BIODIVERSITA La variet della vita La biodiversit la
BIODIVERSITA’ La varietà della vita
La biodiversità è la varietà delle forme viventi in un ambiente. Viene in genere studiata a tre diversi livelli, che corrispondono a tre livelli di organizzazione del mondo vivente: quello dei geni, quello delle specie e quello degli ecosistemi.
q Biodiversità genetica Diversità tra individui della stessa specie
q Biodiversità specifica Diversità che caratterizza le varie specie
q Biodiversità ecosistemica Diversità tra ecosistemi di un territorio
Le cause della perdita di diversità 1. 2. 3. 4. 5. 6. Contrazione degli habitat Uso scorretto delle risorse naturali Introduzione di specie alloctone Erosione della ricchezza in specie Inquinamento e cambiamenti globali Cambiamento del clima
Gli impegni della comunità internazionale Nel corso degli ultimi vent’anni la comunità internazionale ha posto con forza il tema della tutela delle risorse locali e delle comunità rurali che le coltivano nonché degli ecosistemi naturali.
Nel 1992 è stata approvata nel corso della Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente, tenutasi a Rio de Janeiro, la Convenzione sulla diversità biologica, con la finalità di prevenire e combattere alla fonte le cause di significativa riduzione o perdita della diversità biologica in considerazione del suo valore intrinseco e dei suoi valori ecologici, genetici, sociali, economici, scientifici, educativi e culturali.
Nel 2001 è stato approvato il trattato Fao sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura, che si impegna per le seguenti azioni:
promuovere la raccolta delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura e l’informazione pertinente relativa alle risorse fitogenetiche in pericolo o sostanzialmente utilizzabili;
Sostenere gli sforzi degli agricoltori e delle comunità locali per gestire e conservare in azienda le loro risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura;
promuovere la conservazione in situ delle specie selvatiche per la produzione alimentare;
collaborare alla realizzazione di un sistema efficace e sostenibile alla conservazione ex situ, prestando tutta l’attenzione richiesta alla necessità di una documentazione, di una caratterizzazione, di una rigenerazione e di una valutazione adeguata a promuovere lo sviluppo e il trasferimento di apposite tecnologie al fine di migliorare l’uso sostenibile delle risorse fitogenetiche;
verificare il mantenimento della vitalità, del grado di variazione e dell’integrità genetica delle raccolte di risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura;
Tra le altre misure il trattato definisce la realizzazione e il mantenimento di sistemi agricoli diversificati che favoriscano l’uso sostenibile della diversità biologica agricola e delle risorse naturali, nonché la necessità di allargare la base genetica delle piante coltivate e accrescere la diversità del materiale biologico messo a disposizione dagli allevatori.
Il trattato riconosce la necessità di adottare apposite misure per proteggere e promuovere i diritti degli agricoltori (farmers’ rights), in particolare la protezione delle conoscenze tradizionali che presentino un interesse per le risorse agricole autoctone e il diritto a partecipare equamente alla ripartizione dei vantaggi derivanti dalla loro utilizzazione.
Gli impegni della comunità nazionale Quando abbiamo iniziato a concepire che la natura andava tutelata (in Europa e in Nord America si è iniziato a parlarne quasi centocinquanta anni fa) si è posta l’attenzione su singole specie a rischio; due casi emblematici sulle Alpi sono stati la stella alpina e lo stambecco. Poi abbiamo capito che non si possono proteggere certe specie se non si protegge anche il luogo dove vivono.
Si calcola che nei prossimi trent’anni rischi di estinguersi il 20% di tutte le specie viventi sul Pianeta.
Ma la Biodiversità a che serve? La Biodiversità ci fornisce un numero enorme di beni e di servizi che spesso diamo per scontato e lo fa in modo assolutamente gratuito.
Garantisce la formazione del suolo attraverso l’interazione tra il substrato inorganico, il clima e gli organismi del suolo; la fotosintesi clorofilliana grazie alle piante terrestri e acquatiche; il riciclo dei nutrienti attraverso una miriade di organismi.
Offre il cibo attraverso un’immensa quantità di specie di piante e animali ma anche attraverso una altrettanto immensa quantità di razze e cultivar selezionate grazie alla variabilità genetica.
Offre i principi curativi vere e proprie medicine.
Offre materie prime, fibre tessili, legno, energia (dalle cosiddette biomasse), sughero, resine, carta, gomma, cere.
