Artefatti informatici nella pratica didattica le tecnologie intersecano

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Artefatti informatici nella pratica didattica

Artefatti informatici nella pratica didattica

 • • • le tecnologie intersecano vari ambiti della didattica come: – metodo

• • • le tecnologie intersecano vari ambiti della didattica come: – metodo di lavoro dei docenti, metodo di lavoro degli studenti, – competenze, – compiti autentici, – narrazione, – simulazioni, attività laboratoriale – micromondi. Ci stiamo riferendo alle tecnologie autonome: tecnologie che si pongono non solo in una veste di aiuto ma, anche ed essenzialmente, come strumenti che esistono come altro polo con “una propria autonomia”, che espongono un insieme di regole e un proprio linguaggio attraverso i quali è possibile progettare nuovi artefatti. tecnologie non solo per aiutare, per presentare: in questo caso il loro valore aggiunto sarebbe tutto interno ad una buona progettazione didattica rispetto ad un percorso che preveda il loro utilizzo. Non esiste cioè, oltre a quella del percorso, una progettazione di itinerari che consentano di ottenere artefatti da una opportuna gestione di regole e del linguaggio delle stesse tecnologie. Parliamo ora di: il metodo di lavoro dei docenti, degli studenti, attività autentiche; quindi narrazione, micromondi, simulazioni, attività laboratoriale, competenze)

Approfondimento • In via preliminare ricordiamo il riferimento a due fondamentali modelli didattici: –

Approfondimento • In via preliminare ricordiamo il riferimento a due fondamentali modelli didattici: – quello deliberativo da una parte, – quello reattivo dall’altra. • Essi sono mutuati, nelle linee teoriche, da altrettante modalità tipiche nella realizzazione di applicazioni robotiche. – Nel primo caso il robot agisce nella realtà in base a nostri piani di azione, – nel secondo lo poniamo in ascolto degli eventi del mondo in cui vive, dotandolo sia di dispositivi (sensori) che gli permettono di raccogliere i segnali che vengono dall’ambiente, sia comportamenti elementari che, tuttavia, possono autoimplementarsi, per poter reagire alle situazioni che il robot incontra

 • Nel primo caso (modello deliberativo): – percorsi rigidi, precostituiti. – Il docente

• Nel primo caso (modello deliberativo): – percorsi rigidi, precostituiti. – Il docente decide tempi, spazi, percorsi, attività; in altri termini delibera totalmente il completo itinerario formativo. – Tutta la progettazione è delegata alla visione del docente e lo studente partecipa adeguandosi a situazioni artificiali e vissute come altro da sé. – È un robot che esegue passo-passo cosa gli viene ordinato. È implicita in questa visione la negazione dell’autonomia dello studente: quest’ultimo deve solamente eseguire e affidarsi a quella che gli viene presentata come la modalità migliore per veicolare i contenuti. – Il modello deliberativo si esplica su due livelli: quello della progettazione/programmazione dell’intervento formativo, nel suo complesso, e quello dell’erogazione; – si riconoscono architetture di tipo recettivo, comportamentale e formati in linea quali lezione, istruzione programmata, ma anche approccio tutoriale e modellamento con forte caratterizzazione di guida.

 • Nel secondo caso, invece (modello reattivo), la didattica si esplica nella sua

• Nel secondo caso, invece (modello reattivo), la didattica si esplica nella sua accezione più libera tanto dal punto di vista dei riferimenti teorici, quanto di quello della prassi. • In una didattica reattiva, possiamo pensare ad architetture quali quella simulativa, collaborativa, esplorativa e a formati quali simulazione (simbolica, role playing, studio di caso), apprendimento di gruppo (collaborazione/cooperazione, sostegno reciproco), progetto, ricerca, problema

 • quello reattivo è un modello che esprime flessibilità, contestualizzazione, riflessione; • è

• quello reattivo è un modello che esprime flessibilità, contestualizzazione, riflessione; • è fortemente centrato sullo studente e, nel suo alveo, la teoria e la prassi didattica possono essere ricondotte ad un senso di libertà. • Nel modello deliberativo, invece, il riferimento è al rigore, a una certa rigidità, anche se il tentativo primario è quello di dare scientificità al processo didattico. • Ovviamente non è corretto assumere i due modelli in modo estremamente rigido e direttivo. – È sicuramente possibile dare qualche grado di flessibilità al primo e qualche elemento di rigidità al secondo, generando delle forme intermedie che, per altro, esistono anche nel mondo della robotica: deliberativo-flessibile, reattivo-controllato.

