Alla confluenza tra il sistema costituzionale e i

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Alla confluenza tra il sistema costituzionale e i suoi percorsi interpretativi e la storia

Alla confluenza tra il sistema costituzionale e i suoi percorsi interpretativi e la storia (anche del pensiero Il diritto all’abitare come diritto costituzionale 1. Fondamenti Un diritto sociale della personalità

L’A. ci avverte di voler parlare di diritto all’abitare e non di diritto alla

L’A. ci avverte di voler parlare di diritto all’abitare e non di diritto alla casa o diritto all’abitazione. Perché? «Diritto alla casa è l’espressione che è stata usata per più lungo tempo in dottrina ma è ‘angusta’ e ha ‘la pecca di imbrigliare il discorso entro logiche meramente proprietarie’ Poi si è iniziato a parlare di diritto all’abitazione, intendendo che «ciò che deve essere garantito non è un diritto sull’abitazione ossia un diritto alla proprietà della casa, bensì un diritto in cui il bene materiale rileva solo per la funzione che è chiamato ad assolvere, a prescindere dal titolo giuridico che su di esso può vantarsi. » Umberto Breccia Civilista italiano Autore de ‘Il diritto all’abitazione’, Giuffrè, Milano, 1980 «Da alcuni anni, anche sulla scorta di altre discipline, i giuristi più attenti preferiscono esprimersi in termini di diritto all’abitare. «L’espressione racchiude un insieme variegato di bisogni (personali, familiari, sociali, culturali) che il bene ‘casa’ è chiamato strumentalmente a soddisfare, non essendo possibile ridurre l’ ‘abitare’ alla ‘casa’. «Il cambiamento lessicale denota la presa di coscienza della necessità di un approccio caleidoscopico al disagio abitativo, che sappia tenere insieme i molteplici profili dell’urbanistica, delle politiche fondiarie, e delle marginalità socio-economiche. » (p. 2)

 «anche sulla scorta di altre discipline…» Il ‘diritto all’abitare’ proviene da una elaborazione

«anche sulla scorta di altre discipline…» Il ‘diritto all’abitare’ proviene da una elaborazione filosofica, politica, prima che ‘giuridica’. , dove invece sono più familiari e consolidate, le espressioni diritto alla casa o diritto all’abitazione.

La nostra Autrice si impegna a dimostrare che questo ‘diritto all’abitare’ non è solo

La nostra Autrice si impegna a dimostrare che questo ‘diritto all’abitare’ non è solo un’idea, ma ha un fondamento costituzionale preciso. Parla di ‘diritto costituzionale all’abitare’.

L’espressione ‘diritto costituzionale’ mette in evidenza, sempre e in generale (non solo nel caso

L’espressione ‘diritto costituzionale’ mette in evidenza, sempre e in generale (non solo nel caso del diritto all’abitare) che si tratta di una • situazione giuridica (in questo senso ‘un diritto’) • che non si origina nel diritto privato e non investe (principalmente) le relazioni tra privati e cioè Una situazione giuridica che caratteristiche diverse rispetto a quelle dei diritti secondo la nozione che di diritti ha il diritto privato (pretese soggettive cui corrisponde un obbligo altrui e che sono azionabili davanti a un giudice e aventi spesso carattere patrimoniale), o rispetto a quando si parlava di ‘diritti soggettivi pubblici’. Si tratta invece di una situazione giuridica che è individuata dalla Costituzione o che può essere individuata e argomentata sulla base della Costituzione, e precisamente grazie al fatto che, con la Costituzione, numerosi aspetti della vita individuale e sociale (che concernono cioè la persona come tale) sono presi in considerazione, nominati e riconosciuti come valori, esigenze, bisogni o capacità che la Repubblica ha il compito di promuovere e tutelare (la salute, l’istruzione, la famiglia, il lavoro…).

La Costituzione formula espressamente alcuni diritti (il diritto alla salute, il diritto all’istruzione). Il

La Costituzione formula espressamente alcuni diritti (il diritto alla salute, il diritto all’istruzione). Il diritto all’abitare non è formulato espressamente in Costituzione. Per esso a maggior ragione si può dire che è un diritto ‘costituzionale’ non perché la Costituzione lo prevede o lo sancisce (la Costituzione non lo nomina) ma è un diritto costituzionale perché scaturisce da, e può essere basato su, l’insieme dei principi, e dei valori ad essi sottesi, che la Costituzione rende possibile argomentare, e in qualche misura immaginare, scoprire, vedere, ripensare.

Nel nostro ordinamento la Costituzione è una norma giuridica superiore alla legge. Se ne

Nel nostro ordinamento la Costituzione è una norma giuridica superiore alla legge. Se ne fa conseguire: a) Che il contrasto tra la legge e la Costituzione può determinare l’annullamento della prima; b) Che la Costituzione indica finalità che il legislatore deve perseguire. Molti Autori, come la nostra A. , pensano che la Costituzione abbia lo scopo di modificare i rapporti di forza scritti nella costituzione materiale (p. 12). Parlare di ‘diritto costituzionale all’abitazione’ vuol dire allora anche da esso scaturisce un (certo) vincolo nei confronti del legislatore e in genere dei pubblici poteri. La nostra Autrice si impegna perciò a dimostrare che esiste un diritto all’abitare (a dimostrare che lo si può, anzi lo si deve, ricavare dalla Costituzione in via interpretativa) e che esso perciò è in grado di conformare (condizionare) l’azione dei pubblici poteri. Le interessa la portata prescrittiva del diritto all’abitare (che non d’altronde tutto quel che importa). Per farlo adotta una interpretazione sistematica e storica.

La nozione di diritto all’abitare è il frutto di una interpretazione sistematica e storica

La nozione di diritto all’abitare è il frutto di una interpretazione sistematica e storica della Costituzione.

[Rif. Cap. I par. I Il diritto all’abitare nell’ordinamento costituzionale italiano pp. 7 -15)]

[Rif. Cap. I par. I Il diritto all’abitare nell’ordinamento costituzionale italiano pp. 7 -15)] La nostra Costituzione si riferisce alla abitazione nell’art. 47 comma 2 Art. 47 Cost. : «La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. » «Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese. » Letteralmente il diritto all’abitare non è previsto. E anche quando i Costituenti formularono questa disposizione non ne parlarono. Una interpretazione letterale e originalista non sostiene il diritto all’abitare.

L’art. 47 va letto però nel contesto e nel complesso delle scelte costituzionali Art.

L’art. 47 va letto però nel contesto e nel complesso delle scelte costituzionali Art. 2 Cost. «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali in cui svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» PRINCIPIO PERSONALISTA Art. 3 comma 2 Cost. «E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. » PRINCIPIO SOLIDARISTA «Da questo complesso di norme già si ricava una prima copertura costituzionale per quelle misure legislative che siano volte a favorire, in condizioni di uguaglianza sostanziale, il godimento di una abitazione adeguata. I provvedimenti che vadano in questa direzione devono considerarsi non soltanto coperti ma più significativamente reclamati da quelle disposizioni costituzionali che impegnano i pubblici poteri a una presa in considerazione delle condizioni di svantaggio socio-economico in cui alcuni versano. » (Olivito, p. 15).

