ASPETTI ATTUALI DEL DIRITTO ALLABITARE 3 I NUOVI
ASPETTI ATTUALI DEL DIRITTO ALL’ABITARE 3 I NUOVI PARADIGMI: LA SMART CITY
LA SMART CITY: PENSARE LA CITTÀ NELLA CHIAVE DELLA SOSTENIBILITÀ La questione urbana e sempre piu spesso legata all’idea di smart city. L’aggettivo smart può però segnalare anche una ripulitura terminologica, utile a presentare alcuni documenti o provvedimenti come innovativi. Il concetto di smart-city non può avere una definizione, è un concetto bon a tout faire. Spesso lo si intende come sinonimo di citta intelligente, ma tra le due espressioni non vi e piena sovrapponibilita. Ciò che appare evidente è da una parte l’utilizzo crescente di tali espressioni anche in ambito giuridico - seppure, sul piano soprattutto del soft law, delle buone pratiche e degli atti programmatici – dall’altra l’interrelazione con lo sviluppo tecnologico e con le questioni ambientali. Sotto il profilo normativo, ciò ha significato l’adozione, a livello nazionale e sovranazionale, di atti volti a fornire soluzioni sostenibili sul piano del risparmio energetico, della mobilita , delle telecomunicazioni e della qualità della vita. (Olivito 2020)
«Nel settembre del 2015 i leader mondiali, con l'adozione del documento delle Nazioni Unite intitolato Trasformare il nostro mondo: Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile, si sono dati una serie di obiettivi di sviluppo sostenibile finalizzati a sradicare la povertà, proteggere il pianeta, garantire la tutela dei diritti umani e assicurare la prosperità per tutti. L'adozione dell'Agenda 2030 rappresenta una svolta storica in direzione di un nuovo paradigma, perché affronta in maniera universale e integrata le disparità economiche, sociali e ambientali. Questo processo riflette pienamente i valori europei di giustizia sociale, governance democratica, economia sociale di mercato e tutela dell'ambiente. » (DAL SITO DEL ‘COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO’, SVILUPPO SOSTENIBILE)
Smart City: una nozione dai confini giuridicamente incerti [in cui viviamo già]. «Sempre più spesso, onde muoversi in citta , le persone usano il bike sharing o il car sharing, oppure fruiscono di servizi quali quelli forniti da Air. Bn. B; ampio dibattito ha suscitato la vicenda Uber, segnata da interventi, proposte e omissioni; gli esperti discutono sulle numerose possibilità ancora non del tutto esplorate, di miglior utilizzo delle infrastrutture fisiche attraverso quelle informatiche (si pensi alla possibilità di disaggregare lo sfruttamento di una rete stradale o autostradale, che potrebbe essere in qualche modo “spacchettata”, onde ottenere una sorta di piattaforma di servizi con cui gli utenti possano dialogare). Grazie all’impiego delle nuove tecnologie, si assiste allo sviluppo di moduli flessibili di distribuzione dell’energia - le cd. smart grids - in cui anche gli utenti diventano protagonisti attraverso lo scambio di informazioni con produttori e distributori. Le citta favoriscono iniziative dirette a consentire la condivisione di spazi, tecnologie, esperienze: termini come co-working, cloud-computing, crowdsourcing, crowdfunding, peertopeer, prosumer, etc. . . sono neologismi ormai di comune utilizzo nel linguaggio quotidiano; proliferano le Apps che utilizzano informazioni possedute dalle amministrazioni locali o che fanno riferimento ai relativi servizi. Tutti questi fenomeni hanno a che fare, seppure in misura molto diversa tra di loro, con la Smart City. » (Fracchia e Pantalone, Smart City: condividere per innovare (con il rischio di escludere)? In federalismi. it 2015)