 • Possiamo ricondurre al polo deliberativo l’uso delle tecnologie internamente alle singole discipline,

• Possiamo ricondurre al polo deliberativo l’uso delle tecnologie internamente alle singole discipline, in particolare se usate come sostegno. In questo contesto, come abbiamo già detto, esse assumono una veste strumentale tesa a migliorare l’apprendimento, la loro valenza è comunque fortemente condizionata dal contesto del percorso. • Possiamo invece ricondurre verso l’altro polo, quello reattivo, l’uso delle tecnologie nel loro approccio autonomo: a questo ambito sono le applicazioni, sviluppate mediante una specifica tecnologia, che coinvolgono o possono coinvolgere le diverse discipline

Metodo di lavoro dei docenti e degli studenti • • Tenendo conto di quanto

Metodo di lavoro dei docenti e degli studenti • • Tenendo conto di quanto appena esposto, in particolare facendo riferimento al modello reattivo, è chiaro che il metodo di lavoro dei docenti può cambiare, sia rispetto al rapporto con i colleghi, sia rispetto alla costruzione di itinerari didattici. Nella scelta di un argomento si può pensare ad un approccio interdisciplinare che veda coinvolti diversi contenuti e, quindi, l’itinerario va opportunamente progettato e calibrato in base all’apporto di ciascun docente: ad esempio, il docente di lettere organizza un percorso di massima per sviluppare una narrazione, i docenti di matematica e di scienze, ne organizzano altri per rinfrescare o introdurre i contenuti che occorrono per la gestione della storia e, così via, per i docenti di altri ambiti disciplinari; il docente di tecnologie predispone invece un percorso propedeutico alla realizzazione del dispositivo tecnologico e dei comportamenti da assegnare a quest’ultimo (realizzazione degli agenti della storia e dei relativi comportamenti; questi potrebbero essere dei robot). Successivamente ciascun docente, nel proprio ambito, procede con un colloquio clinico per evidenziare le misconoscenze e anche per riscaldare le preconoscenze necessarie a un buon apprendimento. Si avvia quindi la realizzazione dell’esperienza durante la quale i docenti e gli studenti dapprima progettano segmenti dell’esperienza da realizzare, quindi dalla fase della progettazione virtuale si passa alla realizzazione.

Metodo di lavoro dei docenti e degli studenti • Ricordiamo che esistono due continuum

Metodo di lavoro dei docenti e degli studenti • Ricordiamo che esistono due continuum che interagiscono: – quello della progettazione del percorso e – quello della progettazione del dispositivo che a sua volta prevede quella fisica del dispositivo e quella dei suoi comportamenti. – Esiste una stretta interazione fra le due progettazioni; durante lo sviluppo del progetto potrebbero intervenire dei problemi riconducibili alla traccia del percorso didattico individuato oppure si riconosce che il dispositivo così com’è stato progettato è errato per quell’esperienza, oppure che non è possibile realizzarlo o che i comportamenti assegnati non sono corretti; occorre quindi essere in grado di rimediare il percorso intervenendo nel momento e nella situazione opportuna.