Alcune importanti disposizioni costituzionali presuppongono il diritto all’abitare Art. 14 libertà del domicilio (e

Alcune importanti disposizioni costituzionali presuppongono il diritto all’abitare Art. 14 libertà del domicilio (e connesso diritto a una sfera di riservatezza) Art. 31 e 32 formazione della famiglia e adempimento dei compiti relativi, specie per le famiglie numerose At. 32 diritto alla salute Art. 36 diritto a una retribuzione sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa. (p. 14) «Sul piano costituzionale l’abitazione è garantita non in sé come bene materiale ma in quanto strumento di bisogni primari delle persone e dunque la traduzione concreta di quella ‘libertà dal bisogno’ di cui tutti i diritti sociali singolarmente presi sono espressione ma che, nel caso dell’abitazione, si consegue attraverso il godimento di un bene materiale» «Il diritto all’abitare è una formula espressiva di una prestazione sociale condizionante il cui soddisfacimento è consustanziale al pieno sviluppo della persona umana, all’effettivo esercizio dei diritti fondamentali, e alla possibilità di condurre un’esistenza libera e dignitosa» (p. 15)

Il diritto all’abitare è anche un modo attraverso cui possono trovare realizzazione alcune previsioni

Il diritto all’abitare è anche un modo attraverso cui possono trovare realizzazione alcune previsioni costituzionali Art. 42: la proprietà deve essere resa accessibile a tutti deve essere assicurata la ‘funzione sociale della proprietà’ Art. 41: l’iniziativa economica pubblica e privata può essere indirizzata ’a fini di utilità sociale’ Non può svolgersi in modo da recare danno alla libertà la dignità e la sicurezza umana Che a loro volta lo rendono possibile, argomentabile «L’art. 47 può ritenersi esplicitazione del riferimento contenuto nell’art. 42 non solo all’accessibilità di tutti alla proprietà privata (a sua volta espressione dell’art. 3 comma 2) ma soprattutto alla funzione sociale che della proprietà è connotato imprescindibile» e ha «valenza redistributiva» E «funzione di legittimazione della conflittualità sociale» Rendendo possibili - La ridefinizione e pluralizzazione delle forme proprietarie (proprietà caleidoscopica) - L’immaginazione della proprietà come diritto personale (non solo patrimoniale) (p. 22) - La possibilità di apporre limiti alla proprietà privata per rispondere al bisogno abitativo (p. 24) - Un ‘controllo di socialità’ del diritto di proprietà come atto di iniziativa economica privata» (p. 25)

Il fondamento del diritto all’abitare è individuato dunque da Olivito con una interpretazione A)

Il fondamento del diritto all’abitare è individuato dunque da Olivito con una interpretazione A) sistematica opposta a una interpretazione ‘originalista’ e letterale (p. 8 -9) che porta (benché il diritto non sia espressamente menzionato in Costituzione) • a collocarlo tra i diritti fondamentali di carattere sociale • a riconoscere ad esso portata ‘precettiva’ e non meramente ‘programmatica’, in quanto parte di una Costituzione che ha «forza giuridica» anche negli «enunciati di principio» (p. 11, Breccia). B) Storicamente situata nel senso che tiene conto sia del cambiare della realtà e dei bisogni sia nel della ‘storia’ tracciata dalle interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali della Costituzione, prende una posizione rispetto a questa storia.

La scelta per l’espressione ‘diritto all’abitare’ e non ‘diritto alla casa’ o ‘all’abitazione’ segna

La scelta per l’espressione ‘diritto all’abitare’ e non ‘diritto alla casa’ o ‘all’abitazione’ segna questa storicità della scelta interpretativa. Da una parte proviene dalle acquisizioni fatte dalla dottrina o dalla giurisprudenza nel passato; dall’altra le rivede scoprendovi con riferimento ai problemi e alla coscienza del presente limiti o aspetti da riconsiderare. (L’interpretazione è un dialogo – una ricerca dialettica)

Criticare l’espressione ‘diritto alla casa o all’abitazione’ serve a criticare non chi ha rivendicato

Criticare l’espressione ‘diritto alla casa o all’abitazione’ serve a criticare non chi ha rivendicato questi diritti, ma le politiche proponendosi di dare case (o ‘alloggi’) a bisognosi o poveri o emarginati di ieri o di oggi sono illusorie se non fraudolente se, e nella misura in cui, non tendono all’integrazione nella città, nel mondo circostante, ma creano ghetti isolati e discriminatori, che per esempio non tengono presenti la dimensione di socializzazione, o le esigenze di scolarizzazione. In secondo luogo, l’espressione ci aiuta a comprendere che ciò che è racchiuso nel diritto all’abitare e che può anche essere chiamato diritto alla casa o all’abitazione interessa tutti, perché attiene all’espressione della personalità e alla nostra comune umanità. Il diritto all’abitare non è una cosa che interessa ad alcune categorie, ma un bisogno (e una capacità) universale. Così comprendiamo che siamo tutti titolari del diritto all’abitare, e tutti minacciati dalla sua deprivazione.

Con questo, nonostante si distacchi dalle espressioni divenute tradizionali espressioni ‘diritto alla casa’ e

Con questo, nonostante si distacchi dalle espressioni divenute tradizionali espressioni ‘diritto alla casa’ e ‘diritto all’abitazione’, la nostra Autrice, come vedremo, si riallaccia alle intuizioni più profonde che connotano il bisogno e la capacità umana di abitare e che sono fraintesi, o anche messi a repentaglio, quando lo si riduce al diritto a una abitazione, o peggio, a un alloggio, e alla ispirazione che soggiace alla parte ‘economico-sociale’ della nostra Costituzione.

(Sulle spalle dei giganti) «Lo spostamento dalla ‘casa’ all’ ‘abitare’ emerge in primo luogo

(Sulle spalle dei giganti) «Lo spostamento dalla ‘casa’ all’ ‘abitare’ emerge in primo luogo dal dibattito che ha accompagnato l’unico riferimento testuale all’abitazione, contenuto nella Costituzione al comma 2 dell’art. 47. L’impegno della Repubblica nel favorire l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione è stato letto unitamente al principio personalista (art. 2 Cost. ), al principio di eguaglianza sostanziale (art. 3 comma 2 Cost. ), all’utilità sociale dell’iniziativa economica pubblica e privata (art. 41 commi 2 e 3 Cost. ) nonché infine alla funzione sociale della proprietà (art. 42 comma 2 Cost. ). Da tali disposizioni si ricava un diritto fondamentale all’abitare la cui garanzia investe lo spazio abitativo (interno ed esterno) volto a soddisfare alcune esigenze primarie e non meramente il bene immobile che su di esso insiste» (p. 3)

 «La preferenza per l’espressione ‘diritto all’abitare’ rispetto a quella più angusta di diritto

«La preferenza per l’espressione ‘diritto all’abitare’ rispetto a quella più angusta di diritto all’abitazione discende dal carattere non meramente individuale ma relazionale e sociale dei bisogni che intorno ad esso ruotano. Se non si presta attenzione al contesto urbanistico di cui l’alloggio è parte, la sola disponibilità del bene materiale può tradursi in una misura del tutto inadeguata per la concreta soddisfazione dei bisogni. Una considerazione isolata delle esigenze abitative rischia di ridurre il diritto all’abitare delle persone svantaggiate a un vuoto simulacro, poiché vuol dire prescindere dalla rete di relazioni socio economiche lo innervano» (p. 161).

La nostra Autrice insiste sul fatto che il diritto all’abitare risponde a bisogni di

La nostra Autrice insiste sul fatto che il diritto all’abitare risponde a bisogni di persone in condizioni svantaggiate, ma evidenzia anche esso concerne esigenze fondamentali della personalità umana. Il diritto all’abitare è un diritto sociale della personalità in cui si esprime la sociabilitas umana e attraverso il quale cogliamo l’unicità dei diritti fondamentali.