Il d. l. 18 ottobre 2012, n. 179, recante «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese» , convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221, all’art. 20, c. 16, si riferisce all’inclusione intelligente, intesa come «capacita , nelle forme e nei limiti consentiti dalle conoscenze La nozione nel nostro tecnologiche, di offrire informazioni nonché progettare ed erogare servizi ordinamento: comunità fruibili senza discriminazioni dai soggetti appartenenti a categorie deboli o intelligenti svantaggiate e funzionali alla partecipazione alle attività delle comunità intelligenti» . Tali attività sono poi definite da un apposito piano nazionale, secondo i criteri stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato all’innovazione tecnologica. Cominciano qui a emergere alcuni tratti caratterizzanti (…) costituiti dal rilievo delle tecnologie e delle informazioni (cui deve essere garantita l’accessibilità ), dall’obiettivo dell’inclusione e del favor nei confronti dei soggetti svantaggiati. Tutto ciò trova conferma anche dalla lettura del c. 17 dell’art. 20 cit. , dal quale si ricava anche la nozione di uno “statuto” delle comunità intelligenti. La norma, più in particolare, statuisce che l’accessibilità dei sistemi informatici di cui all'art. 2 della l. 9 gennaio 2004, n. 4, e l'inclusione intelligente costituiscono principi fondanti del piano nazionale delle comunità intelligenti e dello statuto delle comunità intelligenti nonché delle attività di normazione, di pianificazione e di regolamentazione delle comunità intelligenti. (Fracchia e Pantalone, Smart City: condividere per innovare (con il rischio di escludere)? In federalismi. it 2015)
«La Strategia Europa 2020 qualifica l’economia che deve caratterizzare l’Europa del 2020 come “intelligente”, “sostenibile” e “inclusiva”, allo scopo di conseguire elevati livelli di occupazione, produttività e coesione sociale; è indubbio che uno degli strumenti più rilevanti per conseguire tali obiettivi è rappresentato dalla Smart City e, conseguentemente, dallo sviluppo della società digitale. Parte integrante della Strategia Europa 2020 è , infatti, l’adozione dell’Agenda digitale europea, che tra gli obiettivi principali annovera la realizzazione di un mercato unico digitale. Di rilievo per il tema oggetto di indagine èpoi la «European Innovation Partnership for Smart Cities and Communities» che mette in campo un imponente sistema di misure finanziarie allo scopo di favorire collaborazioni strategiche tra imprese e citta europee per lo sviluppo e l’implementazione di sistemi urbani e infrastrutture all’avanguardia (nei settori dell’energia, del trasporto e dell’IT, (tecnologia dell’informazione). Non dissimili sono le finalità di talune misure stanziate dal programma Horizon 2020 [programma quadro Ue 2014 -2020) a favore di enti pubblici e privati, imprese, centri di ricerca e università» . (Fracchia e Pantalone, Smart City: condividere per innovare (con il rischio di escludere)? In federalismi. it 2015)
«Coerentemente, la disciplina legislativa che si occupa di comunità intelligenti riserva un’attenzione molto significativa nei confronti dello sviluppo della banda larga (art. 14, d. l. n. 179/2012, che prevede lo stanziamento di ingenti fondi per il completamento del Piano nazionale banda larga); la legge (n. 124/2015) annovera tra i principi e i criteri direttivi da rispettare per l’esercizio della delega governativa in materia di amministrazione digitale quello di «garantire, in linea con gli obiettivi dell'Agenda digitale europea, la disponibilità di connettività a banda larga e ultralarga» . Un rapido censimento delle principali iniziative fiorite nel corso degli ultimi anni invocando il tema della Smart City consente di aggregare le medesime attorno ad alcuni settori chiave (people, governance, mobility, environment, economy, living, ma sempre, in generale, facendo perno su innovazione e uso delle tecnologia. Tutto ciò trova un aggancio nella Strategia per la crescita digitale 2014 -2020 adottata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. » (Fracchia e Pantalone, Smart City: condividere per innovare (con il rischio di escludere)? In federalismi. it 2015)
