presente e in modo non giudicante, al dispiegarsi dell’esperienza, momento per momento”. (Kabat-Zinn) Prestare un’attenzione “non giudicante” può essere interpretata come un “non rimanere aggrappati ai giudizi”, in quanto la nostra mente rivaluta e reagisce continuamente. “In modo intenzionale” implica che questo stato venga creato con l’intenzione di focalizzarsi sul momento presente.
Il concetto centrale della mindfulness è, dunque, l’attenzione al momento presente: un’attenzione non giudicante. Sono state fornite, negli anni, diverse definizioni e spiegazioni di cosa sia la mindfulness e sembrerebbero emergere cinque fattori importanti e indispensabili.
La non reattività rispetto all’esperienza interna (percepire sentimenti ed emozioni senza reagire) Osservare/notare/dedicarsi alle sensazioni, alle percezioni, ai pensieri e ai sentimenti (rimanere in contatto con le proprie sensazioni e i propri sentimenti anche se spiacevoli o dolorosi) Agire in modo consapevole anziché con il pilota automatico, concentrazione anziché distrazione Descrivere/etichettare con le parole (mettere in parole le proprie credenze, opinioni, aspettative) Avere un atteggiamento non giudicante rispetto all’esperienza (es. non giudicarsi e/o criticarsi perché si provano emozioni irrazionali o appropriate)
La riflessione sulla natura dei propri processi mentali è una forma di metacognizione, un “pensare al pensiero”, un “essere consapevoli della consapevolezza”.
Il pilota automatico: Mindfulness vs Mindlessness Per molte persone, vivere in automatico rappresenta la normalità; questa modalità, però, ci espone al rischio di reagire senza mindfulness alle situazioni, senza riflettere sulle varie possibilità di risposta che abbiamo a disposizione.
COAL: curiosity, openness, acceptance, love Un ulteriore punto cardine della pratica mindfulness è il seguente: dobbiamo avvicinarci al qui e ora con curiosità, apertura, accettazione, amore; avere, cioè, un assetto mentale COAL. Questo non significa semplicemente prestare attenzione a ciò che sta accadendo, ma esserne consapevoli. Consapevolezza mindfulness significa essere consapevoli della consapevolezza.
Attenzione non giudicante L’attenzione è sempre rivolta al presente, un’attenzione non giudicante che, per quanto ci si sforzi di mantenere alta, può spesso divagare ed essere catturata da pensieri, valutazioni, giudizi, ricordi, emozioni e sensazioni di ogni genere. Tali divagazioni sono la norma. Ciò che fa la differenza è il nostro atteggiamento nei loro confronti.
Quando la nostra mente inizia a divagare, la cosa più semplice da fare è notarlo. Notare la nostra mente che si sposta su questo pensiero. Si tratta semplicemente di notare, prenderne atto, senza ragionamenti o ricerca di cause o spiegazioni. Si tratta semplicemente di notare che la mente non è lì dove vorremmo che fosse ma piuttosto su questo preciso pensiero, per poi tornare all’oggetto iniziale di meditazione. La cosa fondamentale è la consapevolezza della nostra esperienza presente e, se la nostra esperienza è pervasa di divagazioni, o emozioni e pensieri intrusivi, ciò significa semplicemente che la nostra esperienza è questa.
“attenzione consapevole dei nostri pensieri” “perdersi tra i pensieri” Ci perdiamo tra i pensieri quando perdiamo la consapevolezza del momento presente; non vediamo più i pensieri ma vediamo il mondo attraverso di essi. Quando ciò capita, è necessario rendersene conto e tornare al momento presente, osservandoli per quello che sono. Dunque, ciò che conta non è la presenza o l’assenza dei pensieri ma il nostro atteggiamento nei loro confronti.
La Mindfulness in medicina Alla fine degli anni ’ 70, Kabat-Zinn avverte la necessità e l’importanza di inserire la mindfulness all’interno della medicina tradizionale moderna. Ciò che si chiedeva era se ci si potesse prendere cura dei pazienti che non potevano essere più aiutati dagli interventi medici tradizionali. La facoltà di medicina dell’Università del Massachusetts Medical Center accolse le sue idee e diede avvio alla clinica per la Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR); ad oggi tale approccio è lì insegnato e applicato.