Regola la composizione chimica dell’atmosfera e del clima controllando la temperatura, l’umidità, gli sbalzi termici la traspirazione.
Offre l’approvvigionamento idrico conservando l’acqua dolce sulla superficie delle terre emerse.
Protegge da eventi catastrofici, la vegetazione è in grado di contribuire a ridurre gli effetti di uragani, inondazioni, siccità e dissesto idrogeologico.
Offre servizi culturali attraverso valori estetici, ricreativi, spirituali e scientifici.
Ci dona colori sapori odori e profumi diversi.
Nel 1927 in Italia si contavano 291 varietà di frumento 98 delle quali erano intensamente coltivate. Nel 1971, 250 di queste erano già scomparse. Siamo di fronte ad una perdita su larga scala di varietà genetica la cui conseguenza è un aumento della vulnerabilità agricola al cambiamento climatico e alla comparsa di nuove malattie. Insomma siamo più esposti a rischi di carestie.
Questa situazione ha un responsabile l’agricoltura intensiva la cui affermazione è andata di pari passo con quella dell’industria sementiera. L’utilizzo su larga scala di grani ad alta resa ha fatto crescere e diffondere un prodotto più povero di micronutrienti necessari all’alimentazione umana.
Mangiamo di più ma ci nutriamo di meno.
Ma allora ciascuno di noi cosa può fare?
Dobbiamo scegliere di non distruggere la natura e di opporci a chi vuole distruggerla. Dobbiamo rispettare tutte le forme viventi perché tutte sono utili e necessarie in quanto collegate le une alle altre.
Possiamo decidere di consumare meno e di essere meno esigenti, di vivere più in sintonia con la natura.
Quando, esattamente, uno scienziato può parlare di estinzione? Quando scompare l’ultimo individuo? Nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise la specie a rischio estinzione è l’Orso Bruno Marsicano di cui ne sopravvivono circa 50 esemplari.
Quando la popolazione di una specie, per le cause più svariate (dalla riduzione dell’habitat alla persecuzione diretta), è diventata così esigua da non poter garantire la sua sopravvivenza a lungo termine.
Orso Bruno Marsicano Carta d’identità Classe: MAMMALIA Ordine: CARNIVORA Famiglia: URSIDAE Genere: URSUS Specie: URSUS ARCTOS Sottospecie: MARSICANUS L'orso è un grosso mammifero terrestre che, come l'uomo, ha la caratteristica di poggiare a terra l'intera pianta del piede; per questo motivo viene chiamato plantigrado e questa particolarità gli conferisce una grossa stabilità al suolo. Nonostante l'aspetto tozzo e l'andatura goffa, l'orso può correre anche velocemente ed arrampicarsi facilmente sugli alberi per mangiarne i frutti.
Una vita tra mille ostacoli Convivenza con l’uomo: questo è il problema principale dell’orso, che abita i nostri boschi e si sposta alla ricerca di cibo, “interferndo” con le attività delle popolazioni umane. Durante questi suoi spostamenti, ualche volta si trova vicino ad allevamenti e campi coltivati, e l’istinto – o semplicemente la fame – lo spingono a predare qualche animale oppure a derubare qualche frutteto. Nel corso degli anni, questo simpatico mammifero è diventato, per molti, un mostro da sconfiggere, con ogni mezzo: trappole, tagliole, bocconi avvelelnati e fucili. Come se ciò non bastasse, i territori boschivi nel nostro Paese sono sempre più frammentati: interrotti da cemento, strade, costruzioni. Mille ostacoli per l’orso, che per spostarsi da un’area forestale all’altra rischia sempre più spesso di essere investito dalle automobili.
Salvare l’orso in 7 mosse decisive 1. Il radiocollare: al momento è il migliore amico dell’orso. Essenziale per capire come, dove e quando intervenire per proteggerlo 2. Le recinzioni elettrificate sono utili a tenere lontano l’orso dalle greggi e dalle arnie, senza fargli alcun male
3. Le squadre antibracconaggio 4. Il mastino abruzzese è un cane amico dell’orso: lo tiene lontano dalle greggi con le buone maniere, anzi l’orso non si avvicina proprio.