Metodo di lavoro dei docenti e degli studenti • Parallelamente, il metodo di lavoro

Metodo di lavoro dei docenti e degli studenti • Parallelamente, il metodo di lavoro degli studenti è orientato al lavoro per progetti; questo è un intervento educativo che tende a privilegiare i loro bisogni e tiene ovviamente conto delle loro risorse. • Il docente agevola il processo messo in atto dagli studenti, evitando di proporre proprie soluzioni; al massimo opera mediante domande finalizzate ad indirizzare la ricerca verso il senso vero dell’esperienza e per facilitare percorsi guidati dalla scoperta, inventati o reinventati piuttosto che dettati da ricordi e riapplicati in modo meccanico. La scelta di temi interdisciplinari può favorire forme di collaborazione fra esperti in diversi settori, una partecipazione attiva che attraverso la discussione porta a sintesi e/o a generalizzazioni. La condivisione porta a riflessioni metacognitive sul proprio modo di operare.

Metodo di lavoro dei docenti e degli studenti • È importante che si abbia

Metodo di lavoro dei docenti e degli studenti • È importante che si abbia come fine la realizzazione di un prodotto, non in quanto tale, piuttosto come mezzo per realizzare un percorso di progettazione e per sviluppare sinergie e risonanze con metodologie di lavoro nel mondo esterno. • Ricordiamo le affermazioni di Pellerey, quando sostiene che la “pedagogia del progetto è una pratica educativa che coinvolge gli studenti nel lavorare intorno a un progetto che abbia una sua rilevanza, non solo all’interno dell’attività scolastica, bensì anche fuori di essa. Ad esempio, si può proporre agli studenti di impegnarsi nella produzione di uno spettacolo, nella pubblicazione di un giornale, nella preparazione di un viaggio o di una escursione, scrivere una novella, redigere una guida turistica che descriva un luogo o un oggetto d’arte, preparare una esposizione, girare un film o un video, progettare e realizzare un sito informatico, partecipare ad un’azione umanitaria, ecc” (Pellerey M. , 2004, pag. 106). • Possiamo aggiungere: progettare e realizzare artefatti informatici come micromondi, simulazioni dentro l’elaboratore e nel mondo, utilizzare la robotica.

Attività autentiche • Il tema delle attività autentiche è fortemente connesso a quello della

Attività autentiche • Il tema delle attività autentiche è fortemente connesso a quello della valutazione autentica, la quale intende verificare la capacità di edificare, plasmare, sviluppare conoscenza piuttosto che semplicemente riprodurla in contesti artificiali, appositamente creati fuori da quelli reali. Essa è fondata su prestazioni reali e adeguate agli apprendimenti significativi che si vogliono realizzare. Variegate sono le definizioni e le descrizioni di attività autentiche; riportiamo qui quella, in dieci punti, di Reeves T. C. , Herrington J. , Oliver R. (2002);

Attività autentiche • hanno rilevanza nel mondo reale: no a compiti decontestualizzati o scolastici;

Attività autentiche • hanno rilevanza nel mondo reale: no a compiti decontestualizzati o scolastici; • sono mal definite e richiedono agli studenti di definire i compiti e i sottocompiti necessari per completare l’attività • comprendono compiti complessi che debbono essere studiati per un periodo prolungato di tempo • forniscono agli studenti l'opportunità di esaminare il compito da diverse prospettive, utilizzando una varietà di risorse • offrono l’opportunità di collaborare

Attività autentiche • forniscono occasione di riflessione • possono essere integrate in e applicate

Attività autentiche • forniscono occasione di riflessione • possono essere integrate in e applicate attraverso diverse aree tematiche • sono perfettamente integrate con la valutazione: questa è integrata con il compito cosi che possa riflettere la valutazione di un’azione reale, piuttosto che una artificiale e separata valutazione avulsa dalla natura dell'attività; • creano prodotti valutabili di per sé piuttosto che in preparazione ad altro: le attività culmineranno nella creazione di un prodotto intero e completo, piuttosto che in un’esercitazione o in una sottofase in preparazione di qualcos'altro; • consentono soluzioni concorrenti e diversità di risultato

 • Due metodi generalmente indicati per valutare attività autentiche sono l’osservazione e il

• Due metodi generalmente indicati per valutare attività autentiche sono l’osservazione e il portfolio. – Ponendo l’attenzione sulle caratteristiche delle attività autentiche possiamo notare come queste caratteristiche delineino itinerari significativi e non sbrigativi, utilizzabili per espletare buone osservazioni; queste richiedono adeguati periodi di rilevazione durante i quali fotografare diversi momenti che vanno sistemati in opportune collezioni in base agli obiettivi prefigurati; l’osservare impone il creare un album di flash e non il limitarsi a qualche sporadica istantanea. – L’attività osservata deve avere una sua diacronicità, affinché sia possibile rilevare con significatività la qualità del lavoro degli studenti.