«Anche a livello europeo, il minimo comune denominatore che lega i settori che permeano l’ambito operativo della Smart City e rappresentato dall’uso della tecnologia e dall’implementazione dei servizi digitali in una logica di interoperabilità. Ed invero, i «pilastri abilitanti» su cui deve fondarsi la Smart City sono: «tecnologie e strumenti per l’efficienza energetica e integrazione di fonti rinnovabili; diffusione di piattaforme tecnologiche e di connettività per creare i nuovi sistemi di servizi digitali; nuovi servizi digitali per migliorare la qualità di vita e di lavoro di cittadini e imprese; adeguamento delle infrastrutture e redesign urbano; educazione e formazione di cittadini, imprese e settore pubblico alle competenze digitali; un modello di sostenibilità economica e finanziaria per gli investimenti» (Fracchia e Pantalone, Smart City: condividere per innovare (con il rischio di escludere)? In federalismi. it 2015)
SMART CITY, un’idea con molte ricadute ‘costituzionali’ Individuo Cittadinanza Partecipazione Organizzazione politica della convivenza Compiti e azione del potere pubblico
«Oggi sicurezza, comodità e sostenibilità sono i punti cardinali che orientano la governance metropolitana. Una governance che, nella città fattasi smart, connessa e “sensibile”, pone in maniera radicale la questione inerente il ruolo ed il peso che tecnologie digitali e processi algoritmici vanno assumendo nella loro sempre più penetrante funzione di sorveglianza e controllo sociale. Ad oggi è possibile trovare un circuito chiuso di telecamere in qualsiasi paesino della periferia del mondo, e l'apparato tecnico della nostra civiltà ha reso quantomeno problematico ogni tentativo di separazione tra un aspetto formale ed uno informale dei meccanismi di gestione delle condotte. Non si può più pensare a un controllo puramente formale – a uno sguardo unico, scrutante dall'alto ogni singolo movimento dell'individuo – ma lo si può facilmente immaginare come diviso in miliardi di piccoli occhi disseminati per il mondo, come un fitto strato di pulviscolo diffuso su tutta la superficie del pianeta. » (da Schiano e Palumbo, Smart City, Treacherous Control: la sicurezza urbana al tempo degli algoritmi)
Un'ulteriore categoria socio-giuridica tradizionale andrà dunque ripensata, quella che, fin dalle origini, genero l'idea stessa di un controllo delle condotte – la categoria di rischio. L'orientamento al rischio delle societa occidentali (…) ha evidentemente stimolato la sperimentazione di una pluralità di tecnologie di prevenzione improntante ad una diversa modalità di gestione dello stesso. Valido esempio e rappresentato da Cromatica, noto software di sorveglianza delle metropolitane londinesi: scansionando i flussi di passeggeri in movimento all'interno delle stazioni, un calcolatore elabora i dati raccolti rilevando gli indicatori del prossimo verificarsi di un evento imprevisto, sia esso un tentativo di suicidio o un attacco terroristico. Questo risultato e raggiunto attraverso il processamento simultaneo di variabili molteplici (tempo di transizione da un luogo all'altro, tempo di attesa delle corse presso il binario, e cosi via), che consentono di avanzare previsioni probabilistiche sull'aver luogo o meno di condotte devianti o “anomale”» . (da Schiano e Palumbo, Smart City, Treacherous Control: la sicurezza urbana al tempo degli algoritmi)
«Fattasi “rete” e divenuta smart – apparato macchinico autoregolantesi, ormai saturo di sensori d'ogni sorta – la metropoli globale estrae la propria linfa vitale dal groviglio di dati e informazioni che si annidano al suo interno. La funzione di governo si ridefinisce intorno alla concreta capacita di gestione e processamento dei flussi informativi che attraversano la citta da parte degli infiniti calcolatori di cui il suo ventre e ricolmo» . (da Schiano e Palumbo, Smart City, Treacherous Control: la sicurezza urbana al tempo degli algoritmi)