Le patologie trattate variano dal mal di schiena alla psoriasi e si è riusciti a dimostrare che il training MBSR può aiutare a ridurre gli stati soggettivi di sofferenza e a migliorare la funzione immunitaria dei pazienti, ad accelerare la loro guarigione e a coltivare le relazioni e il senso globale di benessere. Numerose ricerche hanno dimostrato che essa determina miglioramenti fisiologici, psicologici e interpersonali in varie popolazioni di pazienti.
Mindfulness e salute mentale Le ricerche in questo campo hanno rivelato miglioramenti significativi in numerosi disturbi con riduzione dei sintomi e prevenzione delle ricadute. La mindfulness è risultata efficace nel prevenire le ricadute nei casi di depressione cronica trattata con TCC e nel disturbo Borderline con Terapia dialettico-comportamentale. I principi della Mindfulness vengono applicati anche all’interno della Terapia dell’Accettazione e dell’Impegno (ACT), utilizzata nelle Terapie Cognitivo Comportamentali. Essa si pone come obiettivo principale quello di aiutare i pazienti ad accettare i propri pensieri e le proprie emozioni.
L’idea generale degli effetti benefici della Mindfulness è che l’accettazione della propria situazione possa alleviare il conflitto interno che si scatena quando le nostre aspettative rispetto alla vita non corrispondono alla realtà. Essere mindful significa percepire ciò che è, anche i propri giudizi, e notare che queste sensazioni, queste immagini, questi sentimenti e pensieri, arrivano e vanno via. Discernimento: si è consapevoli del fatto che le attività della propria mente non sono la totalità di ciò che si è. Mediante questo processo la Mindfulness contribuisce ad alleviare la sofferenza: si diventa consapevoli delle attività della propria mente osservando i pensieri, i sentimenti, le sensazioni, le immagini come attività che vanno e vengono.
Neuroplasticità e Mindfulness La consapevolezza mindful è una forma di esperienza che sembra promuovere la plasticità neurale. L’esperienza, nel SNC, è data dall’attivazione di scariche neurali in risposta agli stimoli: i neuroni diventano attivi e le connessioni aumentano. I neuroni si attivano quando noi facciamo un’esperienza. Quando un neurone si attiva si crea il potenziale per alterarne le sinapsi favorendo la crescita di nuove sinapsi, rafforzando quelle esistenti o stimolando la crescita di nuovi neuroni che daranno, vita a loro volta, a nuove connessioni sinaptiche. I modi in cui il cervello sviluppa nuove connessioni sono la sinaptogenesi e la neurogenesi.
Neuroplasticità è il termine utilizzato quando le connessioni tra i vari neuroni cambiano in risposta all’esperienza; avvengono, quindi, dei cambiamenti strutturali nel cervello. Quando, per esempio, focalizziamo la nostra attenzione in modi specifici, stiamo attivando i circuiti del cervello, e questa attivazione può rafforzare le connessioni sinaptiche delle aree coinvolte. La neuroplasticità non coinvolge solo la struttura cerebrale ma anche la funzione di molte strutture (es. corteccia anteriore sinistra), nell’esperienza mentale e negli stati corporei.
La Mindfulness, e quindi la consapevolezza dell’esperienza che facciamo momento per momento, ci da la possibilità di sentire e accettare direttamente la nostra esperienza mentale. Questo stato di consapevolezza può coinvolgere, in uno stato integrato coerente, diverse regioni del cervello incluse aree importanti della corteccia, aree subcorticali del sistema limbico e del tronco encefalico. Il sistema limbico è coinvolto nell’attaccamento, nella memoria, nella comprensione del significato, nella creazione degli affetti, delle sensazioni interne e delle emozioni. Le regioni limbiche contengono anche il principale regolatore degli ormoni, l’ipotalamo. Le zone limbiche e il tronco encefalico si combinano per influenzare le nostre pulsioni motivazionali e l’attivazione dei nostri bisogni di base di sopravvivenza, affiliazione e significato. La Mindfulness, inoltre, favorirebbe uno stato di avvicinamento con un incremento dell’attività elettrica frontale dell’emisfero sinistro.