 • Il ragionare lungo i propri itinerari per selezionare step rilevanti da inserire

• Il ragionare lungo i propri itinerari per selezionare step rilevanti da inserire nel proprio portfolio, impone altresì, per lo studente, un lavoro su esperienze convincenti, sia in termini di complessità e di modalità di lavoro, sia anche nei tempi di riflessione.

 • In definitiva, la peculiarità delle tecnologie autonome, consistente nella richiesta di propri

• In definitiva, la peculiarità delle tecnologie autonome, consistente nella richiesta di propri percorsi di progettazione e di realizzazione per lo sviluppo di esperienze, le rende isomorfe (sovrapponibili) alle caratteristiche definitorie delle attività autentiche.

La narrazione • • Le storie (Smorti A. , 2003) sono trame di fatti

La narrazione • • Le storie (Smorti A. , 2003) sono trame di fatti ed eventi frutto dell’immaginazione, o realmente accaduti, vissute dai personaggi che, in un percorso con un inizio, uno sviluppo e una fine, agiscono secondo intenzioni, credenze e sentimenti attraverso i quali vengono caratterizzati dal narratore. Una storia si sviluppa in un itinerario che prevede alcune fasi: – una focalizzazione iniziale su un contesto nel quale si svilupperà la storia (introduzione del contesto e dei personaggi); – un problema che genera un turbamento della situazione iniziale e del suo equilibrio; un evento altro rispetto alla ordinarietà della situazione iniziale (un evento iniziale che spinge il protagonista o i protagonisti a prefiggersi il raggiungimento di uno scopo); – una trama di tentativi per ristabilire l’equilibrio attraverso una soluzione o un fallimento del problema (i tentativi dei personaggi di raggiungere uno scopo e gli impedimenti e/o gli aiuti esterni); – il raggiungimento di un nuovo equilibrio che può consistere o in un nuovo stato o nel ripristino di quello iniziale (il raggiungimento dello scopo); – una conclusione della storia che restituisca un tessuto di sensazioni e indicazioni estrapolate dalla trama narrativa per essere riproposte nella vita reale

Storie digitali; Jason Ohler • Nel mondo digitale, una storia può essere realizzata attraverso

Storie digitali; Jason Ohler • Nel mondo digitale, una storia può essere realizzata attraverso diverse modalità, dispositivi e procedure. • Jason Ohler (Ohler, 2007) individua due modalità di costruzione di storie, la green screen-based storytelling e la computer-based narration; quest'ultima si snoda attraverso alcune fasi: la creazione - da parte dello studente - di una mappa della storia; il feedback del gruppo, con eventuale aggiunta di ulteriori elementi; la scrittura vera e propria della storia; la registrazione; l'ascolto con eventuale revisione. Se il prodotto non risulta soddisfacente si interviene a modificare il processo di realizzazione, altrimenti si passa a digitalizzare la storia.

 • • Jason Ohler propone modalità di realizzazione di storie, altri si soffermano

• • Jason Ohler propone modalità di realizzazione di storie, altri si soffermano sulle caratteristiche; per Joe Lambert (Bull G. , Kajder S, 2004) esse: mettono in scena trame che espongono i punti di vista rispetto a fatti realmente accaduti e riportati in forma di storia o a situazioni di fantasia però rese reali, perché sapientemente intessute di vissuti personali di chi racconta; assumono una valenza pedagogica in quanto tendono ad esplicitare valori e morali; emozionano perché hanno una trama significativa e sovrapponibile al vissuto dell’ascoltatore; sono raccontate con una voce che esprime stati d’animo, sensazioni, gioia, dolore; la voce diventa quasi una colonna sonora con il suo variare di timbri in base alle situazioni che scorrono sulla scena della storia; sono una sapiente mistura di diversi ingredienti, senza che alcuno di essi prevalga su altri, i quali interagiscono fra loro entro la dimensione della storia stessa, dimensionandola secondo le esigenze: dilatando e sintetizzando in modo opportuno le situazioni; sono espresse con il giusto ritmo; non annoiano mai; la stessa storia ha in tempi diversi, ritmi diversi che coinvolgono sempre.