«[I flussi informativi non sono] semplice risorsa dunque, da gestire secondo i consueti criteri di efficienza, ma presupposto stesso sulla base del quale si fondano le possibilità di razionalizzazione della attività di gestione delle risorse urbane, siano esse energetiche o ambientali, fiscali o finanziarie, culturali o sociali. Una meta-risorsa, la cui gestione e paradossalmente resa difficoltosa non dalla scarsità, quanto viceversa dall'incredibile abbondanza. Prodotto di un'estenuante dialettica tra i sensori della senseable city e le protesi tecnologiche di cui i suoi abitanti si dotano (dai comuni smartphone fino alle più sofisticate tecnologie digitali immaginabili), un'immensa ed eterogenea mole di dati e oggetto di una costante analisi, funzionale alla pianificazione algoritmica del divenire urbano. In questo scenario e la citta nella sua interezza ad essere pensata come un vero e proprio «computer a cielo aperto» , periferica reticolare con la quale e necessario relazionarsi seguendo una logica di input e output. Lo smart citizen – componente strutturale e fruitore privilegiato dell'immenso elaboratore in cui vive – oscilla costantemente tra l'input più o meno consapevole dei dati all'interno di questo mare maius di informazioni, e la fruizione dei servizi che il processamento di questi dati – espresso sotto forma di enunciato algoritmico (output) – può mettere a sua disposizione grazie a una semplice sollecitazione. Tutti gli attori della citta intelligente contribuiscono a realizzare un nuovo modello di sostenibilita urbana, basato su interventi tecnologici, su buone pratiche, su attente abitudini di consumo; tutti collaborano a ricercare soluzioni ai problemi della citta , frutto di partecipazione e intelligenza collettiva. Il contributo e la partecipazione immaginati dai teorici della smart city sono tuttavia strettamente connessi allo svolgimento da parte del cittadino delle appena citate incombenze tecnologiche» . (da Schiano e Palumbo, Smart City, Treacherous Control: la sicurezza urbana al tempo degli algoritmi)
«Smarrito l'orizzonte collettivo, lo smart citizen (…) è semplicemente chiamato ad accettare e ratificare un calcolo costi/benefici, finalizzato ad ottimizzare il margine d'utilità delle sue scelte e delle sue azioni: un processo, quest'ultimo, che lo vede quindi confinato al ruolo di mera 'sorgente' di quel materiale grezzo (dati e informazioni), che sarà trasformato in 'ottimo decisionale' dall'elaborazione algoritmica. (Schiano e Palumbo) La persona che fruisce dell’iniziativa, pero , deve a sua volta attivarsi per abbattere gli ostacoli, superando la logica dell’attesa passiva e divenendo prosumer (e non piu solo consumer) Non e un caso che il messaggio che “passa” allorche si parla di citta smart sia quello di un contesto che offre possibilita innumerevoli alle persone che siano esse stesse smart, generando – e abilmente sfruttando - un significativo slittamento verso il fruitore del carattere intelligente inizialmente riferito alla comunità (Fracchia e Pantalone) L'acquisizione di una nuova forma di 'onniscienza' (derivante dalla costante connessione del soggetto all' «intelligenza collettiva» attraverso la rete) si accompagna cosi al paradossale dileguarsi del potere decisionale dell'attore umano – costretto il più delle volte ad attenersi al (difficilmente sindacabile) risultato di un calcolo» . (Schiano e Palumbo) smart citizens
» Il ripensamento delle politiche urbane come governance dei dati sembra imporre un contestuale ripensamento delle condizioni della cittadinanza. Il divenire smart della metropoli globale richiede di fatto un superamento del patto fiscale post-welfaristico: laddove il “semplice” adempimento degli oneri tributari non sembra essere piu condizione sufficiente per l'accesso alle prestazioni un tempo erogate da agenzie statuali – ed oggi sempre più spesso delegate ad attori privati trans-nazionali. Il riconoscimento dello status di cittadino, a cosi caro prezzo un tempo conquistato, sembra cosi oggi subordinato ad un'ulteriore indispensabile condizione: la totale ed incondizionata partecipazione – consapevole o meno – a quel poderoso processo di raccolta e catalogazione dati che e il motore della societa post-moderna; sorta di nuovo prelievo fiscale che pero , lungi dal presiedere a qualsivoglia meccanismo di redistribuzione della ricchezza, sembra piuttosto suscettibile di immediata vampirizzazione da parte del capitale privato, in una spirale in cui mercato ed istituzioni – marketing e controllo – risultano indistinguibili: «all data is credit data» (da Schiano e Palumbo, Smart City, Treacherous Control: la sicurezza urbana al tempo degli algoritmi) Un nuovo’ contratto sociale’?