Stati di Coscienza e Attenzione La Mindfulness consiste nella capacità di sviluppare e mantenere un’attenzione consapevole. Lo stato di coscienza riguarda la consapevolezza delle sensazioni, dei pensieri e dei sentimenti provati in un dato momento; è la comprensione soggettiva sia dell’ambiente che ci circonda, sia del nostro mondo interno privato, nascosto agli osservatori esterni. Nello stato di coscienza vigile siamo svegli e consapevoli dei nostri pensieri, delle nostre emozioni e delle nostre percezioni. Tutti gli altri stati sono considerati stati alterati di coscienza. Tra questi, il sonno e i sogni avvengono naturalmente, l’uso di droghe e l’ipnosi, al contrario, sono metodi per alterare deliberatamente il proprio stato di coscienza.
Elementi essenziali dello stato di coscienza sono i livelli di vigilanza e i processi attentivi. L’essere umano esperisce uno stato di coscienza vigile per circa il 60 -70% della giornata: tale percentuale è soggetta a variazioni in base all’età, influenze ambientali (stress, affaticamento, processi digestivi), differenze individuali (il bisogno di sonno che varia da persona). Lo stato di coscienza vigile mette l’organismo nella condizione di poter acquisire informazioni e fornire risposte congruenti agli stimoli provenienti dall’ambiente esterno ma, affinché tali informazioni possano essere interpretate per mezzo dei processi percettivi, elaborate per essere memorizzate e riutilizzate nei processi di pensiero, è indispensabile l’intervento dell’attenzione.
Nel linguaggio comune si tende a confondere l’attenzione con la concentrazione: quest’ultima deve essere intesa come una forma di attenzione selettiva, uno dei processi implicati nell’attenzione. L’attenzione, al contrario, racchiude tutti quei processi che consentono all’organismo di selezionare una parte dell’informazione ambientale. L’attenzione divisa consente di effettuare due o più compiti contemporaneamente; l’attenzione distribuita permette di cogliere un maggior numero di elementi a scapito, però, della velocità con cui ciò avviene; l’attenzione selettiva è l’insieme dei processi che consentono di concentrare la propria attenzione su alcune informazioni; l’attenzione sostenuta rende possibile mantenere, per un prolungato periodo di tempo, uno stato di vigilanza adeguato soprattutto in compiti monotoni.
I processi attentivi rispondono appieno a due importanti criteri: il principio di sopravvivenza e quello di economicità. Legato al principio di sopravvivenza è il processo di attivazione dell’organismo, cioè di preparazione a ricevere informazioni dall’ambiente e, conseguentemente, a reagire con comportamenti adeguati agli stimoli ambientali: quanto prima percepisco i cambiamenti ambientali potenzialmente pericolosi, tanto prima sarò in grado di reagire in maniera appropriata. I processi di attenzione selettiva e gestione delle risorse rispondono invece al principio di economicità: ogni individuo è costantemente bombardato da ingenti quantità di informazioni, impossibili da gestire contemporaneamente in modo efficace; è quindi necessario ridurre la complessità e la quantità di informazioni in ingresso per avere buone probabilità di elaborarle con successo.
La riduzione delle informazioni in ingresso è resa possibile da un lato dalla focalizzazione su una parte di esse, sulle quali si concentra la nostra attenzione selettiva, dall’altro, non prendendo in considerazione le informazioni irrilevanti, quelle non connesse all’oggetto di attenzione selettiva, ignorando, cioè, tutto quanto è rumore di fondo che potrebbe ostacolare l’elaborazione dell’informazione.
La mindfulness viene considerata una delle forme più efficaci di rieducazione alla consapevolezza; essa è, allo stesso tempo, niente, poiché non c’è nessun posto dove andare e nulla da fare, e tutto, dato che la nostra abitudine all’inconsapevolezza è molto radicata. L’inconsapevolezza richiede meno fatica della consapevolezza ed è favorita da alcuni fattori quali la consuetudine alla ripetizione, la focalizzazione sugli obiettivi (essere orientati al risultato anziché al processo, riduce l’attenzione, la riflessione, la consapevolezza).
Per passare da una situazione di inconsapevolezza ad una di consapevolezza, è necessario innanzitutto esercitare una forma particolare di attenzione volontaria: l’attenzione esecutiva. Solo attraverso lo sforzo attentivo il soggetto diventa capace di bloccare le risposte automatiche, che tendono a riportarlo nell’inconsapevolezza degli automatismi. In quest’ottica possiamo considerare la mindfulness non come una pratica meditativa o una tecnica di rilassamento ma bensì come una pratica per sviluppare l’attenzione volontaria.