 • Una narrazione può rappresentare il tessuto che permette lo sviluppo di una

• Una narrazione può rappresentare il tessuto che permette lo sviluppo di una esperienza da realizzare attraverso tecnologie digitali autonome. La trama viene messa in scena con opportune modalità o dentro il computer o nel mondo reale attraverso, ad esempio, dei robot.

micromondi • Attraverso la realizzazione di artefatti informatici, si possono esplorare segmenti di mondo

micromondi • Attraverso la realizzazione di artefatti informatici, si possono esplorare segmenti di mondo realizzandone una versione personale, desunta da contatto e confronto con la realtà; Papert chiama micromondi questi segmenti. • Un micromondo è una piccola versione di un qualche dominio di interesse. L'obiettivo non è quello di realizzare una rappresentazione accurata della realtà, ma di fare qualcosa che permetta di mettere in atto e di sviluppare la qualità dell'immaginazione del realizzatore, spesso uno studente.

micromondi • Un micromondo può: – fornire un esempio concreto di analisi di un

micromondi • Un micromondo può: – fornire un esempio concreto di analisi di un determinato ambiente; – permettere di comprendere le variabili che sono presenti nell’ambiente e le loro funzioni; – fornire una conoscenza da più punti di vista del problema. • Permettendo di manipolare rappresentazioni di realtà in modo artificiale, un micromondo rende gli studenti autori di percorsi personali nei quali addestrare le proprie idee; è un ambiente di apprendimento nel quale è possibile imparare ad imparare, cioè creare conoscenza, sperimentarla e ricrearne di nuova in un continuo feed-back.

micromondi • Sicuramente un micromondo non ha valenza di oggettività scientifica; è un primo

micromondi • Sicuramente un micromondo non ha valenza di oggettività scientifica; è un primo approccio con il dominio ed è una sua prima rappresentazione, molto spostata sulla visione che il soggetto che lo sta realizzando ha del dominio stesso; può diventare un prodotto migliore attraverso incrementi riferibili alla conoscenza del dominio e alla competenza nell’uso di strumenti tecnologici per realizzarlo e, soprattutto, alla volontà di realizzare un dispositivo che divenga di uso universale.

micromondi • Il micromondo è comunque una visione personale di quel dominio; anche se

micromondi • Il micromondo è comunque una visione personale di quel dominio; anche se il realizzatore ha idonei strumenti per realizzare rappresentazioni di un certo livello, ciò che realizza è comunque una sua visione personale di quel mondo; un micromondo può essere tale per un soggetto e non per un altro. Non bisogna scambiare la sua realizzazione con un compito da assegnare per verificare se uno studente ha una rappresentazione corretta di segmenti di realtà o se sa utilizzare con competenza idonei strumenti; quello che interessa è dare la possibilità di sperimentarsi nel processo attraverso il quale si costruisce il micromondo; così facendo sono indotte delle metodologie di lavoro che possono educare a individuare personali e significativi percorsi di apprendimento.

simulazioni • “Una simulazione è una teoria dei meccanismi, dei processi e dei fattori

simulazioni • “Una simulazione è una teoria dei meccanismi, dei processi e dei fattori sottostanti a certi fenomeni, tradotta in un programma per computer” (Parisi D. , 2001, citato in Bertacchini P. e altri, 2006, pag. 68). • In ambito didattico l’utilizzo di simulazioni già costruite mostra indubbia valenza nella gestione dei parametri dei programmi che le realizzano, permettendo di studiare i sistemi simulati in svariate situazioni. È tuttavia possibile progettare e costruire proprie simulazioni attraverso un ciclo continuo fra ricerca → progettazione → realizzazione modello → realizzazione algoritmo → prove → ricerca. In altri termini, si attua un continuo passaggio dal reale alla formalizzazione e, da questa, nuovamente al reale.