5. Il melo è l’albero preferito dall’orso, che ne è golosissimo. Si deve piantare nelle zone dove non c’è rifornimento alimentare. 6. Recupero e ripristino dei vecchi frutteti abbandonati, assai frequente nelle aree montane 7. Istituire, come intervento d’urgenza, dei punti di alimentazione artificiale per sfamare l’orso
L’Italia, grazie all’eterogeneità dei suoi paesaggi dovuti alla sua tormentata orografia e all’insieme di fattori bioclimatici, molto variabili a seconda degli ambienti, è il paese più ricco di flora e fauna, cioè di biodiversità, di tutto il continente europeo.
La regione Lazio, sulla scorta delle indicazioni fornite dalla Convenzione sulla Diversità Biologica, con la Legge 1 marzo 2000, n. 15, tutela le risorse genetiche autoctone del Lazio, d’interesse agrario e a rischio di erosione genetica.
Sono tutelate tutte le specie, le razze, le popolazioni, le varietà locali, gli ecotipi, i cloni e le cultivar, compresi i selvatici delle specie vegetali coltivate, nonché le razze e le popolazioni animali d’interesse zootecnico:
q Autoctone, cioè originarie del Lazio o introdotte e integrate nell’agroecosistema laziale da almeno 50 anni q D’interesse agrario, cioè utilizzate per scopi agricoli e zootecnici; q Per le quali esiste un interesse economico, scientifico, ambientale e culturale; q Minacciate di erosione genetica
Sono tutelate, inoltre, tutte le risorse genetiche scomparse dal territorio regionale, ma attualmente conservate presso istituti sperimentali, orti botanici, collezioni e banche genetiche pubbliche e private, anche di altre regioni o paesi.
Piano Nazionale sulla Biodiversità Agrario E’ in corso l’attuazione del Piano Nazionale sulla Biodiversità d’Interesse Agrario (PNBA), che comprende una sezione vegetale, una zootecnica e una microbiologica ed è basato sulle richieste delle Regioni e sulle esperienze già in corso presso di esse. La finalità principale è quella di fornire strumenti operativi riconosciuti, comuni e condivisi per rispondere alle normative europee e nazionali e, soprattutto, perseguire un obiettivo di coordinamento fra di esse, oltre che in funzione di un approccio unico alla problematica, anche di un sinergismo di risorse finanziarie e umane.
Con il termine biodiversità agricola o agrobiodiversità si indica tutto il patrimonio di risorse genetiche vegetali, animali e microbiche formatesi, per azione di meccanismi biologici e per selezione naturale, nei tempi lunghi dell’evoluzione ed accumulate, fin dagli inzi dell’agricoltura da generazioni di agricoltori e allevatori che hanno addomesticato, selezionato e trasferito, da zone geografiche diverse, tutte quelle specie da cui ricavare prodotti utili all’uomo.
Possibili benefici dell’agrobiodiversità Attuando in azienda interventi che aumentano la biodiversità di organismi viventi direttamente o indirettamente utili alla produzione si ottengono numerosi benefici.
Il Registro Volontario Regionale è il repertorio ufficiale della Regione Lazio dove vengono iscritte le risorse genetiche autoctone, di interesse agrario a rischio di erosione genetica.
Aglio rosso di Castelliri Famiglia: Liliaceae Genere: Allium Specie: A. sativum Entità sottospecifica: Ecotipo Nome locale: Aglio rosso di Castelliri Sinonimi: Numero di iscrizione: VE-0042 (06 -06 -2006) Registro nazionale delle varietà L'accessione non è iscritta al registro nazionale delle varietà Descrizione Morfologica Pianta: accrescimento determinato con portamento eretto. Altezza della pianta 30 -40 cm. Foglia: guainanti alla base a formare un falso fusto, lunghe 60 -80 cm, lineari, lisce, di colore verde-grigiastro, ricoperte da materiale ceroso. Infiorescenza: apicale a ombrella recante bulbilli derivati dalla trasformazione di gemme fiorali. Lo scapo fiorale, emesso in maggio, viene eliminato per favorire l’ingrossamento del bulbo. Frutto: la parte edule rappresentata dal bulbo che risulta costituito da 10 -14 bulbetti. Le tuniche avvolgono il bulbo sono di colore biancastro mentrequelle che avvolgono i bulbetti sono rosa con sfumature bianche. Seme: per l’impianto della coltura vengono impiegati i bulbetti, escludendo quelli di piccole dimensioni. Germinabilità elevata.