«Le metropoli si presentano oggi come attori privilegiati dei nuovi processi globali, scompaginando la trama dei rapporti geopolitici internazionali cosi come era andata strutturandosi a partire dal secondo dopoguerra. Ad una comunità internazionale concepita come sommatoria dei singoli stati sovrani, infatti, va gradualmente sostituendosi un imponente reticolo di agenti sovra e trans-nazionali – network che reinterpreta la sua fitta interconnessione non più come semplice possibilita , ma come conditio sine qua non della sua stessa esistenza. (Da Schiano e Palumbo, Smart City, Treacherous Control: la sicurezza urbana al tempo degli algoritmi) Nuovi attori di governo
Non è smart ciò che implica proprietà esclusiva e appropriazione, ma e tale solo quando implica l’uso temporaneo (e certamente meno impegnativo) di risorse e di informazioni. La “comunità ” intelligente implica necessariamente, anche dal punto di vista semantico, la messa a fattore comune di risorse, valori, esperienze e informazioni. (Fracchia e Pantalone) Superamento della proprietà?
La centralità dell’uso delle tecnologie implica la soluzione di delicate questioni inerenti i diritti a esse relative e impone di affrontare il problema dell’esclusione di chi non ha le competenze sufficienti a utilizzare la tecnologia. A conferma della rilevanza di tale aspetto, si noti che uno degli obiettivi principali dell’Agenda digitale europea, di cui si propone peraltro l’inserimento fra le priorità del Fondo sociale europeo, è il miglioramento dell’alfabetizzazione, delle competenze e dell’inclusione nel mondo digitale. Sulla stessa linea di tendenza si pone la recente legislazione nazionale, la quale … prevede interventi volti a ridurre il divario digitale sviluppando le competenze digitali di base (art. 1, c. 1, lett. c), l. 145/2015) (Fracchia e Pantalone). Inclusione/ Esclusione. Rispetto a cosa?
Il ruolo del potere pubblico, e quello non già di organizzare un’offerta di prestazioni sul mercato, bensì di consentire alle spinte che nascono dalla società di esprimersi al meglio, con l’obiettivo di includere, di valorizzare il capitale umano e di favorire lo sviluppo economico delle città. (Fracchia e Pantalone) Un ‘nuovo’ ruolo del pubblico potere?
«Se alla domanda di trasporto un ente territoriale risponde organizzando un servizio pubblico di linea (e, dunque, assume il dovere di garantire l’offerta, definisce il ritmo del servizio e ne cura la gestione diretta o indiretta), si esce dai confini della Smart City; se, viceversa, quell’ente (insieme ad altri soggetti pubblici) favorisce la spontanea iniziativa dei cittadini che, ad esempio, organizzano un modello di car sharing, quei confini non risultano valicati. La comunità e la citta debbono essere interessate da azioni nate dal basso che, sfruttando la tecnologia e mettendo a fattore comune risorse e informazioni, mirano ad accrescere il capitale umano, la riqualificazione del tessuto urbano e la qualità della vita facendo leva sull’iniziativa della persona che non può restare passiva. » Tutto ciò e di norma congiunto con l’obiettivo finale della sostenibilità della citta. (Fracchia e Pantalone) (Sostenibilità: la città deve generare le risorse di cui vive? )
Un complesso bilancio
In sintesi: «La smart city è configurata come il nuovo e allettante, paradigma dello sviluppo urbano: in grado di coniugare gli interessi per la competitività economica, la tecnologia e la digitalizzazione con l’attenzione al capitale umano (individuale e collettivo) e alle risorse naturali. D’altro canto, il linguaggio e l’aspirazione alla realizzazione della smart city sono il prodotto di una visione funzionalista e tecnocratica della citta , che e servente rispetto alle esigenze del capitalismo finanziario digitalizzato e dei suoi attori. Il paradigma della smart city propone obiettivi si condivisibili, anzitutto sotto il profilo della sostenibilità urbana ambientale, ma a condizione che l’attenzione verso tali problematiche non distolga lo sguardo dalle cause delle diseguaglianze socioeconomiche. Le tecnologie e i programmi smart, dietro i quali si celano gli interessi economici di un’imprenditorialità urbana hi-tech e volatile, sono ammantati di una finta neutralità (Olivito 2020). La smart city può avere, difatti, sulle persone un effetto prescrittivo e ottundente oppure un effetto di apertura e di coordinamento. Percorrere l’una o l’altra strada non ha nulla di deterministico o neutrale, ma è frutto di una scelta politica. (Olivito 2020)