Michael Posner ha proposto di distinguere tre sistemi attentivi: il sistema di allerta (o vigilanza), il sistema di orientamento (o sistema attenzionale posteriore) e l’attenzione esecutiva (o sistema attenzionale anteriore). Sistema di allerta: ha come principale struttura di riferimento il tronco dell’encefalo e in particolare il locus coeruleus del ponte. Grazie al rilascio del neurotrasmettitore noradrenalina, da parte del sistema noradrenergico, questo sistema è in grado di mantenere uno stato di attivazione e risvegliare l’individuo in condizioni potenzialmente pericolose. I neuroni del locus coeruleus sono coinvolti oltre che nell’attenzione, anche nei cicli sonno-veglia, così come nell’apprendimento e nella memoria, nel dolore e negli stati d’ansia.
Sistema di orientamento: è responsabile sia dell’orientamento dell’attenzione verso stimoli sensoriali, che della facilitazione verso stimoli selezionati per la loro posizione nello spazio o per il possesso di caratteristiche specifiche. Di questo circuito fanno parte tre strutture: la corteccia parietale posteriore, il pulvinar, il collicolo superiore, responsabili rispettivamente dello sganciamento, agganciamento, e spostamento dell’attenzione. Attenzione esecutiva: è responsabile del controllo esecutivo, del monitoraggio del comportamento e dell’elaborazione consapevole dell’esperienza. Essa permette di mantenere volontariamente la concentrazione dell’attenzione su di un compito. Si tratta di un sistema tipico degli esseri umani, che non è presente alla nascita, ma che si sviluppa gradualmente in un’interazione sinergica fra componenti neurobiologiche, relazionali ed educative.
È detto anche sistema attenzionale anteriore poiché il suo correlato neurofunzionale risiederebbe nella corteccia prefrontale mediale, inclusa l’area supplementare motoria e la corteccia cingolata anteriore; il neurotrasmettitore coinvolto è la dopamina.
La CCA fa parte del lobo limbico, più precisamente del circuito di Papez (sistema limbico), responsabile dell’esperienza emozionale. È un’area primitiva di associazione delle informazioni viscerale, motoria, tattile, autonoma ed emozionale che comincia a partecipare all’attività cerebrale durante il secondo mese di vita. Ha fatto la sua comparsa nel corso dell’evoluzione negli animali che mostravano un comportamento materno, giocavano, allattavano.
Gli anfibi, i rettili e gli animali più antichi sono privi della corteccia cingolata come anche di duraturi legami sociali ed emozionali. L’integrazione di alcuni aspetti dei processi cognitivi ed emozionali – nonché l’attivazione, la modulazione, e la coordinazione del circuito frontale e motorio – è regolata dalla CCA. Indagini condotte con tecniche di brain imaging hanno evidenziato il ruolo della CCA come nodo cruciale della rete dell’attenzione esecutiva. È proprio l’attenzione esecutiva che viene sviluppata nella pratica mindfulness: tecniche di neuroimaging, infatti, hanno evidenziato una maggiore attivazione del lobo prefrontale nei soggetti che la praticano. Ciò significa che chi pratica la mindfulness diventa capace di fermarsi, di non fare, di non essere distratto dagli stimoli irrilevanti.
L’attenzione ha un ruolo molto importante nel nostro agire consapevolezza. Per portare qualcosa all’interno della consapevolezza non basta semplicemente registrare gli input sensoriali ma è necessario impegnarsi in un processo di ricerca attiva e intenzionale dei dati percettivi che ci circondano. Con la consapevolezza mindful, abbiamo qualcosa in più della sola consapevolezza della sensazione: abbiamo una meta consapevolezza; siamo cioè consapevoli della consapevolezza. Questo processo implica l’attivazione delle aree prefrontali mediali. La corteccia prefrontale mediale differenzia la semplice esperienza sensoriale diretta da una forma di consapevolezza sensoriale che include anche l’osservazione dell’esperienza.
La ruota della consapevolezza: È una metafora visiva della mente che ci permette di vedere come una ruota possa rappresentare i diversi aspetti dell’esperienza dell’attenzione.