Alla confluenza tra il sistema costituzionale e i suoi percorsi interpretativi e la storia

Alla confluenza tra il sistema costituzionale e i suoi percorsi interpretativi e la storia (anche del pensiero Il diritto all’abitare come diritto costituzionale II. Dalla definizione del diritto all’abitare al giudizio sulle politiche abitative

La dizione ‘diritto all’abitare’ sottolinea che si tratta di un diritto che ha a

La dizione ‘diritto all’abitare’ sottolinea che si tratta di un diritto che ha a che vedere con una ampia gamma di beni, molti dei quali • immateriali • attinenti alla personalità (personali) e non patrimoniali • collettivi e non individualistici. che sono coinvolti nelle politiche abitative.

Dalla nozione che, di un certo diritto, io adotto, consegue un diverso raggio di

Dalla nozione che, di un certo diritto, io adotto, consegue un diverso raggio di politiche riterrò corrispondenti, adeguate (o meno). Diritto alla (proprietà della) casa = politiche di agevolazione all’acquisto della proprietà della casa Diritto all’abitazione = politiche di sostegno alla stabilità del rapporto abitativo Diritto all’abitare = politiche di agevolazione e sostegno alla proprietà della casa, alla stabilità del rapporto abitativo ma anche una serie di politiche OLTRE LA CASA, OLTRE L’ALLOGGIO e che investiranno molti altri ambiti che condizionano la qualità dell’abitare, come, per esempio: • L’urbanistica e la pianificazione della città • Le opere di urbanizzazione • Le reti di trasporto Molte politiche connesse al diritto all’abitare • Il territorio hanno a che vedere col governo dell’economia, • Lo statuto della proprietà pubblica e privata • L’estensione dell’iniziativa economica (pubblica e privata) …. MA I BISOGNI CUI RISPONDE NON SONO SOLO ECONOMICI O MATERIALISTICI

Il costo della scelta lessicale della nostra A. è però quello di lasciare piuttosto

Il costo della scelta lessicale della nostra A. è però quello di lasciare piuttosto indeterminato il tipo di pretesa soggettiva che scaturisce dal diritto all’abitare (essere titolari del diritto all’abitare a che cosa di preciso dà titolo; quali politiche pubbliche autorizza o consiglia, quali sconsiglia, scoraggia, o addirittura rende illegittime? ) A questa obiezione la nostra Autrice risponde espressamente: «Il diritto all’abitare è un diritto in movimento, un diritto cioè le cui traduzioni normative e le cui modalità di garanzia mutano (devono mutare) in ragione della stretta inerenza ai bisogni di chi lo rivendica e al contesto storico-sociale in cui trova attuazione. Sarebbe perciò inutile e controproducente cercare di individuare in termini troppo rigidi il contenuto essenziale di tale diritto, e non perché esso sia del tutto assoggettato alla discrezionalità del legislatore, ma perché la sua imprescindibile relazione con le variabili esigenze dell’esperienza umana postula una costante ridefinizione dei suoi contenuti. «Ciò comporta, da un lato, che il disagio abitativo si manifesta per cause e in forme suscettibili di rapidi cambiamenti e, dall’altro lato, che le misure adottate per farvi fronte debbano essere oggetto di frequenti ricalibrature. » IL DIRITTO ALL’ABITARE E’ UN ‘DIRITTO IN MOVIMENTO’ E PERTANTO NON SI PUO’ (non è corretto) STABILIRE UNA VOLTA PER TUTTE IL TIPO DI POLITICA CHE LO SODDISFA. Tuttavia, enucleare i valori ad esso sottesi (personali e solidaristici) ci dà una bussola per orientare il nostro giudizio.

Come vedremo, la nostra Autrice registra che le politiche abitative in Italia si sono

Come vedremo, la nostra Autrice registra che le politiche abitative in Italia si sono volte tradizionalmente verso la promozione dell’acquisto della proprietà della casa, ma oggi «le molteplici iniziative finora assunte allo scopo di agevolare l’acquisto dell’abitazione (quasi sempre in funzione di sostegno al settore dell’edilizia o di risanamento finanziario) devono oggi fare i conti con una realtà socioeconomica molto cambiata, che ne evidenzia ulteriormente la carica sperequativa. L’incentivazione dell’opzione proprietaria, che presuppone la possibilità di un radicamento stabile sul territorio, si scontra con un mercato del lavoro sempre più instabile e frammentato, che richiede la disponibilità e la capacità di spostarsi sul territorio. » oltre che «con le trasformazioni delle convivenze familiari, con l’accresciuta differenziazione culturale e infine con l’impatto delle migrazioni. » Dunque «alla rigidità della funzione proprietaria dovrebbe preferirsi la maggiore flessibilità della opzione locativa, che andrebbe incentivata» Ma d’altronde «L’inversione di rotta non deve, però, essere tale da costituire un fattore di ulteriore rafforzamento della precarietà lavorativa e di conseguenza di quella abitativa. » (Olivito, p. 214 -216) Il ‘diritto all’abitare’ ci offre una bussola per orientarci nel variare delle politiche abitative e formarcene un giudizio.

Ci accorgeremo che da una ventina d’anni a questa parte attraverso le ‘politiche abitative’

Ci accorgeremo che da una ventina d’anni a questa parte attraverso le ‘politiche abitative’ vengono perseguite (direttamente o indirettamente, finalità ulteriori, se non diverse, da quelle della risposta al bisogno (o al disagio) abitativo: • Ripianare il deficit dello stato e ‘coordinare la finanza pubblica’ • Attivare la circolazione della ricchezza, gli investimenti (gli alti costi degli affitti stimolano i mutui immobiliari) … …. assecondando un trend alla finanziarizzazione dell’economia. Se è vero che i diritti creano politiche (dal diritto all’abitare richiede politiche abitative per essere attuato) è anche vero che le politiche ‘conformano’ il diritto e come accade sempre più spesso qualche volta sono le politiche a creare ‘diritti’, cioè a raffigurarsi come legittimate in quanto rispondono a diritti. Spesso l’uso di espressioni generiche e evocative (il diritto al cibo) corrisponde non a diritti azionabili dai singoli ma all’intrapresa di politiche pubbliche assumono di servire a un diritto, ma il cui fine prevalente è un altro, ad esempio col diritto all’abitare creare, rafforzare, incentivare il mercato delle abitazioni.

Diritti sociali o • Art. 3 comma 2 Cost. it. È compito della Repubblica

Diritti sociali o • Art. 3 comma 2 Cost. it. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. politiche sociali? Art. 3 comma 2 TUE L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilita dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualita dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico. L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parita tra donne e uomini, la solidarieta tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore.

Il diritto all’abitare viene fatto rientrare tra i diritti sociali, espressione con la quale,

Il diritto all’abitare viene fatto rientrare tra i diritti sociali, espressione con la quale, nella nostra tradizione, si designano I diritti volti a proteggere la sfera sociale e i singoli individui dagli effetti sperequativi del mercato e a promuovere redistribuzione. I diritti sociali postulano una azione pubblica il cui soggetto è ‘la Repubblica’ e il cui fine è il pieno sviluppo della persona umana e la piena partecipazione di tutti i lavoratori alla vita politica, economica e sociale del Paese. Anche l’Unione europea, interviene in campi che hanno a che vedere con i diritti sociali (la parità tra i ‘generi’, l’occupazione, l’ambiente o i diritti degli anziani) ma il suo fine è lo «sviluppo sostenibile nel modello di una economia sociale di mercato» . Economia sociale di mercato vuol dire mercato calato nella società (embedded) – il governo della società deve essere funzionale alla realizzazione del mercato. Sotto l’influenza della Ue, per esempio, il diritto del lavoro italiano, che era basato sull’idea che il lavoratore è parte debole e deve essere tutelato dal rischio della perdita del lavoro mediante norme limitative del potere datoriale di licenziamento, e in generale dei poteri datoriali, è stata sostituita da una basata sull’idea che le tutele dei lavoratori consistono nella predisposizione di strumenti (corsi di formazione… lavoro obbligarorio? ) che li mettano in grado di essere occupabili, di ritrovare una occupazione in caso di perdita del lavoro.