Pero Bottiglia Pero Famiglia: Rosaceae Genere: Pirus Specie: P. communis L. Entità sottospecifica: Varietà Nome locale: Pero Bottiglia Sinonimi: Numero di iscrizione: VA-0103 (17 -08 -2005) Soggetto/i proponente/i Istituto Sperimentale per la frutticoltura Via di Fioranello, 52 00134 - Roma Regione Lazio – Sito di individuazione Alatri (FR) Descrizione Morfologica • Albero: molto vigoroso, di almeno 70 anni di età, a portamento pendulo. • Frutto: di grosse dimensioni; con forma allungata, peduncolo di spessore medio. Il colore della buccia è verde -giallo a maturazione con lenticelle evidenti e numerose. • Epoca di maturazione: terza decade di ottobre.
Cannellino di Atina Fagiolo Famiglia: Papilionaceae Genere: Phaseolus Specie: P. vulgaris L. Entità sottospecifica: Ecotipo Nome locale: Cannellino di Atina Sinonimi: Numero di iscrizione: VE 0023 (19 -05 -2004) Area di diffusione Comune di Atina: frazione di Settignano, Oboca, Sacco, Sabina, S. Marciano e Case di Melfa Comune di Villa Latina: frazione di Saccoccia Comune di Picinisco: frazione di Di Vito e Immoglie Comune di Casalvieri: frazione di Guagno, Casal Delle Mole e Plauto Comune di Casalattico: frazione di S. Nazzario e S. Gennaro Comune di Gallinaro: frazione di Rosanisco
Cenni storici ed area di origine Gli elementi che comprovano l’origine del prodotto “Cannellino di Atina” sono costituiti da molteplici testimonianze storiche. La tecnica colturale che viene tutt’ora praticata dai coltivatori è dettata dall’esperienza secolare di coltivazioni in loco. Il Demarco nel 1811 definisce il fagiolo “Cannellino di Atina” di ottima qualità. Il Cirelli nel “Il Regno delle due Sicilie” (Vol. III 1855/60) fornisce dati statistici molto significativi sulla produzione agricola del 1853, e fra questi menziona la produzione del fagiolo “Cannellino di Atina” dell’Agro di Atina pari a 2500 tomoli annui. Nel 1883 nei magazzini di casa Visocchi, nel comprensorio di Atina, si registrò una quantità di 16 tomoli di fagiolo con un valore di Lire 234, 75. Nel 1886 si registrò una quantità notevolmente maggiore pari a 68 tomoli per Lire 774, 13 di fagioli misti, tra cui anche il “Cannellino di Atina”
Nel 1889 il capitale di fagiolo cannellino giacente in magazzino era di 19 tomoli, con valore di L. 147, 92. All’epoca i poveri contadini si cibavano di circa 600 grammi di fagioli al giorno e proprio per questo motivo la zona del circondario di Atina ne usava grandi quantità e la vendita a terzi era limitata ma era ugualmente redditizia poiché vi era una forte richiesta. La pubblicazione Atina Potens, riporta, per il 1928, una produzione di fagiolo “Cannellino di Atina pari a 165 -190 t. Nel 1936, alla famosa mostra agricola di Atina, fu premiata una pianta di cannellino con 56 baccelli. In una tesi di laurea dell’ a. a 1974 -1975 si legge che nella “Piana di Atina” tra le leguminose aveva una notevole importanza il fagiolo del tipo “cannellino bianco” coltivato con una tecnica d’irrigazione molto accurata, visto le ottime possibilità offerte dall’alto prezzo di vendita, ed inoltre la resa media per ettaro era tra i 12 e i 15 q.
Carpione del Fibreno Pesce Famiglia: Salmonidae Genere: Salmo Specie: S. fibreni Entità sottospecifica: Razza Nome locale: Carpione del Fibreno Cenni storici e area di origine E’ una nuova specie di salmonide endemica del lago di Posta Fibreno (FR). A seguito di un lungo periodo di siccità, questa specie si è probabilmente isolata dal ceppo di Trota Macrostigma che aveva originariamente colonizzato il lago risalendo dal M. Tirreno. Il Carpione popola infatti il sistema carsico sotterraneo del lago, in diretta comunicazione con le sorgenti, adattandosi a condizioni di semi-oscurità e forse tollerando anomale concentrazioni gassose. La presenza del Carpione nel lago è documentata da oltre 400 anni (Salviani 1554), Chiappi lo segnalò nel 1924, Zerunian e Gandolfi l’hanno descritto nel 1990. Area di diffusione attuale e di max espansione Solo il bacino del Fibreno.
ISTITUTO TECNICO AGRARIO ALVITO Classe II SEZ. A
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