Sul cerchione esterno della ruota si trova tutto ciò che può entrare nel focus della nostra attenzione. Ogni punto del cerchione rappresenta l’oggetto potenziale della consapevolezza. I raggi che partono dal mozzo centrale della ruota simbolizzano la nostra capacità di focalizzare la nostra attenzione su un punto del cerchione. Il mozzo presente al centro della ruota della consapevolezza simbolizza la spaziosità della mente, che può ingaggiare un raggio su un punto particolare del cerchione, o essere recettiva rispetto a qualsiasi cosa emerga lungo il cerchione non appena entri nel mozzo. Il mozzo è aperto e sufficientemente ampio da permettere a qualsiasi elemento del cerchione di entrare nella nostra esperienza cosciente senza impadronirsene. Qualsiasi elemento del cerchione può essere esperito in modo diretto, osservato, concettualizzato e conosciuto.
Il cerchione della ruota I primi cinque sensi acquisiscono le informazioni dal mondo esterno. Il sesto senso include invece le sensazioni dei nostri arti, i movimenti del corpo, la tensione o il rilassamento dei nostri muscoli, lo stato del nostro ambiente interno, inclusi gli organi interni come i polmoni, il cuore, l’intestino. Il settimo senso permette di portare al centro del focus dell’attenzione anche gli aspetti mentali – pensieri, sentimenti, intenzioni, atteggiamenti, credenze, sogni -. L’ottavo senso è il senso delle relazioni, e rappresenta il nostro senso delle relazioni, l’essere in contatto con gli altri essere viventi.
I raggi della ruota rappresentano il focus intenzionale dell’attenzione sui diversi aspetti del cerchione. Possiamo focalizzare un raggio su una parte del nostro corpo, sul respiro, su una sensazione. Focalizzare la mente e tornare all’oggetto quando la nostra attenzione si distrae è la pratica che permette di sviluppare la funzione “indirizza e sostieni” della concentrazione. Noi rafforziamo la capacità del mozzo della mente di mandare un raggio a un bersaglio che scegliamo sul cerchione. Questa capacità di concentrazione, così come avere un forte insieme di raggi, è una caratteristica necessaria ma non sufficiente alla mindfulness.
Uno stimolo può entrare nella nostra consapevolezza e attirare la nostra attenzione; questa è la cosiddetta “attenzione esogena”, molto frequente nella vita di ognuno. Nella consapevolezza mindful, il mozzo della mente rappresenta la funzione esecutiva che ci permette di ritornare a quello che vogliamo fare. Possiamo mandare un altro raggio per riportare la nostra attenzione sull’oggetto che vogliamo ne sia il focus. Questa capacità di avere un’attenzione focalizzata e intenzionale viene a volte considerata “endogena” poiché deriva da una nostra intenzione e non è la conseguenza di uno stimolo esogeno.
Il mozzo della ruota La scelta di ri-focalizzare la propria attenzione e la capacità di capire che essa ha divagato sono aspetti essenziali della consapevolezza mindful. Il mozzo della ruota mentale della consapevolezza ha la capacità, dunque, di mantenere una traccia del bersaglio dell’attenzione e di alterare poi il focus attentivo per realizzare gli obiettivi desiderati.
Quando pratichiamo la consapevolezza mindful, alleniamo intenzionalmente la mente a rivolgere la sua attenzione al nostro bersaglio e riportiamo lì la nostra attenzione quando ci rendiamo conto di esserci distratti, monitorando il processo dell’attenzione stessa. Queste pratiche implicano il rivolgere l’attenzione ad un singolo punto e raggiungere e mantenere uno stato di consapevolezza costituiscono la base a partire dalla quale è possibile creare uno stato di consapevolezza mindful. Stati ripetuti di attivazione mindful del mozzo della mente inducono mutamenti neuroplastici che consentono la trasformazione di stati deliberati di pratica in tratti involontari del vivere. Il training di consapevolezza mindful rafforza il mozzo della mente e rende la mindfulness un modo di vivere e non solo una pratica. Nella mindfulness noi dirigiamo la nostra attenzione alle intenzioni, stimolando le regioni prefrontali mediali. Dove va l’attenzione, lì si attivano i neuroni, e dove si attivano i neuroni, lì possono anche riconnettersi.
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