La nostra Costituzione presuppone una visione ‘pessimistica’ del mercato, e la Ue una visione

La nostra Costituzione presuppone una visione ‘pessimistica’ del mercato, e la Ue una visione ottimistica, che lo vede come strumento per realizzare inclusione e progresso sociale. In questo quadro le ‘politiche sociali’ si specializzano come altrettanti campi nei quali la diagnosi sulla esistenza, l’estensione e le cause di un problema sociale (es. la mancanza di case per le persone a basso reddito) viene studiata in vista di individuare quelle ‘soluzioni’ che siano in armonia con il mercato, e cioè promuovano la circolazione della ricchezza. Così i ‘diritti sociali’, trasformati in altrettante occasioni per politiche ‘sociali’ di mercato, diventano gangli per attivare la società come risorsa per l’economia, ‘appendice del mercato’, ma possono perdere il loro significato solidarista e personalista.

 • Parlare di diritto all’abitare ci fa ben capire quanto ampio è il

• Parlare di diritto all’abitare ci fa ben capire quanto ampio è il raggio delle ‘politiche abitative’ e come il contenuto di esse possa variare nel tempo, in relazione ai cambiamenti economici e sociali e degli stili di vita, ma tenendo fermi alcuni valori di fondo che non possono essere messi a repentaglio. • Ci permette di individuare un concetto importante: un diritto ‘sociale’ non riguarda solo aspettative o tutele di tipo economico, ma tocca la personalità (un diritto sociale è anche un diritto della personalità) • Identificare un diritto ‘costituzionale’ non significa solo cercare di individuare un vincolo che grava sui pubblici poteri, ma anche interrogare i valori della convivenza, tornare a ripensarli, anche per come i percorsi del passato ci fanno vedere errori di impostazione, limiti o implicazioni di certe politiche, anche interpretative. • Ci rende consapevoli di una dialettica tra i valori costituzionali e quelli sottesi ai documenti o dichiarazioni che ispirano le politiche internazionali o sovranazionali. • Ci suggerisce che non sempre né per definizione una politica che si auto-definisce sociale corrisponde ai bisogni connessi ai diritti sociali.

Alla confluenza tra il sistema costituzionale e i suoi percorsi interpretativi e la storia

Alla confluenza tra il sistema costituzionale e i suoi percorsi interpretativi e la storia (anche del pensiero Il diritto all’abitare come diritto costituzionale III. Dalla riflessione degli anni ‘ 70 al tempo della precarietà globale Diritto alla casa Diritto all’abitazione Diritto all’abitare

Diritto alla casa e diritto all’abitazione sono due espressioni che si raccordano a istanze

Diritto alla casa e diritto all’abitazione sono due espressioni che si raccordano a istanze tradizionalmente fortissime nel nostro Paese, e che hanno incrociato in modo tanto drammatico quanto sintomatico i problemi connessi alla costruzione (e poi distruzione) dello stato sociale, le battaglie politiche, i movimenti sociali. Esse veicolano queste rivendicazioni: Diritto alla casa = diritto (delle classi proletarie) ad avere una casa (invece che una baracca, o nulla) Diritto all’abitazione = diritto di chi vive in affitto di non essere in balia delle convenienze del locatore (es. a non subire un recesso arbitrario; a non essere esposto a variazioni esorbitanti del canone) godendo di stabilità nel rapporto locativo.

Le espressioni ‘diritto alla casa’ e ‘diritto all’abitazione’ non hanno corrispondenze nella Costituzione, che

Le espressioni ‘diritto alla casa’ e ‘diritto all’abitazione’ non hanno corrispondenze nella Costituzione, che (come sappiamo) all’art. 47 comma 2 parla di «accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione» . Tuttavia sono largamente entrate nel lessico giuridico e (come vedremo) sono ampiamente usate dalla Corte costituzionali e dai giudici come se fossero un vero e proprio ‘concetto’ giuridico. Questo è dovuto al fatto che queste due espressioni hanno animato, sin dagli albori della Repubblica e specialmente negli anni ‘ 60 e ’ 70 del Novecento, • un movimento popolare (le consulte popolari, i movimenti per la casa) connessioni e ricadute varie coi partiti politici o le istituzioni locali • e un orientamento intellettuale che, nei giuristi, si è concentrato sull’impegno a dare un contenuto giuridico al diritto alla casa e al diritto all’abitazione attraverso l’interpretazione della Costituzione (sia per dimostrare che erano pretese con portata effettiva, sia per sensibilizzare, per educare, cioè per diffondere valori nuovi e diversi e farli penetrare nelle mentalità, degli altri giuristi, dei giovani – gli studenti - dell’opinione pubblica e così promuovere cambiamento). Stefano Rodotà, L’autore de ‘il terribile diritto’ (prima ed 1981), scrive le sue Note critiche in tema di proprietà nel 1960.

Il movimento intellettuale che, nel campo del diritto, ha ‘creato’ il diritto alla casa

Il movimento intellettuale che, nel campo del diritto, ha ‘creato’ il diritto alla casa e il diritto all’abitazione ha guardato non tanto all’art. 47 comma 2, ma all’art 42 che parla di «funzione sociale della proprietà» e all’art. 41 comma 3: «La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’iniziativa economica privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali» , oltre che alla serie di disposizioni che assegnano alla Repubblica un ruolo emancipatorio e disegnano valori solidaristici (art. 3 comma 2), che riconoscono la persona nella sua individualità e nei nessi sociali in cui è collocata (art. 2) e le espressioni della personalità sul piano sociale (es. la famiglia, art. 31). Partendo, da un lato, dall’idea che è compito della Repubblica rimuovere le disuguaglianze ed essendo, dall’altro lato, portatori di orientamenti ideologici di stampo marxista, secondo i quali la causa principale delle diseguaglianze sociali sono la proprietà privata e l’iniziativa economica privata, questi autori sostenevano che la proprietà: 1. Doveva essere considerata una forma di attività economica, quando messa a profitto (es. terreni su cui si costruisce, o case che vengono date in affitto) 2. Come tale, e in quanto iniziativa economica, poteva essere ‘funzionalizzata’ cioè regolamentata in modo da assolvere a una funzione sociale o a soddisfare l’utilità sociale).

Questi Autori (sul cui solco si pone Olivito: p. 16 -26) – assumevano che

Questi Autori (sul cui solco si pone Olivito: p. 16 -26) – assumevano che la proprietà privata sia necessariamente e solo egoistica, trova strano o limitante o difficile da accettare che la Costituzione ‘sociale’ aspirasse a diffondere la ‘proprietà’ della casa e si chiede se nell’art. 47 Cost. «accesso alla proprietà dell’abitazione» si debba intendere «in senso civilistico o in senso costituzionale» (p. 150) La proprietà nel codice civile (art. 832) «ll proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno (1) ed esclusivo (2), entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico» . La proprietà nella Costituzione: ART. 42/2: «La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, il godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti» . Diffidenti verso il concetto di proprietà, considerata un ‘male’, questi Autori svilupparono soprattutto la tesi del diritto all’abitazione come diritto del conduttore alla stabilità del rapporto locativo, e a canoni bassi o tollerabili, a difese contro i poteri di sfratto, che la legge avrebbe dovuto prevedere, anche se non furono insensibili al diritto alla casa, che intesero come diritto strumentale che soddisfa bisogni della personalità.