simulazioni • È evidente la differenza fra uso di simulazioni già pronte e creazione

simulazioni • È evidente la differenza fra uso di simulazioni già pronte e creazione di simulazioni ex novo: nel primo caso si tratta di risolvere il problema derivante dal contesto simulato mentre, nel secondo caso, l’obiettivo è dato dall’individuazione del modello astratto del problema da affrontare e dei conseguenti passi risolutivi (algoritmi). In definitiva, questo tipo di attività non richiede al discente l’analisi del contesto problematico per impostare una soluzione in un mondo chiuso (quale può essere l’insieme delle possibilità date da una simulazione già creata), ma di descrivere formalmente e realizzare il procedimento risolutivo di una classe di problemi (Alessandri G. , Paciaroni M. , 2011).

simulazioni • • Possono esistere simulazioni che riproducono mondi nel computer, ma anche simulazioni

simulazioni • • Possono esistere simulazioni che riproducono mondi nel computer, ma anche simulazioni nel mondo reale: è il caso delle simulazioni robotiche, nelle quali il computer entra nel mondo. Nel primo caso occorre istruire degli agenti a risolvere tali problemi muovendosi nel mondo nel computer, nel secondo bisogna istruire il robot (i robot) a risolvere tali problemi vivendo nel nostro mondo. Realizzare artefatti informatici per costruire simulazioni, consente lo sviluppo di attività sperimentali che spaziano dalla individuazione di un ambiente nel quale progettare e realizzare gli attori (agenti) dell’applicazione, fino alla progettazione di ‘comportamenti autonomi’ che gli stessi attori possono assumere in base alle situazioni che si presentano loro (cioè fino e farli “vivere” nel mondo realizzato). Attraverso una simulazione è, quindi, possibile creare un modello di sistema e studiarne l’evoluzione nel tempo, gestendo opportuni parametri regolativi. Abbiamo già detto in precedenza che essa è modo di esprimere le teorie scientifiche attraverso un programma informatico che rappresenta, con la sua formalizzazione, un modo di enunciare la teoria e, con il suo funzionamento, una riproduzione dei fenomeni che la teoria vuole studiare.

simulazioni • Attraverso la realizzazione di simulazioni, quindi, gli studenti possano impegnarsi in atteggiamenti

simulazioni • Attraverso la realizzazione di simulazioni, quindi, gli studenti possano impegnarsi in atteggiamenti da ricercatori che continuamente scoprono e verificano la validità di personali intuizioni, secondo una coerenza ricerca-sperimentazione. • Tuttavia nella scuola, spesso ci si limita a illustrare, anche attraverso strumenti multimediali, gli esperimenti standard riferiti alla disciplina d’interesse, piuttosto che organizzare delle esperienze che possano far capire il contesto e il processo che hanno permesso questa o quella teorizzazione. Occorrerebbe, invece, allestire modalità di lavoro e anche spazi all’interno dei quali facilitare “l’invenzione”.

simulazioni • Le indicazioni nazionali per il curricolo del 2007 e del 2012 interpretano

simulazioni • Le indicazioni nazionali per il curricolo del 2007 e del 2012 interpretano questa esigenza ribadendo la valenza didattica e formativa del laboratorio, inteso “sia come luogo fisico (aula, o altro spazio specificatamente attrezzato), sia come momento in cui l’alunno è attivo, progetta e sperimenta, formulando le proprie ipotesi e controllandone le conseguenze, discute e argomenta le proprie scelte, impara a raccogliere dati e a confrontarli con le ipotesi formulate, negozia e costruisce significati interindividuali, porta a conclusioni temporanee e a nuove aperture la costruzione delle conoscenze personali e collettive”.