Anche la rappresentazione della smart city come luogo di per sé votato a una maggiore partecipazione delle comunità locali, in particolare nella forma della sussidiarietà orizzontale, si risolve in una petizione di principio, perché poggia sulla presunzione che tra sviluppo tecnologico dell’informazione e benessere urbano via sia un rapporto di consequenzialità automatico e direttamente proporzionale. La città intelligente può, al contrario, essere un luogo indifferente, diseguale e polarizzato sotto il punto di vista socio-economico, culturale e spaziale, a causa delle crescenti differenze, non solo salariali, tra una parte soltanto dei lavoratori del settore informatico e la popolazione più povera e tecnologicamente impreparata. Inoltre, gli investimenti sociali della finanza informatica, imperniati sul partenariato pubblico/privato, sussistono e permangono solo dove e finche assicurino un rendimento economico e qualora collimino con le aspettative economico-finanziarie degli investitori privati. (Olivito 2020)
La città intelligente, in definitiva, non e necessariamente una città giusta. Quando si evidenzia che documenti come l’Agenda urbana europea avrebbero il pregio di riconoscere nelle citta degli interlocutori autonomi, si manca di considerare che ciò rischia di produrre sia un’ulteriore e non auspicabile rottura dei rapporti solidaristici con il contesto regionale e statale in cui esse si inseriscono sia la sotto-rappresentazione delle realtà territoriali più marginali. Occorre, inoltre, essere consapevoli del fatto che, per un verso, «l’essere un attore collettivo si sposa perfettamente con la svolta “imprenditoriale” della governance urbana» e che, per l’altro verso, tale svolta si accompagna sempre di più alla depoliticizzazione anestetizzante dei cittadini in quanto meri consumatori ovvero fruitori “intelligenti” di servizi smart. I cittadini sono inclusi a condizione che condividano gli obiettivi e gli esiti della smart city e sempre che siano in grado di avvalersi delle tecnologie dell’informazione; essi restano invece ai margini di essa, se non aderiscono a tale paradigma o non sono nella condizione di poter usufruire delle relative risorse. (Olivito 2020)
Un aspetto che mostra chiaramente il nesso tra smart cities, nuove forme di gentrificazione legate al turismo e diseguaglianze, direttamente o indirettamente promosse grazie alla regolazione o alla mancata regolazione dei mercati legati all’economia della condivisione, sono le ricadute che la c. d. sharing economy (o economia collaborativa) ha sulle citta e sull’abitare, soprattutto quando essa assuma le vesti della condivisione degli alloggi attraverso piattaforme digitali, come ad esempio Air. Bnb. Nel settore delle locazioni brevi tramite piattaforme digitali l’aumento esponenziale del ricorso a tali servizi sta avendo effetti deleteri su coloro che risiedono stabilmente nelle citta interessate da flussi turistici. In tali citta si registrano la sottrazione e, quindi, la scarsità di alloggi a prezzi accessibili, cosi come la lenta espulsione dei residenti originari da alcuni quartieri. (Olivito 2020) Sharingeconomy e riconfigurazione della città
La tecnologia può essere non già - o almeno non necessariamente - strumento di inclusione e di partecipazione, bensì fattore di discriminazione socio- spaziale, che incide direttamente sulla distribuzione di risorse e di opportunità per chi non abbia le indispensabilita o propensioni tecnologiche. Tecnologia e finanziarizzazione dell’economia rappresentano, in questo senso, due fattori in grado di determinare una nuova frattura all’interno delle citta : non più , o meglio non tanto, una cesura tra un centro funzionante e una periferia sprovvista di infrastrutture e di servizi, bensì una distanza non meramente spaziale tra chi possiede le abilita cognitive e i mezzi per beneficiare dei servizi smart dell’informazione e della mobilita e chi, invece, non ha altro che rifugiarsi nella ristretta porzione di citta verso cui e sospinto. Alla citta intelligente delle reti informatiche corrisponde, in sostanza, una diversa divisione sociospaziale del lavoro e una corrispondente nuova forma di variabile polarizzazione dello spazio urbano, in cui non può dirsi a priori che lo spazio indistinto delle reti porti con se una piu equa distribuzione del potere dei luoghi. Ciò perché le persone si muovono si nello spazio e con sempre maggiore facilita , ma abitano poi luoghi, che innervano relazioni di potere NUOVE PERIFERIZZAZIONI?
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