Come vedremo, queste tesi, qualche volta fatte proprie dai giudici, non hanno trovato accoglimento

Come vedremo, queste tesi, qualche volta fatte proprie dai giudici, non hanno trovato accoglimento nella giurisprudenza costituzionale (che anzi ne ha espressamente confutato alcune implicazioni più estreme), ma di certo non si sono risolte in un nulla. Negli anni ‘ 70 del Novecento abbiamo avuto la legge sui suoli che facilitava gli espropri, la legge sulla concessione edilizia che scorporò lo ius aedificandi dalla proprietà privata, e la legge sull’equo canone, che impose una durata ex lege ai rapporti di locazione e fissò i canoni; leggi che in una qualche misura risentivano di quelle tesi, in quanto erano frutto anche dell’apporto all’indirizzo politico del legislatore delle forze politiche, come il PCI, cui guardavano sia i movimenti per la casa sia i giuristi cui la proprietà privata appariva (come era apparsa a Beccaria) il ‘terribile diritto’. Oggi però gli sfratti per morosità non si contano e trovare una casa in affitto a un canone ragionevole resta un miraggio proprio nell’epoca in cui, spostarsi essendo diventata esigenza connaturata al lavoro, è ancor più necessario di prima, mentre la proprietà per molti è diventata, tra tasse e spese di manutenzione, un lusso che non possono più permettersi, e dal quale sono costretti a disfarsi rompendo legami affettivi importanti.

D’altro canto, a partire dall’inizio dell’età repubblicana, l’art. 47 comma 2 (accesso del risparmio

D’altro canto, a partire dall’inizio dell’età repubblicana, l’art. 47 comma 2 (accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione) ha avuto una sua storia attuativa, con l’avvio dell’edilizia economia e popolare (poi erp, poi ers); ma questa esperienza, come vedremo, ha portato con sé, anche, i ghetti di periferia e l’ ‘ingiustizia spaziale’. Il complesso di Corviale, edificato a Roma nel 1976

Anche questa esperienza, come vedremo, è finita. Così come non esiste più l’equo canone,

Anche questa esperienza, come vedremo, è finita. Così come non esiste più l’equo canone, non esiste nemmeno più una vera edilizia economica popolare pubblica, ma semmai una ‘urbanistica contrattata’ tra enti locali e privati, che alimenta i fondi immobiliari di investimento (consegnando il diritto all’abitazione al ‘mercato’ finanziario) mentre ampia parte del patrimonio edilizio pubblico è ‘dismesso’ Sul poco che rimane l’italiano ‘povero’ sente la concorrenza dell’immigrato Infuriano gli sgomberi di immobili occupati…

…e non cede la corruzione nell’assegnazione di edilizia pubblica…

…e non cede la corruzione nell’assegnazione di edilizia pubblica…

…. Si ripropongono antiche contraddizioni e conflitti in nuove configurazioni …. «’A fine luglio

…. Si ripropongono antiche contraddizioni e conflitti in nuove configurazioni …. «’A fine luglio abbiamo impedito lo sfratto di una signora di oltre 70 anni con un figlio malato di Sla. Dopo 54 anni di affitto regolarmente pagato, si è vista rifiutare il rinnovo dal nuovo proprietario, intestatario di altri due appartamenti a locazione turistica nello stesso palazzo. E’ inaccettabile!’, raccontano gli attivisti che in sei anni hanno costruito una vera e propria rete popolare. ‘La casa è un diritto per tutti. E noi non la rubiamo a nessuno. Chi occupa non può certo pagare le cifre di un mercato degli affitti drogato. Abbiamo sempre scelto appartamenti abbandonati da anni e pieni di muffa e topi. Li recuperiamo, offrendo a chi è in difficoltà un casa per continuare a vivere a Venezia. ’» Notizia da Il Manifesto del 20. 9. 2018 «Nel 1970 c’erano 111. 000 persone che vivevano nel centro di Venezia; oggi sono 53. 000. Venezia di scopre sempre più ostaggio dell’economia turistica senza freni. Rendita immobiliare e turismo di massa sono due facce della stessa medaglia: il patrimonio dell’umanità affonda nel carnevale degli interessi privati. »

I conflitti intorno alla casa sono fortissimi oggi come lo erano all’inizio dell’esperienza repubblicana

I conflitti intorno alla casa sono fortissimi oggi come lo erano all’inizio dell’esperienza repubblicana e la fragilizzazione che ha investito tutti i diritti e i diritti di tutti Fanno percepire che il diritto ad avere un luogo proprio, connesso con la città e con gli altri, e in cui vivere appropriatamente, sensatamente, e permanere con stabilità (il diritto all’abitare) • Non riguarda i poveri e gli emarginati; • Non ha a che vedere con il solo ‘avere un tetto sulla testa’ ma con la possibilità di esprimere la nostra socialità, è ‘stare in relazione’ con uno spazio ambientale e umano; • Non è ‘solo’ un bisogno, ma prima di tutto una capacità tipicamente umana, la negazione della quale disumanizza le persone e la società.

Negli stessi anni in cui si avviava in Italia l’esperienza repubblicana iniziava nel mondo

Negli stessi anni in cui si avviava in Italia l’esperienza repubblicana iniziava nel mondo una nuova riflessione, che ha messo al centro l’abitare. «La questione dell’abitare è alla base della paideia occidentale. «La complessità semantica di tale concetto sembra essere connaturata alla sua struttura di “pratica umana fondamentale”, anteriore a tutto il resto. » Mimmo Pesare, Abitare ed esistenza, Mimesis 2011 Nel 1951 il filosofo tedesco Martin Heidegger pubblicò un breve saggio dal titolo ‘Costruire abitare pensare’ in cui metteva in evidenza che abitare è la premessa per costruire, perché è esercizio della cura.

È necessario rovesciare l’ovvio rapporto strumentale fra il costruire e l’abitare: non abitiamo in

È necessario rovesciare l’ovvio rapporto strumentale fra il costruire e l’abitare: non abitiamo in forza del nostro costruire, ma costruiamo in forza del nostro abitare. L’uomo si trova già da sempre in una dimora, in uno spazio in cui dispiega la propria essenza e per questo può coltivare, custodire e costruire. L’antico tedesco: wohnen (abitare) deriva da wuon (sassone), wunian (gotico) e significa rimanere, trattenersi, e tale rimanere è sentito, nell’accezione gotica, come esser contento, aver la pace (Friede, freien). La parola Friede indica il Freie, o Frye, ciò che è libero; e fry significa preservato da mali o da minacce, preservato da …, e cioè curato, riguardato (geschont). […] Abitare, esser posti nella pace, vuol dire: rimanere nella protezione entro ciò che ci è parente (Frye) e che ha cura di ogni cosa nella sua essenza. Il tratto fondamentale dell’abitare è questo aver cura. Esso permea l’abitare in ogni suo aspetto. L’abitare ci appare in tutta la sua ampiezza quando pensiamo che nell’abitare risiede l’essere dell’uomo, inteso come il soggiornare dei mortali sulla terra. Martin Heidegger: Costruire abitare pensare (1951)

L’idea di Heidegger per cui il costruire (fare mondo) deriva dall’abitare, è reso possibile

L’idea di Heidegger per cui il costruire (fare mondo) deriva dall’abitare, è reso possibile dall’abitare, che consente agli esseri umani di praticare la cura, collega in modo trasparente l’abitare a qualità e attività femminili. «Mai come oggi in questi anni di paradossale dicotomia tra le violente lotte per il riconoscimento di spazi identitari e lo straniamento emozionale che la rete e le tecnologie hanno determinato sembra ineludibile la riflessione sul concetto di abitare» … …. «Nel tramandarsi dell’idea della cura come qualità primariamente materna e dell’idea della casa come metafora del ventre che custodisce la vita l’elemento femminile spicca come reductio ad unum dell’idea di dimora, che salda l’abitare e la cura. » (Mimmo Pesare) La Cost. it. all’art. 37 impegna la Repubblica a riconoscere ’la fondamentale funzione familiare della donna’. Molti valori costituzionali hanno una impronta femminile, che da ‘tradizionale’ e ‘reazionaria’ assume, nel contesto odierno, un segno rivoluzionario.

 «Ogni essere umano parte da qualcosa di dato» All’inizio degli anni ‘ 90

«Ogni essere umano parte da qualcosa di dato» All’inizio degli anni ‘ 90 la teologa femminista tedesca Ina Praetorius ha immaginato la formula «il mondo come ambiente domestico» sostenendo che l’oikos, il governo della casa, di cui sono specialiste e storicamente titolari le donne, è il modello di un governo sensato e sostenibile della cosa pubblica.

Nel 1941 la filosofa francese di origine ebraica Simone Weil, in un libro il

Nel 1941 la filosofa francese di origine ebraica Simone Weil, in un libro il cui saggio di apertura si intitola ‘ i doveri verso l’essere umano’, aveva messo a tema lo sradicamento, e sostenuto che il radicamento è il bisogno più importante e più misconosciuto dell’anima umana. «Mediante la sua partecipazione reale, attiva e naturale all’esistenza di una collettività che conservi vivi certi tesori del passato e certi presentimenti del futuro, l’essere umano ha una radice. Partecipazione naturale, cioè imposta automaticamente dal luogo, dalla nascita, dalla professione, dall’ambiente. Ad ogni essere umano occorrono radici multiple. Ha bisogno di ricevere quasi tutta la sua vita morale, intellettuale e spirituale tramite gli ambienti cui appartiene naturalmente. «Gli scambi di influenze tra ambienti molto diversi fra loro sono altrettanto indispensabili quanto il radicamento nell’ambito naturale. Un determinato ambiente dev’essere influenzato dall’esterno, non per essere arricchito, ma per essere stimolato a rendere più intensa la propria vita. » Il radicamento è forse il bisogno più importante e più misconosciuto dell’anima umana.

Per Simone Weil lo sradicamento deriva intanto dalle conquiste militari, ma anche, e soprattutto,

Per Simone Weil lo sradicamento deriva intanto dalle conquiste militari, ma anche, e soprattutto, dalle relazioni sociali. «Nei nostri paesi, ai giorni nostri, oltre alla conquista, ci sono altri veleni che propagano questa malattia. Uno è il denaro. Il denaro distrugge le radici ovunque penetra, sostituendo a ogni altro movente il desiderio di guadagnare. Vince facilmente tutti gli altri moventi perché richiede uno sforzo di attenzione molto meno grande. » «Esiste una condizione sociale – il salariato – completamente e perpetuamente legata al danaro, soprattutto da quando il salario a cottimo costringe ogni operaio ad essere sempre teso mentalmente alla busta paga. La malattia dello sradicamento raggiunge il massimo proprio in questa condizione sociale. Bernanos ha scritto che i nostri operai, almeno, non sono gente immigrata come quelli del signor Ford. Ma la principale difficoltà sociale del nostro tempo deriva dal fatto che essi, in un certo senso, lo sono. Benché geograficamente non abbiano mutato dimora, sono sradicati moralmente, e poi riammessi di nuovo, quasi per tolleranza, come carne da lavoro. » (Cfr. Polanyi – motivazione economica - distacco dell’economia dalla società)

Il salariato, dice nel 1941 Simone Weil, è lo sradicato perché non ha nulla

Il salariato, dice nel 1941 Simone Weil, è lo sradicato perché non ha nulla e dipende dal denaro e perciò deve continuamente lavorare o pensare al lavoro. Oggi molti studi evidenziano che, nel contesto della globalizzazione finanziaria, tutti dipendiamo dal denaro, anche i benestanti, e la nostra è diventata una ’società della prestazione’, dove l’ordine sociale è sempre più connesso e subordinato all’ordine economico. La sociologa del diritto Anna Simone ha osservato che i manuali di self-management insegnano: «a interiorizzare tecniche di guerra per sconfiggere la pigrizia; l’uso del desiderio come spazio di estrazione di valore economico; l’interiorizzazione di tecniche di auto-aiuto per non perdere mai tempo; il consiglio di non lasciarsi mai attraversare da ‘pensieri poveri’; l’auto-motivazione continua e permanente; il fare di se stessi un brand. «I dispositivi usati per potenziare la prestazione e i modelli dell’attore sociale produttivo che emergono da questi volumi non prevedono mai l’errore e il linguaggio che si inceppa non mai è sinonimo di pensiero, ma un limite da combattere. È una sorta di de-umanizzazione dell’umano, costruita paradossalmente attraverso i saperi umanistici per far coincidere psiche e lavoro attraverso la centralità della comunicazione per la comunicazione. «La nuova ragione del mondo è quella della razionalità neoliberista basata anche sul neuro-capitalismo, sul capitalismo reputazionale, sul capitalismo cognitivo» . (in F. Chicchi, A. Simone, La società della prestazione, Ediesse, 2017)

Simone Weil proseguiva: «La disoccupazione, beninteso, è uno sradicamento alla seconda potenza. Non si

Simone Weil proseguiva: «La disoccupazione, beninteso, è uno sradicamento alla seconda potenza. Non si sentono non si sentono a casa propria né in fabbrica né nelle loro abitazioni né nei partiti né nei sindacati che si dicono fatti per loro né nei luoghi di divertimento né nella cultura intellettuale, qualora tentino di assimilarla. » Il secondo veleno che propaga la malattia dello sradicamento è , per Simone Weil, l’istruzione.

 «Il secondo fattore di sradicamento è l’istruzione, per come è concepita ai nostri

«Il secondo fattore di sradicamento è l’istruzione, per come è concepita ai nostri giorni: vi è una rottura tra le persone colte e la massa, e il desiderio di imparare, il desiderio di verità, è diventato rarissimo perché il prestigio della cultura si è fatto esclusivamente sociale, tanto per il contadino che sogna di avere il figlio maestro quanto per il maestro che sogna di avere un figlio universitario quanto per la gente degli ambienti moderni che adula gli scienziati e gli scrittori di fama. Sul giovane scolaro gli esami hanno il medesimo potere ossessivo che ha il denaro sull’operaio [oggi noi con gli esami guadagniamo ‘crediti’] e ‘istruire le masse’ significa prendere una cultura che si è sviluppata in un ambiente molto ristretto, separato dal mondo, in una atmosfera limitata [per esempio oggi: a Silycon Valley]: una cultura notevolmente orientata verso la tecnica e influenzata da essa, assai tinta di pragmatismo, resa frammentaria da una specializzazione, priva sia del contatto col mondo di qua sia di ogni apertura verso il mondo ultraterreno Oggi istruire le masse significa prendere questa cultura moderna, elaborata in un ambiente così chiuso, così guasto, così indifferente alla verità, toglierne tutto quel poco oro puro che per avventura potrebbe ancora contenere (operazione questa che viene detta volgarizzazione) e far penetrare pari quel che residua entro la memoria degli sciagurati desiderosi di apprendere, come si dà il becchime agli uccelli. »

Possiamo confrontare questi pensieri di Simone Weil con questo articolo recente di uno scrittore

Possiamo confrontare questi pensieri di Simone Weil con questo articolo recente di uno scrittore italiano. «Abitare viene dal latino avere (habeo), ma nella forma frequentativa, quindi abitare e «continuare ad avere» : e qualcosa che rimane anche quando tutto attorno si muove e si perde. In un’epoca in cui tutto sembra precario, imparare ad abitare, a fare casa dentro e fuori di se , e essenziale per essere felici. Come? Io «abito» , possiedo me stesso e il mondo, quando leggo l’Odissea, quando preparo una lezione con cura e vedo i miei ragazzi gioire, quando ascolto una sonata di Beethoven, che e sempre li qualsiasi cosa accada, quando sostengo un amico piegato dal dolore o creo con lui un progetto ambizioso, quando riesco a scrivere righe eleganti e veritiere. . . Solo la coltivazione della vita interiore trasforma qualsiasi caos in casa. Per questo mi stupisce la lentezza con cui troviamo la bellezza «minuta» , che sta appunto nei singoli minuti e rende il mondo casa. Il mio compito di insegnante e narratore e , come quello del Matto, rendere percepibile questa bellezza, perché l’unico modo per essere felici e abitare, ovunque. » (A. D’Avenia)

La responsabilità dello sradicamento, dunque, era attribuita da Simone Weil non solo ai processi

La responsabilità dello sradicamento, dunque, era attribuita da Simone Weil non solo ai processi economici, impressi dal capitalismo, che, rendendo la vita di ognuno dipendente dal mercato (del lavoro, nel suo tempo; dei titoli, degli immobili, di tutto, oggi) deprivano ognuno di stabilità e di autonomia e lo sradicano ponendolo nella perpetua ricerca di reddito; ma soprattutto dalle trasformazioni sociali che ne erano derivate, nel campo in particolare dell’istruzione, volti a distruggere i saperi legati all’esperienza, che sono espressione di competenza su di sé e sul mondo, e a sostituirli conoscenze di carattere artificiale, che sono ‘trasferite sulle masse’ non perché la loro anima se ne nutra, ma affinché le spendano e le consumino per esempio come occasione di un impiego per il quale dopo poco il loro sapere troppo specializzato diventa obsoleto. Per abitare, allora, non basta un alloggio in cui stare, ma tempo, il possesso del proprio tempo, per coltivare la propria vita interiore, oltre che una educazione che ci abbia ‘coltivati’ e non cresciuti come animali in batteria, E così resi in grado di capire che la vita interiore esiste, e di pensare a che cosa possiamo farcene.

Lo sradicamento, concludeva Weil, è di gran lunga la più pericolosa malattia delle società

Lo sradicamento, concludeva Weil, è di gran lunga la più pericolosa malattia delle società umane. «Lo sradicamento è di gran lunga la più pericolosa malattia delle società umane, perché si moltiplica da sola. Le persone realmente sradicate non hanno che due comportamenti possibili. O cadere in un’inerzia dell’anima quasi pari alla morte (come la maggior parte degli schiavi dell’impero romano) o gettarsi in una attività che tende sempre a sradicare, spesso con metodi violentissimi, coloro che non lo sono ancora o lo sono solo in parte. Chi è sradicato sradica. Chi è radicato non sradica. »

In apertura de ‘La prima radice’ Weil espone la sua ‘dichiarazione dei doveri verso

In apertura de ‘La prima radice’ Weil espone la sua ‘dichiarazione dei doveri verso l’essere umano, e così li elenca: L’ordine La libertà L’ubbidienza La responsabilità L’uguaglianza La gerarchia L’onore La punizione La libertà di opinione La sicurezza Il rischio La proprietà privata La proprietà collettiva La verità

La proprietà privata è un bisogno vitale dell’anima. L’anima è isolata, perduta, se non

La proprietà privata è un bisogno vitale dell’anima. L’anima è isolata, perduta, se non è circondata da oggetti che siano per essa come un prolungamento delle membra del corpo. L’uomo è irresistibilmente portato ad appropriarsi col pensiero di ciò che continuamente e a lungo ha usato per il lavoro, per il piacere o per le necessità della vita. Così un giardiniere, dopo un certo tempo, sente che il giardino è suo. Ma là dove il sentimento di appropriazione non coincide con la proprietà giuridica, l’uomo è continuamente minacciato da separazioni dolorosissime. Se la proprietà privata è riconosciuta come un bisogno, questo implica per tutti la possibilità di possedere altri oggetti oltre quelli di normale consumo. Le modalità di questo bisogno variano molto secondo le circostanze, ma è auspicabile che la maggior parte degli uomini sia proprietaria dell’alloggio e di un po’ di terra e, quando non vi sia una impossibilità tecnica, degli strumenti di lavoro. (S. Weil, La prima radice, trad. it. 1990, SE ed. , p. 40)

La proprietà collettiva Un bisogno altrettanto importante è la partecipazione ai beni collettivi, partecipazione

La proprietà collettiva Un bisogno altrettanto importante è la partecipazione ai beni collettivi, partecipazione che non consiste in una fruizione materiale, ma in un sentimento di proprietà. Si tratta più di uno stato spirituale che di una disposizione giuridica. Là dove esiste veramente una vita civica, ognuno si sente personalmente proprietario dei monumenti pubblici, dei giardini, della magnificenza esibita nelle cerimonie; e così il lusso che quasi ogni essere umano desidera è concesso persino ai più poveri. Ma non solo lo stato bensì qualsiasi specie di collettività ha il dovere di fornire la soddisfazione di questo bisogno.

 «Una grande fabbrica moderna costituisce uno spreco dal punto di vista della proprietà.

«Una grande fabbrica moderna costituisce uno spreco dal punto di vista della proprietà. Né gli operai, né il direttore che dipende dal consiglio di amministrazione, né i membri del consiglio che non la vedono mai, né gli azionisti che ne ignorano l’esistenza, possono trovarvi la minima soddisfazione a questo bisogno. Le modalità di scambio e di acquisto, quando comportano lo spreco dei nutrimenti materiali e morali, vanno trasformate. Non esiste nessun legame naturale tra la proprietà e il denaro. Il legame oggi stabilito è solo il risultato di un sistema che ha concentrato sul denaro la forza di ogni possibile movente. Questo sistema è dannoso; occorre operare la dissociazione inversa. Il criterio vero per la proprietà, è che essa sia tanto legittima quanto reale. O, più esattamente: le leggi sulla proprietà sono tanto migliori quanto meglio sfruttano le possibilità contenute nei beni di questo mondo di soddisfare il bisogno di proprietà comune a tutti gli uomini. Quindi le attuali modalità di acquisto e di possesso debbono essere trasformate in nome del principio di proprietà. Ogni specie di possesso che non dia a nessuno la soddisfazione del bisogno di proprietà privata o collettiva può, a buon diritto, considerarsi nulla. Ciò non significa che occorra trasferirla allo stato, ma piuttosto che occorre tentare di farla divenire una vera proprietà. »

Anche la proprietà può essere concepita come un bisogno.

Anche la proprietà può essere concepita come un bisogno.

Dopo che con l’edificazione degli spettrali casermoni degli anni ‘ 70 del Novecento ‘il

Dopo che con l’edificazione degli spettrali casermoni degli anni ‘ 70 del Novecento ‘il diritto alla casa’ fu soddisfatto, nel senso che non c’erano più baraccati nelle cinture periferiche di città come Roma, Torino o Milano, i sociologi hanno scoperto che l’emarginazione non viene meno, semmai cambia volto, soggetti: i nuovi portatori ne sono, scriveva Franco Ferrarotti nel 1981, i giovani disoccupati, i vecchi con pensioni minime, i disabili. La marginalità si riproduce, e con essa l’emarginazione, viene meno anche quella solidarietà che aveva legato i ’poveri’ tra loro. Chi è sradicato sradica: non basta mettere qualcuno dentro una casa per riattivare la sua capacità di abitare.

Negli anni ’ 60, come vedremo, fu organizzato un servizio pubblico di assistenti sociali

Negli anni ’ 60, come vedremo, fu organizzato un servizio pubblico di assistenti sociali per offrire aiuto alle persone che erano andate a vivere nei nuovi complessi di edilizia popolare; una idea analoga è oggi suggerita dall’Unione europea per accompagnare le loro politiche abitative. Ci vorrà tempo per capire che se le persone vivono ritmi di vita intollerabili segnati dalla precarietà costante è impossibile pretendere da loro che funzionino come tanti bravi soldatini che eseguono tutti contenti la differenziata di condominio anziché distruggere (o lasciar deperire) l’ambiente intorno al loro del quale non hanno tempo né risorse interiori (e perciò non vedono il motivo) di occuparsi. Sorprende che politiche ‘nuovissime’ e ’sperimentali’ come quelle suggerite dalla Ue nel campo sociale ripercorrano strade già tentate, e già fallite, in passato.

Nelle caratteristiche del pensiero giuridico italiano intorno al diritto all’abitazione e alla casa, poi

Nelle caratteristiche del pensiero giuridico italiano intorno al diritto all’abitazione e alla casa, poi il pensiero di Heidegger, e di Simone Weil, e nei fallimenti delle politiche abitative italiane troviamo alcuni buoni motivi per condividere l’opinione di Elisa Olivito in favore dell’abbandono dell’espressione ‘diritto alla casa’ o ‘diritto alla abitazione’ in favore di quella di diritto all’abitare.

Le antiche rivendicazioni ed elaborazioni dottrinali connesse al diritto alla casa e al diritto

Le antiche rivendicazioni ed elaborazioni dottrinali connesse al diritto alla casa e al diritto all’abitare, le concezioni della società connesse ai piani di edilizia popolare formano una trama, che accompagna l’interprete e rende possibile nuovi percorsi. Sono lavoro del pensiero e dell’esperienza che possiamo in parte anche ampia non condividere, o non aver mai condiviso, ma hanno contribuito a sviluppare sensibilità verso il carattere fondamentale dell’abitare per una convivenza giusta.

Parlare di diritto all’abitare implica abbandonare le prospettive ideologizzate che hanno indugiato nella polemica

Parlare di diritto all’abitare implica abbandonare le prospettive ideologizzate che hanno indugiato nella polemica contro la proprietà senza capire che anche la proprietà, e forse proprio in primo luogo la proprietà, è strumento dell’abitare (del radicamento). Si tratta di ritrovare un nuovo senso dell’espressione ‘funzione sociale’ della proprietà, che era ben presente nel dibattito e nella cultura italiana degli anni ‘ 50 del Novecento.

Non mancava di ragione il politico democristiano Amintore Fanfani in Assemblea Costituente quando disse

Non mancava di ragione il politico democristiano Amintore Fanfani in Assemblea Costituente quando disse che il senso dell’art. 42 era: «il proprietario non si dimentichi che la proprietà ha una funzione sociale: sarà poi compito del legislatore correggere gli spropositi e gli eccessi di libertà» e soprattutto il filosofo del diritto Giuseppe Capograssi (1952), citato da Olivito (p. 22): «Sotto le formule della funzione sociale e simili, l’esperienza giuridica contemporanea richiama duramente la proprietà alla realtà di se stessa come momento e modo della unione della umanità con la terra; sotto la formula dei ‘doveri sociali’ vuole che la proprietà si apra e si estroverta per tutti» . (Il problema delle politiche abitative italiane sarà davvero stato aver voluto rendere ‘tutti’ proprietari, o non esserci riuscite a creare una ’vera proprietà’ ? )

Altrettanto, paiono dover essere abbandonate le posizioni che, configurando il diritto alla casa e

Altrettanto, paiono dover essere abbandonate le posizioni che, configurando il diritto alla casa e il diritto all’abitazione come ‘diritti dei poveri’ contribuiscono a non far percepire che la precarietà e la dipendenza dal denaro (lo sradicamento) sono problemi di tutti i ceti sociali.

La crisi dell’abitare è sintomo o specchio di una profonda mancanza di giustizia anche

La crisi dell’abitare è sintomo o specchio di una profonda mancanza di giustizia anche intergenerazionale: la gioventù italiana nulla ha ereditato di ciò che le generazioni precedenti hanno pagato perché vi fossero case, servizi, spazi urbani civili, e le generazioni passate sono state private del loro diritto a lasciare eredità di sé. Occorre pensare l’altro come soggetto che agisce sensatamente anche quando ci appare un ‘razzista’ che non vuole che un immigrato passi prima di lui in graduatoria. Non va ‘rieducato’, e tanto meno assecondato nell’individuare un nemico di comodo nell’extracomunitario: va ascoltato con cognizione di causa, perché la sua è (anche) una chiamata in responsabilità nei confronti di una ‘Repubblica’ che è venuta meno ai suoi doveri di solidarietà e di reciprocità svendendo ai fondi immobiliari il patrimonio edilizio pagato dal lavoro di generazioni di cittadini. Il disagio abitativo non è un problema dei poveri. È lo specchio di gravi disfunzioni della convivenza, cui non possiamo rimediare con la bacchetta magica, ma che non possiamo affrontare cominciando col rinnovare, rivedere, percorsi interpretativi e discorsi consolidati.

Olivito ricorda che «è indispensabile non incorrere nell’errore di farsi schiacciare dalla tirannia dei

Olivito ricorda che «è indispensabile non incorrere nell’errore di farsi schiacciare dalla tirannia dei rapporti di forza consacrati dalla costituzione materiale, tralasciando i dati offerti dalla Costituzione formale» (p. 12) «Noi sosteniamo che la lotta nei quartieri e un momento primario per riacquistare il potere su se e sul proprio ambito sociale. Attualmente ognuno in questa societa e spossessato di potere politico, nella misura in cui il sistema economico e estremamente integrato e organizzato per dominare la societa e l'individuo. Una alternativa ad esso, il lavoro di fabbrica, per ricominciare ad acquistare potere, cioe perche gli operai gestiscano la fabbrica, rimanda inevitabilmente ad una mobilitazione generale. Nel quartiere c'e invece sin da ora la possibilita di conquistare il potere politico nella misura in cui si inizia a conquistare il potere economico e questo si potra fare nella misura in cui si ristabilira una cultura di quartiere autonoma. Allora bisogna riconquistare il diritto alla casa, il diritto ad una economia che non sia manipolata e strumentalizzata ad una rigida logica del sistema, cioe il diritto al lavoro nel quartiere (mediante l'artigianato eventualmente organizzato in cooperative) e il diritto ad una cultura Aspirare al riconoscimento dell’abitare cometradizionali un diritto fondamentale oggi, nell’epoca autonoma che si ricolleghi ai valori e si sviluppi secondo le della precarietà totale, ha una carica critica ancor maggiore rispetto ‘alla costituzione materiale’ dell’antica rivendicazione ‘dare case ai lavoratori’, ma in proprie esigenze. » profonda continuità coi suoi valori (umanistici) di fondo. (Volontari di Resina, 18 -20 settembre 1969, Mozione I)

Ma la nostra Costituzione non è vecchia, datata, legata come è a un orizzonte

Ma la nostra Costituzione non è vecchia, datata, legata come è a un orizzonte welfarista, a un modello sociale ed economico diverso, ecc? Dipende da come la leggiamo, e di questo vedremo discutendo il ‘concetto’ di diritti sociali.